sabato 22 gennaio 2011

L'attendibilità storica dei Vangeli



di Ruggero Sangalli
22-01-2011

Il messaggio del Santo Padre per la giornata del malato, memoria della Beata Vergine di Lourdes, esordisce con un significativo: «Dalle sue piaghe siamo stati guariti», che rinvia a un passo di San Pietro (1Pt 2,24), ma anche d'Isaia (Is 53,5), dettagliata profezia che con il Salmo 22 fu scritta molti secoli prima della crocifissione di Gesù.

Il nostro rincorrere l’attendibilità storica dei Vangeli impone qualche approfondimento, domandando fin d’ora perdono di qualche inevitabile crudezza descrittiva, necessaria a rimarcare l’assoluta sensatezza e scientificità del dato evangelico, fotografato dalla Sindone, come afferma Benedetto XVI. Quel 14 nisan, parasceve, Gesù assomma le piaghe che sono «la sorgente da cui sgorga la vita eterna [...]. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale scaturiscono sangue ed acqua (Gv 19,34)». Con le ferite fisiche di Gesù contempliamo quelle morali di Maria, profetizzate da Simeone 33 anni prima nel giorno della presentazione di Gesù al tempio (Lc 2,35).

Ecco dunque tutti i traumi: le corde che lo legarono (Gv 18,12); le percosse (Gv 18,22); i colpi di flagello (Gv 19,1); le spine messe sul copricapo da re (Gv 19,2), i fori dei chiodi; la lancia che trapassa il costato (Gv 19,34), visto da chi era là (Gv 19,35). Si aggiungono altri colpi presi durante il processo e la detenzione (Mc 14,65; Lc 22,63; Mt 26,67; Mt 27,30); le ferite della croce; le abrasioni da caduta di cui sappiamo dalla tradizione e dalla Sindone.

Tanto sangue induce a ricordare che la scoperta dei gruppi sanguigni risale al 1901 a opera dell’immunologo austriaco Karl Landsteiner che osservò l'agglutinazione durante trasfusioni di sangue, scoprendola il risultato di una reazione tra proteine (antigeni) sulla superficie dei globuli rossi di una persona e gli anticorpi specifici (agglutinine) nel plasma dell'altro individuo. Landsteiner dimostrò l'esistenza di due antigeni, A e B, che determinano il gruppo sanguigno di un essere umano. La distribuzione di questi gruppi varia per area geografica: in Italia il gruppo sanguigno AB è il più raro: ce l’ha circa il 7% della popolazione. La media europea è più bassa (attorno al 5%). Si noti che le reliquie più importanti del sangue versato da Gesù (la Sindone di Torino, il Sudario di Oviedo e la tunica di Argenteuil) si sono rivelate macchiate di sangue umano sempre del gruppo AB.

Nell’ipotesi di un plurimo “falso medioevale”, cara a certi fans del radiocarbonio (che attribuisce a queste tre reliquie datazioni differenti di alcuni secoli tra loro), i presunti falsari, agendo ognuno all’insaputa dell’altro, avrebbero imbroccato una probabilità, ricavabile dal calcolo combinatorio, pari a 1 su 2700 di usare sempre sangue AB. In aggiunta, un’altra reliquia del sangue di Gesù (per la fede le specie eucaristiche sono vero corpo e sangue di Cristo), a Lanciano, è ancora di sangue AB: la probabilità di imbroccare un “falso coerente” scende a 1 su 38000. Per gli scettici è meglio credere ad una stessa sacca di sangue nel congelatore, usata ogni tre/quattro secoli per produrre una reliquia...

C’è chi pensa che il corpo di Gesù non sia stato lavato dopo la deposizione dalla croce. In realtà ciò che possiamo vedere nella Sindone è scientificamente spiegabile solo presumendo un lavaggio del corpo martoriato del crocifisso. Il sangue colato dalle ferite dovute ai traumi subiti nella notte, nel mattino e nella crocifissione a mezzogiorno del 14 nisan, sarebbe comunque coagulato, rendendo poco nitido e dettagliato l’insieme delle lacerazioni perfettamente visibili sul telo sindonico, rigorosamente coerenti con i maltrattamenti riportati nei quattro vangeli, malgrado le ore trascorse tra uno e l’altro.

In effetti il lavaggio fu frettoloso, a motivo dell’imminenza del sabato; lo testimonia il terriccio trovato presente sulla Sindone in corrispondenza delle ferite alle ginocchia.

Gesù fu sepolto entro le tre ore dalla sua morte: la rimozione dei coaguli ha determinato una fuoriuscita di liquido ematico dalle ferite, tali da riprodurre esattamente e senza aloni ogni singolo taglio e abrasione, differente per vascolarizzazione, dimensione e profondità. Gesù ancora vivo sulla croce era letteralmente una maschera di sangue, indistinta, in parte coagulata ed in parte ancora fluida, pur in un progressivo shock ipovolemico. L’uomo sindonico, che mostra i segni del rigor mortis, ha macchiato il lino sia del sangue uscito da un individuo ancora vivo, sia del liquido ematico tipico delle primissime ore dopo il decesso. Anche in questo particolare le visioni di Caterina Emmerick, che dice del lavaggio del corpo di Gesù dopo la deposizione, sono sensate.

Nei primi secoli del cristianesimo non si hanno rappresentazioni pittoriche dirette di Gesù, ma piuttosto simboli ed immagini allegoriche, come il pesce (ichthys, è acronimo in greco delle parole Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore). Col tempo compaiono immagini dipinte di Gesù, sia in una versione da giovinetto (quasi sempre nelle sembianze di un pastore, fino al III secolo), sia da adulto e in tal caso sempre barbuto: catacombe S. Callisto a Roma, II-III sec., di Commodilla nel IV sec. e in S. Pudenziana a Roma un mosaico del V sec.

La scarsità odierna di immagini è data anche dall’eresia iconoclasta che imperversò per più di 100 anni a partire dalla fine del VII secolo e che proibiva la raffigurazione di Cristo, in quanto Dio (proprio mentre si diffondeva l’islam). Si salvarono opere ben nascoste o protette, come i mosaici di S. Apollinare o di S. Vitale a Ravenna, o il Cristo su legno del monastero di S. Caterina del Sinai, del VI secolo.

Una stranissima costante di queste icone è il “ciuffetto” in cima alla fronte: un dettaglio non scontato, visibile anche sul volto oggi a Manoppello [nella foto], probabilmente l’immagine acheropita documentata a Roma nel VIII secolo, pervenutavi per ripararla dalle distruzioni in atto a Bisanzio. Il particolare ricorda molto la ferita a forma di epsilon rovesciata che è presente sulla Sindone, che sarebbe non un rivolo di sangue ma una ciocca di capelli insanguinata, che ci rimanda all’incoronazione di spine. Tutte le immagini di Gesù, delle catacombe e dei mosaici, su legno nel monastero di S. Caterina e via via tutte le successive, somigliano tra loro e ricalcano sia il volto di Manoppello che l’uomo della Sindone; questo accade in tutti i filoni raffigurativi in Europa, nord Africa, area greca e slava ortodossa: data una persona vera e delle sue reliquie, c’è un identikit che “detta legge” da sempre.

Contempliamo le piaghe del mistero della Croce, sorgente di sapienza e sfida alla scienza.

Fonte: La bussola quotidiana

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