venerdì 2 novembre 2012

GIORNO DEI DEFUNTI: «L'attesa delle realtà ultime deve spingerci a vivere meglio qui»




Nell’Aldilà avremo «lo stesso corpo, ma più bello e glorioso e saremo quello che abbiamo costruito qui». «Nel ricongiungimento finale ci sarà una pienezza di vita anticipata già su questa terra e per questo è importante vivere bene adesso».

 Don Renzo Lavatori, docente di teologia alla Pontificia Università Urbaniana e uno dei più autorevoli studiosi di mistagogia, descrive così ciò che attende l’uomo dopo la morte sottolineando la forte continuità tra Cielo e Terra. 

«Senza la vita eterna, la terra – osserva – sarebbe più drammatica: parlare delle realtà ultime fa bene, è uno stimolo per l’uomo a guardare al cielo per vedere la terra più luminosa». Quando si tratta di spiegare cosa c’è alla fine della vita, entrano in gioco la dimensione antropologica e quella teologica: «Nell’animo umano – afferma don Lavatori – c’è l’aspirazione a una vita che non finisce. La morte è un fatto contro natura, tanto che il senso di vita continua anche quando il corpo perde vigore. L’anima è immortale e questo istinto non può restare incompiuto: solo in Dio, che ha voluto instaurare con l’uomo un rapporto di amore, raggiunge il suo compimento». In quest’ottica, «la vita eterna è radicata nella realtà stessa della vita umana». Credere nella risurrezione dei corpi però non è «una fantasia», ma «è garantita dal fatto che Cristo ha sconfitto la morte» e che anche «Maria assunta in cielo in anima e corpo ha compartecipato alla risurrezione di Gesù». «Il corpo – spiega il teologo – è destinato alla corruzione, ma è immortale in forza dell’opera compiuta da Cristo. É lui che ha gettato il seme di un germe immortale nel corpo che deve momentaneamente sentire la decomposizione». Così, con la risurrezione i corpi saranno «spiritualizzati, gloriosi, quelli con cui abbiamo vissuto ma senza più imperfezioni».

Dopo la morte l’uomo dovrà affrontare il «giudizio personale»: per chi ha vissuto pienamente si spalancheranno del porte del Paradiso, «chi ha amato il Signore, ma ha ombre spirituali avrà bisogno di un tempo di purificazione, il Purgatorio, che è una condizione provvisoria, mentre chi ha rifiutato deliberatamente l’amore di Dio» sarà destinato all’Inferno. «Nel Purgatorio – spiega – c’è il fuoco dell’amore che le anime sentono per Dio, nell’Inferno invece il fuoco è la disperazione totale, la negazione dell’amore, il tormento delle anime che si rendono conto che l’amore di Dio le renderebbe felici ma scelgono di rifiutarlo». E che l’Inferno esista e non sia vuoto è la prova dell’amore incondizionato di un Dio che ha instaurato con le sue creature un rapporto di amore reciproco fondato sulla libertà.

Alla fine dei tempi ci sarà poi «il giudizio universale», il momento in cui «l’amore di Dio si manifesterà a livello dell’umanità totale: quando ci sarà il giudizio della storia, la divisione tra bene e male sarà chiara. Oggi viviamo come il grano con la zizzania, ma alla fine – conclude Lavatori – non ci sarà né mistura né confusione; scopriremo i gesti di bontà che Dio ha avuto per noi e vivremo nella verità, senza falsificazioni o menzogne».

Avvenire   2 novembre 2012 

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