domenica 26 gennaio 2014

I nuovi inquisitori contro Ratzinger. Ricomincia l’autodemolizione della Chiesa




di Antonio Socci 

Ci sono stati grandi papi il cui pontificato è stato praticamente affossato dagli errori degli ecclesiastici del loro entourage. Anche per papa Francesco si presenta questo rischio. Sconcertano infatti episodi, decisioni e “sparate” di alcuni prelati, penso al cardinale Maradiaga e al cardinale Braz de Aviz, che si sentono così potenti in Vaticano da usare il bastone sia contro il Prefetto dell’ex S. Uffizio Müller, sia contro i Francescani dell’Immacolata.

CONTRO BENEDETTO

I bersagli delle loro “randellate” (assestate ovviamente in nome della misericordia) sono coloro che, a diverso titolo, vengono individuati come paladini dell’ortodossia cattolica e che hanno avuto a che fare con papa Benedetto XVI. Il vero bersaglio infatti sembra proprio lui, “reo” di tante cose, dalla storica condanna della teologia della liberazione, alla difesa della retta dottrina, al Motu proprio sulla liturgia.

 Il cardinale Oscar Maradiaga è arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, diocesi in decadenza. Ma il prelato, che gira per i palcoscenici mediatici del mondo, nei giorni scorsi ha fatto clamore per una sua intervista a un giornale tedesco dove – fra corbellerie new age e banalità terzomondiste - ha attaccato pubblicamente il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Müller, a cui il papa ha appena dato la porpora cardinalizia. Un fatto clamoroso, anche perché Maradiaga è il capo della commissione che dovrebbe riformare la Curia. Cosa era accaduto? Müller, chiamato a quell’incarico da Benedetto XVI e confermato da Francesco, nei mesi scorsi aveva ribadito che - pur cercando nuove vie pastorali (già indicate anche da Benedetto XVI) - il prossimo sinodo sulla famiglia non può sovvertire, con “un falso richiamo alla misericordia”, la legge di Dio sulla famiglia uomo-donna, affermata da Gesù nel Vangelo e sempre insegnata dalla Chiesa.


MARADIAGA SHOW


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Müller, che era già stato attaccato personalmente da Hans Küng, è stato liquidato da Maradiaga con queste parole: “È un tedesco e per giunta un professore di teologia tedesco. Nella sua mentalità c’è solo il vero e il falso. Basta. Io però rispondo: fratello mio, il mondo non è così, tu dovresti essere un po’ flessibile”. Parole che hanno scandalizzato molti fedeli. Anzitutto perché l’accenno polemico al “professore di teologia tedesco” fa pensare inevitabilmente che il bersaglio fosse Benedetto XVI, che chiamò Müller a quell’incarico. Poi perché è del tutto irrituale un attacco pubblico fra cardinali, come se Müller fosse lì a sostenere una sua teologia personale e non l’insegnamento costante della Chiesa e di tutti i papi. Infine Maradiaga – secondo cui sarebbe sbagliato vagliare la realtà in termini di vero e di falso – dimentica che Gesù Cristo nel Vangelo dette questo preciso comandamento: “il vostro parlare sia sì (se è) sì e no (se è) no. Il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37). Maradiaga preferisce quel “di più” all’annuncio della Verità?

Sui temi della famiglia, su cui c’è un’offensiva ideologica simile a quella marxista degli anni Settanta, diversi ecclesiastici sono pronti – proprio come allora – a calare le braghe. E lo fanno anche con i sofismi di Maradiaga, il quale dice che le parole di Gesù sul matrimonio sono vincolanti, sì, “però si possono interpretare” e siccome oggi ci sono tante nuove situazioni di convivenza occorrono “risposte che non possono più fondarsi sull’autoritarismo e il moralismo”. Questa frase da sola liquida tutto il Magistero della Chiesa: evidentemente per Maradiaga era autoritario e moralista anche Gesù, che si espresse con tanta nettezza.  Ma che significa chiedere “più cura pastorale che dottrina”? Ogni grande pastore, da S. Ambrogio a S. Carlo, da don Bosco a padre Pio, è stato un paladino della dottrina. Maradiaga dice che occorrono sulla famiglia “risposte adatte al mondo di oggi”. Sono frasi vuote e allusive che alimentano confusione e dubbi. È il tipico modo, che oggi dilaga nella Chiesa, di sollevare domande senza fornire risposte.

A tal proposito san Tommaso d’Aquino si espresse così: «Ebbene costoro sono falsi profeti , o falsi dottori, in quanto sollevare un dubbio e non risolverlo è lo stesso che concederlo» (Sermone Attendite a falsis prophetis). Oggi c’è chi, nella Chiesa, alle parole di Gesù riportate nel Vangelo preferisce il famoso questionario relativo al Sinodo, che è stato mandato a tutte le diocesi del mondo e viene presentato da taluno come un sondaggio, come se la Verità rivelata dovesse essere sostituita dalle più diverse opinioni.


AUTODEMOLIZIONE

Anche questo ci riporta agli anni Settanta, quando Paolo VI denunciava allarmato: «Così la verità cristiana subisce oggi scosse e crisi paurose. Insofferenti dell’insegnamento del magistero (…) v’è chi cerca una fede facile vuotandola, la fede integra e vera, di quelle verità, che non sembrano accettabili dalla mentalità moderna, e scegliendo a proprio talento una qualche verità ritenuta ammissibile; altri cerca una fede nuova, specialmente circa la Chiesa, tentando di conformarla alle idee della sociologia moderna e della storia profana». È come spazzar via di colpo i pontificati di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per tornare ai cupi anni Settanta, all’autodemolizione della Chiesa (come la definì Paolo VI). Non è un rinnovamento, ma il ritorno del vecchio più rovinoso.

LA VERGOGNA

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Un altro episodio di autodemolizione della Chiesa è la persecuzione dei Francescani dell’Immacolata, una delle famiglie religiose più ortodosse, più vive (piene di vocazioni), più ascetiche e missionarie. Ma alla quale – come ho già scritto su queste colonne – non è stata perdonata la zelante fedeltà a Benedetto XVI, a cominciare dal suo Motu proprio sulla liturgia.

Il rovesciamento delle parti è clamoroso. Infatti sul banco degli accusati ci sono dei cattolici ubbidienti e nella parte dell’inquisitore c’è il cardinale brasiliano João Braz de Aviz che, in una lunga intervista, ha avuto nostalgiche parole di elogio per la disastrosa stagione della Teologia della liberazione, fregandosene della condanna di Ratzinger e Giovanni Paolo II. Braz de Aviz confessò tranquillamente che – in quegli anni – era pronto anche a lasciare il seminario per quelle idee sociali. Però ha fatto carriera. Oggi è a capo della Congregazione per i religiosi, lui che non è nemmeno un religioso. Il prelato, che si proclama molto amico della Comunità di S. Egidio, ha una strana idea del dialogo che – per lui – vale verso tutti, meno che verso i cattolici più fedeli al Magistero. Quando era arcivescovo di Brasilia partecipò tranquillamente fra i relatori a un convegno del “Forum Espiritual Mondial” con l’ex frate Leonardo Boff, leader della teologia della liberazione, Nestor Masotti, presidente della Federazione Spiritista Brasiliana, Ricardo Lindemann, presidente della Società Teosofica in Brasile e Hélio Pereira Leite, Gran Maestro del Grande Oriente.

Appena arrivato a capo della Congregazione per i religiosi ha subito iniziato il dialogo con le “vivaci” congregazioni religiose femminili degli Stati Uniti che tanto filo da torcere dettero a Benedetto XVI. Braz ha fatto una specie di critica alla Santa Sede: “abbiamo ricominciato ad ascoltare… Senza condanne preventive”. Invece i Francescani dell’Immacolata, che non hanno mai dato alcun problema, non sono mai stati da lui chiamati e ascoltati. La condanna preventiva contro di loro c’è stata e pesante.Curioso, no? Giorni fa Vatican Insider titolava: “In Italia ci sono sempre meno frati e suore”. Credete che Braz de Aviz si preoccupi di questo? Nient’affatto. Pensa a punire uno dei pochi ordini le cui vocazioni aumentano. Sul primo numero di Jesus del 2014 si fa un monumento a Vito Mancuso, noto per negare “circa una dozzina di dogmi” (come scrisse La Civiltà cattolica). Ma state certi che nessuno farà obiezione ai paolini. Invece vengono repressi i Francescani dell’Immacolata per averli difesi i dogmi della Chiesa. L’autodemolizione è ripresa con forza.










© LIBERO   26/01/2014



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