Giorgio M.G. Locatelli
La virtù teologale della fede ha quattro proprietà salvifiche di cui invero si parla poco. Nei testi dottrinali più remoti queste nozioni vengono ribadite con solida fermezza; nei testi più recenti, al contrario, molto meno e allora siamo costretti a parlarne, visto la loro basilare importanza ed a riportarle all'attenzione del lettore.
Prima di introdurre le quattro proprietà diamo solo qualche nozione sulla fede con una breve analisi.
San Paolo insegna che la fede è assolutamente necessaria per salvarsi perchè « senza la fede è impossibile piacere a Dio ». (Ebr. 11, 6.)
La fede è dunque un fondamentale.
"Assolutamente necessaria" significa che serve a qualunque costo e che senza di essa non vi è altro mezzo per giungere alla visione beatifica.
« Senza la fede è impossibile piacere a Dio », invece significa che chi non crede non può piacere a Dio e dunque non entrerà in Paradiso e non si salverà.
Sarebbe incauto non affidarsi totalmente alla bontà di queste parole; agli increduli -cioè a coloro che non credono-Gesù Cristo ha ribadito l'eterna dannazione «Chi non crede, è già giudicato » (Giov. 3, 18.), chi non crede è reo cioè dell'eterna dannazione e se persiste nell'incredulità sino alla morte, si dannerà senz'altro. « Chi non crede sarà condannato » (Mar. 16, 16.).
Come gli occhi sono necessari per vedere, così è necessaria la fede per salvarsi.
La fede ci adombra la via della salvezza in due modi, il nostro fine difatti:
1 Non può essere conosciuto senza la fede
2 Non può essere conseguito senza una vita animata dalla fede.
1-L' uomo ha un fine ultimo e assoluto che consiste nel dar Gloria al Signore, e un fine prossimo e relativo che è la santificazione della propria anima, ma questi due fini non potranno essere conosciuti con le sole forze dell' intelletto, ma solamente per mezzo della divina rivelazione e della Virtù teologale della fede, dono elargito dalla bontà e liberalità di Dio, che permetterà di indirizzarci correttamente sulla via della salute e della vita eterna.
2- La vita, inoltre, dovrà essere animata dalla fede, vale a dire informata a quei principi, a quelle verità, a quelle regole che furono da Dio insegnate e prescritte, dovrà fare in breve, ciò che a Dio piace e tralasciare ciò che gli dispiace. Per questo S. Paolo insegna che « Il giusto vive di Fede » (Rom. 1, 17): come il corpo vive del cibo materiale e come la pianta vive della linfa vitale che entra dalle radici, così l' uomo giusto, cioè l'uomo che vuol piacere a Dio, deve vivere di Fede, che in tal guisa si può anche chiamare il principio e radice di giustificazione. Senza la Fede, l' uomo per Iddio e per il paradiso è come morto: « Chi non crederà sarà condannato » (Marc. 16, 16.)
La quattro proprietà della fede
Ed ecco le quattro proprietà o qualità fondamentali: se dovesse mancarne anche una sola, la fede ne risulterebbe imperfetta ed insufficiente per il raggiungimento dell'eterna salvezza.
La fede dev'essere:
1. Universale
2. Ferma
3. Viva
4. Costante
1- Universale: le verità di Fede rivelate da Dio e quelle proposte dalla Santa Chiesa Cattolica, devono essere credute tutte senza nessuna eccezione. Il non credere all'una o all'altra ci porrebbe in uno stato di gravissimo peccato di eresia: chi nega una verità rivelata da Dio e proposta a credere dalla Chiesa nega, o almeno mette in dubbio, che Dio e la Chiesa siano infallibili e con ciò scalza il fondamento stesso di tutta la fede.
Negare anche un solo punto equivale a negarli tutti poiché la fede dev'essere necessariamente integra e immutabile in tutte le sue parti. Se pensiamo a quale grave torto si farebbe ad uomo onesto e leale negando la sua parola e facendolo passare per ignorante o ingannatore, pensiamo all'infinito oltraggio che si farebbe nei riguardi di Dio e alla Chiesa, negando allo stesso modo, le Verità da Lui rivelate.
2- Ferma: la nostra fede dev'essere ferma e solida — dobbiamo credere senza il minimo dubbio.
Fermo significa saldo, certo e che non vacilla. La Fede è ferma quando il cattolico vi rimane saldo, tiene per certo e sicuro quanto essa insegna e rimane persuaso della verità anche se non la dovesse comprendere. — Ammettere il dubbio, o dubitare, significherebbe proprio il contrario, non tenere una cosa per certa, sospettare che possa essere falsa. Facciamo un esempio: dubita delle verità di fede chi pensa o dice: «Chissà se questa o quella dottrina insegnata dalla Chiesa è vera... Non dico di no, ma, a dire il vero non sono nemmeno sicuro che lo possa essere... ». Come si vede, in questi casi o in casi similari, il tarlo del dubbio, alimentato dal diavolo, è già penetrato, e a piccoli passi spinge verso l' eresia formale, peccato gravissimo. Chi dubita della verità di Fede fa un grande torto a Dio sospettando che Egli possa averci ingannato o possa aver rivelato il falso o perfino che non abbia assistito la Chiesa in modo che essa sia rimasta immune dall'errore. Tutto questo però, nel caso si ammetta il dubbio e lo si acconsenta volontariamente permettendogli l'ingresso nell'anima — dubbio volontario— Se invece lo si respinge prontamente senza dargli il minimo ascolto — dubbio involontario— perché sorto contro la nostra volontà, non si tratta di peccato, ma semplicemente di una tentazione del diavolo. Se noi la vinciamo ricaviamo anche meriti davanti a Dio.
Ricordiamo allora che è nostro fermo dovere, al primo insinuarsi di qualunque dubbio bloccarlo sul nascere. Ricorriamo all'aiuto di Dio con una buona formula del tipo « Mio Dio, io credo tutto ciò che voi avete rivelato e la S. Chiesa mi propone a credere, perché voi siete eterna verità, e non potete ingannarmi. Mio Dio, aiutatemi a credere fermamente».
3- Viva:« Siccome il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta » (S. Giac. 2, 26.). La nostra fede è viva quando è animata dalla carità ed esercitata con le buone opere. Usiamo il temine "viva" per una cosa che ha vita, anima, moto, attività, tipo un uomo vivo, attivo, un fuoco vivo, una sorgente viva. La Fede allo stesso modo dev'essere operosa, dispensatrice di buoni frutti, animata dalla carità e dal cuore senza rimanere inerte ed oziosa ma spinta sempre dall' amore di Dio nelle buone opere. Invece, come un uomo che non dà più segni di vita- non ode, non vede, non parla- o come un un albero che non fa più nè foglie, nè fiori, nè frutti vengono considerati morti, così la Fede inoperosa, che non produce alcuna buona operazione, si dice morta.
Se nell' uomo è lo spirito a dar la vita, il senso e il moto al corpo, così nella fede il principio vitale operativo e motorio è la Carità. Per questo S. Giacomo scrisse: « Siccome il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere -della carità- è morta » (Giac. 2, 26.).
Una tal fede non basta per la salvezza e lo conferma S. Paolo: « E quando avessi tutta la fede che trasportassi le montagne, se non ho la carità, sono un niente » (I. Cor. 13, 2.).
Facciamo attenzione allora a non diventare come quei cattolici che dicono di credere, ma che per pigrizia, per rispetto umano o per qualsiasi altro motivo non fanno mai buone opere. Che credano è possibile, ma se agiscono al contrario di come dovrebbero agire, la loro fede è morta e se continuano così non potranno avere la salvezza.
« Anche i demoni, dice S. Giacomo (12, 19), credono e tremano ». Credono molto più di noi, perché sanno e dicono: O Cristo, tu sei il Figliuolo di Dio! Ma regneranno per questo col Figliuolo di Dio? Niente affatto, poiché non hanno la carità. « Perciò, conclude S. Agostino, la fede senza la carità è la fede del demonio. » (Dis. 168.)
4- Costante, come i Santi Martiri.
La nostra fede è costante quando siamo pronti a perdere tutto, anche la vita piuttosto che rinnegare la fede. Costante vuoi dire stabile, fermo, che tiene duro nei buoni propositi e che per nessuna ragione li muta. La nostra Fede è costante quando non ci lasciamo distogliere dal credere ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere, da nessun motivo, da nessun ostacolo, da nessuna minaccia né persecuzione, ma siamo pronti, all'occorrenza, a perdere tutto, ricchezze, onori, libertà, salute e anche la vita piuttosto che rinnegare, cioè vilmente abbandonare, la fede cristiana. La ragione è che la fede è il nostro più prezioso tesoro. Essa vale tanto quanto vale Iddio e il Paradiso perché con essa possiamo salvarci mentre senza, dobbiamo dannarci. « Cosa giova all' uomo, dice N. S. Gesù Cristo, di guadagnare tutto il mondo, se poi perde l' anima? E che darà l' uomo in cambio dell' anima sua? » (Matt. 16, 25). Da qui l'esortazione: « Non temete coloro che possono uccidere il corpo, e non possono uccidere l' anima; ma temete piuttosto colui (Dio), che può mandare in perdizione l'anima e il corpo». (Ivi 10, 20.) Chi per qualsiasi motivo rinnega la fede si macchia del peccato di apostasia. A migliaia e milioni i nostri padri, i primi cristiani, morirono come martiri fra i più atroci tormenti, piuttosto che rinnegare la fede. Ma quanti invece oggi, tutt'al contrario, si vergognano di essere cattolici per un sarcasmo, per una beffa, una diceria di uomini... Evitiamo la codardia. Il vergognarsi della fede è il primo passo per rinnegarla. Niente rispetti umani nel difendere la fede! Rimaniamo umili e preghiamo il Signore di darci coraggio per sostenerla all'occorrenza. Se non preghiamo, la fede si indebolirà. Allontaniamoci da coloro che deridono la religione, e teniamoci lontani anche dalle cattive letture e da certi media che spesso sono rei, e tali e quali ad un potente veleno capace di uccidere la fede. Lontani da queste vie perverse, se non vogliamo un po' alla volta arrivare all'abisso dell'apostasia.
Radio Spada
Nessun commento:
Posta un commento