Aurelio Porfiri, 28-09-2018
Ci ho riflettuto molto e sono giunto alla conclusione che la balaustra che separa(va) il presbiterio dalla navata nelle nostre chiese ha un senso. È bene ci sia una separazione. E questa separazione deve essere fisica ma anche simbolica: il sacerdote è alter Christus, non dobbiamo guardare a lui come al termine ultimo di quello che si compie nella Messa. Purtroppo subiamo liturgie piene di “verbalismo” che risultano più o meno gradevoli a secondo di quanto è abile il sacerdote nella sua capacità di intrattenitore.
Ma il sacerdote deve servire il rito, non servirsene. Non deve interessare che sia simpatico, gradevole, divertente come persona. Può anche essere un delinquente (e ce ne sono come in altre professioni) ma quello che si compie non è grazie a lui, ma ex opere operato.
Non c’è necessità che si debba divenire amici con il sacerdote, quello che lui compie non necessita di un nostro rapporto familiare con lui, ma necessità il nostro rapporto stretto con il Signore. Purtroppo questa idea che una Messa è più efficace se il sacerdote è percepito come “friendly” è del tutto sbagliata. Non dobbiamo affidare al sacerdote qualcosa che non gli compete in modo speciale. Egli non è psicologo, ma confessore e direttore spirituale, non è sociologo o antropologo. Non ci è necessario divenire amici dei medici che ci curano. È possibile, ma non indispensabile. Se ci centriamo sul sacerdote rischiamo di cadere in un neo donatismo, per cui i Sacramenti hanno validità se ci piace chi li celebra. Non è proibito essere amici dei sacerdoti, ma non basiamo la nostra fede su quel tipo di rapporto. Questi sacerdoti che “vanno in mezzo all”assemblea” per aumentare la familiarità rischiano che il centro dell’attenzione si sposti su di loro. Non mi deve interessare nome, razza o età: fate quello che il rito vi comanda.
Don Enrico Finotti, in “Il mio e il vostro sacrificio” (Chorabooks 2018) a proposito della balaustra osserva: “Teologicamente deve essere evidente nell’architettura della chiesa la natura gerarchica della celebrazione liturgica: il ministero ordinato sta in modo essenzialmente diverso dall’assemblea dei fedeli davanti al Mistero, agendo in persona Christi Capitis. Quindi non solo mediante l’abito liturgico si devono distinguere i ministri ordinati, ma, secondo la tradizione, anche mediante un luogo loro proprio (il presbiterio), evidentemente distinto dalla navata. Ridurre tale espressione architettonica significa regredire nell’identità dottrinale della fede e rendere meno intelligibile agli occhi dei fedeli la natura gerarchica del popolo di Dio”.
Non ci interessa che il che il sacerdote sia divertente o meno, se è delinquente se ne occupi il diritto canonico e civile. A noi interessa quello che tramite lui è compiuto, malgrado la sua indegnità. Questo solo è importante “propter nostram salutem”.
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