Intervista all'Abbé Claude Barthe, sacerdote e teologo francese.
D: In questo periodo di confusione, i laici come si devono comportare? Chi non si adegua al "nuovo ordine" come può rimanere coerente?
R: La sua domanda presuppone che ci sia un "nuovo ordine", diciamo un disordine, in seno alla comunità ecclesiale. Lo credo anch’io. Lo si può definire, almeno di primo acchito, lo "spirito del Concilio", espressione meravigliosamente vaga, ma che definisce un tentativo molto concreto di assalto al cattolicesimo da parte della modernità, toccando la dottrina, la morale e il culto divino. Questo attacco non ha potuto che svilupparsi solo in ragione di una sorta di dismissione dell'autorità. E' la versione cattolica della famosa crisi della paternità del 1968. Si è voluto vedere il 1968 come un'applicazione della "uccisione del padre" che, secondo Freud, sta all’origine della società, ma che, in realtà, è stato un suicidio dei padri, o in tutti i casi una dismissione del ruolo paterno nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
Di colpo i figli si ritrovano abbandonati ampiamente a loro stessi. Devono per forza di cose lasciarsi guidare dal "sensus fidelium", che i teologi chiamano "l'infallibilità passiva" (la Chiesa non può cadere in errore nel credere). Per ogni credente, il "sensus fidei" è un istinto, un “fiuto”, che accompagna la virtù della fede. Porta il fedele a credere a ciò che gli insegna la Chiesa, ma anche a continuare a vivere della sua fede e a continuare a determinarsi in funzione di essa, per naturale sviluppo di ciò che gli è stato già insegnato, anche quando smette di essere insegnato. Ovviamente, non si deve cadere nell'individualismo protestantizzante: solo il Magistero può determinare definitivamente se il fedele che si è fatto guidare dalla bussola dell'istinto della fede, ha reagito correttamente.
I fedeli di Lione illuminavano le loro case durante la festa dell'Immacolata Concezione, proprio mentre l'Immacolata Concezione della Vergine era oggetto di vivaci polemiche. La proclamazione del dogma, nel 1854, ha dato loro ragione. Possiamo parlare di intervento dell'istinto della fede anche per la sopravvivenza della Messa tradizionale dopo il 1969, sopravvivenza che è stata ampiamente dovuta ai fedeli laici. Il Summorum Pontificum ha confermato, quarant'anni più tardi, la fondatezza dell'atteggiamento di coloro che hanno continuato a celebrarla o ad assistervi.
R: La sua domanda presuppone che ci sia un "nuovo ordine", diciamo un disordine, in seno alla comunità ecclesiale. Lo credo anch’io. Lo si può definire, almeno di primo acchito, lo "spirito del Concilio", espressione meravigliosamente vaga, ma che definisce un tentativo molto concreto di assalto al cattolicesimo da parte della modernità, toccando la dottrina, la morale e il culto divino. Questo attacco non ha potuto che svilupparsi solo in ragione di una sorta di dismissione dell'autorità. E' la versione cattolica della famosa crisi della paternità del 1968. Si è voluto vedere il 1968 come un'applicazione della "uccisione del padre" che, secondo Freud, sta all’origine della società, ma che, in realtà, è stato un suicidio dei padri, o in tutti i casi una dismissione del ruolo paterno nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
Di colpo i figli si ritrovano abbandonati ampiamente a loro stessi. Devono per forza di cose lasciarsi guidare dal "sensus fidelium", che i teologi chiamano "l'infallibilità passiva" (la Chiesa non può cadere in errore nel credere). Per ogni credente, il "sensus fidei" è un istinto, un “fiuto”, che accompagna la virtù della fede. Porta il fedele a credere a ciò che gli insegna la Chiesa, ma anche a continuare a vivere della sua fede e a continuare a determinarsi in funzione di essa, per naturale sviluppo di ciò che gli è stato già insegnato, anche quando smette di essere insegnato. Ovviamente, non si deve cadere nell'individualismo protestantizzante: solo il Magistero può determinare definitivamente se il fedele che si è fatto guidare dalla bussola dell'istinto della fede, ha reagito correttamente.
I fedeli di Lione illuminavano le loro case durante la festa dell'Immacolata Concezione, proprio mentre l'Immacolata Concezione della Vergine era oggetto di vivaci polemiche. La proclamazione del dogma, nel 1854, ha dato loro ragione. Possiamo parlare di intervento dell'istinto della fede anche per la sopravvivenza della Messa tradizionale dopo il 1969, sopravvivenza che è stata ampiamente dovuta ai fedeli laici. Il Summorum Pontificum ha confermato, quarant'anni più tardi, la fondatezza dell'atteggiamento di coloro che hanno continuato a celebrarla o ad assistervi.
D: Così come, con il Summorum Pontificum, i laici sono stati il motore del recupero della Messa Tradizionale, potranno anche essere il motore del recupero della Tradizione nella Chiesa?
R: I laici hanno avuto questo ruolo di motore, per esempio nell'insegnamento del catechismo tradizionale, che hanno continuato a insegnare e a fare insegnare ai loro figli, al posto dei nuovi catechismi, che avevano invaso le parrocchie e le scuole dalla fine degli anni 60.
Oggi constatiamo che la maggior parte dei bambini ha ricevuto un insegnamento vago, talvolta eterodosso, per la maggior parte del tempo insufficiente. Suppongo che sia stato lo stesso in Italia, dal momento che ho sentito un anziano vescovo ausiliario di Roma raccontare, durante un incontro sacerdotale, che aveva incontrato dei bambini di scuole cattoliche della periferia della città, che non sapevano le preghiere più semplici né farsi il segno della croce. E' per questo che, nella realtà che conosco meglio, quella francese, dei genitori cattolici si sono organizzati, aiutati da sacerdoti, associazioni, scuole private, per assicurare una continuità nell’insegnamento del catechismo.
Durante una conversazione che ho avuto con il cardinale Ratzinger nel 1995, mi disse: "Pensa che la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica sarebbe stata possibile 20 anni fa nel 1965?". Io gli risposi che era proprio questo il problema: un concilio dopo il quale non si potevano più pubblicare catechismi. E lui sospirando: "E' vero, la Chiesa è stata ferita". Anche ammettendo che il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 abbia risolto tutte le difficoltà, è arrivato dopo una "vacatio catechismi" di quasi trent'anni, che di fatto dura ancora. In tutti i casi, la sua comparsa ha dato ragione ai genitori che avevano continuato a trasmettere il catechismo tradizionale.
Nell'ambito della morale familiare, dopo il Vaticano II, si è discusso della questione della regolazione delle nascite come di una questione aperta. Paolo VI è intervenuto per riservarsi di definirla, e l'ha fatta studiare da una commissione ad hoc. Così è stata data l'impressione, fino all'Humanae Vitae, nel 1968, che si potesse agire liberamente in questo ambito. Durante quel periodo, l'istinto della fede degli sposi ha dovuto allora agganciarsi ai principi formulati in precedenza dall'enciclica di Pio XI "Casti Connubii" e dai discorsi di Pio XII. E oggi ancora, l'Humanae Vitae è così mal difesa dalla gerarchia, che i fedeli agiscono più per l'istinto della fede che sotto la sua guida.
Allo stesso modo, anche le due assemblee consecutive dei Sinodi dei Vescovi sulla famiglia hanno aperto un “dibattito” artificioso a proposito della dottrina evangelica dell'indissolubilità del matrimonio e delle sue conseguenze morali e sacramentali. L'esortazione apostolica Amoris Laetitia, ha poi spiegato che il dibattito era sempre aperto, e ha in qualche modo ammesso delle eccezioni pratiche alla legge evangelica in questo ambito. Ciò obbliga i fedeli laici (e i poveri confessori!) ad aggrapparsi in virtù del loro senso della fede al magistero precedente.
D: Il Concilio Vaticano II invoca un maggiore ruolo dei laici. Perché allora al posto di ascoltarli, le gerarchie portano avanti solo le rivendicazioni di prelati ottuagenari?
R: Sa, l'età importa poco. Ci sono dei giovani eretici e dei vecchi ortodossi. Ma è vero che nell'episodio evangelico della donna adultera, i vecchi sembravano aver più peccati da rimproverarsi rispetto ai giovani... E' vero anche che i membri di quelle che chiamiamo "le forze vive" del cattolicesimo oggi in occidente, le comunità religiose tradizionali, le nuove comunità, le associazioni studentesche, le organizzazioni per la difesa della vita, i movimenti apostolici di tutti gli ordini, hanno un'età media molto giovane.
Incontestabilmente, ciò che il Vaticano II ha detto riguardo la promozione dei laici, per esempio nel decreto Apostolicam Actuositatem, non è stato capito. O piuttosto, i laici che sono stati promossi nei consigli parrocchiali, nelle riviste cattoliche ufficiali ecc, sono laici in linea con "lo spirito del Concilio". Sono quelli che ritroviamo nei gruppi liturgici, che intervengono nelle cerimonie, distribuiscono la comunione, presiedono e predicano (almeno in Francia) durante le sepolture. In realtà, è stata fabbricata una sorta di "laicato clericale", un "clero bis".
Oggi ci parlano di diaconesse... Ma dagli anni 90 in Francia si discute della possibilità che avrebbero i cappellani non preti negli ospedali (spesso donne), di amministrare l'unzione degli infermi e la confessione. Al contrario, quando dei laici chiedono la Messa tradizionale, si organizzano per farla celebrare, vengono disprezzati e si silurano le loro rivendicazioni: questi laici non sono nello "spirito del Concilio". In verità, dal Vaticano II, la Chiesa non è mai stata così clericale.
D: Il silenzio di molti "buoni pastori" in questo periodo come può essere letto da chi si aspetta delle risposte proprio da loro?
R: Lei allude, immagino, alla situazione presente, successiva ad Amoris Laetitia. Durante il periodo, molto agitato, successivo al Vaticano II, il potere gerarchico era moderato - Papa Montini - ma il potere culturale era in mano ai progressisti. Poi è arrivato un periodo che è stato chiamato di "Restaurazione", utilizzando un termine del Rapporto sulla fede, del 1984-85, l'epoca dei papi Wojtyla e Ratzinger: l’impulso romano, pur lasciano grandi interrogativi - le giornate di Assisi per esempio - ha favorito un "ritorno" anti-68.
La disastrosa abdicazione di Benedetto XVI e l'elezione di Papa Francesco, nel 2013, hanno di nuovo cambiato le carte in tavola. I fedeli, i preti che erano indicati come ratzingeriani, si sono ritrovati orfani. Ma anche i vescovi e i cardinali. Come membri della Chiesa docente, hanno ora un ruolo decisivo da giocare per venire in aiuto alle pecorelle e per preparare l'avvenire.
Guardi la risonanza che hanno avuto, durante le assemblee sinodali del 2014 e 2015, i libri dei cardinali Brandmuller, Burke, Caffarra, De Paolis, Muller, "Permanere nella verità di Cristo" e "Matrimonio e famiglia". Parole identiche oggi, dopo Amoris Laetitia, avranno una ripercussione notevole, per sostenere la fede dei fedeli in una congiuntura in cui la Chiesa è sempre più sommersa da una marea mondana.
D: I laici devono quindi supplire alle mancanze dottrinali dei pastori?
R: Come le dicevo, l'istinto della fede aiuta i fedeli di Cristo ogni volta che gli insegnamenti del magistero non indicano più loro con chiarezza cosa devono credere e cosa devono fare. Nel 1790 si presentò ai preti francesi il dilemma di prestare o no giuramento alla Costituzione Civile del clero. Pio VI ha atteso un anno prima di parlare. Durante questo tempo, quelli che non giuravano si regolarono da soli, secondo il loro sensus fidei.
I numerosi rifiuti di prestare giuramento hanno stimolato l'intervento del Papa: il breve Quod aliquantum, il 10 marzo 1791, ha condannato la Costituzione Civile del clero e i giuramenti a quella costituzione. Nel 1892, più grave del silenzio, sono state invece le parole di Leone XIII che ha seminato sconcerto fra i cattolici francesi, domandando loro di allinearsi alla democrazia moderna, concretamente alla terza repubblica anticlericale (Inter Sollicitudines). Molti laici hanno resistito, in nome della condanna del "nuovo diritto", da parte del Papa stesso, nella Immortale Dei. E la "Lettre sur le Sillon" di San Pio X, nel 1910, ha condannato la modernità politica di Marc Sangnier. Di conseguenza, il senso della fede, allorquando deve esercitarsi come oggi, lo fa, in definitiva, nell'attesa di una parola futura del magistero.
Il suo esercizio può essere paragonato a un movimento di legittima difesa, per preservarsi o preservare il proprio prossimo dalla violenza, quando l'autorità pubblica non può o non vuole intervenire. I laici dei nostri giorni, sono spesso in stato di legittima difesa, liturgica, dottrinale, morale. Ma non si tratta per niente di rimpiazzare il magistero. Al contrario, questa azione di supplenza concreta rappresenta una domanda insistente dell’intervento del magistero, del magistero come tale, il magistero infallibile affidato a Pietro e ai suoi successori perché le porte degli inferi non prevalgano mai sulla Chiesa.
Il testo francese e italiano dell'intervista è consutabile qui.
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