giovedì 30 giugno 2022

Liturgia, nuova stoccata alla tradizione (e al Concilio)





Nella lettera apostolica Desiderio desideravi Francesco mostra di voler mettere una pietra tombale sul rito antico nel nome del Concilio, ma non si può ignorare che la riforma è andata ben oltre la Costituzione sulla liturgia, quando non addirittura contro. Ed è stata attuata ancora peggio.




LETTERA DEL PAPA
ECCLESIA

Luisella Scrosati, 30-06-2022

In quel di Roma sembrano non digerire le critiche montanti che da mesi si sollevano contro il Motu Proprio Traditionis Custodes. La Lettera Apostolica Desiderio desideravi che papa Francesco ha firmato ieri, nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, dedicata alla formazione liturgica del popolo di Dio, ritorna sul punto fondamentale del Motu Proprio di quasi un anno fa, e cioè la volontà di mettere una pietra tombale sul Rito antico. Nella chiusura della lettera, il Papa mostra di aver accusato il colpo delle critiche montanti, ma anziché ritornare sui proprio passi, cerca di gettare acqua sul fuoco esortando ad abbandonare le polemiche «per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa» (n. 65) e custodire la comunione.

Il guaio è che è proprio la Lettera Apostolica a fornire il combustibile che ha alimentato la polemica di questi mesi, nonché a porre le condizioni per uno strappo più esteso della comunione ecclesiale. Moltissimi sono i paragrafi di Desiderio desideravi che si potrebbero sottoscrivere: l’importanza del silenzio (n. 52), dell’ars celebrandi (n. 49 e ss.), dell’evitare ogni personalismo dello stile celebrativo (n. 54). Apprezzabile è anche la serena riflessione sulla teologia liturgica. Ma ci sono alcuni gravi problemi che non possono essere passati sotto silenzio e che necessariamente monteranno ancora di più la critica verso la “linea liturgica” di questo pontificato, soprattutto da quando Arthur Roche ha preso le briglie del Dicastero competente.

Primo problema. Secondo Francesco l’accoglienza della riforma liturgica è condizione necessaria per l’accoglienza del Concilio Vaticano II. Nel rifiuto della riforma egli scorge un problema ecclesiologico: «La problematica è anzitutto ecclesiologica. Non vedo come si possa dire di riconoscere la validità del Concilio [...] e non accogliere la riforma liturgica nata dalla Sacrosanctum Concilium che esprime la realtà della Liturgia in intima connessione con la visione di Chiesa mirabilmente descritta dalla Lumen Gentium» (n. 31). E’ vero che vi è chi ritiene che la riforma liturgica sia espressione del Vaticano II e che debba perciò essere rifiutata; ma non si può far finta che invece vi siano altre posizione che mostrano come in realtà la riforma sia andata ben oltre, quando non addirittura contro, le indicazioni di Sacrosanctum Concilium. E la riforma così come si è concretamente attuata ancora peggio.

Piacerebbe capire quando e dove i Padri conciliari abbiano richiesto l’abolizione del tempo di Settuagesima, dell’Ottava di Pentecoste, delle Rogazioni, delle Quattro Tempora (in verità lasciate ad libitum alla decisione delle pigre Conferenze Episcopali), il rifacimento ex-novo dei riti dell’Offertorio. Così come non sarebbe male capire sulla base di quale testo del Concilio di fatto la lingua latina non sia più utilizzata ed il canto gregoriano da canto proprio della liturgia romana (SC, 116), ne sia diventato la Cenerentola. Anche storicamente non si può negare il fatto che il Messale che più da vicino ha incarnato le indicazioni di SC sia, a prescindere dall’apprezzamento, quello del 1965 e non quello del 1969.

In questo modo il Santo Padre non fa altro che misconoscere, senza nemmeno accettare un confronto costruttivo, tutte quelle posizioni critiche nei confronti di alcuni aspetti della riforma, che tuttavia non si pongono in atteggiamento di rifiuto del Vaticano II. Alcuni testi del quale non si capisce perché non debbano poter essere oggetto di miglioria e, nelle parti non dogmatiche, di riconsiderazione. Se dunque si vuole veramente spegnere le polemiche e ricostruire la comunione ecclesiale sulla liturgia, bisognerebbe almeno ascoltare con rispetto le posizione contrarie, non squalificarle a prescindere come anti-conciliari.

Il proseguo del paragrafo 31 solleva il secondo grande problema della Lettera Apostolica: «Per questo – come ho spiegato nella lettera inviata a tutti i Vescovi – ho sentito il dovere di affermare che “i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano” (Motu Proprio Traditionis custodes, art. 1)». Con tutto il rispetto per l’autorità pontificia, il Papa non può cancellare la realtà con una semplice dichiarazione. Perché prima o poi bisognerà rispondere ad alcune elementari domande: se i libri scaturiti dalla riforma liturgica sono l’unica espressione del Rito Romano, i libri liturgici del 1962, in uso per espressa autorizzazione anche dell’attuale Pontefice, che cosa sono? Che cosa esprimono? E prima della riforma, quei libri liturgici che cosa esprimevano? Che il Rito Romano non inizi con il Concilio Vaticano II è un fatto con cui bisognerà prima o poi far pace. E trarne anche le debite conseguenze.

Terzo problema. Per i due contenuti di cui sopra, Francesco si mette in posizione di rottura definitiva con il pontificato di Benedetto XVI. Il quale, tra l’altro, non viene nemmeno una volta citato nella Lettera Apostolica, nonostante abbia fatto della questione liturgica il cuore del suo pontificato. Meglio così, piuttosto che tirarlo per la tonaca, come si è fatto in Traditionis Custodes, per affermare che operare in senso diametralmente opposto a quanto ha fatto Benedetto non significa andare contro la linea da lui tracciata. Tentativo fallito di equilibrismo mentale. Se il Motu proprio aveva di fatto tagliato la testa alla linea di papa Benedetto, Desiderio desideravi ne seppellisce il cadavere. Come si fa allora a chiedere di far cessare le polemiche per ritrovare la comunione ecclesiale? Se un Pontefice decide di mettersi in totale rottura con chi lo ha preceduto, come può poi appellarsi alla comunione? Se un pontefice disconosce quello che lo Spirito ha ispirato al suo predecessore, come può puoi fare appello a mettersi in ascolto dello Spirito?

Infine, c’è un problema di proporzioni. Francesco offre l’ennesima stoccata ai “merlettari”, ribadendo che «la continua riscoperta della bellezza della Liturgia non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale» (n. 22). Tirato il sasso, subito ritira la mano, spiegando che «questa affermazione non vuole in nessun modo approvare l’atteggiamento opposto che confonde la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico». Anzi, «ogni aspetto del celebrare va curato [...] e ogni rubrica deve essere osservata» (n. 23).

Benissimo. Bisognerebbe però che questa cura per le forme e le rubriche si traduca in qualcosa di concreto. Mentre invece, ad oggi, si registra solamente una sistematica severità verso quanti sono legati ad un rito che conosce secoli di storia, mentre invece non si è mossa un’unghia per frenare i continui abusi liturgici che si verificano da ogni parte in quella che lui ritiene essere la Messa del Concilio: vescovi che entrano in bicicletta in chiesa, parole del Messale cambiate, vesti liturgiche rese facoltative, omelie tenute da laici, e magari anche gay, preti vestiti da clown, danze di vario genere, orrori architettonici e musicali. Se il Papa usasse metà della determinazione che impiega nel perseguitare i “tradizionalisti” per risolvere il problema degli abusi, saremmo già a buon punto. E la sincerità delle sue affermazioni sarebbe credibile. Invece per i gravi, ripetuti e crescenti abusi liturgici giusto una timida tirata d’orecchi; per chi ama la Messa antica, la condanna dell’estinzione.




“Cancel culture”: l’eterno sogno gnostico di ricominciare da zero





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by Aldo Maria Valli



di monsignor Giampaolo Crepaldi*

Una nazione senza cultura è qualcosa di molto triste. Si tratterebbe di una nazione dove la gente non sa cosa difendere, non sa cosa coltivare, non sa cosa trasmettere. Quello della Cancel culture, che demolisce le statue di Cristoforo Colombo, dei Missionari che hanno evangelizzato le Americhe, di ogni Padre fondatore qualsiasi esso sia e qualsiasi cosa egli abbia fondato, e si estende a voler cancellare tutta la cultura occidentale, la metafisica greca, il diritto romano, la cultura cristiana… però è un fatto culturale anch’esso. Per cancellare la cultura bisogna esprimere una cultura. Anche il nichilismo anti-culturale è una cultura. La contraddizione è evidente, ma non sembra che i fautori di questa moda possano avvedersene, dato che anche il principio di non contraddizione, con ogni probabilità, è vittima della loro cancellazione.

Se, dunque, anche questa è una cultura, sarà il caso di approfondire la sua natura. Lungo la storia, di “cancellazioni culturali” ce ne sono state tante. Non mi riferisco tanto alla damnatio memoriae che ogni vincitore ha decretato per la cultura dei vinti. Ogni guerra ha prodotto fenomeni di questo genere. Mi riferisco alla volontà di ricominciare “da capo”, tipica di molte culture filosofiche della modernità. Uno dei casi più tipici è stato quello di Cartesio che mette sotto dubbio tutte le conoscenze della cultura di appartenenza, in pratica tutta la cultura occidentale, appunto per ricominciare da zero. Lo stesso faranno gli illuministi e poi i positivisti. Lo stesso impegno è presente nel marxismo. Naturalmente tutti costoro – ed altri che qui non è possibile ricordare – avevano già in mente una nuova cultura quando volevano cancellare la loro cultura. Cartesio voleva una cultura fondata sulla scienza geometrica, l’illuminismo sulla ragione operativa, il positivismo sulla scienza sperimentale e il marxismo sulla prassi. Il nuovo era già presente quando si voleva cancellare l’antico.


Questo atteggiamento che privilegia il nuovo sull’antico, che fa coincidere la virtù con l’adesione alle novità storiche e il peccato con la conservazione del passato, è proprio della modernità in quanto tale, anche nella sua versione nichilistica della Cancel culture. Esso può essere chiamato progressismo e la sua parola d’ordine può essere rivoluzione. Progressismo e rivoluzione sono incessanti, perché l’esito di una rivoluzione viene fatalmente distrutto dalla rivoluzione successiva e il progresso di oggi è necessariamente l’antichità di domani. Nulla può essere conservato. A dire il vero, anche qui c’è una contraddizione. Il progresso vuole che tutto cambi, ma non il progresso, che deve rimanere. Il progresso deve conservare il progresso come qualcosa di incontestabile e mai criticabile, mai superabile, mai cancellabile. Lo stesso dicasi della rivoluzione: le rivoluzioni cambiano tutto, ma non la realtà immutabile della rivoluzione, che rimane assoluta. Anche la “cancellazione” deve cancellare tutto, ma la cancellazione deve rimanere un principio assoluto.


Si nota allora, nella Cancel culture, assieme alla sua stretta connessione con lo spirito moderno, la compresenza di relativo e assoluto, di cambiamento e di permanenza perché il cambiamento deve essere permanente e il relativo deve essere assoluto.

Ora, questo è un carattere tipico della gnosi, per cui la Cancel culture va definita come un fenomeno gnostico. Il disprezzo della realtà e dell’ordine, del creato e delle norme sedimentate nella storia. La valorizzazione della rinascita, di una nuova creazione, di un mondo nuovo, di un uomo nuovo, di una palingenesi. La liberazione dai vincoli della realtà, della verità, del passato, la salvezza come indifferenza al male e come fatto di coscienza. Nella Cancel culture ritroviamo molti aspetti della gnosi eterna. E quindi non possiamo non trovare anche la sua lotta con la fede cristiana, da sempre suo principale nemico. In questo nuovo numero del Bollettino non si parla direttamente di Cancel culture perché si è preferito contestarla presentando correttamente uno dei temi ad essa più cari (sic), ossia l’evangelizzazione delle Americhe. Su di essa da molto tempo c’è la cosiddetta “leggenda nera”, frutto della propaganda illuministica ed antireligiosa della borghesia anglofona e protestante. Sulla evangelizzazione delle Americhe ci sono secoli di disinformazione pianificata. Oggi però c’è di più, dato che la Cancel culture ha preso direttamente di mira questa eredità, primo obiettivo della voglia di cancellazione. Anziché stare a polemizzare contro la Cancel culture, si è quindi reputato più conveniente e utile valorizzare e proporre nella giusta ottica quello che essa vorrebbe cancellare.

*vescovo di Trieste

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Editoriale del Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa, anno XVIII, n. 2 /2022, fascicolo monografico dedicato al tema L’evangelizzazione delle Americhe: contro la “Cancel culture”.






mercoledì 29 giugno 2022

Don Nicola Bux - Processione secolarizzata




mercoledì 29 giugno 2022

Possibile che anche in occasione del Corpus Domini, il leit-motiv debba essere i poveri e l'ambiente [qui]? Non è la festa di quel Sacramento che solo può togliere la fame di Dio, che è la radicale povertà dell'uomo? Eppure lo ricorda all'inizio la Sequenza Lauda Sion [vedi]: Laudis thema specialis/ panis vivus et vitalis/ hodie proponitur (Il tema speciale della lode odierna è il Pane vivo che dà la vita).

Allora, annunciamo e inneggiamo a quel Dio che si è fatto carne e poi pane vivo per nutrirci in questo mondo e grazie a ciò risuscitarci nell'altro. Sono sempre di più quelli che non sanno nulla di Gesù Cristo, mentre dei poveri, dei migranti, degli ucraini ecc. ne sentono parlare a iosa. Non ha Lui assicurato che i poveri li avremo sempre con noi, ma non sempre avremo Lui? Parola misteriosa: ma ci ricorda che Egli non è venuto a risolvere il problema della povertà, o a portare la pace universale, ma a rendere presente Dio nel mondo.


Per questo dobbiamo onorarlo, sì, anche con drappi e ori e lumi, perché egli è il Signore e il Re dell'universo! Giovanni Crisostomo richiama a non disgiungere l’onore dato a Cristo nella liturgia e l’onore dato a Cristo nel povero: "Vuoi onorare il corpo di Cristo? “Ebbene, non tollerare che egli sia nudo; dopo averlo onorato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia per il freddo e la nudità. … Dico questo non per vietarti di onorare Cristo con tali doni, ma per esortarti a offrire aiuto ai poveri insieme a quei doni, o meglio a far precedere ai doni simbolici l’aiuto concreto … Mentre adorni la chiesa, non disprezzare il fratello che è nel bisogno: egli infatti è un tempio assai più prezioso dell’altro." (Giovanni Crisostomo, Commento alla seconda lettera ai Corinti, Omelia 20,3, PG 61,540).


Unum facere et aliud non omittere. Non citiamo a metà. In quale parrocchia cattolica non ci si prende cura del povero? La presenza di Gesù Cristo nel povero è morale; mentre quella nel Sacramento è vera, reale, sostanziale. Una bella differenza!


Al Corpus Domini, quindi, prendiamoci cura di Lui. E non disturbiamo la preghiera processionale con didascalie sociologiche e commenti ideologici che non aiutano ad adorare. Soprattutto ricordiamoci che la processione è un sacramentale, ovvero deve aiutare tanti che sono lontani, ad avvicinarsi a Dio, a coglierne la Presenza.


Per questo, san Tommaso invita ad osare quanto più possibile nella lode al Sacramento (tantum audes quantum potes). Come potrebbero i tanti giovani e adulti essere almeno incuriositi e, come Zaccheo, alzarsi dai tavolini e dagli smartphone a cui sono intenti, se il Santissimo, zigzagando tra le isole pedonali della città - viene portato quasi furtivamente, senza nemmeno una lampada che lo illumini, una tromba che ne annunci il passaggio? Chi se ne accorge che passa il Signore dei signori e il Re dei re (Gregorio di Nissa)? Dove son finiti i simboli amati dai liturgisti?
Poi, la processione dovrebbe essere accompagnata dalle litanie, parola greca che sta a ricordare appunto la particolare forma breve ripetuta di preghiera nata per le antiche stationes, ossia i percorsi processionali da una chiesa all'altra. Invece delle intenzioni intellettualistiche, se non ideologiche e quindi stucchevoli, si recitino le litanie del Santissimo Sacramento. E litanie della Madonna e quelle dei Santi: perché no? il Signore, in Cielo non vive da solo, ma con Maria, gli Angeli e i Santi, e in terra opera con la loro intercessione.


Orientales docent. Sul repertorio di canti sacri (sic!), si rimanda ai giudizi severi del benedettino Anselmo Susca, di Domenico Bartolucci e... di Riccardo Muti, per non risalire a quelli nichilisti di Nietzsche: "vorrei canti di gente salvata". Infine, che ci faceva un gazebo di Protestanti nella strada principale attraversata dalla processione, in cui hanno continuato la loro assemblea senza manco diminuire il volume dell'altoparlante? Sapessero o meno che c'era la processione del Corpus Domini, almeno il rispetto, non dico... l'ecumenismo!


Dunque, se il mondo si corrompe, non lamentiamoci: il sale del cristianesimo è diventato insipido. E le nostre liturgie, come se Egli non fosse presente e ascoltasse: danze vuote intorno al vitello d'oro che siamo noi stessi. Siamo noi chierici a favorire la secolarizzazione: la pagheremo cara, disse Giovanni Paolo II! E lo vediamo.
Per non metterci in ginocchio davanti a Cristo, ci stiamo inginocchiando davanti al mondo. "Quanti padroni finiscono per avere quelli che rifiutano l'unico Signore" (S.Ambrogio) -













Il sinodo tedesco contagia l’intera Chiesa, senza che il papa lo freni




di Sandro Magister
28 giu 22

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Nel recente colloquio con i direttori delle riviste europee della Compagnia di Gesù, trascritto e pubblicato da “La Civiltà Cattolica”, papa Francesco ha detto la sua anche sul “cammino sinodale” in corso in Germania. A suo giudizio “il problema sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne”, quando invece andrebbe fatta “con i fedeli, con il popolo”.

Il guaio è che quando ciò accade, quando cioè si raccolgono le domande della base o si sonda l’opinione dei fedeli, i risultati sono praticamente gli stessi di quelli dettati dalle élite dominanti o dalle pressioni esterne, con l’immancabile litania di richieste che vanno dai preti sposati alle donne prete, dalla nuova morale sessuale ed omosessuale alla democratizzazione del governo della Chiesa.

I suoi timori sul sinodo di Germania Francesco li ha espressi in una lettera del giugno 2019 da lui “tutta scritta da solo, in spagnolo”. Poi però l’ha lasciato andare avanti senza più opporgli alcun freno e senza dar segno d’ascoltare neppure le crescenti grida d’allarme del cardinale Walter Kasper, che all’inizio del pontificato è stato il suo teologo riformatore di riferimento, ma che del sinodo tedesco – un “tentativo di colpo di stato”, l’ha definito – dubita persino che sia “davvero cattolico”.

Non solo. È sempre più palpabile il rischio che l’agenda del “cammino sinodale” di Germania finisca dentro quell’altro sinodo della Chiesa universale che il papa ha convocato nel 2021 facendolo partire, appunto, dalle periferie e dalla base, e che avrà la sua sessione culminante a Roma nell’ottobre del 2023.

Inizialmente, la convocazione di questo sinodo generale nemmeno fece notizia. Il tema che Francesco gli aveva assegnato, la “sinodalità”, appariva talmente astratto e noioso da scoraggiare qualsiasi interesse dei media.

Poi però, appena le diocesi cominciarono a saggiare gli umori di preti e fedeli, si vide subito di che pasta era fatta la litania delle richieste. Col risultato che ora le conferenze episcopali, nel tirare le somme della prima fase decentrata del sinodo, si ritrovano tra le mani un duplicato del “cammino sinodale” di Germania, invocato anche dai loro fedeli.

Il caso della Francia è esemplare. A metà giugno la conferenza episcopale francese si è riunita in sessione speciale proprio per mettere a punto una “Collecte des synthèses sinodales” prodotte nelle varie diocesi, e trasmetterla a Roma. Nel votare il documento la conferenza episcopale non ne ha approvati i contenuti, si è limitata a riscontrarne l’aderenza alle richieste delle migliaia di preti e fedeli interpellati. Ma le richieste inviate a Roma comprendono, appunto, il superamento del celibato del clero, l’ordinazione delle donne al diaconato e al presbiterato o almeno, “come primo passo”, l’affidamento a loro delle omelie delle messe, una radicale riforma della liturgia e dei suoi linguaggi “ormai irricevibili”, l’ammissione generalizzata ai sacramenti dei divorziati risposati e delle coppie omosessuali.

In Irlanda è lo stesso. Oltre ai resoconti delle consultazioni in ciascuna diocesi, i vescovi si sono avvalsi anche di un grande sondaggio demoscopico tra i fedeli. E ne è risultato che la quasi totalità dei cattolici irlandesi vuole i preti sposati e le donne prete, l’85 per cento vuole il superamento di qualsiasi condanna degli atti omosessuali, il 70 per cento vuole che anche i laici abbiano potere decisionale nella Chiesa, e altri ancora vogliono che siano espulse dalla messa le letture dell’Antico Testamento “che grondano sangue”.

Alla conferenza episcopale d’Irlanda riunita a metà giugno era presente anche suor Nathalie Becquart, sottosegretaria a Roma del sinodo sulla sinodalità, la quale ha detto che in duemila anni di storia questa è la prima volta che la Chiesa dà vita a una consultazione così universale, che Francesco ha voluto far partire dalla base. Nessuno sa dove andrà a finire questo sinodo, ha concluso, ma proprio per questo bisogna essere aperti alle “sorprese dello Spirito Santo”.

Suor Becquart, che in sinodo avrà diritto di voto al pari dei vescovi, fa parte del terzetto marcatamente progressista che Francesco ha messo alla testa del sinodo sulla sinodalità, assieme al segretario generale, il cardinale maltese Mario Grech, e al relatore generale, il cardinale lussemburghese e gesuita Jean-Claude Hollerich.

E come non bastasse, con entrambi questi cardinali Francesco ha costituito un gruppo di lavoro su come conciliare il sinodo tedesco con quello della Chiesa universale. Ne ha dato notizia lo scorso 3 febbraio il presidente della conferenza episcopale di Germania, il vescovo di Limburgo Georg Bätzing, le cui voglie rivoluzionarie sono ancora più spinte di quelle già spericolate dello stesso Hollerich, al punto da dirsi ultimamente “deluso” dal passo troppo lento del papa.

Inutilmente non pochi vescovi e cardinali hanno bussato al dicastero per la dottrina della fede, chiedendo che siano sconfessate le tesi più ardite del cardinale Hollerich, specie quelle che rovesciano la dottrina sulla sessualità e l’omosessualità. Il dicastero tace ed è convinzione di tutti che sia il papa a imporre il bavaglio.

Tra i nuovi cardinali annunciati da Francesco nella domenica dell’Ascensione ve ne sono almeno un paio che di questa rivoluzione dottrinale sono paladini: il vescovo di San Diego Robert McElroy e l’arcivescovo di Manaus Leonardo Ulrich Steiner.

L’effetto del pratico lasciapassare accordato dal papa al “cammino sinodale” tedesco è che sono sempre di più nella Chiesa coloro che si sentono autorizzati a comportarsi di conseguenza.

In Germania hanno fatto colpo i trecento frati francescani che a metà giugno hanno eletto come loro superiore provinciale Markus Fuhrmann, entrato nelle cronache poche settimane prima per aver dichiarato pubblicamente d’essere omosessuale, oltre che acceso sostenitore delle novità più ardite in cantiere nel “cammino sinodale” tedesco.

E pochi giorni dopo, sempre in Germania, è tornato per l’ennesima volta a reclamare le stesse novità – compresa la benedizione in chiesa delle unioni omosessuali, vietata solo a parole dal Vaticano – il numero uno della gerarchia tedesca, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e membro di peso del ristretto consiglio cardinalizio creato dal papa per assisterlo nel governo della Chiesa universale.

In Svizzera, nella diocesi di Coira, il vescovo Joseph Maria Bonnemain ha obbligato i preti e i dipendenti diocesani a firmare un codice arcobaleno che tra l’altro li impegna a “rinunciare a valutazioni globalmente negative su pretesi comportamenti non biblici in materia di orientamento sessuale”.

In Italia, nell’arcidiocesi di Bologna, l’11 giugno una coppia di maschi si è unita civilmente in municipio e subito dopo ha celebrato in chiesa la propria unione, in una messa officiata dal responsabile della pastorale familiare dell’arcidiocesi, don Gabriele Davalli. Un successivo, contorto comunicato dell’arcidiocesi ha tentato di giustificare l’accaduto, sostenendo che si era trattato semplicemente – contro l’evidenza dei fatti – di una messa di ringraziamento per il gruppo cattolico LGBT “In cammino”, al quale i due appartengono. Ma a nessuno è sfuggito che l’arcivescovo di Bologna è il cardinale Matteo Zuppi, che da un mese è il presidente, di nomina pontificia, della conferenza episcopale italiana ed è anche il primo in classifica dei papabili di un futuro conclave. È prevedibile che questo episodio danneggi la sua corsa alla successione di Francesco, facendogli perdere quei pochi voti che potrebbe raccogliere anche tra i cardinali d’orientamento conservatore.

Insomma, il contagio del “cammino sinodale” di Germania, non arginato dal papa, ha ormai valicato le frontiere e minaccia di condizionare lo stesso sinodo generale sulla sinodalità. Non ha avuto alcun effetto neppure l’accorata lettera aperta inviata ai vescovi tedeschi l’11 aprile dai cardinali Francis Arinze, Raymond Burke, Wilfried Napier, George Pell, Camillo Ruini, Joseph Zen e da un centinaio di arcivescovi e vescovi di tutto il mondo.

Che la Chiesa cattolica si trasformi in una sorta di sinodo permanente, con le domande della base, cioè della cultura dominante, a farla da padrona, è un altro dei pericoli denunciati dal cardinale Kasper.

In ogni caso, a giudizio di un altro cardinale, l’italiano Camillo Ruini, una parte consistente della Chiesa ha già valicato i confini della dottrina cattolica almeno su un punto: l’approvazione degli atti omosessuali. “Non nego che un rischio di scisma ci sia”, ha detto in un’intervista a “Il Foglio” del 4 maggio. “Ma confido che, con l’aiuto di Dio, lo si possa superare”.






lunedì 27 giugno 2022

Seewald. Gli Abusi, i Media e Benedetto. Un’Ostilità che Continua Anche Adesso.




27 Giugno 2022 Pubblicato da Marco Tosatti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, credo sia interessante portare alla vostra attenzione, nella mia traduzione, questo articolo di Peter Seewald, il biografo di papa Ratzinger, apparso su Kath.net, che ringraziamo per la cortesia. Quest’odio implacabile della stampa progressista al di qua e al di là dell’Oceano verso Benedetto XVI testimonia ed è espressione dell’odio dei poteri che si sono sentiti minacciati dalla sua predicazione, e che molto probabilmente hanno contribuito alla sua rinuncia. Buona lettura.

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Gli abusi, i media e l’eredità di Benedetto


“La situazione andrà avanti con i rozzi titoli su Benedetto ora? Mese dopo mese? Finché nessuno oserà più alzare la mano per il Papa Emerito?”. 



Articolo di Peter Seewald

Monaco di Baviera-Roma (kath.net) I rozzzi titoli su Benedetto andranno avanti così mese dopo mese? Mese dopo mese? Finché nessuno oserà alzare la mano per il Papa emerito?

I lettori di tutto il paese sono stati stupiti da nuovi titoli sensazionali: “Papa Benedetto XVI deve andare in tribunale? Il servizio giornalistico Watson ha riportato: “Papa Benedetto un complice?”. Per la Bild, il Papa tedesco è stato il “perdente del giorno”. E l’esperto ecclesiastico dell’Augsburger Allgemeine ha dichiarato senza mezzi termini che “la causa per abusi contro Benedetto XVI è già un successo”.

Nessuno di questi giornali, tra l’altro, ha riportato l’evento che si sta svolgendo a Monaco di Baviera in occasione del 95° compleanno dell’ex capo della Chiesa cattolica universale, durante il quale l’ex primo ministro Edmund Stoiber ha elogiato il Papa tedesco come una delle più grandi personalità del nostro tempo. Anche la Süddeutsche Zeitung locale ha taciuto l’evento. Invece, il giornalista di religione del giornale aveva preso a menzionare ogni volta che era possibile che l’ex Papa aveva fatto una falsa dichiarazione in relazione agli abusi, che poi aveva dovuto correggere. Il fatto che non si trattasse di una falsa dichiarazione ma di un semplice errore, di cui non era responsabile l’emerito ma l’errore di trascrizione di un dipendente esterno, non viene menzionato.

Per l’ultima ondata di indignazione nella campagna permanente contro Benedetto XVI, è bastato che un intraprendente avvocato berlinese presentasse una denuncia al Tribunale regionale di Traunstein. Nella motivazione, l’avvocato sostiene che il suo cliente è stato vittima di abusi sessuali da parte di Peter H., il sacerdote di Essen nominato anche a Monaco. Ratzinger, come vescovo, non si era preoccupato di fermare l’uomo. Egli era “responsabile in solido”. In precedenza, l’avvocato aveva portato a bordo alcuni giornalisti, che hanno fornito la necessaria onda di prua. Ne è seguito il ben noto tsunami che attraversa ripetutamente il mondo dei media nel caso di Benedetto.

Non importa che il cliente dell’avvocato non fosse nemmeno nato all’epoca in cui Ratzinger era vescovo a Monaco? O che l’indagine da 1,5 milioni di euro dello studio legale Westpfahl, Spilker, Wastl di Monaco di Baviera, a cui fa riferimento la sua denuncia, non è riuscita a fornire uno straccio di prova del coinvolgimento di Ratzinger nell’insabbiamento di casi di abusi? Come studioso di diritto, ha commentato L’ex giudice federale Thomas Fischer ha considerato che, in quanto giurista era insoddisfatto che la cancelleria di Monaco desse l’apparenza di giudicare come un tribunale statale, nonostante la perizia privata non avesse la minima rilevanza giuridica.

L’incapacità delle chiese di affrontare gli abusi sessuali da parte dei sacerdoti è spaventosa e imperdonabile. Non c’è altra risposta se non quella del chiarimento, dell’espiazione, dell’eliminazione delle strutture che favoriscono l’abuso.

Infine, ma non meno importante, il massimo livello di attenzione in tutti i settori della società. Solo nel 2020, il governo federale ha stimato in 14.594 il numero di casi di abusi su minori in Germania. Inoltre, sono stati registrati 18.761 casi di pornografia infantile. Uno dei brutti effetti collaterali dell’abuso è stato a lungo la sua strumentalizzazione. La cronaca di giornalisti ecclesiastici che non sanno più distinguere tra informazione e disinformazione si è trasformata in uno scandalo mediatico tollerato. Ci sono centinaia di esempi di questo tipo. I responsabili ai vertici si voltano dall’altra parte. Tollerano qualsiasi manipolazione non appena c’è la minima possibilità di screditare l’eredità di Benedetto.

Lo stesso professore emerito ha rinunciato a difendersi. È inutile, come dice lui stesso in base alla sua esperienza pluriennale con il “giornalismo di qualità” nel suo Paese d’origine. Chi vuole contraddirlo? Quando a gennaio il trio di avvocati di Monaco di Baviera ha presentato la sua perizia sugli abusi sessuali nell’arcidiocesi negli anni dal 1945 al 2019, l’annuncio di una “perizia speciale” sugli anni episcopali di Ratzinger, il 1977 e il 1982 (cioè solo per cinque dei 74 anni del periodo di riferimento), lasciava già intendere ciò che gli avvocati avevano in mente.

La presentazione è stata preceduta da una campagna mediatica concertata, guidata da Die Zeit, che aveva come obiettivo solo il pre-giudizio. Quando ci si è resi conto dell’errore nella dichiarazione di Ratzinger sulla sua presenza a un particolare incontro, sarebbe stato dovere degli avvocati farlo notare all’anziano emerito. Non ci sono riusciti. Solo per poter produrre uno scandalo.

Benedetto XVI ha assicurato di non essere stato coinvolto nel caso del sacerdote abusatore Peter H.. Non aveva mai incontrato il cappellano, che dipendeva dalla diocesi di Essen e che avrebbe dovuto fermarsi a Monaco solo per un breve periodo per sottoporsi a una terapia. Ha anche chiarito immediatamente come si è arrivati alla dichiarazione errata sull’assenza alla riunione (peraltro irrilevante) – ma ogni parola è stata interpretata come un ulteriore “ingarbugliamento nella sua rete di bugie”. Alla radio Deutschlandfunk, la redattrice di politica ecclesiastica Christiane Florin ha riferito che l’accusa contro Benedetto XVI è di aver “deliberatamente detto la non verità – cioè mentito – nella sua dichiarazione nella perizia di Monaco”. In realtà, nemmeno gli avvocati avevano formulato questa accusa.

Nella relativa riunione del consiglio dell’ordinariato, ha proseguito Florin, era stato “deciso” che il sacerdote H. “dovesse essere preso in carico dall’arcidiocesi di Monaco e reintegrato nella cura pastorale – anche se in passato aveva abusato di bambini”. Anche questo racconto era stato liberamente inventato dalla giornalista. Non si trova da nessuna parte nella relazione dell’esperto. In realtà, gli avvocati hanno potuto presentare solo ipotesi e “prove” per sentito dire a sostegno delle loro accuse. Allo stesso tempo, hanno rovesciato la presunzione di innocenza dello Stato di diritto per accusare l’ex Papa di “cattiva condotta” in quattro casi sulla base di prove circostanziali – e anche questo solo “con un alto grado di probabilità”.

Se l’avvocato di Berlino avesse voluto davvero difendere il suo cliente, avrebbe dovuto concentrarsi sui cardinali Wetter e Marx. Non è stato durante il mandato di Ratzinger, ma durante quello dei suoi successori che l’abusatore è stato insediato come sacerdote. Naturalmente, questo avrebbe significato rinunciare alla possibilità di essere sotto i riflettori almeno una volta nella vita.

Come promemoria: dopo un intenso esame dei documenti presentati dallo studio legale Westpfahl, Spilker, Wastl, il team legale dei consulenti del Papa emerito è giunto alla seguente conclusione:

1.) Joseph Ratzinger, in qualità di vescovo di Monaco, non era a conoscenza del fatto che il cappellano Peter H. “fosse un abusatore, né che venisse utilizzato nella cura pastorale”. I documenti mostrano che nella riunione dell’ordinariato del 15 gennaio 1980 non è stata presa alcuna decisione sull’impiego pastorale del sacerdote Peter H.”.

2) Per quanto riguarda gli altri tre casi di presunta cattiva condotta, si afferma: “In nessuno dei casi… Joseph Ratzinger era a conoscenza di atti o del sospetto di abusi sessuali dei sacerdoti. La relazione dell’esperto non presenta alcuna prova che suggerisca il contrario”.

Papa Benedetto aveva accolto con entusiasmo e sostenuto l’indagine sugli abusi nella sua ex diocesi. Nell’interesse delle vittime, ha dichiarato, era indispensabile “un processo buono, completo e efficace”. Oggi va aggiunto: anche nell’interesse del Papa tedesco. In quest’ottica, sarebbe auspicabile che i giudici di Traunstein si occupassero del caso. Naturalmente, nessuno può credere seriamente che la campagna permanente contro Benedetto XVI possa terminare con questo.








domenica 26 giugno 2022

Card. Müller. McElroy Cardinale? Incomprensibile. Ciò che fa p. James Martin è eresia.





Franche parole del Card. Müller sulle ultime vicende delle nomine cardinalizie e in tema di omosessualità.
Luigi




23 Giugno 2022 Marco Tosatti


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante offrirvi, nella mi traduzione il dialogo che si è svolto fra John Henry Westen, di Life Site News, e il card. Gerhard Müller su alcuni temi caldi della Chiesa. Buona lettura.

§§§


John-Henry Westen: Grazie, Eminenza, per essere qui con noi al John-Henry Westen Show. Se posso iniziare, in questo momento stiamo vivendo una grande costernazione. C’è un gruppo di cardinali a Roma in questo momento. Megyn Kelly ha appena detto in televisione che sta succedendo qualcosa. Ci sono molte voci su “Papa Francesco potrebbe ritirarsi”, “Papa Francesco potrebbe morire”. Può dirci qualcosa su quello che sta succedendo a Roma in questo momento?



Cardinale Gerhard Müller: Non so esattamente cosa stia succedendo, ma nessuno sa cosa stia succedendo. Tutto è nelle mani di Dio. Arriverà il giorno in cui tutti dovranno morire, e il Papa è un essere umano, un uomo come noi. È un pellegrino su questa terra, e dobbiamo pregare per lui perché è un successore di San Pietro, il primo papa e il pastore della Chiesa universale, e anche un essere umano con tutte le sue luci e le sue ombre. E dobbiamo chiedere perdono a Dio e cercare la sua grazia.
Non so personalmente se si ritirerà. Papa Benedetto si è ritirato; questa è stata una grande scossa per la Chiesa, perché il Papa è un vescovo, il vescovo di Roma. Allo stesso tempo, ha un principio di unità fondamentale permanente di tutta la Chiesa, nella comunione di tutti i vescovi, i giudici locali. Pertanto, questo ha delle ripercussioni, delle implicazioni per la Chiesa. E Papa Benedetto è ancora vivo, e sarà un grosso problema avere due Papi emeriti. Non è un bene per la Chiesa.
Ognuno ha il suo significato. Ma io, come teologo, sono fondamentalmente contrario alle dimissioni dei papi. Solo in casi estremi possiamo capirlo, ma in situazioni normali dobbiamo sempre accettare che il Papa è un essere umano che invecchia. Tutti naturalmente invecchiano, ma dobbiamo dare testimonianza anche delle nostre sofferenze, del nostro diventare anziani. Se lo siamo, Dio è con noi. Quindi la testimonianza che state dando è quella di Gesù Cristo, il Signore crocifisso e risorto, e della speranza che abbiamo per tutti noi dopo questa vita terrena.


JHW: Una delle cose che alimenta queste speculazioni è che il Concistoro si tiene in agosto, quando normalmente non si tiene. A Roma fa molto caldo. Normalmente, il Papa andrebbe a Castel Gandolfo. Non è così. Ora c’è un Concistoro a Roma in agosto, che è il periodo peggiore. L’ha mai visto prima? Cosa pensa del motivo per cui sta accadendo ora?



CGM: La cosa era molto strana, perché a Roma è il periodo più caldo. Si possono raggiungere i 40 gradi centigradi o più. E se siete tutti insieme in questo piccolo gruppo di 200 persone, non sarà un inferno ma un purgatorio per tutti. È possibile che il Santo Padre voglia prepararci al purgatorio? Perché sapete cosa c’è tra poco? Potrebbe essere un purgatorio. E potrebbe essere che stia cercando, se siamo ben preparati, non solo di essere vicino a lui nei momenti belli, ma anche quando diventa caldo in senso metaforico. E noi faremo del nostro meglio. Io farò del mio meglio per aiutare lui e la Santa Madre, la Chiesa cattolica. Ma è un po’ strano. È vero che siamo esattamente ad agosto. E questo è il momento di aspettare l’annuncio del Concistoro, e ora aspettare con questa realizzazione? Tre mesi sono molto strani.


JHW: Uno dei vescovi che verranno elevati a cardinale è, negli Stati Uniti, estremamente controverso perché ha assunto posizioni sulla vita, sulla famiglia, in particolare sull’omosessualità, che sono in contrasto con l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Il più famoso di questi è il vescovo Robert McElroy.
Ha sostenuto ogni tipo di argomentazione, in particolare sulla questione della vita. È stato categoricamente contrario a negare la Santa Comunione ai politici favorevoli all’aborto. In effetti, alla Conferenza episcopale si è schierato contro qualsiasi tipo di superiorità dell’aborto come questione di scelta nelle elezioni. Parlava di come la povertà dovrebbe essere allo stesso livello. È stata quindi una figura molto controversa nella Chiesa degli Stati Uniti. Eppure è stato elevato al Collegio cardinalizio, nonostante il fatto che sia un vescovo suffraganeo e che l’attuale vescovo di Los Angeles, che è il metropolita del luogo, sia ancora un arcivescovo ma non sia stato elevato al Collegio cardinalizio. L’arcivescovo Gomez rimane arcivescovo Gomez, e non cardinale Gomez. Ha qualche commento in merito?



CGM: Nessuno può capire questa nomina, perché non è solo l’elezione di questi vescovi a essere molto in ombra. La diocesi di Los Angeles ha un vescovo molto, molto bravo. E questo è un punto di riferimento per una certa comprensione, a mio avviso sbagliata, della Chiesa cattolica in America. Ci sono categorie in cui la Chiesa in alcuni Paesi è interpretata, secondo me, in modo assolutamente sbagliato. La Chiesa non è divisa in fazioni che sono “ala liberale” e “ala conservatrice”. La differenza è che tutti i cattolici, in particolare i vescovi, devono essere fedeli alla Parola di Dio e alla dottrina della Santa Chiesa. Non siamo vescovi a nome nostro, con la nostra comprensione e le nostre preferenze politiche. Non posso dire di essere dalla parte di Biden o di Trump, e quindi di cambiare la fede cattolica in base alle mie opzioni politiche.
Ma è vero il contrario. Come cristiani, dobbiamo dare un orientamento ai politici, soprattutto se si definiscono cattolici. Devono agire in nome dei cattolici, non come gruppo di pressione per il sistema cattolico. Non abbiamo bisogno di gruppi di pressione o dell’aiuto dei politici. Il primo diritto di tutti è il diritto alla vita. Se un vescovo dice che è allo stesso livello della nostra lotta contro la povertà, questo è un approccio assolutamente sbagliato alla questione. È un approccio politico, ma non un approccio teologico e morale alle questioni. La Chiesa è l’avvocato di tutti, anche dei non cristiani, perché crediamo che tutti siano creature di Dio. E quindi il diritto alla vita è un diritto assoluto, fondamentale.
E vediamo che c’è una guerra in corso, una guerra contro la vita che viene da Dio, l’inizio della vita. Stiamo uccidendo la generazione futura. Stiamo uccidendo i bambini nel grembo della madre, e anche i nostri nonni attraverso l’eutanasia, e distruggendo la base di tutte le conseguenze delle generazioni, che è il matrimonio tra uomo e donna, tra un uomo e la sua donna. La sessualità è solo per l’uomo e la donna nel matrimonio. Chi ha letto la prima pagina della Bibbia e poi l’interpretazione autentica della Parola di Dio da parte del Figlio Gesù Cristo in Matteo 19 su cosa sia il matrimonio? Egli dà la definizione di matrimonio: l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie, e diventeranno una sola carne, una sola unità di pensiero, di corpo, di sessualità. E questa è la fonte della famiglia, dei figli. E noi siamo la grande linea delle generazioni dall’inizio della creazione fino alla fine del mondo. Dio ha dato a noi esseri umani la grande responsabilità di unirsi in matrimonio, padre e madre, mediatori della natura della vita. Una madre e un padre cristiani sono i primi rappresentanti di Gesù Cristo che chiamano al sacerdozio comune i propri figli.
Ed è assolutamente chiaro che per ogni sacerdote, cardinale e papa, ogni vescovo deve essere assolutamente fedele alla fede rivelata e alla legge naturale che ci è stata data senza fare politica personale. Un buon vescovo è un pastore e non un politico di seconda classe.


JHW: Questo ci porta alla mia ultima domanda. La ringrazio molto per il suo tempo. Probabilmente siamo stati assaliti da qualcosa che sta accadendo nella Chiesa quasi più di ogni altra cosa. In padre James Martin, un gesuita, abbiamo un sacerdote famoso in tutto il mondo per la promozione dell’omosessualità, per un cambiamento nella Chiesa per accettare l’omosessualità. È stato guardato dall’alto in basso da alcuni vescovi fedeli negli Stati Uniti che gli dicevano: “Non puoi fare questo, non puoi cercare di cambiare l’insegnamento della Chiesa”. Ciononostante, Papa Francesco lo ha prima invitato a parlare all’Incontro Mondiale delle Famiglie, poi lo ha invitato a diventare membro del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, infine lo ha incontrato personalmente in un’udienza che Padre Martin ha utilizzato per promuovere la sua spinta omosessuale, se così si può dire. Papa Francesco ha anche risposto a vari dubia o domande che padre Martin ha posto a nome di un gruppo LGBT da lui stesso fondato, e il Papa ha risposto a quelle domande.
Allo stesso tempo, Papa Francesco non ha incontrato il cardinale Joseph Zen quando è venuto in visita per conto dei cattolici cinesi che soffrono sotto il tallone del comunismo, e non ha nemmeno risposto alle domande del cardinale Raymond Burke e degli altri cardinali. I cattolici di tutto il mondo sono molto confusi e si chiedono cosa fare. Potrebbe aiutarci a capire e a indicare una strada da seguire?



CGM: Come teologo cattolico, vescovo e cardinale, sono assolutamente dalla parte del Papa, dell’istituzione papale. Ma questo non significa che debba giustificare tutto ciò che sta accadendo, perché in passato alcuni grandi teologi, come Sant’Agostino, hanno criticato alcune azioni e parole dei papi dell’epoca. Non è l’adulazione del papa che rende grande il papato nella Chiesa.
Ma è assolutamente chiaro – e nessuno può cambiare la dottrina della nostra fede cattolica – che il comportamento omosessuale è un grave peccato. Ogni forma di sessualità al di fuori del matrimonio legittimo è un peccato grave, un peccato mortale. Padre Martin non può cambiarlo con tutte le sue azioni politiche, le sue reti e tutta la propaganda che sta facendo. Quello che sta facendo è un’eresia, assolutamente un’eresia. Nessuno può giustificarlo. E non può giustificarsi solo con il lavoro pastorale per queste persone con un’attrazione sessuale. Nessuno è più vicino a queste persone di Gesù Cristo, che ha dato la sua vita per tutti. Ma questa non è stata una giustificazione del peccato, bensì l’occasione per i peccatori di convertirsi. E nessuno può dire: “Ho la tendenza al poliamore”, o dire: “Non amo solo una donna, ma ne amo cinque”. Questa non è una giustificazione. Questa è una versione del vero senso del matrimonio, con l’amore tra l’uomo e la donna, e quindi non c’è nessuna fonte e possono fare quello che vogliono. Ma ciò che è sbagliato è sbagliato e ciò che è giusto è giusto. E non possono farci tacere.
Non sono d’accordo con lui su ciò che sta facendo. È assolutamente sbagliato e sta fuorviando il popolo. Sta mettendo in pericolo la salvezza del popolo con le sue idee. Non possiamo introdurre idee sbagliate e fuorviare la gente secondo questa ideologia di propaganda LGBT. Noi siamo la Chiesa cattolica e Gesù Cristo, il capo della Chiesa, è il buon pastore di tutti. Penso che questa ideologia stia solo abusando delle persone con le loro storie personali. È meglio mostrare al peccatore la buona strada della conversione.
In un certo senso capisco perché il cardinale Zen era degno di ricevere un’udienza, perché è una grande testimonianza della fede cattolica, e soprattutto a Hong Kong, dove si batte per i diritti umani fondamentali. Non possiamo sacrificarlo solo per alcuni accordi con il regime dittatoriale cinese. La Cina è un Paese del popolo cinese e ognuno di loro è creato secondo l’immagine di Dio. Non accetteremo mai l’interpretazione secondo cui i cinesi hanno un’altra tradizione e non capiscono la nostra concezione occidentale dei diritti umani, che sono universali e tutti sono persone davanti a Dio. Accettiamo tutti questi cinesi come nostri fratelli e sorelle dello stesso Dio e Creatore. E speriamo che diventino nostri fratelli e sorelle nel senso soprannaturale, in Gesù Cristo, che stiamo predicando a tutti il Vangelo. Questo è il mio significato assoluto con comprensione, e lo dico molto apertamente senza un tira e molla diplomatico.
Ciò che è sbagliato è sbagliato e ciò che è giusto è giusto. Sono fedele ai miei occhi, soprattutto sono fedele alle mie orecchie quando ascoltiamo la Parola di Dio, e la Parola di Dio è questa parola. Separare il bene dal male significa seguire la via di Gesù Cristo. Nessuno ha l’autorità di cambiare o falsificare la fede cattolica rivelata secondo la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa. Tutte queste persone parlano sempre del Concilio Vaticano II, quindi bisogna guardare cosa dice la Gaudium et Spes sul matrimonio. Possono leggere qual è la vera dottrina della Chiesa cattolica sul matrimonio.


JHW: Bellissimo, Eminenza. Voglio ringraziarla per il suo tempo. Sono certo che molti, moltissimi cattolici saranno molto grati di ascoltare la sua chiarezza e sono sicuro che pregheranno per lei. Le chiedo ora di impartire la sua benedizione a tutti gli spettatori del John-Henry Westen Show.


CGM: Abbiamo ricevuto l’amore di Dio. Siamo tutti figli e figlie di Dio, e Gesù Cristo è il Figlio eterno e lo Spirito Santo. Perciò chiediamo la Sua benedizione. Che Dio onnipotente vi benedica, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.


JHW: Amen. Grazie mille, Eminenza. Che Dio la benedica.








sabato 25 giugno 2022

La sentenza della Corte suprema USA non è una fine ma un inizio










Di Stefano Fontana 25 GIU 25 2022

La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America che dichiara incostituzionale l’aborto, emanata nella Festa del Sacro Cuore di Gesù, apre provvidenzialmente una nuova epoca nella quale tutti i sostenitori della vita dovranno combattere più di prima: come hanno detto i vescovi degli Stati Uniti, non è la fine di qualcosa ma è un inizio. In questa nuova epoca ci sarà anche il nostro Osservatorio con il suo impegno.

Spesso, davanti ad alcune tendenze perverse dei nostri sistemi politici, così sistematicamente presenti ad ogni latitudine, rimaniamo sconfortati e pensiamo che le dinamiche di morte siano irreversibili perché tanti e troppi interessi materiali e ideologici le alimentano. Spesso parliamo di un “sistema” contro la vita, espressione di una “cultura della morte”, come scriveva Giovanni Paolo II, una cultura della morte che sembra corrodere ogni aspetto di bontà e bellezza e fare il vuoto attorno a sé.

Questa sentenza dimostra che questa presunta irreversibilità non esiste. È vero che la storia non può tornare indietro e che quanto è accaduto rimane come accaduto. È così anche per i milioni di bambini a cui è stata strozzata la vita nel grembo delle loro mamme. Però è possibile rileggere il passato e impostare il futuro su basi diverse, di bene anziché di male. È difficile, certo, richiede lotta, impegno e sacrificio, ma non è impossibile. La secolarizzazione, sia religiosa che morale, ossia la corrosione del senso della vita, non è irreversibile, essa dipende dalla volontà umana e dalla Provvidenza divina. Dipende, più precisamente, dalla libertà umana docile alla Provvidenza divina.

La sentenza della Corte suprema non dice la parola fine anche perché da questo momento gli Stati americani non sono più obbligati ad ammettere l’aborto, ma la decisione viene ricondotta agli Stati stessi. Insomma, la sentenza non vieta l’aborto in tutti gli Stati americani. In questo senso non è corretto dire che “rovescia” la Roe v. Wide, la sentenza che nel 1973 aveva imposto l’aborto a tutti gli Stati americani. Quindi di lavoro da fare ne rimane ancora molto negli Stati Uniti.

Ne rimane ancora molto – e forse di più – anche nelle altre parti del mondo, soprattutto nei Paesi europei ultra-secolarizzati dove l’elite di Bruxelles reagirà con forza, come aveva già fatto quando Trump aveva bloccato i finanziamenti pubblici per l’aborto e la UE li aveva aumentati per compensazione. Nei Paesi europei, e specialmente nell’Unione Europea, l’ortodossia ideologica contro la vita è perfino superiore che negli Stati Uniti.

Di lavoro da fare ne rimane molto anche nella Chiesa. Nonostante il comunicato del Presidente dei vescovi americani, l’arcivescovo Gomez di Los Angeles, dichiari senza mezzi termini il proprio ringraziamento al Cielo per la sentenza, si sa che su questo argomento i vescovi americani sono molto divisi e che il gruppetto di vescovi sostenuti oggi dal Vaticano sono su posizioni pastoralmente molto possibiliste sui temi della vita, della procreazione e della famiglia. Questa sentenza della Corte Suprema dividerà anche la Chiesa al proprio interno, o meglio farà emergere le divisioni profonde già fino ad oggi esistenti. Dovremo assistere ad un probabilmente triste gioco delle parti, con dichiarazioni via via più sfumate man mano che si scivola verso l’ala più progressista della Chiesa. Non dimentichiamo il grande appoggio dato dalla Chiesa universale alla elezione del presidente Biden e la grande e pregiudiziale avversione a Donald Trump. Con la sua sentenza la Corte suprema, pur non volendolo, dividerà la Chiesa cattolica, ma sarà una differenziazione salutare che bisognerà affrontare con amore per la Chiesa senza rinunciare all’amore per la Verità.

Alla fine a decidere sono state 6 persone contro 3. Non dobbiamo pensare che sia stato il popolo americano ad emanare questa sentenza. Questo esito è stato frutto delle recenti nomine attuate dal presidente Trump. La sua presidenza può essere valutata in molti modi. Non può tuttavia essere negato che si è trattato di una presidenza “di rottura” rispetto al “sistema”. Tra i principali motivi di questa rottura c’è stata anche la politica a favore della vita nascente e contro l’abominevole logica di Planned Parenthood, poi ripresa (purtroppo) da Biden e dalla Harris con il sostegno di molti cattolici. Anche questo è un elemento da tenere presente e che non chiude ma apre ad una nuova epoca di impegno. La garanzia la si avrà solo quando il modo di pensare della gente cambierà, quando alla cultura della morte che oggi viene diffusa con ogni mezzo si sostituirà la cultura della vita.

Stefano Fontana





La Corte Suprema degli Stati Uniti ribalta Roe v. Wade con una storica sentenza








sabato 25 giugno 2022

La notizia delle notizie, che sia un nuovo inizio per la tutela della vita di tutti, nel giorno della Festa del Sacro cuore! La corte suprema degli Stati Uniti ha appena ribaltato la sentenza Roe vs. Vade deql 1973 che delineava l'aborto come "diritto" a livello federale. Estraggo ed estrapolo dai commenti già arrivati.
La sentenza va letta e approfondita, ma pare proprio che da Oltreoceano sia giunto un segnale fortissimo in difesa del concepito. Al netto di futuri aggiornamenti o correzioni, non è ancora l'abolizione ma sicuramente un passo in più, passo che sarà accompagnato dalla pioggia di reazioni del mondo liberale, ma intanto si è arrivati fin qui. La notizia è già stata riportata da alcune testate giornalistiche italiane. E anche questa è una notizia: Il giudice Clarence Thomas afferma che la Corte dovrebbe rivisitare le sentenze SCOTUS su sodomia, contraccezione e "matrimonio" tra persone dello stesso sesso [qui].



La storica decisione della Corte Suprema, una svolta


Cosa significa questa decisione? Detto in breve: che la Costituzione degli Stati Uniti non contempla il diritto ad abortire, ragion per cui non ci può più essere lo "abortion on demand", a causa della sentenza della stessa Corte agli inizi degli anni Settanta (ora bollata come "egregiamente sbagliata"), quando vi prevalevano i c.d. "liberals". La Corte era chiamata a definire la questione giuridica, come di sua competenza. Ha correttamente deciso che concedere o negare il "diritto di abortire" sia questione di competenza del popolo americano attraverso i suoi rappresentanti a cominciare da quelli che governano i singoli Stati della federazione.
Perciò la Corte restituisce ai singoli Stati la libertà di legiferare in materia di aborto. Allo stato, sembra che una ventina di questi siano pronti ad abolire del tutto il "diritto di abortire". Altri invece lo manterranno, stando ai precedenti.


Un altro evento dal significato rivoluzionario, possiamo dire, è stata la notizia, sempre su LSNews, che una piattaforma del partito repubblicano tenutasi di recente nel Texas, nel riaffermare i valori propugnati dal partito ha condannato l'omosessualità in quanto "scelta di uno stile di vita abnorme". È la prima volta, da quando è scoppiata la Rivoluzione Sessuale, cioè dagli inizi degli anni Sessanta, che una formazione politica (e non secondaria) condanna apertamente anche se sobriamente l'omosessualità, in generale. Anche questa è un'inversione di tendenza rivoluzionaria rispetto alla situazione presente in Occidente e si spera che abbia ulteriori e più ampi sviluppi.
La Corte Suprema ha deciso oggi con una maggioranza di 6 a 3. Senza i tre giudici nominati da Trump (Gorsuch, Barrett, Cavanaugh) la maggioranza non ci sarebbe stata. Peccato che Trump mantenga un atteggiamento sbagliato sul problema omo, ci sono molti che evidentemente accettano l'errore diffuso dagli psichiatri americani, secondo il quale l'omo sessualità non sarebbe una patologia ma una tendenza innata.
Le violenze contro i pro-Life sono state sino ad ora tutto sommato limitate, si parlava di 50-60 episodi di vandalismo e incendio doloso, più altri minori, cifre basse per un paese grande come l'America e dopo quello che si era visto nel 2020 (opinione riportata da LSNews). Vedremo adesso.
Intanto ringraziamo in modo speciale la S.ma Vergine, mediatrice e corredentrice, in tantissimi Rosari è stato chiesto il suo aiuto per questa fondamentale vittoria del sano intelletto e della fede.

Per chi ama il linguaggio dei simboli, la vittoria antiabortista di questo giorno cade anche nel giorno in cui la Massoneria celebra la sua festa.


Infatti, essa nacque a Londra, in una locanda, il giorno 24 giugno 1717, festa della Natività di san Giovanni Battista per la Chiesa.

Da allora questo giorno viene celebrato dai Massoni, simbolicamente come inizio del Solstizio d'Estate, che sarebbe per loro l'apparire all'orizzonte della luce rappresentata dal credo massonico stesso. Cito da www.grandeoriente.it, 24 giugno 2020:
Al tempo stesso in questo giorno la Massoneria "festeggia S. Giovanni Battista, protettore delle corporazioni medievali dalle quali essa trae origine. Figura speculare a quella di S. Giovanni Evangelista, che conclude il Solstizio d'Inverno. Due colonne, la nascita e la morte, il passato e l'avvenire [sempre secondo il Grande Oriente]. Il Battista nasce da una famiglia sacerdotale ebraica originaria della regione montuosa della Giudea [...] Giovanni viene alla luce esattamente sei mesi prima di Gesù - entrambi quindi in coincidenza con solstizi - e fu un asceta e fondatore di una comunità da cui si originarono alcuni movimenti religiosi come la comunità giudaica non-rabbinica fondata da Gesù di Nazareth e le comunità gnostiche samaritane. G.B. non solo è venerato in tutte le Chiese cristiane ma è presente anche nel Corano col nome di Yahya ed è considerato tra i massimi profeti che precedettero Maometto. Anche se la sua festa cade il 24 giugno, solstizio d'estate, quando il sole è al suo apogeo [ma non lo è il 21-22?], nella tradizione libero-muratoria G.B. non viene associato al simbolo dell'astro che dà luce e calore e permette la vita, ma è la rappresentazione simbolica del principio universale, il Fuoco, che illumina il lavoro degli uomini [accostamenti del tutto arbitrari]. Quanto al suo nome, secondo alcune interpretazioni deriverebbe in parte dalla parola ebraico-caldea Oannes nome del dio caldeo delle iniziazioni. E potrebbe essere questa la ragione per la quale i liberi muratori lo avrebbero elevato a patrono, tanto che ancor oggi le Legge che lavorano in maniera indipendente sono dette di S. Giovanni..".
Da questo breve esempio di "ermeneutica massonica" si vede il tentativo di fare di "Gesù di Nazareth" il prodotto di sette a sfondo gnostico e come simboli e figure fondamentali della nostra fede siano sistematicamente deformati in senso esoterico, andando sempre alla ricerca di combinazioni astrali e significati arcani, del tutto fantasiosi.
Ma quest'anno i massoni, che appoggiano da decenni anima e corpo la Rivoluzione Sessuale con tutti i suoi annessi e connessi, e favoriscono anch'essi il declino dell'Italia e dell'Occidente nonché l'invasione indiscriminata dell'islam, non potranno forse celebrare il loro anniversario con l'adusato ottimismo sulla "magnifiche sorti e progressive" della "democrazia europea" ed anzi euro-americana nella sua presente forma "politicamente corretta".
Tra di loro sappiamo esserci persone molto colte, di raffinata intelligenza. Speriamo che la sentenza della Suprema Corte, i valori perenni che essa rappresenta, li inducano a riflettere e a rendersi conto della posizione sbagliata e deleteria assunta da tanto tempo dal loro Ordine, come amano chiamarlo.



La potenza dei segni. il Magnificat per la vita!

Niente è impossibile a Dio!
Con quella 'potenza di segno' che incoraggia noi, poveri afflitti (anche da un nonnulla), che lo fa apparire -sempre misteriosamente - nella storia degli uomini, ci viene detto oggi che non siamo perduti nè lo saremo mai.
Cosa c'è di più umanamente vicino, anatomicamente che il cuore di una madre con quello del figlio che essa porta in grembo?
Sarà per questo, e non solo, che la Chiesa celebra da secoli il Sacro Cuore di Gesù ma che, da poco tempo, la festività del Cuore Immacolato della Madre è spostata al giorno successivo: può mai separarsi il cuore di una Mamma da quello del Figlio?
Ebbene, a cavallo fra queste due Festività la Corte Suprema degli Stati Uniti, della nazione che oggi sparge con più potenza egemonica sociale, culturale e di costume un messaggio opposto a quello cristiano, oggi - fra Cuore Sacro del Figlio e Cuore Immacolato della Madre - il diritto s'inchina a riconoscere l'ovvio, a spazzare via la menzogna dei sofismi.
Ma sbaglieremmo se cogliessimo solo questo. è anche la festa del Battista, segno di potenza anche questo: bimbo nel grembo, embrione, grumo di cellule che esulta nel grembo della madre e, esultando per la visita del suo Signore, grida di essere presente, di essere pronto, di essere uomo.
Ma, ancora e infine: le due donne incinte, le cugine che -sfidando tutto, inclusa l'età - si ritrovano ad abbracciarsi con i loro figli in grembo. Una, dopo il Sì alla vita detto contro ogni logica, ogni fattore contrario, incluso il giudizio della gente, la maldicenza che si fa egemonia sulla coscienza; l'altra che sfida, appunto, l'età, la vecchiaia, mettendo a repentaglio la propria vita.
E, infine, l'una donna va in aiuto dell'altra: gravida, affronta il lungo viaggio perché sa che DEVE stare vicina alla cugina: chi lo ha detto, chi ha il coraggio o la spudoratezza di dire che il Cristianesimo, il suo messaggio genuino e fontale, il Vangelo, non contemplano il bisogno della donna, la necessità che sia aiutata, sorretta, sostenuta quando aspetta un figlio?
Ecco, questo segno, come tutti quelli 'potenti', non è liquidabile in poche battute o pochi concetti: ci interpella nel profondo, su ogni aspetto.








giovedì 23 giugno 2022

Vescovi ridotti a postini, è ora che si sveglino






Il caso del documento della Chiesa francese inviato al Sinodo con richieste “liberal” non condivise dai vescovi, è segno della rassegnazione degli stessi vescovi il cui ruolo è svilito anche dall’autoritarismo di questo pontificato. Eppure, proprio in nome del Concilio i vescovi dovrebbero rialzare la testa.
- VIDEO: Vescovi, svegliatevi




Editoriali

VERSO IL SINODO
EDITORIALI

Luisella Scrosati, 23-06-2022

Che i vescovi si sveglino, prima che sia troppo tardi. Mentre il Papa non fa altro che parlare di sinodalità, il ruolo dei vescovi si sta sempre più riducendo a quello di portalettere; mentre Francesco si agita per puntare il dito contro quelli che non vogliono attuare il Vaticano II, i vescovi permettono che sia il medesimo a calpestare l’insegnamento del Concilio sulla figura del vescovo. In particolare, il § 27 della Lumen gentium ricorda che in virtù della loro potestà «propria, ordinaria e immediata», non «devono essere considerati vicari dei romani Pontefici, perché sono rivestiti di autorità propria e con tutta verità sono detti “sovrintendenti” delle popolazioni che governano».

In perfetta sintonia con questo quadro di perdita progressiva dell’autentica autorità episcopale, è la notizia che viene dalla Francia. La fonte è il caporedattore e vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guénois, il quale, il 15 giugno, riferisce la notizia esplosiva del tentativo dei vescovi francesi di provocare un big bang nella Chiesa, votando il documento di sintesi delle proposte raccolte dalla base (circa 150.000 persone) in vista dei lavori centrali del Sinodo sulla sinodalità.

Leggendo il documento di sintesi (vedi qui), i confini tra la Chiesa francese e quella tedesca si fanno sempre meno netti: richiesta di rendere più frequenti le celebrazioni della Parola, in quanto permetterebbero «di dare più ampia accoglienza a tutte le persone, indipendentemente dall’accesso al sacramento eucaristico» ed inoltre offrirebbero «la possibilità ai laici – uomini e donne – di poter commentare la Scrittura e la forma della preghiera può essere più libera e spontanea» (punto 1). Poi, richiesta che le donne possano essere ordinate diaconesse, tenere delle omelie durante la Messe, e accedere anche all’ordine sacerdotale (2.3), ristabilendo così un equilibrio tra uomini e donne nella Chiesa. Ancora, nelle risposte pervenute «viene frequentemente auspicato che il celibato dei sacerdoti sia rimesso alla loro libera scelta, di modo che l’ordinazione sacerdotale e il matrimonio risultino compatibili» (2.2).

Due giorni dopo, il vaticanista di Le Figaro chiarisce (qui l’originale, e qui la traduzione in italiano) che in realtà i vescovi non hanno votato i contenuti del documento, ma l’autorizzazione di trasmetterlo a Roma. Secondo la ricostruzione di Guénois, alcuni presuli avrebbero infatti espresso l’impossibilità di votare il documento, a causa di alcuni contenuti irricevibili; e così si sarebbe trovato il compromesso di votare solamente per la trasmissione di questo testo alla Santa Sede. L’equivoco è nato dal fatto che alla sollecitazione di tre interrogazioni da parte di Le Figaro, la direzione dell’episcopato francese confermava che «il testo della raccolta era stato votato» dai vescovi. Morale della favola: il testo viene recepito e trasmesso così com’è a Roma, riducendo i vescovi a dei postini in talare.

Non è chiaro quale logica segua la strategia del Sinodo sulla sinodalità, se quella del Signore che istituisce l’episcopato, nella successione apostolica, per ammaestrare le genti, o quella delle agenzie per le proiezioni di voto. Non è difficile intuire che si farà come per i sondaggi sulla Messa antica nel mondo: alcune lamentele verranno trasformate nel sentire comune del popolo di Dio e dell’episcopato, a cui Roma non potrà non corrispondere... D’altra parte, la storia lo insegna: le rivoluzioni si fanno sempre in nome del popolo.

Strategie romane a parte, a lasciare perplessi è che i vescovi francesi accettino di riunirsi semplicemente per decretare con voto la trasmissione di una sintesi zeppa di gravi problemi a Roma. Nessun intervento sulla pericolosità di questi contenuti, nessun sussulto di dignità che li porti a raddrizzare questa piega, sapendo che di quella porzione di fedeli che auspica l’abolizione del celibato e il diaconato femminile sono loro i primi e diretti responsabili.

L’autoritarismo di papa Francesco e di una certa parte della Curia sta probabilmente fiaccando anche l’episcopato di sana dottrina. L’incredibile ingerenza di Roma nella diocesi di Frejus-Toulone (vedi qui), che ha ibernato le ordinazioni diaconali e sacerdotali a pochi giorni dalla data prevista, ha portato persino il già menzionato Jean-Marie Guénois a denunciare una deriva nella Chiesa cattolica verso un’«autorità autoritaria» (qui), che ha creato un clima di costante tensione e paura tra chi partecipa al governo della Chiesa, soprattutto se a stretto contatto con il Papa. Il quale governa in pieno stile sudamericano, che, nel caso della diocesi di Mons. Rey, come sottolinea Guénois, significa fare degli ostaggi (le dieci vittime che, fino a poco fa, erano degli ordinandi) per tenere in pugno il vescovo; il tutto senza alcun atto ufficiale e senza che si siano date delle reali spiegazioni del gesto clamoroso. Questa decisione, spiega il giornalista francese, è «il segno di una deriva autoritaria inquietante. E contraddizione con lo spirito sinodale particolarmente propugnato quest’anno, quando Roma prepara un Sinodo sulla sinodalità che vuole infondere più democrazia e partecipazione nella Chiesa».

Un’altra iniziativa lo dimostra, questa volta su suggerimento dei “cani da caccia” degli ordini religiosi minimamente vitali, il Prefetto Joao Braz de Aviz e il Segretario José Rodriguez Carballo del neo battezzato Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. La continua “purificazione” degli istituti religiosi ha portato molti dei loro membri a non rinnovare i voti o chiedere l’esclaustrazione, confidando nell’accoglienza da parte di alcuni vescovi, i quali, per permettere loro di poter continuare a vivere la loro vita comune, riconoscevano a queste piccole neo formazioni lo status giuridico di Associazione pubblica di fedeli. Il can. 312, tutt’ora vigente - nonostante il Rescriptum del 15 giugno scorso - applicando l’insegnamento di Lumen Gentium sulla reale autorità del vescovo, gli riconosceva l’autorità di erigere, nel territorio di propria competenza, associazioni pubbliche di fedeli. Invece il Papa, che di continuo si lamenta della non applicazione del Vaticano II, ha deciso di limitare l’autorità episcopale, subordinando l’erezione di queste associazioni ad una licenza scritta del duo Braz de Aviz- Carballo. Una vera e propria caccia all’uomo, che ha l’obiettivo di impedire una regolarizzazione di quei religiosi che non hanno accettato il drastico metodo di purificazione della Congregazione.

I vescovi evidentemente avvertono che l’ambito di loro competenza è sempre più invaso dall’arbitrio del Papa della sinodalità. Ma non è una buona ragione per accettare questi chiari di luna senza battere ciglio.






martedì 21 giugno 2022

Così le cure “di affermazione del genere” stanno uccidendo. Ecco i dati che lo provano



21GIU

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by Aldo Maria Valli


di Jay P. Greene

La Sinistra che abusa della scienza


Quando si trova di fronte ad argomenti politici divisivi, la Sinistra ha la cattiva abitudine di indossare il suo immaginario camice da laboratorio, condurre una pessima ricerca e poi dichiarare che la scienza ha risolto la controversia a suo favore. Questa tendenza si è manifestata in tutta la sua evidenza durante la pandemia: se non obbedivate agli ordini pseudo-scientifici sulle mascherine, sul distanziamento sociale o sulla chiusura delle scuole, di certo volevate che la gente morisse.

Questo abuso politico della scienza sta emergendo di nuovo sulla questione della disforia di genere negli adolescenti. L’amministrazione Biden e i suoi alleati stanno proclamando che, se le cure “di affermazione del genere” (sotto forma di inibitori della pubertà e ormoni trans-sessuali) non saranno ampiamente e prontamente disponibili per i bambini che si trans-identificano, i giovani intrappolati in corpi che non sono conformi al loro sesso dichiarato si scoraggeranno e suicideranno.


Permettere ai bambini di essere transessuali salva la loro vita?


Di recente, l’ex portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha criticato una legge dell’Alabama, che limita la prescrizione di inibitori della pubertà e di ormoni trans-sessuali ai minori, in quanto interferirebbe con “l’assistenza sanitaria necessaria e salvavita”.


Tali commenti fanno eco a quelli di attivisti come Sarah Harte, secondo cui “le leggi e i sistemi che impediscono l’assistenza sanitaria per l’affermazione del genere contribuiranno ad aumentare i tassi di gravi problemi di salute mentale, compresi i decessi per suicidio”. I politici di Stati come California e Washington stanno rispondendo alle leggi, quali quella dell’Alabama, promuovendo una legislazione che renda più accessibili ai giovani gli inibitori della pubertà e gli ormoni trans-sessuali.


Ma – deja vu – la scienza utilizzata per giustificare tali tesi e riforme politiche è estremamente debole.


Perché gli studi pro-gender sono fallaci

Solo pochi studi esaminano la relazione tra trattamenti ormonali intersessuali e rischi di suicidio, confrontando i risultati degli adolescenti che hanno ricevuto tali cure con quelli che le hanno richieste ma non le hanno ricevute. Nessuno studio utilizza un modello di ricerca causale, come uno studio controllato randomizzato, che è tipicamente richiesto per l’approvazione dei farmaci. Molti di questi studi, invece, confrontano i minori che hanno ricevuto gli interventi con quelli che non hanno potuto ottenerli, riscontrando nei primi un minor tasso di tentativi di suicidio.

Questa ricerca presenta molti difetti. In primo luogo, tali studi si basano su sondaggi condotti su adulti trans-identificanti, reclutati da gruppi di supporto e di tutela dei trans. Quindi non sono rappresentativi di tutte le persone che hanno sperimentato la disforia di genere da adolescenti. In particolare, è meno probabile che questi studi includano persone che hanno risolto i loro problemi senza intervento medico, o persone che si sono pentite di aver assunto inibitori della pubertà e ormoni cross-sessuali.


Inoltre, il confronto tra le persone che hanno richiesto e ricevuto inibitori e ormoni e quelle che non hanno potuto riceverli non fornisce un quadro completo. Uno dei requisiti per ricevere questi interventi è essere classificati come psicologicamente stabili. Quindi, il fatto che la tendenza al suicidio sia più alta tra le persone che hanno cercato ma non sono riuscite a ottenere questi farmaci può dipendere dal fatto che siano state squalificate perché psicologicamente instabili quando li hanno richiesti. E gli studi esistenti non fanno alcuno sforzo per controllare le condizioni pregresse di salute mentale.


Il contro-studio di Heritage: più gender più suicidi


In un nuovo rapporto, pubblicato dalla Heritage Foundation, abbiamo condotto un esame più rigoroso della questione. Abbiamo scoperto che agevolare l’accesso ai trattamenti trans-sessuali senza il consenso dei genitori aumenta significativamente i tassi di suicidio. Si è ricorso a un esperimento politico naturale, derivante dal fatto che alcuni Stati hanno una disposizione legale che consente (almeno in determinate circostanze) ai minori di accedere alle cure mediche senza il consenso dei genitori, mentre altri Stati non hanno tale disposizione. Questa variazione nelle politiche statali precede l’introduzione degli inibitori della pubertà e degli ormoni trans-sessuali come interventi medici, iniziata negli Stati Uniti intorno al 2010 e accelerata intorno al 2015.


Abbiamo confrontato i tassi annuali di suicidio giovanile negli Stati che permettono ai minori di accedere alle cure senza il consenso dei genitori con quelli negli Stati che non lo fanno. I dati non mostrano alcuna differenza tra questi due gruppi di Stati per oltre un decennio, prima del 2010, anno in cui inizia l’uso degli inibitori della pubertà e degli ormoni trans-sessuali. Intorno a quel periodo, emerge una differenza nei tassi di suicidio e il divario accelera dopo il 2015, quando i trattamenti trans-sessuali diventano più comuni.

Entro il 2020, si registra un aumento del 14% nei tassi di suicidio tra i giovani negli Stati che consentono ai minori di accedere alle cure senza il consenso dei genitori, rispetto agli Stati che non lo fanno. L’accesso facilitato ai bloccanti della pubertà e agli ormoni cross-sessuali da parte dei minori ha di fatto esacerbato i tassi di suicidio.


È importante notare che non osserviamo alcuna differenza, tra questi gruppi di Stati, nei tassi di suicidio tra i giovani adulti, non influenzati dalle politiche rivolte ai minori. I tassi di suicidio accelerano solo tra questi ultimi. L’aumento relativo dei tassi di suicidio si verifica solo dopo l’introduzione di trattamenti trans-sessuali e la traiettoria dell’aumento corrisponde alla diffusione di questi interventi.


Ridare il controllo ai genitori

Alla luce di questi elevati rischi di suicidio, i governi statali e quello federale dovrebbero invertire la tendenza a rendere gli inibitori e gli ormoni più ampiamente e rapidamente disponibili per i minorenni. Abbiamo scoperto che facilitare l’accesso a questi trattamenti senza il consenso dei genitori è particolarmente pericoloso. Ciò suggerisce che i legislatori dovrebbero invece adottare una legge sui diritti dei genitori, per garantire che questi ultimi siano informati e coinvolti in tali decisioni critiche riguardanti i loro figli.

Nonostante quello che ci dicono gli attivisti di sinistra, la scienza non dimostra che i bloccanti della pubertà e gli ormoni trans-sessuali siano necessari per prevenire i suicidi. Anzi, dimostra semmai il contrario.

Fonte: centromachiavelli.com

Traduzione da Heritage Foundation







Titolo originiale: Does “Gender-Affirming Care” For Trans Kids Actually Prevent Suicide? Here’s What The Data Say





lunedì 20 giugno 2022

La Madonna “rapiva” san Luigi Gonzaga. Perché non farci “rapire” anche noi?






di Corrado Gnerre

Cari pellegrini, l’Immacolata deve essere la compagna della nostra vita. A Lei dobbiamo affidare tutto e con Lei dobbiamo vivere tutto.

San Luigi Gonzaga, passeggiando per le sale e i corridoi del Collegio, recitava Rosari e Rosari.

Era talmente attratto quando così pregava che se gli passava qualche confratello dinanzi e lo salutava, non se ne accorgeva neppure e continuava a sgranare attentissimo la corona.

La Madonna lo rapiva.

Facciamoci rapire anche noi da Colei che è la Regina dello Splendore.

Senza arrivare a ciò che faceva san Luigi (d’altronde è sempre lo Spirito che muove ogni singolo santo), facciamo sì che la Vergine sia davvero la nostra costante compagnia.

Anche questa è una bellezza esclusiva della Verità Cattolica: aver ricevuto una madre per tutto il nostro esistere.

E solamente dopo la morte capiremo quanto sia stato importante… oppure (Dio non voglia!) quanto siamo stati sciocchi a non approfittarne.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri







sabato 18 giugno 2022

Così la benedizione "omo" uccide la dottrina sociale




Benedire in chiesa coppie omosessuali vuol dire ammazzare la Dottrina sociale della Chiesa, annullarla rendendola impossibile, negarla nella sua radice. Se la Chiesa lo fa, vuol dire che si ritira dal mondo e cessa di volerlo evangelizzare perché a questo serve la Dottrina sociale della Chiesa. La benedizione delle coppie omo toglie alla Chiesa il suo “diritto di cittadinanza” nella pubblica piazza perché le toglie di mano la possibilità di fare riferimento ad un ordine di verità anche naturale.



IL CASO BUDRIO
EDITORIALI

Stefano Fontana 18-06-2022

Non so se don Gabriele Davalli sapesse che benedicendo una coppia omosessuale nella chiesa di san Lorenzo a Budrio, come ha fatto sabato 11 giugno avrebbe cancellalo d’un colpo, tra molte altre cose, anche la Dottrina sociale della Chiesa. Non so nemmeno se egli avesse avvertito che, in quel modo, avrebbe cancellato d’un colpo anche la pastorale familiare, pur essendone responsabile dell’ufficio diocesano in quel di Bologna, diocesi del Presidente dei vescovi italiani cardinale Matteo Zuppi.

Infatti, senza Dottrina sociale della Chiesa, e quindi senza pastorale sociale, è molto difficile fare pastorale familiare. Don Davalli è giovane e forse non ricorda che nei primi anni Novanta del secolo scorso la Pastorale sociale della CEI (direttore mons. Giampaolo Crepaldi) aveva pubblicato il Direttorio di pastorale sociale “Evangelizzare il sociale” e, in contemporanea, l’ufficio CEI per la pastorale familiare (direttore mons. Renzo Bonetti) aveva redatto il Direttorio di pastorale familiare. Una combinata segno di un’epoca che or non è più. Una manciata di anni – e di “benedizioni” – e di quel mondo non c’è più alcuna traccia.

Benedire in chiesa coppie omosessuali vuol dire ammazzare la Dottrina sociale della Chiesa, annullarla rendendola impossibile, negarla nella sua radice. Ma attenzione: se la Chiesa lo fa, vuol dire che si ritira dal mondo e cessa di volerlo evangelizzare perché a questo serve la Dottrina sociale della Chiesa: a far stare la Chiesa nel mondo per evangelizzarlo. La benedizione delle coppie omo toglie alla Chiesa il suo “diritto di cittadinanza” nella pubblica piazza perché le toglie di mano la possibilità di fare riferimento, nei suoi interventi, ad un ordine di verità anche naturale.

Benedire la coppia gay, benedire le due persone in quanto coppia, significa riconoscere una dignità etica e religiosa all’essere coppia omosessuale praticante. Ciò comporta di negare che nel campo dell’esercizio della sessualità ci sia un ordine finalistico che caratterizza la natura della persona e quindi le sue relazioni. Significa accettare la sessualità come autodeterminazione e non come una vocazione che ci chiama al rispetto delle inclinazioni naturali e al rifiuto di quelle innaturali. L’espressione “inclinazione naturale” perde il significato di una tendenza rispondente alle finalità della natura umana (come quando si dice: “appartiene alla natura umana vivere in società”; oppure “appartiene alla natura mana cercare la verità” …) e assume quella della pulsione istintiva. Chi pensa di autodeterminarsi in realtà è determinato da altro.

Tutto questo comporta che l’ordine del matrimonio, della famiglia, della procreazione e dell’educazione (che della procreazione è prolungamento) non sia più un ordine ma una scelta personale fondata sulla coerenza con se stessi (autenticità) e non con qualcosa che ci precede e che dà senso a quello che facciamo (verità). Gli effetti negativi di questa visione non si limitano agli ambiti ora visti, ma sono distruttivi di tanti altri campi della vita sociale, perché se l’inizio germinale della società – ossia la coppia – non risponde a nessun ordine finalistico ma è creazione artificiale dei soggetti in base alle loro pulsioni, anche tutti gli altri campi della vita comunitaria avranno lo stesso impianto, dal lavoro all’economia, dall’educazione alla politica. La libertà si separerà definitivamente dalla verità e addio Dottrina sociale della Chiesa.

Benedicendo le coppie omosessuali, la Chiesa trascura che l’omosessualità è una forma di violenza (pur se consensuale) in quanto è una ferita all’ordine finalistico della natura umana, è una strumentalizzazione tecnica reciproca. Quindi accetta che la società si fondi sulla indifferenza alla violenza. Nel particolare, poi, non tiene conto che in questo modo si finisce per legittimare la fecondazione artificiale, l’utero in affitto e la trasformazione del bambino in una “cosa”. Benedicendo la coppia omosessuale la Chiesa apre la porta a pratiche disumane, collabora alla decostruzione e non alla costruzione.

Andando ancora più in profondità, nega il diritto naturale e la legge morale naturale, che sono alla base, insieme con la rivelazione divina, della Dottrina sociale della Chiesa. La rivelazione non avrebbe così più un interlocutore veritativo nella ragione, abbandonando a se stesso il piano naturale. La natura protestante di una simile impostazione è evidente: una fede che non chiede più alla ragione verità ma istanze individuali e infondate è una fede che ha perduto essa stessa l’idea di essere vera e che è già diventata fideismo.

Se la Chiesa rinuncia a fare riferimento, per motivi di fede rivelata e di ragione insieme, ad un ordine finalistico della natura e della natura umana in particolare, allora essa rinuncia a fare riferimento alla creazione e al Creatore. Se non è più capace di vedere l’ordine delle cose, allora le cose non le parlano più di Chi le ha create, come da San Paolo al giorno prima della benedizione gay di Budrio, essa ha sempre preteso. Nasce un conflitto tra le esigenze del Dio Creatore e quelle del Dio Redentore, la qual cosa, come si sa, è un chiaro indice di gnosticismo.

Non so se don Gabriele Davalli aveva pensato che, con l’uccisione della Dottrina sociale della Chiesa, la fede cattolica diventa protestante e gnostica.





giovedì 16 giugno 2022

L'ipoteca sul prossimo pontificato




Nel colloquio con i direttori delle riviste gesuite, pubblicato da Civiltà Cattolica, papa Francesco ha ribadito alcuni concetti forti del suo pontificato, con cui cerca di condizionare anche quello che verrà. Uno su tutti, il tema della verità, che nella sua concezione è "storicista", non oggettiva e valida per sempre. Una concezione problematica che potrà avere molte conseguenze.



GESUITI
EDITORIALI

Stefano Fontana 16-06-2022

La Civiltà Cattolica ha pubblicato nel suo ultimo quaderno il testo della conversazione che Francesco ha avuto il 19 maggio scorso con i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti. Si tratta di un dialogo che va esaminato con grande attenzione. Prima, però, può essere utile una breve premessa. In questo ultimo periodo, anche a seguito del peggioramento delle condizioni fisiche di Francesco e l’annullamento di qualche viaggio all’estero, gli osservatori hanno ricominciato a parlare di un pontificato volto alla “fine”.

Alcuni hanno anche sottolineato che proprio perché motus in fine velocior, Francesco starebbe intensificando i propri interventi tesi a condizionare strutturalmente il prossimo pontificato in modo che la Chiesa non possa più tornare indietro. Uno dei principali strumenti di questo disegno, ma non l’unico dato che anche la liturgia è un fronte molto vivo, sarebbe la nomina serrata di cardinali elettori di fede bergogliana. Del collegio cardinalizio, ormai il 60 per cento è stato nominato da Francesco.

In questo contesto è poi giunto il colloquio con i direttori delle riviste gesuitiche di cui si parlava. È stato un discorso di metodo nel quale Francesco è tornato ad alcuni dei principali criteri del suo ragionamento, soprattutto al criterio “la realtà è superiore all’idea”. Il futuro della Chiesa si condiziona non solo con le nomine, ma anche fornendo dei criteri nuovi, in modo che non si possa tornare indietro anche e soprattutto nel modo di pensare.

Lo slogan “la realtà è superiore all’idea” è ambiguo. Può essere interpretato nel senso della filosofia e teologia cristiana classiche come la dipendenza del nostro pensare dalla realtà, che rappresenta la verità del nostro pensare e dire. Vero è dire ciò che è e negare ciò che non è. Può però anche essere inteso in senso esistenziale, esperienziale, storico, sociologico: i processi in atto sono più importanti delle idee, perché le idee nascerebbero da essi e non viceversa. A mio modo di vedere Francesco ha in mente questa seconda versione.

Francesco ne ha fatto il criterio guida del suo discorso ai direttori del 19 maggio, applicandolo soprattutto all’argomento – a lui molto caro – del discernimento. Egli ha detto che le idee sono astratte mentre solo il discernimento è reale, perché si misura appunto con la realtà. Quindi le riviste dei Gesuiti non devono proporre idee astratte – “equazioni matematiche, un teorema” - ma esperienze e occasioni di discernimento. Sono andato a prendere l’ultimo fascicolo della rivista “Aggiornamenti sociali” dei Gesuiti milanesi e ho verificato questo impegno. In effetti è così, il sottotitolo della rivista dice: “Scoprire legami in un mondo che cambia”. I legami “si scoprono” all’interno del processo, non ci sono idee e criteri che ne precedono la conoscenza e il discernimento. Questo è il modo di pensare e di fare che Francesco ha indicato alle riviste culturali dei Gesuiti: “le idee devono venire dall’esperienza, il discernimento è quello che conta veramente”.

Una simile impostazione, però, non regge. La luce per attuare il discernimento non può venire dal discernimento stesso, ma lo deve precedere. Da una cosa oscura, bisognosa di discernimento, non può venire la luce che le permetta di chiarirsi. Il motivo consiste in un principio elementare: nessuno si dà ciò che non ha. Ciò che è oscuro non può darsi la luce da sé. Il barone di Munchausen non può tirarsi sulla riva da solo prendendosi per i capelli. Questo principio – nessuno si dà ciò che non ha – è una applicazione dell’altro principio più radicale ancora: dal nulla non nasce nulla.

In questo colloquio con i direttori delle riviste dei Gesuiti, Francesco ha nuovamente ribadito la propria epistemologia, ossia la sua concezione della verità, del sapere e dell’agire. Condannando – in verità in modo molto approssimativo – l’idea come astratta se non nasce dal discernimento della realtà, egli ha indicato la propria concezione di verità come qualcosa che nasce da una relazione – la verità come relazione era stata da lui proposta già nella primissima intervista a padre Spadaro dopo l’elezione e già allora aveva preoccupato molti – dentro un processo di discernimento, il quale diventa costitutivo dell’emergere della verità, anziché venire orientato da essa. Ci sono molti elementi per definire come “storicista” questa concezione della verità, per la quale il discernimento non è il risultato ma il contesto originario (apriorico) da cui la verità nasce. È evidente che una verità intesa in questo senso sarà sempre relativa.

L’epistemologia bergogliana, detta a suo modo con molte concessioni ad una retorica propria sia spontanea che voluta, ha ripercussioni enormi su tutta la teologia e non solo sulla teologia morale, alla quale il concetto di discernimento è maggiormente legato. Per fare un esempio: la dottrina e la tradizione non possono più costituire dei criteri per il discernimento, perché in questo modo si trasformerebbero in idee astratte, come “una equazione matematica o un teorema”.

A questo punto possiamo tornare alla breve premessa fatta sopra. Ammettiamo come ipotesi per questa nostra esercitazione che Francesco voglia veramente fare interventi strutturali affinché dopo di lui la Chiesa non possa più – pur volendolo – tornare indietro. Per esempio, non possa più tornare al concetto classico di verità. In questo caso egli dovrebbe fare delle nomine in posti chiave – come il collegio cardinalizio – di persone che condividono questa epistemologia filosofica e teologica. Davanti ad una simile prospettiva, c’è poco da dire e molto da pregare.