mercoledì 23 ottobre 2013

“Combattere l’aborto non è un optional”. Chaput vs. Bergoglio







di Matteo Matzuzzi 

“Il diritto alla vita non è semplicemente una priorità. E’ la questione fondamentale su cui poggia l’intera architettura della battaglia in difesa della dignità umana”. Charles Chaput, sessantottenne arcivescovo di Filadelfia in attesa della possibile porpora cardinalizia, non ci pensa proprio a confinare in determinati “contesti” le battaglie in difesa di quei princìpi non negoziabili che per Papa Francesco possono diventare ossessionanti se ripetuti all’infinito. Chaput di aborto ed eutanasia parla, spiega ai suoi fedeli che si può lottare contro queste due “tragedie” della contemporaneità anche ribadendo gli appelli per tutti coloro che soffrono di povertà, violenza e ingiustizia. Anche mandando a Lampedusa il proprio elemosiniere, sottratto al compito di “firmare pergamene”. Una cosa, insomma, non dovrebbe escludere l’altra. Neppure nella fitta agenda papale. L’arcivescovo pellerossa (è membro della tribù Prairie Band Potawatomi) lo precisa con un messaggio pubblicato sul sito della sua diocesi: “Tutti gli attacchi diretti contro la vita umana innocente, come l’aborto e l’eutanasia, colpiscono le fondamenta della casa di Dio”. Una casa che se non difende l’Evangelium Vitae, se dimentica di richiamarsi a quanto scritto poco meno di vent’anni fa da Giovanni Paolo II in una delle sue più celebri encicliche, rischia di crollare: “E’ come averla costruita sulla sabbia”, spiega Chaput. Contro l’aborto bisogna lottare, sul terreno della politica e dai pulpiti delle chiese; bisogna tenere la posizione e mai arretrare, perché “se si accetta quella violenza si viola il primo e più importante diritto umano, il diritto alla vita stessa”. Tutti i “pubblici ufficiali della chiesa cattolica – aggiunge – sono obbligati a cercare di costruire politiche consistenti per la promozione della persona umana in tutte le fasi della sua vita”.

La ventata d’aria fresca che giunge da Santa Marta e che soffia sulla chiesa universale, dunque, piace a ciascuno a modo suo. Non è la prima volta che l’arcivescovo cappuccino si mostra perplesso davanti a parole e opere del Papa gesuita. Chaput, infatti, aveva già fatto conoscere il suo pensiero lo scorso luglio, a margine degli eventi collegati alla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro: “L’ala destra della chiesa non ha mostrato felicità per l’elezione” di Bergoglio al Soglio di Pietro, diceva, e comunque “non si può immaginare che il Papa non sarà così pro life e a favore del matrimonio tradizionale come i pontefici del passato”. Certo, al momento – sottolineava allora Chaput, Francesco “non ha espresso queste cose in modo combattivo”. Il punto di divergenza è chiaro: “Penso che al Papa interessi dire che non ha intenzione di essere coinvolto in questioni politiche”, ma “questioni come l’aborto e il matrimonio non sono questioni politiche. Sono questioni di dottrina e morale. E noi vescovi, tutti, dobbiamo parlare di queste cose”. Compreso il vescovo di Roma.

Da sempre uno dei più strenui difensori della morale della chiesa nello spazio pubblico (non a caso nel 2009 mandava in stampa un libro intitolato “Render Unto Caesar: Serving the Nation by Living Our Catholic Beliefs in Political Life”), monsignor Charles Chaput è uno dei dieci candidati alla presidenza della Conferenza episcopale americana. Il mandato triennale del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, sta scadendo, e le urne si apriranno tra qualche settimana a Baltimora, in occasione dell’assemblea generale annuale (11-14 novembre). Il favorito è l’attuale vicepresidente, l’arcivescovo di Louisville, Joseph Kurtz: moderato, affabile, apprezzato dai confratelli vescovi. Ma oltre ai dieci candidati, spiccano le assenze eccellenti. Prima fra tutte, quella del cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, impossibilitato a concorrere alla carica a causa dell’impegno come membro (unico nordamericano) della speciale consulta chiamata da Francesco ad aiutarlo nel governo della chiesa universale che riunitasi ai primi d’ottobre, si ritroverà a Roma, albergo di Santa Marta, a inizio dicembre. All’ordine del giorno, la riforma del Sinodo.








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