Nella biografia ufficiale di Jorge Mario Bergoglio, immessa nel sito del Vaticano dopo la sua elezione a papa, c’è un’imprecisione. Là dove si legge:
“Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale…”.
Lo scorso 2 aprile Settimo Cielo aveva spiegato dov’era l’imprecisione. Ma essa è rimasta anche dopo.
E il 19 ottobre “L’Osservatore Romano” l’ha aggravata. Nel segnalare la pubblicazione di un importante volume edito dalla Morcelliana con gli scritti di Romano Guardini su san Bonaventura, ha riportato questo brano della dotta presentazione che ne aveva fatto il giorno prima su “Avvenire” il professor Silvano Zucal, docente di filosofia teoretica all’università di Trento:
“Il destino davvero singolare di Romano Guardini è l’essere stato una sorta di ‘maestro’ per ben tre papi. Paolo VI ne promosse personalmente le prime traduzioni a partire dal piccolo libro ‘La coscienza’, che consigliava ai suoi allievi fucini. Benedetto XVI si percepisce addirittura come una sorta di discepolo spirituale e intellettuale del grande pensatore. Infine, papa Francesco ha trascorso quasi due anni in Germania per leggere e studiare Guardini…”.
In realtà, stando a quanto precisato all’indomani dell’elezione di papa Francesco dalla facoltà filosofico-teologica Sankt Georgen di Francoforte, dove effettivamente Bergoglio si recò nel 1986, egli semplicemente “passò alcuni mesi presso la facoltà per consigliarsi con alcuni professori su un progetto di dottorato che non è arrivato a conclusione”.
Quindi non “quasi due anni” ma “alcuni mesi”. E soprattutto nessun dottorato, nemmeno vicino ad essere ultimato, perché rimasto allo stadio di progetto.
Che poi Guardini possa essere considerato un “maestro” per papa Bergoglio, è tesi che suona nuova.
Nell’intervista di papa Francesco a “La Civiltà Cattolica“, in cui egli dedica ampio spazio ai suoi autori di riferimento, Guardini non c’è. Né ricorre in altri suoi scritti e discorsi.
Ma soprattutto c’è una profonda distanza tra la visione di Bergoglio e quella del grande teologo italo-tedesco, sia nel campo della liturgia (dove invece è fortissimo il suo influsso su Joseph Ratzinger), sia nella critica alla società moderna, sia nella concezione della coscienza personale (dove il libro fatto tradurre da Giovanni Battista Montini non ha nulla da spartire con la sbrigativa definizione di coscienza espressa da papa Francesco nella lettera e poi nel colloquio con Eugenio Scalfari).
Di Guardini, l’opera che Bergoglio lesse e ammirò fu principalmente “Il Signore”. E fu per questo che pensò di approfondirne il pensiero, senza poi riuscirvi.
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