lunedì 2 luglio 2012

«Quella del Papa non è una voce tra le altre»

 

Il nunzio in Indonesia: «La mentalità corrente vede nell’autorità un limite e un ostacolo alla libertà, anziché un aiuto a vivere la libertà secondo verità e per il vero bene di tutti»

 

 

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

«La voce del Papa non è una voce tra le altre». Lo ha detto l’arcivescovo Antonio Filipazzi, nunzio apostolico in Indonesia,nell’omelia tenuta ieri pomeriggio nella cattedrale di Jakarta per la festa di San Pietro e Paolo.

 

 

Citando il Concilio Vaticano II, il nunzio ha ribadito: «è molto importante che ciascun fedele e ciascuna comunità cristiana sia in piena comunione con il Papa». «Intendiamoci bene – ha aggiunto – non si tratta semplicemente di un sentimento di simpatia, di un interesse intellettuale per quanto dice, o di atti solo esteriori di entusiasmo nei suoi confronti. Al Papa si deve essere legati da vincoli oggettivi, visibili, concreti, quei vincoli che ci uniscono fra noi nella Chiesa».

 

Monsignor Filipazzi ha quindi elencato i tre vincoli dell’unità con il successore di Pietro. Innanzitutto quello della fede: per questo la voce del Papa «non è paragonabile alle opinioni dei teologi, neppure a quella dei singoli vescovi, ma è un criterio determinante per valutare le dottrine che vengono insegnate e predicate anche nella Chiesa e le opinioni e le teorie diffuse nella società… Il Papa non ha bisogno dei nostri applausi quando parla, ma occorre che il suo insegnamento diventi punto di riferimento costante per i nostri pensieri e le nostre azioni!».

 

Il secondo vincolo è quello della liturgia: «Come spesso ci ha ricordato Benedetto XVI, noi dovremmo celebrare la liturgia non come qualcosa che inventiamo a nostro piacimento, secondo le nostre idee, seguendo le mode e le teorie del momento, ma dovremmo celebrarla come qualcosa di più grande di noi tutti, in cui noi entriamo e da cui facciamo plasmare la nostra preghiera».

 

«È necessario – ha aggiunto in nunzio in Indonesia – richiamare con forza la fedeltà alle norme circa la liturgia date dalla Chiesa: i vescovi e i sacerdoti, ministri della santa liturgia, non ne sono i padroni, non possono cambiarla a loro piacimento, e i fedeli non devono ritenere che le celebrazioni liturgiche possano essere oggetto dei loro gusti e desideri. La liturgia non appartiene a nessuno e non può essere manipolata a piacimento da nessuno!»

 

Infine c’è il terzo vincolo, quello della disciplina: a Pietro e ai suoi successori, così come ai vescovi in comunione con il Papa, «è stato affidato il compito non solo di insegnare e santificare, ma anche di governare il popolo di Dio, dando ad esso direttive e norme, che vanno accolte con rispetto e obbedienza».

 

«Non si tratta di decisioni arbitrarie di chi gestisce il potere – ha detto Filipazzi – ma attraverso di esse si manifesta a noi la divina volontà…. La mentalità corrente vede spesso nelle leggi e nell’autorità un limite e un ostacolo allalibertà, anziché un aiuto a vivere la libertà secondo verità e per il vero bene di tutti. Anche nella comunità cristiana permane la falsa convinzione che il diritto si opponga alla pastorale, mentre, invece, le leggi sono anch’esse per il bene delle anime, e c’è il rischio che in nome della pastorale si commettano delle ingiustizie e degli abusi».

 

«La vera comunione con il Papa – ha concluso il nunzio – passa dunque anche attraverso la fedele obbedienza alle norme e alle direttive della Sede Apostolica. E non ci si può dire in unione al successore di Pietro quando queste norme e direttive vengono ignorate, rifiutate o non portate avanti, magari adducendo a pretesto la situazione locale o la cultura particolare».

 

 

 

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/indonesia-jakarta-filippazzi-papa-16449/



 

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