giovedì 15 novembre 2012

Si può fare a meno del suono del campanello alla Consacrazione?


Immagine tratta dal sito
 www.holyart.it

Padre McNamara spiega come e perché è importante mantenere certe pratiche liturgiche


Alla domanda: In molte parrocchie il suono del campanello nel momento della elevazione durante la consacrazione, è stato cancellato. Questa omissione è stata spiegata dicendo che la Messa viene celebrata con il linguaggio dei parrocchiani i quali non avrebbero bisogno del suono del campanello per essere consapevoli di ciò che sta accadendo. Ma è proprio il suono del campanello che dovrebbe richiamare l'attenzione sul grande evento che si sta verificando sull'altare. Non crede? -- E.H., Williamsford, Ontario (Canada).

Padre Edward McNamara ha risposto: L'Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) al n° 150 spiega: "Poco prima della consacrazione, il ministro, se è opportuno, avverte i fedeli con un segno di campanello. Così pure suona il campanello alla presentazione al popolo dell'ostia consacrata e del calice secondo le consuetudini locali. Se si usa l'incenso, quando, dopo la consacrazione, si mostrano al popolo l'ostia e il calice, il ministro li incensa".

Il testo chiarisce che suonare il campanello è un'opzione, non un obbligo. I libri liturgici non fanno altro riferimento ai momenti in cui si può usare il campanello e rinvia alle usanze locali.

Dal momento che secondo l'OGMR la Messa viene celebrata nella lingua locale, di per sé, non può essere utilizzata come motivo per abolire l’utilizzo del campanello. Ci possono essere altre buone ragioni, ma devono essere valutate attentamente. Una lunga consuetudine non può essere cancellata a meno che non ci siano ragioni più consistenti per far cadere l’abitudine.

L’utilizzo del campanello come segnale alla consacrazione, ha avuto inizio nel corso del XIII secolo, e ha più a che fare con la recita del canone a bassa voce piuttosto che al linguaggio della Messa in quanto tale.
E’ molto probabile che tale cambiamento sia stato necessario in seguito al cambiamento delle architetture delle Chiese.

Con le chiese più grandi, le persone erano più distanti dal coro e dall'altare e in alcuni casi, un significativo numero di fedeli, non riusciva a vedere l'altare durante la Messa.

Con l'avvento della polifonia è diventato necessario un segnale per il coro che spesso continua il canto del Sanctus fino alla consacrazione e che continua con il “Benedetto sia” dopo la consacrazione.

Alcuni secoli dopo, il campanello è stato suonato anche in altri momenti, come dopo il Sanctus e prima della Comunione, anche se in Europa c'e molta differenza nelle chiese.

Certamente le ragioni pratiche per suonare il campanello sono praticamente scomparse. Tuttavia, può ancora servire come un aiuto in più per richiamare l'attenzione sul momento della consacrazione, come una scossa per risvegliare le menti erranti e un utile strumento di catechesi per bambini e adulti.

In un'epoca in cui le persone sono sempre più in balia di mezzi audiovisivi di comunicazione di massa, meno attenti al discorso astratto, non è consigliabile la rimozione di segni come il suono del campanello che, oltre a costituire parte della nostra tradizione, potrebbe rivelarsi un modo più efficace nella trasmissione del messaggio di fede.

Un discorso analogo potrebbe essere fatto per quanto riguarda il calo di pratiche come l'uso dell'incenso durante la Messa.

Tradizionalmente il campanello non è viene utilizzato nella basilica di San Pietro a Roma. Tuttavia, verso la metà del Pontificato del Beato Papa Giovanni Paolo II il suono del campanello al Sanctus è stato introdotto nelle Messe papali.

Credo quindi che la questione sollevata non è tanto se il suono del campanello fa parte della tradizione papale, ma piuttosto se serve a un legittimo scopo pastorale durante la Messa papale. Evidentemente, la risposta è favorevole all’uso del campanello.

Mi è capitato di celebrare in una parrocchia che aveva eliminato l’uso del suono del campanello. L’averlo reintrodotto dopo molti anni, è stato accolto con favore dai parrocchiani di tutte le età.


[Traduzione dall'inglese a cura di Antonio Gaspari]


ROMA, venerdì, 9 novembre 2012 (ZENIT.org)



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