venerdì 18 gennaio 2019

Perché i pittori dipingevano la Madonna nera





da www.stilearte.it/perche-i-pittor…

Quando e perché, nei dipinti e nelle statue che effigiano la Vergine, il volto della stessa – lei l’eburnea, lei l’immacolata per eccellenza – diventa nero?Origine e cause di questa iconografia sono varie e in parte almeno misteriose. Ciò che è fuor di dubbio è che la devozione ad essa è molto diffusa, e si contano a centinaia i luoghi di culto dove si venera una Madonna nera: soprattutto in Italia (dal Trentino alla Sicilia), in Francia (centottanta quelle censite) e in Spagna, ma anche in Russia e in Brasile, in Turchia e negli Stati Uniti, in Messico e nelle Filippine, persino a Trinidad e Tobago. Tra le più conosciute, citiamo quella di Loreto, nelle Marche, quella di Oropa, in Piemonte, quella di Czestochowa, in Polonia, e la Virgen de Candelaria di Tenerife, nelle isole Canarie.

Proviamo a spiegare come mai, già nei primi secoli dell’era cristiana, nasce e si propaga tale immagine. Ricordiamo che tra le icone bizantine – laddove l’utilizzo dei vari colori (il nero, il bianco e il rosso in particolare) assume valenza simbolica, senza preoccupazioni di verosimiglianza naturalistica – sono parecchie quelle in cui la madre di Dio ha il viso scuro, a cominciare dalla celebre Odighitria. Copie di esse raggiunsero ben presto l’Occidente, trasportate qui per più d’una ragione. Nel periodo iconoclasta, ad esempio, ciò consentì di preservarle dalla sicura distruzione alla quale erano condannate. Durante le Crociate, la diffusione in Europa delle icone orientali avvenne per mano sia dei monaci carmelitani e francescani che degli stessi combattenti, di ritorno dalla Terrasanta.

Un ruolo fondamentale fu svolto dai Templari. Tale ordine cavalleresco era legato alla figura di san Bernardo di Chiaravalle, autore di un commento al Cantico dei Cantici, libro della Bibbia nella cui protagonista femminile, sposa “nigra sed formosa”, “bruciata dal sole”, “scura come le tende dei beduini”, viene ravvisata profeticamente proprio la Vergine Maria. Ciò, secondo alcuni, spiegherebbe il perché della fortuna della Madonna nera anche in un contesto culturale ben diverso da quello dove il culto aveva avuto origine.


Czestochowa, Madonna nera

C’è poi un’altra affascinante traccia da seguire. Concerne il presunto artefice di numerose di queste effigi, assegnate fin da epoche remote a san Luca, il quale – secondo una tradizione tanto consolidata quanto priva di fondamento – sarebbe stato un abilissimo pittore. Il riferimento a Luca andrebbe in realtà associato ad una frase contenuta nel vangelo scritto dallo stesso, pronunciata da Simeone durante la presentazione di Gesù al tempio, a presagio della Passione: “Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada”. Nel cromosimbolismo delle icone il nero, lo rammentiamo, è espressione del dolore, cosicché le Madonne nere credute opera di san Luca altro non sarebbero se non “Madonne addolorate”.


Madre di Dio di Tichvin, XVII secolo, particolare

A parere di studiosi come Stephen Benko, il culto della Vergine nera si sviluppa attraverso legami con religioni precristiane. “Già nell’antichità – si osserva – alcune dee, quali Iside e Demetra/Cerere, potevano essere rappresentate con il volto scuro. L’immagine di Iside, addolorata per la tragica morte di Osiride e spesso ritratta con in grembo il figlio Horus, ha più di un motivo di sovrapposizione con il culto mariano. Anche Cerere era addolorata per la perdita di Proserpina. Il colore nero, inoltre, è quello della terra fertile, simboleggiata dalle dee. L’iconografia della Madonna nera ha quindi le sue lontane radici nell’antichissimo culto della Grande Madre”.



Tale teoria potrebbe spiegare tra l’altro perché alcuni santuari siano sorti – almeno, così vuole la tradizione – sul luogo del ritrovamento di una statua di donna dal viso color nero, ritenuta dal popolo effigie miracolosa di Maria vergine ma che sarebbe stata in realtà un reperto pagano, raffigurante Iside, dea venerata in tutto l’Impero romano.




E nel resto del mondo? La diffusione di questa iconografia in America latina è stata favorita dal caso, ossia dal recupero di due statue di Madonna nera custodite a bordo di navi naufragate rispettivamente a Cagliari e a Tenerife, città all’epoca entrambe assoggettate agli Spagnoli. A Cagliari si instaurò presto il culto di Santa Maria di Bonaria, eletta a patrona della flotta di Spagna (da Bonaria deriva, tra parentesi, anche il nome di Buenos Aires); a Tenerife, ultimo porto prima del viaggio sulla rotta transatlantica, quello – già citato – della Virgen de Candelaria. E’ naturale perciò che chi aveva compiuto felicemente la perigliosa traversata dell’oceano sotto la protezione della Madonna nera esprimesse la propria riconoscenza promuovendone la pratica devozionale nelle terre su cui aveva messo piede.

Con l’affermazione del Cristianesimo tra le popolazioni indigene, poi, il colore scuro della pelle di Maria assunse pure le caratteristiche di un adattamento dell’immagine della Madre di Dio alla realtà locale. Un processo, questo, che si è verificato in altre aree geografiche, ed in particolare in Africa, accompagnato spesso da un'accentuazione delle specificità fisionomiche.

Va sottolineato, in conclusione, che si registra una tipologia di Madonna nera “impropria”. Parliamo cioè di volti mariani dipinti in modo tradizionale e diventati scuri nel tempo, per il fumo delle candele o per l’alterazione dei pigmenti utilizzati dall’artista, specie quando gli stessi contenevano piombo. Rientrano in tale categoria anche effigi molto note e venerate, da quella del Sacro Monte di Serralunga di Crea (Alessandria) a quella di Montserrat, in Catalogna.


Oropa, Madonna nera

Si tratta di casi. Non infrequenti, ma, per l’appunto, casi. Nell’Ottocento, però, una corrente di teologi ultraconservatori e razzisti, non potendo sopportare l’idea di una Vergine colored, arrivò a teorizzare che tutte le Madonne nere fossero nate bianche e che si fossero in seguito “sporcate”.

















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