In una intervista a Vatican Insider, (qui) il cardinale Kasper rilancia la posizione dei vescovi tedeschi favorevoli all’intercomunione con i protestanti. Cita un documento conciliare e due documenti di Giovanni Paolo II. Ma a parere di mons. Nicola Bux, teologo e già consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, quelle di Kasper sono citazioni forzate e stravolte nel significato. Riporto ampi stralci delle argomentazione di mons. Nicola Bux pubblicate oggi su LNBQ (qui).
Sabino Paciolla
(…) Per inciso, il termine intercomunione appare quanto meno incomprensibile perché, la comunione, è già di per sé l’unione tra persone. Perché vi sia tale unione le persone devono aderire – a proposito della comunione eucaristica – alla fede che la Chiesa cattolica professa. Per gli Ortodossi la comunione eucaristica tra cristiani è possibile solo se si condivide anche la stessa idea di Chiesa. Per questo essi non concepiscono l’intercomunione.
Sul tema è intervenuto il cardinale Walter Kasper con una intervista a Vatican Insider , sostenendo che la comunione ai protestanti è già prevista in un documento conciliare e in due documenti di san Giovanni Paolo II. Si tratta di un evidente quanto inaccettabile forzatura. Vediamo ad esempio il decreto conciliare Unitatis Redintegratio al paragrafo 8. Egli applica alla cosidetta intercomunione (termine che peraltro anche Kasper giudica fuorviante), “la comunicazione in cose sacre” che il paragrafo applica all’unione nella preghiera, come recita lo stesso titolo.
La comunicazione infatti nelle cose sacre ha diversi gradi e non sembra che qui il decreto sull’ecumenismo intenda riferirsi ai sacramenti, ma solo all’unione nella preghiera che, dopo il Vaticano II, si è particolarmente diffusa tra i cristiani separati. Infatti lo stesso paragrafo poco prima menziona le preghiere che vengono indette per l’unità dei cristiani, insieme con in fratelli separati. E sono ritenute queste un mezzo molto efficace – si dice nel paragrafo – per impetrare la grazia dell’unità e per manifestare i vincoli dai quali i cristiani sono uniti tra loro. Il paragrafo pertanto non parla di sacramenti ma solo di unione nella preghiera.
(…) La ragione per cui il decreto conciliare non può riguardare i sacramenti è legato anche al fatto che, in determinati casi, i cattolici possono ricevere i sacramenti, in particolare l’Eucaristia, solo da ministri non cattolici la cui Chiesa ha sacramenti validi. In sostanza si tratta solo degli ortodossi, non certo dei protestanti (cfr can. 804 par. 2) . (…)
Quanto al n. 46 – non 24, come erroneamente è detto nell’intervista – dell’enciclica Ut Unum Sint, il contesto è indicato dal titolo: “Convergenze nella parola di Dio e nel Culto Divino”. La parte citata da Kasper non fa altro che riproporre quanto già affermato dal menzionato par. 8 del decreto sull’ecumenismo. Anche qui, Giovanni Paolo II, ribadisce che i sacramenti dell’eucaristia, della penitenza e dell’unzione degli infermi possono essere amministrati da parte dei ministri cattolici, in determinati casi, a quei cristiani che manifestano la fede che la Chiesa cattolica professa in questi sacramenti. Appare ovvio che un protestante, che manifesta la stessa fede cattolica nel sacramento, non è più protestante.
Quanto al paragrafo 45 dell’altra enciclica Ecclesia de Eucaristia, la citazione completa del periodo conclusivo è: “In questo caso infatti, l’obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale, per l’eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una intercomunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale”. Come mai il card. Kasper ha saltato proprio quest’ultima parte? Eppure Giovanni Paolo II nel paragrafo precedente, il 44, insiste proprio sulla integrità dei vincoli perché vi sia la completa comunione ecclesiale. Proprio questo manifesta il desiderio dei cattolici di arrivare alla vera comunione.
Nella risposta successiva poi, il cardinale dà per scontato che i luterani credano alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Finora sapevamo che essi non credono alla transustanziazione. (….)
Il cardinale poi ammette che, in Germania il problema è l’indifferenza religiosa, mentre molto ridotto è l’interesse verso questioni religiose; allora, perché la Conferenza Episcopale Tedesca, ha dato tanta impostanza all’intercomunione? Perchè non affrontare la secolarizzazione promuovendo una nuova evangelizzazione? In tal modo anche coloro che pur non essendo cattolici hanno il desiderio di condividere l’Eucaristia, sarebbero aiutati prima di tutto a conoscere la fede eucaristica cattolica. Così cadrebbe l’impedimento che attualmente rimane.
Quanto agli esiti della consultazione tra vescovi tedeschi e dicasteri vaticani, va ricordato che la chiesa cattolica non è una chiesa sinodale dove è sufficiente il consenso collegiale dei vescovi – come per le chiese ortodosse -, perché è indispensabile l’esercizio del ministero petrino che indica la rotta a tutta la chiesa; a questo compito il papa non può abdicare.
In conclusione il cardinale Kasper si appella alla vita concreta, a mio avviso scambiando la fede cattolica nel primato petrino, che è oggettiva – cioè prescinde dall’uomo che siede sulla sede di Pietro – con la stima e l’amore che soggettivamente “molti protestanti hanno”. Invece, per la fede cattolica, “il Romano Pontefice quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli”(Lumen Gentium 23).
Proprio la crescente contrapposizione tra i vescovi prima e di conseguenza tra i fedeli, dimostra che tale assunto, oggi, non è più evidente.
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