giovedì 29 giugno 2023

Record di aborti in Inghilterra, Galles e Irlanda, il Giappone corre ai ripari







ABORTO | CR 1801


di Mauro Faverzani, 28 Giugno 2023 

Un’ombra di morte purtroppo avanza in Europa, conquistando nuovi terreni e mietendo troppe vittime innocenti. Lo dimostrano i dati relativi ad Inghilterra e Galles, dove è stato raggiunto un tragico record storico, quello relativo al numero degli aborti praticati nei primi sei mesi del 2022, periodo cui si riferiscono gli ultimi dati diffusi dal Dipartimento governativo della Sanità e dell’Assistenza Sociale: tra il primo gennaio ed il 30 giugno dell’anno scorso sono stati praticati, infatti, 123.219 aborti ovvero 17.731 in più rispetto ai 105.488 praticati nello stesso periodo nel 2021. Se questo trend dovesse proseguire, il rischio è che anche su base annua il 2023 possa confermarsi come l’anno più nero per numero di bambini uccisi nel grembo materno.

Incurante di tale drammatico campanello d’allarme, proprio all’inizio di quest’anno il Parlamento inglese ha vietato la preghiera silenziosa nei pressi delle cliniche abortive – con una multa fissa iniziale di 100 sterline, ma che può salire fino a 1.000 in caso di processo – ed ha negato la possibilità d’informare le donne circa le possibili alternative: secondo un emendamento alla legge sull’ordine pubblico, approvato a marzo dalla Camera dei Comuni, ciò è da considerarsi illegale.

Anche in Irlanda, purtroppo, il tasso abortivo risulta in continua crescita: a cinque anni dal referendum, che ha eliminato dalla Costituzione la tutela per la vita dei bambini non nati, consentendone di fatto l’aborto per qualsiasi motivo fino alla dodicesima settimana ed anche oltre, quando si ritenga che la salute – anche mentale – della madre possa essere in pericolo oppure qualora il piccolo presenti un’anomalia ritenuta pericolosa per la sua vita entro 28 giorni dalla nascita.

Prima di quel drammatico referendum, l’aborto in Irlanda era vietato. Nel 2019, anno di entrata in vigore della nuova normativa, furono uccisi 6.666 bambini nel grembo delle loro madri, nel 2021 il numero è salito a 6.700, nel 2022 si è raggiunto il triste record di 8.500 – oltre il 21% in più nel giro di un solo anno -, secondo quanto dichiarato dal ministro della Salute, Stephen Donnelly. «Una tendenza devastante – ha commentato Eilis Mulroy della Campagna Pro-Life Irlanda in un’intervista al quotidiano Register – Questo è il risultato di un governo, che ha dimostrato una totale mancanza d’interesse nel fornire alle donne con gravidanze non pianificate reali alternative all’aborto».

Non pare tuttavia che vi siano ripensamenti in merito: nuove nubi fosche si stanno anzi addensando in Irlanda, dove nei prossimi mesi dovrebbe essere esaminata dalla commissione parlamentare per la Salute una revisione della normativa, voluta dall’Ifpa-Associazione Irlandese per la Pianificazione Familiare, tesa ad eliminare il cosiddetto «periodo di riflessione» obbligatorio di tre giorni dopo il primo colloquio, entro il quale è ad oggi consentito alla donna un ripensamento. I dati, però, attestano quanto importanti siano stati in molti casi questi tre giorni: nel 2021 le consultazioni iniziali sono state 8.284, gli aborti praticati 6.700. Il che significa che ben 1.584 donne sono tornate sui propri passi e quindi che 1.584 bambini sono stati salvati. Togliere anche quel breve lasso di tempo per una riflessione personale, oltre ad esercitare un’indebita pressione psicologica tale da influenzare pesantemente le scelte, significa dimostrare di voler fare proprio di tutto pur di uccidere bimbi nei grembi materni.

Il primo ministro irlandese si è dichiarato però «riluttante e a disagio» nell’apportare modifiche alla legislazione sull’aborto, promulgata solo cinque anni fa: «Quando io e altri ci siamo schierati per il Sì – ha dichiarato alla stampa il premier, Leo Eric Varadkar – abbiamo detto che ci sarebbero state delle garanzie, tra cui il periodo di attesa e la protezione delle obiezioni di coscienza». Rimangiarsi ora la parola data è evidentemente troppo persino per loro, subito favorevoli all’introduzione dell’aborto nel Paese.

Le buone notizie giungono solo dall’altra parte del mondo, dal Giappone nello specifico, dove il governo ha stanziato 3.500 miliardi di yen – pari a 25 miliardi di dollari – in tre anni, dal 2024 al 2027, per contrastare con misure urgenti la denatalità, obiettivo che si può raggiungere in un solo modo: smettendola di abortire ed incentivando le nascite. Non serve la bacchetta magica, occorre piuttosto assicurare un maggior sostegno finanziario alle famiglie. Secondo Haruka Sakamoto, membro della Tokyo Foundation for Policy Research, il crollo nelle nascite dipenderebbe infatti dall’aumento dei single, non per cambiamenti nella scala dei valori, bensì per la precarietà nel lavoro e per i redditi bassi.

La decisione, assunta dal primo ministro Fumio Kishida, è giunta, dopo che l’anno scorso il Paese ha toccato il minimo storico di nuovi nati, 799.728 in tutto: «Se non freniamo il rapido declino del tasso di natalità e la diminuzione della popolazione – ha dichiarato il premier alla stampa – l’economia del nostro Paese si contrarrà e sarà difficile mantenere i nostri sistemi di tutela sociale, comprese le comunità locali, le pensioni, l’assistenza medica e l’assistenza infermieristica».

Per questo il governo ha previsto un aumento dell’assegno di natalità da 420 a 500 mila yen – pari a 3.200 euro circa – in più le spese per il parto verranno interamente coperte dall’assicurazione sanitaria pubblica. Verranno erogati assegni familiari da 15 mila yen al mese per ogni figlio di età inferiore ai 3 anni e di 10 mila per ogni figlio di età compresa tra i 3 ed i 18 anni. Dal terzo figlio in poi l’assegno mensile diverrà di 30 mila yen dalla nascita sino alla fine delle scuole superiori. Il tutto senza più restrizioni di reddito familiare. Sempre sul fronte scolastico, verrà offerta ai giovani un’istruzione superiore gratuita e verranno estese anche le esenzioni dalle tasse universitarie. Per assicurare tutto questo – ha spiegato il primo ministro Kishida – «attueremo le misure di sostegno con carattere di urgenza, utilizzeremo obbligazioni speciali di finanziamento del deficit per far fronte alla riforma della spesa».

Questo è esattamente ciò che andrebbe fatto in ogni angolo del mondo. Perché non serve a nulla, anzi è molto ipocrita lanciare l’allarme denatalità e poi continuare a fare come se niente fosse.






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