Il gender è condannato a parole. Ma si diffonde la cosiddetta «pastorale Lgbt» che pone la Chiesa in contraddizione con le Sacre Scritture, vari documenti magisteriali e tutta l’antropologia e la filosofia che ne hanno sostenuto per duemila anni l’apostolato. Di questo passo, la Chiesa diventerà indistinguibile dal mondo. Ma c’è una soluzione...
Roberto Marchesini, 15-05-2023
Così è confermato: la Chiesa italiana (e non solo) è diventata il principale attivista Lgbt del Paese (vedi qui). Per maggior praticità, c’è un link al quale si possono trovare tutte le veglie in questo mese (vedi qui): come si può vedere, si tratta di una faccenda piuttosto grossa e internazionale. Nemmeno le associazioni e i gruppi dedicati mostrano un coinvolgimento e un attivismo simile.
Non è una cosa da poco. Si tratta, insomma, di contraddire o perlomeno ignorare diversi documenti magisteriali, a partire da Persona Humana del 1975, per proseguire con Homosexualitatis Problema del 1986 e altri documenti del 1992 (vedi qui), del 2003 (vedi qui) e del 2005 (vedi qui); e ancora, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) e il Lexicon (2003) del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Si tratta, inoltre, di reinterpretare san Paolo (come fa il gruppo Gionata) e riscrivere l’Antico Testamento o, perlomeno, di aggiornarlo: i sodomiti si sono macchiati del peccato di non accoglienza nei confronti dei migranti.
Non è mica finita: bisogna pure riscrivere completamente l’antropologia e la filosofia che hanno sostenuto per duemila anni l’apostolato della Chiesa. Che ne è della legge naturale e morale, emanazione e manifestazione del Logos divino? Delle categorie aristoteliche di potenza (maschio e femmina) e atto (uomo e donna), materia (corpo sessuato) e forma (anima altrettanto sessuata), sostanza (sessuata) e accidente (le manifestazioni di virilità e femminilità che si sono succedute nei secoli)? Bisogna buttare tutto a mare, sostituire tutto, dimenticare o prendere le distanze da ciò che la Chiesa ha predicato per due millenni. Ed è esattamente ciò che stiamo vedendo. Dopo secoli e secoli di contrapposizione con il mondo («Chi non è con me è contro di me», Mt 12, 30) abbiamo la «Chiesa in uscita», la Chiesa che dialoga con il mondo. Fino a confondersi con esso, come nel caso del giudizio nei confronti dell’omosessualità; fino ad assumerne il pensiero (materialista, individualista, a-teleologico, edonista).
Dunque, qualcuno chiederà: come si spiega la posizione rigida e negativa nei confronti del gender? Una volta accettato che la persona è ciò che sente di essere; che non ha alcun dovere ultimo se non quello di seguire le sue inclinazioni; che non ha alcun progetto, alcuna vocazione, alcun destino: perché questa cosa dovrebbe valere per le persone con tendenze omosessuali e non per chi è convinto di essere nato in un corpo sbagliato? La domanda è legittima e sensata. Ma non credo che la risposta sarà articolata: ormai, anche la Chiesa ci ha abituato a slogan e sentimentalismo, rifiutando la ragione. Piuttosto, essa sarà semplicissima: credo sia solo questione di tempo. Prima o poi, la marea montante di casi di adulti e ragazzi con disforia di genere traboccherà dalle parrocchie e dagli oratori; le riviste di pastorale cominceranno ad occuparsene, coinvolgendo i genitori favorevoli; i teologi riscriveranno la Sacra Scrittura e oblieranno il Magistero per invocare apertura e superamento del pregiudizio; vari vescovi ospiteranno veglie. Infine, capiterà il caso di un prete che vuol diventare donna restando sacerdote, o di una suora che scopre di essere un uomo. Dopo questo caso ne verranno altri e la Chiesa, ormai indistinguibile dal mondo, non potrà più opporre a questi casi reali e toccanti lo slogan per cui il gender sarebbe una forma di «colonialismo culturale».
L’unica opposizione possibile sarà il ritorno a san Tommaso, che è sempre stato la roccia al quale la Chiesa si è affidata nei momenti di difficoltà. Tuttavia, come una valanga provocata da una palla di neve, le conseguenze di questa apertura al mondo proseguiranno inesorabilmente; perché, come ha scritto Aristotele, un piccolo errore in principio diventa grande alla fine. Fino al ritorno del giudice di cui molti si sono dimenticati: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. […] E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (cfr. Mt 25, 31-46).
Venga il Tuo regno, Signore, perché cominciamo a non poterne più.
Non è una cosa da poco. Si tratta, insomma, di contraddire o perlomeno ignorare diversi documenti magisteriali, a partire da Persona Humana del 1975, per proseguire con Homosexualitatis Problema del 1986 e altri documenti del 1992 (vedi qui), del 2003 (vedi qui) e del 2005 (vedi qui); e ancora, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) e il Lexicon (2003) del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Si tratta, inoltre, di reinterpretare san Paolo (come fa il gruppo Gionata) e riscrivere l’Antico Testamento o, perlomeno, di aggiornarlo: i sodomiti si sono macchiati del peccato di non accoglienza nei confronti dei migranti.
Non è mica finita: bisogna pure riscrivere completamente l’antropologia e la filosofia che hanno sostenuto per duemila anni l’apostolato della Chiesa. Che ne è della legge naturale e morale, emanazione e manifestazione del Logos divino? Delle categorie aristoteliche di potenza (maschio e femmina) e atto (uomo e donna), materia (corpo sessuato) e forma (anima altrettanto sessuata), sostanza (sessuata) e accidente (le manifestazioni di virilità e femminilità che si sono succedute nei secoli)? Bisogna buttare tutto a mare, sostituire tutto, dimenticare o prendere le distanze da ciò che la Chiesa ha predicato per due millenni. Ed è esattamente ciò che stiamo vedendo. Dopo secoli e secoli di contrapposizione con il mondo («Chi non è con me è contro di me», Mt 12, 30) abbiamo la «Chiesa in uscita», la Chiesa che dialoga con il mondo. Fino a confondersi con esso, come nel caso del giudizio nei confronti dell’omosessualità; fino ad assumerne il pensiero (materialista, individualista, a-teleologico, edonista).
Dunque, qualcuno chiederà: come si spiega la posizione rigida e negativa nei confronti del gender? Una volta accettato che la persona è ciò che sente di essere; che non ha alcun dovere ultimo se non quello di seguire le sue inclinazioni; che non ha alcun progetto, alcuna vocazione, alcun destino: perché questa cosa dovrebbe valere per le persone con tendenze omosessuali e non per chi è convinto di essere nato in un corpo sbagliato? La domanda è legittima e sensata. Ma non credo che la risposta sarà articolata: ormai, anche la Chiesa ci ha abituato a slogan e sentimentalismo, rifiutando la ragione. Piuttosto, essa sarà semplicissima: credo sia solo questione di tempo. Prima o poi, la marea montante di casi di adulti e ragazzi con disforia di genere traboccherà dalle parrocchie e dagli oratori; le riviste di pastorale cominceranno ad occuparsene, coinvolgendo i genitori favorevoli; i teologi riscriveranno la Sacra Scrittura e oblieranno il Magistero per invocare apertura e superamento del pregiudizio; vari vescovi ospiteranno veglie. Infine, capiterà il caso di un prete che vuol diventare donna restando sacerdote, o di una suora che scopre di essere un uomo. Dopo questo caso ne verranno altri e la Chiesa, ormai indistinguibile dal mondo, non potrà più opporre a questi casi reali e toccanti lo slogan per cui il gender sarebbe una forma di «colonialismo culturale».
L’unica opposizione possibile sarà il ritorno a san Tommaso, che è sempre stato la roccia al quale la Chiesa si è affidata nei momenti di difficoltà. Tuttavia, come una valanga provocata da una palla di neve, le conseguenze di questa apertura al mondo proseguiranno inesorabilmente; perché, come ha scritto Aristotele, un piccolo errore in principio diventa grande alla fine. Fino al ritorno del giudice di cui molti si sono dimenticati: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. […] E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (cfr. Mt 25, 31-46).
Venga il Tuo regno, Signore, perché cominciamo a non poterne più.
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