domenica 30 maggio 2021

La galassia Summorum Pontificum si prepara ancora una volta alla resistenza





Riprendiamo da MiL la traduzione della lettera n. 799 di Paix Liturgique, pubblicata lo scorso 28 maggio.




La galassia Summorum Pontificum si prepara ancora una volta alla resistenza



Le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum erano disposizioni di pace. Totalmente atipico dal punto di vista della legislazione liturgica, il Summorum Pontificum rispondeva efficacemente a una situazione anch’essa atipica: organizzava un modus vivendi tra la liturgia antica e la liturgia nuova, riconoscendo a tutti i sacerdoti latini il diritto al ritus antiquior, definendo altresì le condizioni della sua attuazione pubblica. Era volto a pacificare liturgicamente una Chiesa che sprofondava sempre più nella crisi.

Ma ecco che il diritto finalmente riconosciuto sembra insopportabile agli uomini al potere dal 2013. Tra loro, sta prevalendo la tesi che il testo dovrebbe essere se non del tutto abrogato, perlomeno disarticolato, come si dice, per perdere l’essenziale del suo significato. Secondo loro, la messa anteriore al Vaticano II non può godere che, al massimo, di una tolleranza debitamente circoscritta.

La loro forma mentale ideologica fa sì che essi prendano a cuor leggero, per evocare le parole con cui Émile Olivier lanciò la Francia nella guerra del 1870 (con le note conseguenze), la responsabilità della ripresa delle ostilità liturgiche. Rischiamo fortemente di ritrovarci, a causa loro, in una situazione simile a quella degli anni del post-Concilio, ma in condizioni peggiori per l’istituzione ecclesiale.


Celebrare la messa tridentina: un diritto acquisito


Bisogna avere chiara consapevolezza che è proprio sotto la pressione di una contestazione che non ha potuto essere soffocata, che il legislatore romano è giunto, a tappe (nel 1984 con Quattuor abhinc annos, nel 1988 con Ecclesia Dei adflicta, nel 2007 con Summorum Pontificum), a interpretare la promulgazione del messale del 1969 come non obbligatoria.

Infatti, in Francia, ma anche ovunque nel mondo, alcuni parroci avevano continuato imperturbabili a celebrare la messa tridentina. Nello stesso tempo, erano state organizzate, in molti luoghi, delle cappelle “selvagge”, mentre le sanzioni prese da alcuni vescovi non facevano altro che incentivare la diffusione di tali celebrazioni. Esse presero ancor più consistenza allorché alcuni giovani preti, formati e ordinati da Mons. Lefebvre, iniziarono ad esercitare il loro ministero sacerdotale, sia in Case indipendenti fondate appunto per accoglierli, sia in luoghi adattati al culto, spesso in modo sommario, in città o in campagna.

La sospensione a divinis di Mons. Lefebvre, nel 1976, diede poi alla sua iniziativa una grandissima pubblicità. Quell’evento fu seguito da un altro: la pacifica occupazione della chiesa di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, a Parigi, da parte di mons. Ducaud-Bourget e dei suoi fedeli, che vi entrarono una certa domenica e vi si trovano tuttora. Similmente, 10 anni più tardi, vicino a Versailles, i parrocchiani della messa tradizionale di Saint-Louis di Port-Marly, che erano stati cacciati dalla loro chiesa, di cui a tal fine si erano dovute murare le porte, le sfondarono semplicemente per insediarsi di nuovo in loco. Non ne sono mai usciti.

Uno storico sondaggio dell’IFOP (Institut français d'opinion publique), pubblicato nel 1976 da Le Progrès, quotidiano di Lione, dimostrò che il 48% dei cattolici praticanti riteneva che la Chiesa fosse andata troppo oltre con le riforme, e che il 35% restava favorevole alla messa in latino. I sondaggi successivi, realizzati più tardi e sino ad oggi in Francia e nel mondo da Paix Liturgique, evidenziano una decisa tendenza: la richiesta della celebrazione della messa tradizionale nelle parrocchie da parte di un segmento notevole, talora maggioritario, dei fedeli praticanti.

In seguito, da una parte il clima psicologico favorevole creato dal motu proprio di Benedetto XVI, e, dall’altra, la crescita continua degli Istituti specializzati nella liturgia tradizionale - la Fraternità San Pio X e gli Istituti Ecclesia Dei fondati a partire dal 1988 - hanno fatto si che il numero dei luoghi in cui si celebra la messa tradizionale non ha smesso di aumentare in tutto il mondo. Dal 2007 al 2017, per esempio, questo numero è semplicemente raddoppiato (in Italia l’incremento è stato assai maggiore - NdT).

Vi è un paradosso rilevato dai sociologi della religione, come, in Francia, Danièle Hervieu-Léger: il movimento tradizionale si è contrapposto alla corrente conciliare mediante un processo dalle apparenze “moderne”, rivoltandosi contro l’autorità. La reazione tradizionale ha alcune delle caratteristiche di ciò che oggi viene chiamato “populismo”, che contesta la legittimità delle “élites” perché esse adottano posizioni neoteriche elaborate nella loro bolla “elitaria”. Altro paradosso: il movimento tradizionale si basa, sin dalle origini, sull’azione dei laici (che sostengono e, addirittura, “generano” sacerdoti, tramite gli istituti specializzati), che rifiutano le consegne del Vaticano II, che pure dovrebbe “promuovere il laicato”. Si può anche aggiungere che, avendo la Chiesa romana, con il Vaticano II, cessato di essere tridentina, il tridentinismo - benché per natura gerarchico - è fatto proprio da un popolo di base. In realtà, diremo, teologicamente e non più sociologicamente, che si tratta di una manifestazione stupefacente e provvidenziale del sensus fidelium, dell’istinto di fede dei fedeli, che difendono con le unghie e coi denti l’espressione, mediante la lex orandi, della dottrina del sacrificio eucaristico, della presenza reale, del sacerdozio gerarchico, e, più globalmente, la trascendenza del mistero del “Fate questo in memoria di me”.


Una capacità incontenibile di resistenza


Davanti al pericolo che si profila oggi, dunque, si può tentare di misurare le forze in campo, attraverso la situazione francese, che non è certo quella della Chiesa universale, ma che offre sempre delle ottime indicazioni in proposito.

La Chiesa “ufficiale” non ha più nulla a che vedere con il solido apparato che essa costitutiva nei primi decenni del dopo-Concilio. E’ esangue dal punto di vista del numero dei sacerdoti e dei religiosi. I seminaristi e gli stessi seminari non cessano di diminuire. I fedeli praticanti, sempre più vecchi, sono sempre più distanziati nella navate delle chiese, senza aver bisogno di “misure sanitarie” per farlo. Tutto ciò si accompagna, logicamente, ad una situazione finanziaria catastrofica in non poche diocesi. Al che si aggiungono le conseguenze della cosiddetta “crisi sanitaria”, che ha fatto scomparire almeno il 30% dei parrocchiani che ancora resistevano. Le abitudini storiche, lente a svanire, fan sì che si consideri ancora il cattolicesimo come una componente essenziale della società. Ma la realtà sta apparendo in tutta la sua nudità: il cattolicesimo è praticamente scomparso dalla sfera pubblica.

Il mondo tradizionale, invece, rappresenta una “eccezione” nella Chiesa, soprattutto dal punto di vista delle vocazioni sacerdotali e religiose, simile al mondo precedente al 1965. Molti giovani, che non hanno conosciuto nulla delle dispute conciliari, si volgono oggi spontaneamente verso di lui. Le assise domenicali sono affollate e l’età media è assai poco alta. Nella galassia tradizionale le cose, sia quanto alla vita liturgica, sia quanto alla “fecondità” vocazionale, vanno come se il Vaticano II non ci fosse stato. L’insegnamento catechistico all’antica, ben strutturato, e un’importante rete scolastica assicurano una buona trasmissione della fede, della pratica e delle abitudini della vita cristiana. In più, le sue frontiere sono permeabili da un mondo “classico” (comunità Saint-Martin, Emmanuel, ecc.), la cui vitalità si spiega in parte per una “differenza” rispetto alle tendenze ufficiali, che si ispira, più o meno, ancorché in misura minore, a quelle della resistenza tradizionale.

Ovviamente, il successo ha i suoi costi: il rinnovamento generazionale è certamente assicurato, ma in un mondo estremamente secolarizzato, non si ottiene senza perdite; e, rispetto alla situazione necessariamente assai militante degli anni del dopo-Concilio, il mondo tradizionale può talora apparire più seduto di quanto non fosse un tempo. Tuttavia, risulta che iniziative desinate a far pressione per mantenere le situazioni acquisite e per ottenere miglioramenti possono organizzarsi senza difficoltà, in quanto le reti sociali costituiscono, qui come altrove, un supporto considerevole per l’emersione di una galassia “non convenzionale”.

A parità di altre condizioni, un’esplosione di malcontento sul tipo dei “gilet gialli” potrebbe oggi aver luogo in ogni momento nella Chiesa. Con questo grande vantaggio: che in ambito cattolico, per il popolo cristiano la dottrina e la pratica sono incentrate sulla celebrazione della messa domenicale. Ora, perché essa sia celebrata è sufficiente che un sacerdote la dica e che dei fedeli vi partecipino, senza che, in fin dei conti, nessuno possa mai impedirlo loro. E’ quello che era successo a partire dal 1965 e, soprattutto, dal 1969: alcune messe tridentine avevano continuato ad essere celebrate come se niente fosse. Minacce, opposizioni, addirittura persecuzioni hanno potuto susseguirsi, ma non se ne è fatto niente: sacerdoti e fedeli hanno continuato “a fare ciò che la Chiesa aveva sempre fatto”, come amava dire Mons. Lefebvre.

Un fatto recente molto istruttivo è questo: dato che i vescovi, in Francia e altrove, hanno stupidamente proiettato sulla comunione eucaristica le “misure sanitarie” imposte dai governi, proibendo la comunione sulle labbra, un certo numero di fedeli, rispettosi del sacramento, ha abbandonato le chiese “ordinarie” per andare a ricevere degnamente la Santa Eucarestia nelle celebrazioni tradizionali. Si scopre, così, che, a partire dalla “crisi sanitaria”, il numero di fedeli che assistono alle messe tradizionali è notevolmente aumentato nella maggior parte dei luoghi!


Un utile promemoria

Conosciamo la frase di S. Girolamo, che diceva che nel IV secolo “il mondo intero, gemendo, stupì di ritrovarsi ariano”, dato che la gerarchia era ampiamente passata all’eresia; tuttavia, numerosi fedeli restavano ugualmente attaccati alla dottrina cristologica di Nicea. Non abbiamo visto, non vediamo una situazione analoga ripetersi anche oggi? Questa capacità di resistere, di mantenere le posizioni, di per sé incontenibile, non escluderà, peraltro, manifestazioni e iniziative possenti, che vengono già previste in varie parti del mondo.








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