Aldo Maria Valli, 17/05/2020
Cari amici di Duc in altum, torniamo sulla questione delle differenze tra consacrazione e affidamento a Maria. L’occasione è offerta da un contributo che don Bruno Borelli, parroco a Erba (Como), mi ha inviato e volentieri vi propongo.
A.M.V.
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Consacrazione o affidamento? È questo un dilemma teologico suscitato dalla attuale, nuova teologia modernista a favore dell’affidamento e contraria alla consacrazione. Il dibattito si inserisce nella tendenza ecclesiale di oggi a ridurre la mariologia ai minimi termini, accantonando secoli di “esaltazione” spirituale, dogmatica, devozionale verso la Madonna. La desacralizzazione di Maria e la riduzione ai minimi termini delle pratiche di culto e di preghiera mariane sono frutto del dialogo col protestantesimo, iniziato con il Concilio Vaticano II, dialogo che ha determinato nella teologia una progressiva protestantizzazione.
È noto che Padre Pio non vedeva di buon occhio il Concilio, soprattutto nelle applicazioni future dei suoi documenti: a un gruppo di vescovi andati a trovarlo in un momento di pausa dei lavori conciliari, pare abbia detto accomiatandoli: “Trattatemi almeno bene la Madonna!”.
Non mi addentro nel dilemma teologico che si può trovare ben esposto, a favore della consacrazione, nell’articolo di padre Settimo M. Manelli I fondamenti biblici della consacrazione alla Vergine Maria. Mi basta applicare ai favorevoli all’affidamento le parole di Gesù: “Ti benedico, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Infatti, ci vuole un animo di piccoli, cioè di umili, ci vuole un cuore di figli per arrivare a dire: “La Madonna a Fatima ha chiesto la consacrazione”. Lei ne sa sicuramente di più di tutti i teologi messi insieme. Se ha chiesto alla Chiesa e al papa la consacrazione della Russia, cioè del comunismo ateo elevato a sistema politico, noi semplicemente e con ubbidienza le dobbiamo credere, come i bambini che dicono: “L’ha detto la mamma! E si fa così!”.
La consacrazione a Maria Santissima e al suo Cuore Immacolato è il fondamentale atto di amore a Maria, e san Massimiliano Kolbe ha detto quella frase significativa: “Non dobbiamo temere di amare tanto la Madonna, perché non l’ameremo mai tanto quanto l’ha amata Gesù”.
A questo punto la cosa migliore è analizzare la differenza tra consacrazione e affidamento, per sottolineare la superiorità della consacrazione.
L’affidamento fa pensare a un bambino che prende la mano di una donna a cui si affida come se fosse sua madre; cioè è un atto di fiducia generica della mente pensante di un bambino verso una madre qualunque. La consacrazione, invece, fa pensare a un figlio che abbraccia il grembo della sua mamma sentendo che è il “sacrario” della sua vita; cioè è un atto di amore particolare del cuore amante di un figlio verso la sua propria mamma.
L’affidamento è un atto di fede che mira ad avere “una grazia” dalla Madonna. La consacrazione invece è un atto di amore che mira a essere “in grazia” alla Madonna. L’essere in grazia di figli è più e viene prima dell’avere qualche grazia; infatti si ottengono grazie in conseguenza di essere buoni e devoti figli della Madonna.
Quando Gesù sulla Croce ha detto a Giovanni: “(Figlio) ecco tua Madre”, ebbene, quell’”ecco” è un imperativo “consacratorio” di un figlio alla Madonna Madre sua. “Ecco” sta per una forte dichiarazione, come quella di Pilato: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5), che non indica solo un uomo e una madre da vedere simbolicamente, da immaginare figurativamente e da guardare analogicamente.
Quell’”ecco”, nella mentalità ebraica e semitica, va tradotto come “considera ufficialmente”, come “intendi giuridicamente”, come “riconosci realmente”, come “sappi veramente” che “quella donna è tua Madre”. Non siamo quindi a livello di una madre affine e rappresentativa, ma di una madre personificata e incarnata, reale e legale. Di conseguenza, anche Giovanni diventa la personificazione, l’incarnazione, cioè la “consacrazione” di un vero figlio di questa Madre.
Per un’analisi più completa può essere opportuno anche un confronto tra l’adozione e l’affido. La Madonna, chiedendo la consacrazione, è come se intendesse le parole di Gesù come un’adozione legale, è come se Gesù avesse detto a Giovanni: “Figlio, sei adottato, considerati adottato da tua Madre”, è come se avesse detto a Lei: “Donna, accogli in adozione il figlio tuo”. Maria vuole essere considerata da noi come Madre adottiva e non come Madre affidataria, interpretando così in modo forte e vero l’”ecco” di Gesù dalla croce. Infatti, il figlio adottato è un figlio vero e reale, mentre il figlio affidato è un figlio verosimile e virtuale. Il figlio adottato è un figlio effettivo, mentre il figlio affidato è un figlio apparente. Il figlio adottato è un figlio giuridico, mentre il figlio affidato è un figlio sociologico. Si potrebbe dire, con un sorriso, che il figlio adottato è un figlio “digitale-reale”, non “analogico-similare” come quello affidato.
Ora possiamo approfondire meglio il confronto e dire che l’affidamento è un atto sociale, parziale, condizionato, mentre la consacrazione è un atto religioso, perpetuo, incondizionato. L’affidamento mi può lasciare come sono, impegnandomi in modo minimo, indiretto, inefficace, mentre la consacrazione mi chiede tutto, in modo forte, diretto, efficace, perpetuo, sia come conversione, sia come santità, sia nella missione, sia nell’apostolato. Ma il punto più importante è che l’affidamento è un atto che mi impegna con gli uomini, con chiunque e per qualunque cosa, mentre la consacrazione mi impegna con Dio e per Dio. Consacrarsi significa letteralmente “rendersi sacri”, e il “sacro” è Dio e tutto ciò che è di Dio, come Maria. La “sacralità” è la traduzione teologica della “santità” divina biblica. La sacralità mi relaziona con Dio, mi impegna con quel Dio che ha detto: “Siate santi perché io sono Santo” (Lev 11,44). Dio è il “Santo di Israele” (Salmo 71,22); è il tre volte Santo e la consacrazione mi rivolge a Dio e mi fa appartenere a Dio, per servire Dio, amare Dio, benedire Dio. Allora capiamo perché Maria, che è la perfetta consacrata, la tutta Santa, chiede anche a noi di consacrarci a lei per diventare sempre più e perfettamente religiosi e morali, onesti e sinceri, buoni e giusti, pii e devoti, immacolati, come lei.
È importante considerare l’altra faccia della medaglia che ha la consacrazione e che non c’è invece nell’affidamento. Il “sacro” infatti si contrappone al “profano”. La sacralità richiama anche il suo opposto, il suo contrario da cui ci si deve distaccare, separare, che è da rifiutare, cioè la profanità. Profanità è sinonimo di mondanità, terrenità, materialità, carnalità, peccaminosità, viziosità, empietà, e da ultimo il profano è anche demoniaco, satanico.
Questo volere e dovere passare dal peccato alla grazia non è presente nell’affidamento, ma è richiesto molto chiaramente dalla consacrazione. Infatti, l’affidamento nasce da una situazione di sofferenza, di malattia, di povertà che riguarda prevalentemente la corporalità e la socialità, circostanze da cui ci si vuole liberare e guarire. Invece la consacrazione nasce più da una situazione di male, di peccato, di vizio, di errori da cui ci si deve correggere, purificare, convertire, distaccare, facendo pentimento, penitenza, riparazione. Ora, queste sono le cose più necessarie, urgenti, primarie che la Madonna chiede a noi e vuole che noi chiediamo a lei, prima e più delle grazie di liberazione, di guarigione, di provvidenza, di protezione, di aiuto e soccorso.
Ecco allora la superiorità della consacrazione: in ultima analisi la consacrazione è comunione con Dio e con Maria, è un dono consacratore di Dio a noi prima che un nostro donarci e affidarci a lui; è un’iniziativa sacralizzante di Dio e di Maria e non una nostra iniziativa umana, come l’affidamento. Di conseguenza la consacrazione ha più valore ed efficacia, ci fa partecipi della stirpe, della discendenza, della progenie e della famiglia della “Donna” di cui si parla nella Genesi (3,15) e nell’Apocalisse (12,14). È quella “Donna” che ritroviamo sulle labbra di Gesù a Cana di Galilea, come mediatrice di tutte le grazie e avvocata ( Gv 2,4) e sotto la croce coma addolorata e corredentrice (Gv 19,26).
Parafrasando la frase di san Massimiliano Kolbe, non dobbiamo temere di consacrarci a Maria e al suo Cuore così tanto e spesso perché non ci consacreremo mai tanto quanto il Figlio suo Gesù che si è per sempre e in tutto consacrato a lei e al suo cuore materno, nella divina incarnazione. È Gesù che vuole questa nostra consacrazione a Maria come una nostra filiale incarnazione spirituale in lei, Madre sua e Madre nostra.
O Maria, consacratrice di figli di Dio, prega per noi!
Don Bruno Borelli
Parrocchia San Maurizio
Erba (Como)
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