Il tribunale di Varese assolve dall'accusa di furto aggravato un 25enne che trafugò una pisside con 30 ostie (mai ritrovate) danneggiando il tabernacolo. Il «fatto è tenue» - la motivazione del giudice -, vale a dire di scarsa importanza. Almeno i "30 denari" un qualche valore ce l'avevano.
Andrea Zambrano, 26-01-2023
Secondo il dizionario Treccani il significato dell’aggettivo tenue è: di poca importanza, di scarso rilievo. Codice penale alla mano, un giudice di Varese ha deciso di considerare un fatto tenue, cioè di scarsa importanza, il furto di una pisside che un malcapitato 25enne ubriaco aveva sottratto dalla chiesa di Muceno, una piccola frazione del varesotto, nel comune di Porto Valtravaglia. Con questa motivazione, infatti, l’uomo è stato assolto dall’accusa di furto aggravato nel processo che lo ha visto imputato martedì. E proprio con la stessa motivazione il pm Antonia Rombolà aveva chiesto al giudice di assolverlo. Così è stato e il giovane l’ha fatta franca, almeno per la giustizia terrena.
Intanto, però, di caos l’uomo ne aveva fatto nel settembre 2020 quando, entrato nella chiesetta aveva preso un crocifisso e lo aveva utilizzato come piede di porco per scardinare la porticina d’ottone del tabernacolo e trafugare la pisside, anch’essa di ottone, con al suo interno 30 ostie consacrate.
Un furto sacrilego, tecnicamente parlando, ma di lieve entità secondo pm e giudice.
La pisside e la porticina del tabernacolo sono di ottone, evidentemente il pm e poi il giudice hanno dovuto concludere che in fondo rubare un oggetto di ottone non è poi così grave. Certo, se consideriamo maniglie, corrimano, spalliere da letto, l’ottone è davvero un materiale di scarso valore.
Già più complicato dimostrare lo scarso valore di una tromba di ottone, soprattutto se è quella che utilizzava Miles Davis in Blue in green. Ma nessuno si è interrogato su ciò che quell’ottone conteneva. Che vale più dell’oro se stiamo a ciò che la Chiesa insegna nella sua imperturbabile verità. 30 ostie consacrate possono, a conti fatti, determinare la salvezza eterna di almeno 30 anime, ma di queste “tenuità” il giudice non è tenuto a occuparsi, né ci si è chiesti durante l’udienza, almeno stando alle cronache, che cosa ne è stato di quelle 30 particole.
Certo, considerare nel codice di procedura penale un appiglio per ricordare all’ubriaco scardinatore che anche il sacrilegio, se compiuto attraverso un furto di cose, può essere un reato, evidentemente era troppo impegnativo. Meglio derubricare a fatto di tenue entità il tutto.
Eppure, le indagini per come erano partite non sembravano affatto declinare all’attenuamento del reato. I carabinieri avevano isolato le impronte digitali dell’uomo e le avevano spedite al Ris di Parma per l’analisi dattiloscopica. In questo modo erano risaliti all’autore del furto, il quale dopo aver confessato aveva anche restituito il maltolto alla parrocchia. Il parroco di allora (nella foto) e il sindaco avevano persino fatto una cerimonia di riconsegna della porticina del tabernacolo restaurata. Delle ostie trafugate non si era però più saputo nulla, né risulta che ci siano state Messe di riparazione per il grave “ratto eucaristico”.
Però, a conti fatti, isolare le impronte digitali e inviarle al Ris per analizzarle non deve essere stata un’operazione di tenue entità, per lo meno nei costi sostenuti dalle forze dell’ordine durante l’indagine, a carico del contribuente. Non è che tutte le volte che in casa arrivano gli zingari per rubare collane e catenine d’oro si allestisce la scena del delitto con gli agenti in tuta bianca e reflex col flash, insomma, non è mica il furto della collana di Maria Antonietta ad opera di Lupin.
Ma per la chiesetta di Maceno è stato fatto e questo significa che un qualche valore l’operazione furto ce l’aveva. Per non considerare il passaggio in tribunale, le cui spese processuali sono anch’esse a carico del cittadino, essendo l’uomo stato assolto. Insomma: qua di tenue c’è soltanto la pisside d’ottone, che se fosse stata d’oro allora sì che un anno con la condizionale non glielo levava nessuno. Mentre, destino ancor più “vile” è toccato alle ostie, delle quali nessuno ha considerato il valore sovra economico, di altra natura.
Anche il parroco don Luca Ciotti, al telefono con la Bussola, non sembra particolarmente preoccupato dell’esito del procedimento, anzi sembra proprio chiamarsi fuori: «Sono arrivato da pochi mesi, non so nulla di questa storia - ha detto – e devo capire che cosa è successo».
Sul fatto in sé, cioè il trafugamento delle particole, il parroco ha ammesso che «non è una cosa leggera trafugare delle ostie», salvo però aggiungere una – perdonate il gioco di parole – attenuante: «Chi l’ha fatto è inconsapevole di quello che ha fatto, magari pensava che fosse una cassaforte, io non starei a farci sopra una crociata, chi lo ha fatto lo ha fatto con poca consapevolezza e quindi non c’è neanche una colpa grave».
Sicuro? E se le ostie fossero finite al “mercato” delle messe nere? Non abbiamo prove né in un senso né in un altro. Povero Gesù, almeno i 30 denari come prezzo del tradimento un qualche valore economico ce l’avevano. Oggi, al mercato del relativismo, 30 ostie non valgono neanche una multa per furto… attenuato.
Intanto, però, di caos l’uomo ne aveva fatto nel settembre 2020 quando, entrato nella chiesetta aveva preso un crocifisso e lo aveva utilizzato come piede di porco per scardinare la porticina d’ottone del tabernacolo e trafugare la pisside, anch’essa di ottone, con al suo interno 30 ostie consacrate.
Un furto sacrilego, tecnicamente parlando, ma di lieve entità secondo pm e giudice.
La pisside e la porticina del tabernacolo sono di ottone, evidentemente il pm e poi il giudice hanno dovuto concludere che in fondo rubare un oggetto di ottone non è poi così grave. Certo, se consideriamo maniglie, corrimano, spalliere da letto, l’ottone è davvero un materiale di scarso valore.
Già più complicato dimostrare lo scarso valore di una tromba di ottone, soprattutto se è quella che utilizzava Miles Davis in Blue in green. Ma nessuno si è interrogato su ciò che quell’ottone conteneva. Che vale più dell’oro se stiamo a ciò che la Chiesa insegna nella sua imperturbabile verità. 30 ostie consacrate possono, a conti fatti, determinare la salvezza eterna di almeno 30 anime, ma di queste “tenuità” il giudice non è tenuto a occuparsi, né ci si è chiesti durante l’udienza, almeno stando alle cronache, che cosa ne è stato di quelle 30 particole.
Certo, considerare nel codice di procedura penale un appiglio per ricordare all’ubriaco scardinatore che anche il sacrilegio, se compiuto attraverso un furto di cose, può essere un reato, evidentemente era troppo impegnativo. Meglio derubricare a fatto di tenue entità il tutto.
Eppure, le indagini per come erano partite non sembravano affatto declinare all’attenuamento del reato. I carabinieri avevano isolato le impronte digitali dell’uomo e le avevano spedite al Ris di Parma per l’analisi dattiloscopica. In questo modo erano risaliti all’autore del furto, il quale dopo aver confessato aveva anche restituito il maltolto alla parrocchia. Il parroco di allora (nella foto) e il sindaco avevano persino fatto una cerimonia di riconsegna della porticina del tabernacolo restaurata. Delle ostie trafugate non si era però più saputo nulla, né risulta che ci siano state Messe di riparazione per il grave “ratto eucaristico”.
Però, a conti fatti, isolare le impronte digitali e inviarle al Ris per analizzarle non deve essere stata un’operazione di tenue entità, per lo meno nei costi sostenuti dalle forze dell’ordine durante l’indagine, a carico del contribuente. Non è che tutte le volte che in casa arrivano gli zingari per rubare collane e catenine d’oro si allestisce la scena del delitto con gli agenti in tuta bianca e reflex col flash, insomma, non è mica il furto della collana di Maria Antonietta ad opera di Lupin.
Ma per la chiesetta di Maceno è stato fatto e questo significa che un qualche valore l’operazione furto ce l’aveva. Per non considerare il passaggio in tribunale, le cui spese processuali sono anch’esse a carico del cittadino, essendo l’uomo stato assolto. Insomma: qua di tenue c’è soltanto la pisside d’ottone, che se fosse stata d’oro allora sì che un anno con la condizionale non glielo levava nessuno. Mentre, destino ancor più “vile” è toccato alle ostie, delle quali nessuno ha considerato il valore sovra economico, di altra natura.
Anche il parroco don Luca Ciotti, al telefono con la Bussola, non sembra particolarmente preoccupato dell’esito del procedimento, anzi sembra proprio chiamarsi fuori: «Sono arrivato da pochi mesi, non so nulla di questa storia - ha detto – e devo capire che cosa è successo».
Sul fatto in sé, cioè il trafugamento delle particole, il parroco ha ammesso che «non è una cosa leggera trafugare delle ostie», salvo però aggiungere una – perdonate il gioco di parole – attenuante: «Chi l’ha fatto è inconsapevole di quello che ha fatto, magari pensava che fosse una cassaforte, io non starei a farci sopra una crociata, chi lo ha fatto lo ha fatto con poca consapevolezza e quindi non c’è neanche una colpa grave».
Sicuro? E se le ostie fossero finite al “mercato” delle messe nere? Non abbiamo prove né in un senso né in un altro. Povero Gesù, almeno i 30 denari come prezzo del tradimento un qualche valore economico ce l’avevano. Oggi, al mercato del relativismo, 30 ostie non valgono neanche una multa per furto… attenuato.
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