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by Aldo Maria Valli
Cari amici di Duc in altum, con il contributo di oggi, che segue quelli pubblicati il 17 (qui) e il 18 marzo (qui), si conclude la serie di Federico Catani dedicata a san Giuseppe. Con tanti auguri a tutti coloro che portano questo nome!
***
di Federico Catani
In questi tempi così drammatici a causa della pandemia da Covid-19, resa ancor più terribile dalla chiusura delle chiese, dalle morti in solitudine e senza conforti religiosi e dalla privazione dei funerali, è giunto il momento di pregare con più forza san Giuseppe, da sempre considerato patrono degli agonizzanti, da invocare per ottenere una buona morte, vale a dire una morte in grazia di Dio. Per ottenere questa grazia, che è la più importante e decisiva della vita, occorre pregare non nell’estremo momento della nostra esistenza, quando forse ci mancheranno le forze o la lucidità per farlo, ma durante la vita, quando si è ancora in salute. E, oltre che per noi, bisogna farlo per tutti coloro che stanno morendo e che non possono farlo, affinché salvino la loro anima.
Nel motu proprio Bonum sane, del 1920, celebrando il cinquantenario della sua proclamazione quale Patrono della Chiesa, papa Benedetto XV ricordava che san Giuseppe «è meritatamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e Maria». Anche per questo, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, il Papa raccomandava ai vescovi di favorire tutti «quei pii sodalizi che sono stati istituiti per supplicare Giuseppe a favore dei moribondi, come quelli “della buona morte”, del “transito di san Giuseppe” e “per gli agonizzanti”».
Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1014) ricorda: «La Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte (“Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore”: antica Litania dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi “nell’ora della nostra morte” (Ave Maria) e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte».
«Alla scuola di Giuseppe, imparino tutti a considerare le cose presenti, che passano, alla luce delle future che durano eterne; e consolando gl’inevitabili disagi della condizione umana con la speranza dei beni celesti, a questi aspirino ubbidendo al divino volere, vivendo sobriamente, secondo i dettami della giustizia e della pietà» (Benedetto XV, Bonum sane).
Assunzione di san Giuseppe?
A questo punto è interessante segnalare che molti santi, tra i quali Bernardino da Siena, Francesco di Sales e Alfonso Maria de’ Liguori, hanno piamente creduto nell’assunzione in Cielo in corpo e anima di san Giuseppe, avvenuta subito dopo la risurrezione di Gesù, nel contesto degli avvenimenti raccontati dal Vangelo di Matteo (Mt 27, 52-53). Anche papa Giovanni XXIII era di questa opinione. La teologia ha dato molte ragioni per sostenere quella che comunque resta un’ipotesi, sebbene molto affascinante e certamente ragionevole. In estrema sintesi se ne possono indicare tre in particolare.
La prima: san Giuseppe, nella sua vita terrena, ha avuto uno strettissimo contatto fisico con la santa Umanità di Cristo e con la Madonna. Ebbene, se si trovasse in Paradiso solo con l’anima, avrebbe meno intimità con Cristo e Maria Santissima e quindi meno felicità in Cielo di quanta ne aveva sulla terra, fatto alquanto singolare e sconveniente.
La seconda: alla purezza verginale del corpo di san Giuseppe e all’assenza del minimo peccato veniale deliberatamente commesso conviene il premio della risurrezione corporea.
La terza: la Vergine Maria, a parte il Figlio, non ha amato nessuno come san Giuseppe, suo sposo. Allo stesso modo, anche Gesù, dopo sua madre, non ha amato nessuna altra creatura come san Giuseppe. È pertanto assai logico che Gesù (e di conseguenza anche Maria) abbia voluto premiare il suo padre putativo con il dono dell’assunzione in Cielo, andando così a ricostituire la Sacra Famiglia in Paradiso.
Il primo di tutti i santi
San Giuseppe merita il culto di protodulìa, vale a dire che è il primo e il più santo di tutti i santi e quindi ha diritto ad un culto tutto particolare. Ne consegue che la sua intercessione, come insegnava tra gli altri santa Teresa d’Avila, è immensa, seconda solo a quella della Madonna. Ecco allora che pregare San Giuseppe non è come pregare qualunque altro santo. Del resto, i suoi privilegi sono eccezionali, dato il ruolo del tutto singolare che ha svolto nella storia della salvezza. La sua santità, va ripetuto, è seconda solo a quella della Vergine Maria.
«La Chiesa cattolica giustamente onora con un culto sempre più diffuso e venera con un sentimento di profondo affetto, l’illustre benedetto patriarca Giuseppe, ora coronato di gloria e di onore in Cielo. Sulla terra, l’Onnipotente Dio, preferendolo a tutti i Suoi Santi, lo destinò ad essere il casto e vero sposo dell’Immacolata Vergine Maria, così come il padre putativo del suo Unigenito Figlio. Egli certamente lo arricchì e lo colmò di grazie uniche e sovrabbondanti, rendendolo capace di eseguire più fedelmente i doveri di un così sublime stato. Perciò, i Romani Pontefici, Nostri Predecessori, al fine di incrementare e stimolare ardentemente sempre più nel cuore dei fedeli Cristiani l’affetto e la devozione verso il santo patriarca, e di esortarli ad implorare la sua intercessione presso Dio con la massima confidenza, non hanno mancato di decretare nuove e sempre maggiori espressioni di venerazione pubblica verso di lui in tutte le occasioni propizie» (papa Pio IX, Lettera Apostolica Inclytum Patriarcham, 1871).
Papa Pio XI insegnava che quella di san Giuseppe fu una missione unica, la più alta, in quanto egli fu Cooperatore all’Incarnazione e alla Redenzione. Infatti, quando venne eletto sposo di Maria e padre verginale di Gesù, san Giuseppe fu associato alla Redenzione del genere umano, in un modo singolare, pur inferiore rispetto a quello di Maria. San Giuseppe partecipò realmente alla Corredenzione in quanto reale padre nutrizio di Gesù e vero sposo di Maria. Giuseppe, come Maria, sebbene in grado meno elevato, ebbe da Dio tutte le grazie per essere degno sposo verginale di Maria; fu ordinato con Maria e dopo Maria all’Incarnazione del Verbo. Offrì tutte le sue fatiche e i suoi dolori spirituali per la Redenzione dell’umanità, conoscendo le sofferenze cui sarebbe andato incontro Gesù. Il cardinale Alessio Maria Lépicier affermava che san Giuseppe fu “Corredentore perfettissimo dopo Maria”. Secondo san Tommaso d’Aquino, Giuseppe “partecipò più di ogni altro, dopo la Madonna, alla Passione di Cristo”. Per Leone XIII, “non vi è dubbio che Giuseppe si sia avvicinato più di qualsiasi altro alla altissima dignità della Madre di Dio”. E Pio XI ribadiva: “Tra Dio e Giuseppe non c’è né può esservi un’altra persona se non Maria vera Madre di Dio”.
Secondo la sana teologia, è conveniente asserire che san Giuseppe non commise mai alcun peccato deliberato, neanche veniale. Giuseppe non fu preservato dalla concupiscenza, ma questa in lui non è mai passata all’azione. Perciò, secondo i teologi, Giuseppe fu confermato in grazia o reso impeccabile per dono gratuito di Dio. Inoltre fu esente dall’errore della ragione ed anche dal moto delle passioni inferiori, che pur esistendo in lui, erano tuttavia frenate o trattenute da Dio.
Papa Pio X fece comporre e indulgenziare le litanie in suo onore. Papa Benedetto XV introdusse un prefazio proprio per la sua Messa e inserì la sua invocazione nelle Lodi Divine. Nel 1962, papa Giovanni XIII (che al santo affidò i lavori del Concilio Vaticano II con la lettera apostolica Le Voci, del 1961), inserì il nome di san Giuseppe nel Canone della Messa e nel 2013 papa Francesco ha esteso il provvedimento ad altre preghiere eucaristiche.
A san Giuseppe è tradizionalmente dedicato il mese di marzo e il giorno di mercoledì. La sua festa è il 19 marzo, che fino al 1977 era giorno festivo in Italia (sarebbe bello e salutare ripristinarlo!), e che comunque resta tale secondo il Codice di diritto canonico. Pio XII, come detto, introdusse anche la festa del 1° maggio, cancellando però quella del Patrocinio di san Giuseppe, voluta da Pio IX (mercoledì seguente la seconda domenica dopo Pasqua) e ora unita alla festa del 19 marzo.
San Giuseppe, patrono della Chiesa cattolica
Quando papa Pio IX, con il decreto Quemadmodum Deus, dichiarò san Giuseppe patrono della Chiesa cattolica (8 dicembre 1870), Roma era stata da poco occupata dalle truppe piemontesi e lo Stato pontificio era stato cancellato dalle cartine geografiche, sostituito da un governo di stampo laico e anticlericale. La Chiesa si trovava in un momento difficilissimo della sua storia. Oggi, però, la situazione generale è peggiorata ulteriormente. La Chiesa naviga in acque tempestose, perché i pericoli non vengono solo dall’esterno, bensì – e forse ancor più – dal suo interno. La confusione regna sovrana, gli scandali aumentano e spesso non si predica più la dottrina cattolica, bensì un pensiero che nulla a che vedere con Gesù Cristo e il magistero millenario. Ecco allora che l’intercessione di san Giuseppe diventa necessaria, oggi più di centocinquanta anni fa.
Ma perché san Giuseppe è patrono della Chiesa? Oltre a Pio IX, che sin dalla giovinezza nutrì sempre molta devozione per questo santo, lo spiegò bene papa Leone XIII.
«Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere patrono speciale della Chiesa, e la Chiesa ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dal fatto che egli fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo. Da qui derivarono tutta la sua grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. […] È dunque cosa giusta e sommamente degna del beato Giuseppe che, come egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora col suo celeste patrocinio protegga e difenda la Chiesa di Cristo». (Leone XIII, Quamquam pluries).
Apparizione a Fatima
Nell’ultima delle apparizioni di Fatima, il 13 ottobre 1917, accanto alla Vergine e al Bambino Gesù apparve anche san Giuseppe. Come racconta suor Lucia, “san Giuseppe e il Bambino sembravano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce tracciati con la mano”. Lo sposo castissimo della Madonna e padre putativo di Gesù distribuisce quindi insieme a loro le grazie ed intercede a nostro favore.
Il gesuita Francisco Suárez osservava che, data l’unione sponsale, nessun’altra creatura è stata amata dalla Madonna come Giuseppe: «È verosimile – argomentava – che la Beata Vergine abbia desiderato esimi doni di grazie e aiuti per il suo sposo, che amava in modo singolare, e li abbia impetrati con le sue preghiere. Infatti, se è vero come è vero che uno dei mezzi più efficaci per ottenere da Dio i doni della grazia è la devozione verso la Vergine e la sua intercessione, chi può credere che il santissimo Giuseppe, dilettissimo alla Vergine e devotissimo, non abbia ottenuto per suo mezzo l’esimia perfezione della santità?».
San Giuseppe, presente solo al termine delle apparizioni di Fatima, sembra quindi presentarsi sia come grande devoto della Madonna sia come patrono dell’ultima ora, per accompagnare l’umanità in un tempo terribile quale quello che stiamo tuttora vivendo. Così come, durante la sua vita terrena, fu sostegno e custode del piccolo Gesù e della Vergine nel duro e difficile passaggio di questo mondo, tanto più oggi continua ad assisterci in mezzo ai travagli della nostra esistenza.
Ecco allora che l’Anno di san Giuseppe che stiamo vivendo, come ricorda il decreto della Penitenzieria Apostolica, offre a tutti i fedeli «la possibilità di impegnarsi, con preghiere e buone opere, per ottenere con l’aiuto di san Giuseppe, capo della celeste Famiglia di Nazareth, conforto e sollievo dalle gravi tribolazioni umane e sociali che oggi attanagliano il mondo contemporaneo».
3 – Fine. I precedenti articoli sono stati pubblicati il 17 e il 18 marzo
di Federico Catani
In questi tempi così drammatici a causa della pandemia da Covid-19, resa ancor più terribile dalla chiusura delle chiese, dalle morti in solitudine e senza conforti religiosi e dalla privazione dei funerali, è giunto il momento di pregare con più forza san Giuseppe, da sempre considerato patrono degli agonizzanti, da invocare per ottenere una buona morte, vale a dire una morte in grazia di Dio. Per ottenere questa grazia, che è la più importante e decisiva della vita, occorre pregare non nell’estremo momento della nostra esistenza, quando forse ci mancheranno le forze o la lucidità per farlo, ma durante la vita, quando si è ancora in salute. E, oltre che per noi, bisogna farlo per tutti coloro che stanno morendo e che non possono farlo, affinché salvino la loro anima.
Nel motu proprio Bonum sane, del 1920, celebrando il cinquantenario della sua proclamazione quale Patrono della Chiesa, papa Benedetto XV ricordava che san Giuseppe «è meritatamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e Maria». Anche per questo, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, il Papa raccomandava ai vescovi di favorire tutti «quei pii sodalizi che sono stati istituiti per supplicare Giuseppe a favore dei moribondi, come quelli “della buona morte”, del “transito di san Giuseppe” e “per gli agonizzanti”».
Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica (n. 1014) ricorda: «La Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte (“Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore”: antica Litania dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi “nell’ora della nostra morte” (Ave Maria) e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte».
«Alla scuola di Giuseppe, imparino tutti a considerare le cose presenti, che passano, alla luce delle future che durano eterne; e consolando gl’inevitabili disagi della condizione umana con la speranza dei beni celesti, a questi aspirino ubbidendo al divino volere, vivendo sobriamente, secondo i dettami della giustizia e della pietà» (Benedetto XV, Bonum sane).
Assunzione di san Giuseppe?
A questo punto è interessante segnalare che molti santi, tra i quali Bernardino da Siena, Francesco di Sales e Alfonso Maria de’ Liguori, hanno piamente creduto nell’assunzione in Cielo in corpo e anima di san Giuseppe, avvenuta subito dopo la risurrezione di Gesù, nel contesto degli avvenimenti raccontati dal Vangelo di Matteo (Mt 27, 52-53). Anche papa Giovanni XXIII era di questa opinione. La teologia ha dato molte ragioni per sostenere quella che comunque resta un’ipotesi, sebbene molto affascinante e certamente ragionevole. In estrema sintesi se ne possono indicare tre in particolare.
La prima: san Giuseppe, nella sua vita terrena, ha avuto uno strettissimo contatto fisico con la santa Umanità di Cristo e con la Madonna. Ebbene, se si trovasse in Paradiso solo con l’anima, avrebbe meno intimità con Cristo e Maria Santissima e quindi meno felicità in Cielo di quanta ne aveva sulla terra, fatto alquanto singolare e sconveniente.
La seconda: alla purezza verginale del corpo di san Giuseppe e all’assenza del minimo peccato veniale deliberatamente commesso conviene il premio della risurrezione corporea.
La terza: la Vergine Maria, a parte il Figlio, non ha amato nessuno come san Giuseppe, suo sposo. Allo stesso modo, anche Gesù, dopo sua madre, non ha amato nessuna altra creatura come san Giuseppe. È pertanto assai logico che Gesù (e di conseguenza anche Maria) abbia voluto premiare il suo padre putativo con il dono dell’assunzione in Cielo, andando così a ricostituire la Sacra Famiglia in Paradiso.
Il primo di tutti i santi
San Giuseppe merita il culto di protodulìa, vale a dire che è il primo e il più santo di tutti i santi e quindi ha diritto ad un culto tutto particolare. Ne consegue che la sua intercessione, come insegnava tra gli altri santa Teresa d’Avila, è immensa, seconda solo a quella della Madonna. Ecco allora che pregare San Giuseppe non è come pregare qualunque altro santo. Del resto, i suoi privilegi sono eccezionali, dato il ruolo del tutto singolare che ha svolto nella storia della salvezza. La sua santità, va ripetuto, è seconda solo a quella della Vergine Maria.
«La Chiesa cattolica giustamente onora con un culto sempre più diffuso e venera con un sentimento di profondo affetto, l’illustre benedetto patriarca Giuseppe, ora coronato di gloria e di onore in Cielo. Sulla terra, l’Onnipotente Dio, preferendolo a tutti i Suoi Santi, lo destinò ad essere il casto e vero sposo dell’Immacolata Vergine Maria, così come il padre putativo del suo Unigenito Figlio. Egli certamente lo arricchì e lo colmò di grazie uniche e sovrabbondanti, rendendolo capace di eseguire più fedelmente i doveri di un così sublime stato. Perciò, i Romani Pontefici, Nostri Predecessori, al fine di incrementare e stimolare ardentemente sempre più nel cuore dei fedeli Cristiani l’affetto e la devozione verso il santo patriarca, e di esortarli ad implorare la sua intercessione presso Dio con la massima confidenza, non hanno mancato di decretare nuove e sempre maggiori espressioni di venerazione pubblica verso di lui in tutte le occasioni propizie» (papa Pio IX, Lettera Apostolica Inclytum Patriarcham, 1871).
Papa Pio XI insegnava che quella di san Giuseppe fu una missione unica, la più alta, in quanto egli fu Cooperatore all’Incarnazione e alla Redenzione. Infatti, quando venne eletto sposo di Maria e padre verginale di Gesù, san Giuseppe fu associato alla Redenzione del genere umano, in un modo singolare, pur inferiore rispetto a quello di Maria. San Giuseppe partecipò realmente alla Corredenzione in quanto reale padre nutrizio di Gesù e vero sposo di Maria. Giuseppe, come Maria, sebbene in grado meno elevato, ebbe da Dio tutte le grazie per essere degno sposo verginale di Maria; fu ordinato con Maria e dopo Maria all’Incarnazione del Verbo. Offrì tutte le sue fatiche e i suoi dolori spirituali per la Redenzione dell’umanità, conoscendo le sofferenze cui sarebbe andato incontro Gesù. Il cardinale Alessio Maria Lépicier affermava che san Giuseppe fu “Corredentore perfettissimo dopo Maria”. Secondo san Tommaso d’Aquino, Giuseppe “partecipò più di ogni altro, dopo la Madonna, alla Passione di Cristo”. Per Leone XIII, “non vi è dubbio che Giuseppe si sia avvicinato più di qualsiasi altro alla altissima dignità della Madre di Dio”. E Pio XI ribadiva: “Tra Dio e Giuseppe non c’è né può esservi un’altra persona se non Maria vera Madre di Dio”.
Secondo la sana teologia, è conveniente asserire che san Giuseppe non commise mai alcun peccato deliberato, neanche veniale. Giuseppe non fu preservato dalla concupiscenza, ma questa in lui non è mai passata all’azione. Perciò, secondo i teologi, Giuseppe fu confermato in grazia o reso impeccabile per dono gratuito di Dio. Inoltre fu esente dall’errore della ragione ed anche dal moto delle passioni inferiori, che pur esistendo in lui, erano tuttavia frenate o trattenute da Dio.
Papa Pio X fece comporre e indulgenziare le litanie in suo onore. Papa Benedetto XV introdusse un prefazio proprio per la sua Messa e inserì la sua invocazione nelle Lodi Divine. Nel 1962, papa Giovanni XIII (che al santo affidò i lavori del Concilio Vaticano II con la lettera apostolica Le Voci, del 1961), inserì il nome di san Giuseppe nel Canone della Messa e nel 2013 papa Francesco ha esteso il provvedimento ad altre preghiere eucaristiche.
A san Giuseppe è tradizionalmente dedicato il mese di marzo e il giorno di mercoledì. La sua festa è il 19 marzo, che fino al 1977 era giorno festivo in Italia (sarebbe bello e salutare ripristinarlo!), e che comunque resta tale secondo il Codice di diritto canonico. Pio XII, come detto, introdusse anche la festa del 1° maggio, cancellando però quella del Patrocinio di san Giuseppe, voluta da Pio IX (mercoledì seguente la seconda domenica dopo Pasqua) e ora unita alla festa del 19 marzo.
San Giuseppe, patrono della Chiesa cattolica
Quando papa Pio IX, con il decreto Quemadmodum Deus, dichiarò san Giuseppe patrono della Chiesa cattolica (8 dicembre 1870), Roma era stata da poco occupata dalle truppe piemontesi e lo Stato pontificio era stato cancellato dalle cartine geografiche, sostituito da un governo di stampo laico e anticlericale. La Chiesa si trovava in un momento difficilissimo della sua storia. Oggi, però, la situazione generale è peggiorata ulteriormente. La Chiesa naviga in acque tempestose, perché i pericoli non vengono solo dall’esterno, bensì – e forse ancor più – dal suo interno. La confusione regna sovrana, gli scandali aumentano e spesso non si predica più la dottrina cattolica, bensì un pensiero che nulla a che vedere con Gesù Cristo e il magistero millenario. Ecco allora che l’intercessione di san Giuseppe diventa necessaria, oggi più di centocinquanta anni fa.
Ma perché san Giuseppe è patrono della Chiesa? Oltre a Pio IX, che sin dalla giovinezza nutrì sempre molta devozione per questo santo, lo spiegò bene papa Leone XIII.
«Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere patrono speciale della Chiesa, e la Chiesa ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dal fatto che egli fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo. Da qui derivarono tutta la sua grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. […] È dunque cosa giusta e sommamente degna del beato Giuseppe che, come egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora col suo celeste patrocinio protegga e difenda la Chiesa di Cristo». (Leone XIII, Quamquam pluries).
Apparizione a Fatima
Nell’ultima delle apparizioni di Fatima, il 13 ottobre 1917, accanto alla Vergine e al Bambino Gesù apparve anche san Giuseppe. Come racconta suor Lucia, “san Giuseppe e il Bambino sembravano benedire il mondo, con alcuni gesti in forma di croce tracciati con la mano”. Lo sposo castissimo della Madonna e padre putativo di Gesù distribuisce quindi insieme a loro le grazie ed intercede a nostro favore.
Il gesuita Francisco Suárez osservava che, data l’unione sponsale, nessun’altra creatura è stata amata dalla Madonna come Giuseppe: «È verosimile – argomentava – che la Beata Vergine abbia desiderato esimi doni di grazie e aiuti per il suo sposo, che amava in modo singolare, e li abbia impetrati con le sue preghiere. Infatti, se è vero come è vero che uno dei mezzi più efficaci per ottenere da Dio i doni della grazia è la devozione verso la Vergine e la sua intercessione, chi può credere che il santissimo Giuseppe, dilettissimo alla Vergine e devotissimo, non abbia ottenuto per suo mezzo l’esimia perfezione della santità?».
San Giuseppe, presente solo al termine delle apparizioni di Fatima, sembra quindi presentarsi sia come grande devoto della Madonna sia come patrono dell’ultima ora, per accompagnare l’umanità in un tempo terribile quale quello che stiamo tuttora vivendo. Così come, durante la sua vita terrena, fu sostegno e custode del piccolo Gesù e della Vergine nel duro e difficile passaggio di questo mondo, tanto più oggi continua ad assisterci in mezzo ai travagli della nostra esistenza.
Ecco allora che l’Anno di san Giuseppe che stiamo vivendo, come ricorda il decreto della Penitenzieria Apostolica, offre a tutti i fedeli «la possibilità di impegnarsi, con preghiere e buone opere, per ottenere con l’aiuto di san Giuseppe, capo della celeste Famiglia di Nazareth, conforto e sollievo dalle gravi tribolazioni umane e sociali che oggi attanagliano il mondo contemporaneo».
3 – Fine. I precedenti articoli sono stati pubblicati il 17 e il 18 marzo
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