domenica 25 novembre 2012

Con Michelangelo entrò in scena il Cristo divino



Prima del «Giudizio», nella Cappella Sistina era presente solo il Gesù uomo


di Timothy Verdon

I disegni che documentano i primi passi compiuti da Michelangelo nel pensare il Giudizio universale della Sistina già fanno della figura di Cristo il perno assoluto della vasta composizione, e così possiamo dire che il Cristo al centro dell’affresco ne è l’idea di partenza, la forza propulsiva, la chiave ermeneutica, il punto di fuoco ultimo.
Il Cristo di Michelangelo è una figura “imperiale”: nell’affresco della Sistina la destra alzata del Giudice è il gesto tipico della adlocutio antica, il gesto che nell’arte romana fu attribuito a un comandante che convocava le truppe e parlava loro. È infatti il gesto dell’imperatore nella statua equestre del II secolo raffigurante Marco Aurelio, la statua che, su ordine di Paolo III nel 1538, mentre stava dipingendo il Giudizio, Michelangelo trasferì da San Giovanni in Laterano al Campidoglio, ideando per essa la splendida piazza realizzata nei decenni successivi.

All’epoca si riteneva che l’imperatore raffigurato fosse Costantino, presentato dal suo biografo Eusebio come un «giusto giudice» che, con l’Editto di Milano e i privilegi accordati ai cristiani, aveva dato ragione alla Chiesa lungamente perseguitata. Il gesto romano ha tuttavia un’equivalente figura biblica, sempre nel libro dei Salmi, dove l’autore immagina una adlocutio divina: «Parla il Signore, Dio degli dèi, /convoca la terra da oriente a occidente. / Da Sion, splendore di bellezza, Dio risplende. / Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; / davanti a lui un fuoco divorante, / intorno a lui si scatena a tempesta. / Convoca il cielo dall’alto / E la terra per giudicare il suo popolo» (Salmi, 49 [50], 1-4). In ogni caso il movimento dinamico e il gesto imperioso della figura dipinta da Buonarroti comunicano la «grande potenza e gloria» della parusìa, la seconda e definitiva venuta del Figlio di Dio (cfr. Matteo, 24, 30).

Prima del Giudizio universale mancava un Cristo di questo genere nella Sistina, dove le raffigurazioni del Salvatore negli affreschi quattrocenteschi lo rappresentano come uomo ma non come Dio. Mancava perciò nella Cappella del suo vicario un’immagine del Capo della Chiesa nella sua condizione divina, e di conseguenza il programma iconografico doveva sembrare incompleto. Perché il Cristo che guida la Chiesa è, sì, uomo, ma ormai riconoscibile soprattutto nella sua divinità. Non bastava la sola umanità, dal momento che, come afferma un padre della Chiesa, san Cirillo di Gerusalemme, «duplice è la generazione, una da Dio Padre prima del tempo, e l’altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi».
Nel Giudizio futuro verrà dunque appagato il primordiale desiderio della creatura di “vedere” il Creatore, di conoscerlo, di entrare definitivamente in rapporto con Lui, di amarlo oltre la paura di perderlo.

Osservatore Romano   25 novembre 2012

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