mercoledì 26 gennaio 2011

Quei segni del nostro essere cristiani





di Vittorio Messori

26-01-2011


Ha suscitato notevole interesse “l’aperitivo” che avevo dedicato alla progressiva perdita, avvenuta negli ultimi decenni, dei segni distintivi della nostra identità di cristiani. Un fenomeno che bisognerebbe cercare di arrestare, anche perché, essendo consapevoli che stiamo diventando una comunità di minoranza, abbiamo sempre più bisogno di riappropiarci di alcuni segni. Non c’è da inventare nulla di nuovo, basterebbe riscoprire qualche aspetto della nostra tradizione.

Ci colpisce oggi vedere come i credenti musulmani, ovunque si trovino, per cinque volte al giorno si fermano e s’iginocchiano a pregare. Proprio prendendo spunto da questo esempio segnalo che c’è un movimento cattolico spagnolo che propone di tornare alla scansione cristiana della giornata. Si tratta di un’iniziativa che ha già raccolto moltissime adesioni e che accomuna chi decide di recitare la preghiera dell’Angelus al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Si utilizzano i cellulari, e si imposta la sveglia alle 12 in punto.

Queste persone, quando avvertono il bip, si fermano e si ritirano in preghiera per pochi istanti (se non hanno in quel momento il tempo per recitare l’Angelus si accontentano di un’Ave Maria). Certo, dobbiamo evitare qualsiasi forma di esibizionismo, di spirito di rivalsa. Non dobbiamo sbattere in faccia agli altri i nostri segni identitari. Ma con atteggiamento umile, possiamo rinnovare la memoria dell’incarnazione di Dio e dunque della nostra salvezza, attraverso quella semplice preghiera nel mezzo della nostra giornata lavorativa.

Un altro segno bello ci potrebbe venire dall’applicazione del Concilio Vaticano II. Nella Costituzione conciliare dedicata alla liturgia (Sacrosanctum Concilium) si legge che la lingua latina va mantenuta nei riti latini. Sarebbe bello poter tornare a insegnare a cantare alcune parti della messa in latino e soprattutto – prendendo sul serio proprio il Concilio – imparare nella sua forma originale latina almeno il Credo.

Oggi molti cattolici tendono a sacralizzare la Costituzione italiana, frutto del lavoro di compromesso tra le tradizioni comunista, liberale e cattolica. Ma noi, come cattolici, abbiamo già una grande «costituzione» sacra e fondamentale, ed è il Credo. Sarebbe buona cosa tornare a insegnarlo in latino, il che permetterebbe in certe occasioni, nei grandi santuari ad esempio, di manifestare nella preghiera e nel canto un’unità anche linguistica. Sono soltanto due esempi, ce ne sono molti altri possibili. Alcuni ve li proporrò con “l’aperitivo” di domani.
Fonte: La bussola quotidiana

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