Di Claudio Dalla Costa - 02/07/2011
La liturgia, in molti casi, non aiuta a tuffarsi nel mistero. Talvolta appare come un ritualismo vuoto, eccessivamente giuridico.
Molta responsabilità ricade certamente su quei fedeli che vanno a messa per adempiere ad un precetto più che per un incontro autentico con il Signore. Tuttavia il compito dei ministri del Vangelo è proprio quello di rendere appetibile il desiderio di Dio.
Già nel 1952, Giorgio La Pira scriveva che occorre “elevare gli intelletti e i cuori sino alla contemplazione della bellezza eterna! Il cristianesimo – specifica La Pira – non è solo bontà: è anche, essenzialmente, bellezza, purità, luce: …bisogna mostrare agli uomini contemporaneamente questi due aspetti indissociabili dell’unica redenzione”.
E questo ruolo spetta in modo determinante proprio alla liturgia. Sentiamo ancora La Pira in uno scritto del 1953: “La civiltà cristiana medievale si definisce proprio per questo primato della contemplazione: è la civiltà della liturgia e della bellezza cristiana; è il tentativo massimo compiuto dai cristiani di trascrivere nelle strutture della città terrestre la grazia, la luce e la bellezza della città celeste”.
Bellezza della predicazione e della liturgia formano un tutt’uno. “La parola del predicatore deve attingere motivo di armonia e di conforto da tutto il complesso di ciò che nella chiesa fa impressione di ben disposto e di vera bellezza. Chi parla, chi istruisce trae motivo dall’arte, dalla liturgia, da tutto ciò che nella chiesa ha virtù di edificare e di commuovere. Siamo fatti così. Un tocco d’organo, un canto collettivo, soave o poderoso, accompagnato o illustrato da una parola appropriata e serena – la parola canta – tutto vale alla vibrazione del cuore, all’incoraggiamento, alla rinnovazione di uno stato d’animo bisognoso di coraggio e di pace” (Beato Giovanni XXIII).
L’arte ha questa capacità di elevare il cuore dell’uomo verso Dio. E papa Paolo VI, che ebbe tanti amici tra gli artisti, e che aveva una grande sensibilità verso il tema della bellezza, volle esprimere la sua riconoscenza agli artisti, invitandoli nella Cappella Sistina, il 7 maggio del 1964. Nel discorso che pronunciò affermò tra l’altro che “Noi abbiamo bisogno di voi. Il nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio…Ë il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colore, di forme, di accessibilità”.
Proprio la liturgia ha la capacità di esprimere la bellezza, la tenerezza e la gratuità di Dio. Gli uomini di ogni tempo hanno sempre avuto bisogno di spazi e tempi specifici per rendere lode al Creatore. In questi ultimi quattro decenni si è coltivato l’impoverimento dei luoghi e dei segni liturgici, e oggi molti preti si scandalizzano se tanti giovani si sentono attirati verso nuovi culti e forme di religiosità dove sono in voga pseudo liturgie che scimmiottano quelle celebrate nelle nostre chiese.
Un certo spirito di povertà mal compreso ha fatto si che tante chiese fossero spogliate di ogni forma artistica. Alcune assomigliano più a dei garage che a luoghi di culto. Una certa mentalità diffusasi anche nella Chiesa pensava di rendere gloria a Dio risaltando al massimo lo spogliamento di ogni oggetto di culto. Uno dei modi per evangelizzare è proprio la liturgia. Ad essa, infatti, spetta il compito di sensibilizzare alla bellezza perchè rimane la porta attraverso la quale si ha accesso al Mistero.
Una grande opera di nuova evangelizzazione è in atto per riportare Gesù Cristo al centro della vita di tanti uomini del nostro tempo. Il problema sorge quando si deve invitare il neo convertito alla messa: dove indirizzarlo? Poiché non sempre si tratta di persone capaci di comprendere che Gesù è presente quali che siano le qualità della celebrazione o le infedeltà del celebrante. C’è il rischio di perdere per strada queste persone dopo aver fatto tanta fatica per riportarle a Gesù. Se c’è un campo privilegiato dove bisogna investire nella bellezza questo è proprio la liturgia.
Sempre la Chiesa nella sua storia ha coltivato il gusto del bello. Ha protetto gli artisti e sviluppato l’arte in tutte le sue forme. L’architettura, la pittura, la musica si sono messe a disposizione per creare dei capolavori degni di Dio. Benedetto XVI scrive che ”oggi più che mai, nella civiltà dell’immagine, l’immagine sacra possa esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico”.
Già papa Paolo VI, nell’anno 1965, rivolgendosi ad artisti, scrittori e musicisti, aveva affermato: “Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi; voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. Voi l’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere sensibile il mondo invisibile”. (da Avete finito di farci la predica? Riflessioni laicali sulle omelie – Effatà Editrice 2011)
fonte:http://www.libertaepersona.org/
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