Mons. Antonio Livi |
di Fabrizio Cannone (“La Verità”, 16-09-2017)
Antonio Livi, nato a Prato nel 1938 è sicuramente uno dei decani della teologia cattolica contemporanea. Le sue numerose pubblicazioni vertono essenzialmente sulla verità logica, tema che è al centro del dibattito contemporaneo (neopositivismo logico, ermeneutica, razionalismo critico). L’appassionato impegno filosofico di Livi spiega perché questo pensatore ormai ottuagenario non sia mai stato un accademico intento a guardare con distacco alle vicende della società di oggi. Oltre all’insegnamento di storia della filosofia moderna e contemporanea presso l’Università statale di Perugia e di filosofia della conoscenza presso l’Università Lateranense di Roma (che è chiamata «l’università del Papa»), Livi ha fondato la casa editrice Leonardo da Vinci, dirige battagliere riviste come Sensus communis e di critica teologica come Fides Catholica e anima cenacoli culturali capaci di intervenire nel dibattito sui valori civili e religiosi da salvaguardare in politica.
In ogni aspetto di questa sua attività, intesa come intervento nella società, Livi si è sempre servito della sua riconosciuta competenza scientifica come logico. A questo riguardo, il testo fondamentale è Filosofia del senso comune (2010), tradotto in francese, in inglese e in spagnolo, cui si aggiunge recentemente Le leggi del pensiero (2016). Applicando poi questa sua dottrina ai problemi dell’ermeneutica teologica con Vera e falsa teologia(2017), Livi è diventato un punto di riferimento nella denuncia di quella teologia filoluterana che caratterizza il riformismo post conciliare.
Professor Livi, vuole descriverci in sintesi il suo percorso di studi?
Sono stato discepolo del grande filosofo francese Étienne Gilson, del quale ho tradotto e commentato Il realismo, metodo della filosofia. Egli mi ha fatto comprendere che la verità di qualsiasi tesi filosofica dipende dal suo coerente collegamento con il vero punto di partenza della riflessione filosofica che è l’esistenza reale degli enti. Il rifiuto del realismo ha reso la speculazione filosofica suggestiva ma priva di fondamento, sfociando inevitabilmente nell’ateismo e nel nichilismo.
Tra le sue tante attività di docenza, di ricerca e di apostolato quale considera la più importante per i nostri tempi?
Considero importante per i tempi in cui viviamo aiutare tutti coloro che hanno veramente a cuore la verità dell’esistenza a usare rettamente la ragione, a possedere gli strumenti logici dell’autentico discernimento. I miei lavori scientifici possono e debbono servire a tutti per saper discernere le verità assolute, metafisiche e morali, da quelle relative, fisiche, biologiche, psicologiche, sociologiche, economiche, politiche. Mentre le verità assolute sono sempre presenti alla coscienza di tutti e forniscono l’unica base possibile per un dialogo costruttivo tra le culture, le verità relative dipendono dalle contingenze storiche e da interessi di parte, sicché non possono mai essere universalmente condivise. Quando si pretende di imporre come assolute le verità relative, come fanno i fautori del pensiero unico al servizio del nuovo ordine mondiale, non c’è più vero dialogo tra le diverse istanze democratiche ma solo propaganda e colonialismo culturale. In rapporto alla fede cristiana, io combatto tutti i fondamentalismi, che sono sempre un uso pragmatico della verità rivelata, pretendendo di poter dedurre da verità religiose assolute, quelle che sono garantite dalla parola di Dio, certe conseguenze politiche che in realtà rispondono solo alle proprie opinioni ideologiche. Come filosofo e come credente mi ribello a questo vizio di imporre le proprie idee in nome di Dio. Il peccato contro lo Spirito Santo non si commette solo quando si nega una verità esplicitamente rivelata da Dio, ma anche quando si etichettano come “Vangelo” le proprie ipotesi umane, la propria visione delle questioni socio-politiche.
Ma allora quali sono i principi logici che Lei vuole riproporre per evitare oggi lo scientismo, il fanatismo ideologico, il fondamentalismo religioso?
Il rispetto di quello che i filosofi analitici americani hanno chiamato epistemic justification, la giustificazione epistemica. Ciò significa, in pratica, che ogni discorso che pretenda di essere recepito in pubblico come verità deve esibire le proprie credenziali logiche e non affidarsi soltanto agli strumenti della persuasione retorica o allo sbandieramento della propria o altrui autorità in materia».
È vero che i principali esponenti della teologia contemporanea sono affetti da relativismo dogmatico ed etico e da un pericoloso antropocentrismo?
Lo confermo. Io sostengo questa mia tesi, non per partito preso o per invidia del successo di altri, ma proprio perché questi altri hanno costruito e imposto nella Chiesa un’ideologia fondata su un intrico di sofismi e sulla pretesa autorità teologica di pensatori luterani dell’Ottocento, come Georg Hegel e Friedrich Schelling, o del Novecento, come Paul Tillich, Rudolf Bultmann, Karl Barth. I miei studi di storia della filosofia e della teologia mi hanno consentito di dimostrare che “il re è nudo”. In questo caso il re è il teologo gesuita Karl Rahner, il cui antropocentrismo è non solo pericoloso ma è deleterio per la fede cattolica. Rahner tenta di giustificare la “svolta antropologica della teologia” fingendo prima di rifarsi a san Tommaso d’Aquino e poi rifacendosi pedissequamente a Hegel e a Martin Heidegger. Questa inadeguata giustificazione della sua nuova teologia, basata solo sull’autorità di pensatori che nella Chiesa cattolica non dovrebbero avere autorità dogmatica, si riflette poi sull’ingiustificata autorità dogmatica che Rahner ha esercitato e continua a esercitare sui teologi cattolici e anche sui vescovi di tutto il mondo.
Il rispetto di quello che i filosofi analitici americani hanno chiamato epistemic justification, la giustificazione epistemica. Ciò significa, in pratica, che ogni discorso che pretenda di essere recepito in pubblico come verità deve esibire le proprie credenziali logiche e non affidarsi soltanto agli strumenti della persuasione retorica o allo sbandieramento della propria o altrui autorità in materia».
È vero che i principali esponenti della teologia contemporanea sono affetti da relativismo dogmatico ed etico e da un pericoloso antropocentrismo?
Lo confermo. Io sostengo questa mia tesi, non per partito preso o per invidia del successo di altri, ma proprio perché questi altri hanno costruito e imposto nella Chiesa un’ideologia fondata su un intrico di sofismi e sulla pretesa autorità teologica di pensatori luterani dell’Ottocento, come Georg Hegel e Friedrich Schelling, o del Novecento, come Paul Tillich, Rudolf Bultmann, Karl Barth. I miei studi di storia della filosofia e della teologia mi hanno consentito di dimostrare che “il re è nudo”. In questo caso il re è il teologo gesuita Karl Rahner, il cui antropocentrismo è non solo pericoloso ma è deleterio per la fede cattolica. Rahner tenta di giustificare la “svolta antropologica della teologia” fingendo prima di rifarsi a san Tommaso d’Aquino e poi rifacendosi pedissequamente a Hegel e a Martin Heidegger. Questa inadeguata giustificazione della sua nuova teologia, basata solo sull’autorità di pensatori che nella Chiesa cattolica non dovrebbero avere autorità dogmatica, si riflette poi sull’ingiustificata autorità dogmatica che Rahner ha esercitato e continua a esercitare sui teologi cattolici e anche sui vescovi di tutto il mondo.
(fonte: editriceleonardo.com)
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