Giovedì 14 ottobre, alle ore 21, inizia la Scuola Nazionale di Dottrina sociale della Chiesa organizzata dal nostro Osservatorio. Per segnalarvi la sua importanza e per invitarvi ad iscrivervi, pubblichiamo questo articolo di Stefano Fontana, apparso sul numero di settembre de Il Timone, nel quale si sostiene che di politici cattolici sul fronte non ce ne sono più. Per partecipare alla scuola vedete qui il programma e le modalità di iscrizione.
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Di Stefano Fontana, 12 ottobre 2021
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Sulla linea del Piave in politica non c’è più nessuno
Dato che ormai i cattolici accettano leggi disumane senza colpo ferire, si avverte che il rapporto loro e della Chiesa con la politica è arrivato ad un punto morto e che occorre un recupero dei principi di fondo. O si rinasce o si muore. Tornare ai principi non vuol dire tornare agli inizi, ossia indietro, ma significa recuperare le luci fondamentali. Nuova formazione di base urge.
Ddl Zan, il punto zero del rapporto tra cattolici e politica
L’ultimo segnale lo abbiamo avuto con il dibattito sul disegno di legge Zan. I sociologi dicono che in Occidente per il cristianesimo c’è posto solo in un recondito cantuccio, dato che ormai la società è essenzialmente irreligiosa. Questo riconoscimento però non giustifica un atteggiamento remissivo della Chiesa e dei cattolici e tantomeno ci consola. Sul ddl Zan, dalla Chiesa ufficiale italiana è giunto solo un invito al dialogo, nella prospettiva che il testo del disegno di legge fosse emendabile e non da rigettare. La Chiesa universale, nella persona del Segretario di Stato Pietro Parolin, ha confermato questa linea. I singoli vescovi per lo più sono rimasti in silenzio. La gran parte dell’associazionismo cattolico istituzionale si è dichiarato per il compromesso, come pure la galassia della stampa cattolica, da Avvenire ai Settimanali diocesani. Per compromesso si intende in questo caso la posizione di chi dà il proprio assenso al cuore ingiusto della legge ma chiede di ridurre le possibili limitazioni alla libertà di espressione, prima di tutto per se stesso. La posizione ufficiale cattolica, quella trasmessa al e percepita dal grande pubblico – a parte aree di pensiero e di azione alternative – è sembrata appagata da avere ancora la possibilità di leggere in pubblico i brani della Scrittura che condannano l’omosessualità: che l’omosessualità e la transessualità e la bisessualità diventino pure “di Stato”, basta che a noi sia riconosciuta la libertà di dire la “nostra”! (tra l’altro ben sapendo di aver da tempo smesso di dire la propria su questi temi). In questo quadro i parlamentari cattolici avevano ben poca possibilità di essere protagonisti di una vera e propria azione politica.
Se i cattolici accettano l’innaturalità fatta sistema
L’atteggiamento cattolico ufficiale nei confronti del testo di legge Zan segna la fine del rapporto tra il cattolicesimo e la politica. Il motivo è che questa legge fa della negazione dell’ordine naturale un vero e proprio sistema. Essa pretende che il potere politico trasformi un torto in un diritto – un “diritto al disonore” direbbe Dostoevskij, un “diritto all’empietà” direbbe Rosmini – non solo da difendere ma anche da proporre e imporre da parte della pubblica autorità. In questo modo l’innaturalità – ossia l’organizzazione della vita comunitaria non sui fondamenti di senso che emanano dalla natura umana ma sul non-senso innaturale – diverrebbe naturale.
L’innaturalità come sistema era già presente nelle leggi che permettono il divorzio, l’aborto, la fecondazione artificiale e l’eutanasia. Soprattutto quando il potere politico ne fa dei diritti “naturali” e impedisce l’obiezione di coscienza. Ora, a questo mira appunto il ddl Zan, il quale assume come giusta una relazione tra persone profondamente ingiusta e la impone. Così l’innaturalità diventa sistema totalitario.
Il depotenziamento politico dell’obiezione di coscienza
Come è stato possibile – ci si chiede – che politici cattolici, giornalisti cattolici, vescovi cattolici … fossero disposti ad accettare il cuore del ddl Zan, ossia l’equiparazione politica in ordine al bene comune tra eterosessualità da una parte e omosessualità, transessualità, bisessualità e così via dall’altra, limitandosi a chiedere libertà di manifestare una diversa opinione? Chiesa e cattolici hanno qui dichiarato di avere un obiettivo finale solo nella società pluralista. Ma da quando lo scopo della Chiesa e dei cattolici è di garantire la libertà di opinione delle democrazie procedurali? Si dimentica che anche in politica c’è una verità da difendere e che il dovere/diritto all’obiezione di coscienza trova fondamento solo se è fatto a servizio di questa verità indisponibile. Invece la nuova visione di libertà di coscienza è di garantire ad ogni opinione di potersi esprimere. Precisamente in questo punto entra in crisi il rapporto tra religione cattolica e politica e se ci siamo arrivati vuol proprio dire che bisogna ricominciare dai fondamentali.
Il diritto a fare obiezione di coscienza al ddl Zan andava certamente difeso, ma come obiezione al cuore profondamente ingiusto della legge e non alla limitazione della libertà di espressione, che ne è solo una conseguenza. Un testo di legge che mantenesse il nucleo centrale del testo e aprisse a possibili manifestazioni di opinioni diverse sarebbe ugualmente da rifiutare. Dopo aver combattuto per decenni la moderna libertà di opinione, la Chiesa oggi se ne proclama tutrice suprema? Ciò che è venuta meno è l’idea che nell’agire politico ci sia qualcosa che non si possa mai fare, a nessuna condizione. L’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, in un suo libro, la chiamava “la linea del Piave in politica”. Se in politica non c’è nessun NO (non possumus) moralmente obbligante, non c’è nemmeno nessun caso in cui il politico cattolico, o il giornalista cattolico, o il vescovo cattolico possa dire: questo mai! Se non c’è questo limite invalicabile, si liquefa anche la libertà di coscienza in politica, perché ogni legge potrebbe essere accolta se nelle righe del suo testo ammette la libertà di pensarla diversamente.
Ricominciare dall’indisponibile
Il declino della Chiesa e dei cattolici in politica – nessuno più ascolta quello che dicono! – dipende dal fatto che non dicono più niente di assoluto, ma solo cose contingenti, possibili, opinabili, discutibili. Pensano che in politica il valore delle idee dipenda dal consenso, che il consenso dipenda dal dialogo e che il dialogo sia la sola cosa da garantire e per cui impegnarsi. Questa è la Chiesa del come e non più del cosa. E il fatto che non dicono più niente di assoluto accade perché hanno perso l’idea della linea del Piave dell’indisponibile, cadendo nella visione modernista della politica. Si comprende che la politica li tenga nel loro recondito cantuccio, la colpa non è della politica ma dei cattolici ufficiali e ufficializzati che vi si sono rinchiusi da soli.
C’è qualcosa su cui la politica non può mettere le mani perché si tratta di qualcosa che fonda la politica stessa. Questa non può voltarsi indietro e decidere sulle sue premesse. In questo caso demolirebbe se stessa, negando di avere delle premesse. La politica che mette ai voti le proprie premesse di senso si annulla nel puro potere senza senso. Il compito della Chiesa e dei cattolici è, alla fine, solo questo: pensare e agire in politica per difendere e promuovere l’indisponibilità delle Premesse Ultime e, così facendo, non solo difendere il proprio insostituibile ruolo in politica ma anche restituire la politica a se stessa. Leggi come la Zan non sono emendabili, perché rendono naturale l’innaturale: questo dovrebbe dire la Chiesa e questo dovrebbero promuovere concretamente i cattolici. Se non lo fanno vuol dire che bisogna ricominciare dal principio.
Stefano Fontana
Sulla linea del Piave in politica non c’è più nessuno
Dato che ormai i cattolici accettano leggi disumane senza colpo ferire, si avverte che il rapporto loro e della Chiesa con la politica è arrivato ad un punto morto e che occorre un recupero dei principi di fondo. O si rinasce o si muore. Tornare ai principi non vuol dire tornare agli inizi, ossia indietro, ma significa recuperare le luci fondamentali. Nuova formazione di base urge.
Ddl Zan, il punto zero del rapporto tra cattolici e politica
L’ultimo segnale lo abbiamo avuto con il dibattito sul disegno di legge Zan. I sociologi dicono che in Occidente per il cristianesimo c’è posto solo in un recondito cantuccio, dato che ormai la società è essenzialmente irreligiosa. Questo riconoscimento però non giustifica un atteggiamento remissivo della Chiesa e dei cattolici e tantomeno ci consola. Sul ddl Zan, dalla Chiesa ufficiale italiana è giunto solo un invito al dialogo, nella prospettiva che il testo del disegno di legge fosse emendabile e non da rigettare. La Chiesa universale, nella persona del Segretario di Stato Pietro Parolin, ha confermato questa linea. I singoli vescovi per lo più sono rimasti in silenzio. La gran parte dell’associazionismo cattolico istituzionale si è dichiarato per il compromesso, come pure la galassia della stampa cattolica, da Avvenire ai Settimanali diocesani. Per compromesso si intende in questo caso la posizione di chi dà il proprio assenso al cuore ingiusto della legge ma chiede di ridurre le possibili limitazioni alla libertà di espressione, prima di tutto per se stesso. La posizione ufficiale cattolica, quella trasmessa al e percepita dal grande pubblico – a parte aree di pensiero e di azione alternative – è sembrata appagata da avere ancora la possibilità di leggere in pubblico i brani della Scrittura che condannano l’omosessualità: che l’omosessualità e la transessualità e la bisessualità diventino pure “di Stato”, basta che a noi sia riconosciuta la libertà di dire la “nostra”! (tra l’altro ben sapendo di aver da tempo smesso di dire la propria su questi temi). In questo quadro i parlamentari cattolici avevano ben poca possibilità di essere protagonisti di una vera e propria azione politica.
Se i cattolici accettano l’innaturalità fatta sistema
L’atteggiamento cattolico ufficiale nei confronti del testo di legge Zan segna la fine del rapporto tra il cattolicesimo e la politica. Il motivo è che questa legge fa della negazione dell’ordine naturale un vero e proprio sistema. Essa pretende che il potere politico trasformi un torto in un diritto – un “diritto al disonore” direbbe Dostoevskij, un “diritto all’empietà” direbbe Rosmini – non solo da difendere ma anche da proporre e imporre da parte della pubblica autorità. In questo modo l’innaturalità – ossia l’organizzazione della vita comunitaria non sui fondamenti di senso che emanano dalla natura umana ma sul non-senso innaturale – diverrebbe naturale.
L’innaturalità come sistema era già presente nelle leggi che permettono il divorzio, l’aborto, la fecondazione artificiale e l’eutanasia. Soprattutto quando il potere politico ne fa dei diritti “naturali” e impedisce l’obiezione di coscienza. Ora, a questo mira appunto il ddl Zan, il quale assume come giusta una relazione tra persone profondamente ingiusta e la impone. Così l’innaturalità diventa sistema totalitario.
Il depotenziamento politico dell’obiezione di coscienza
Come è stato possibile – ci si chiede – che politici cattolici, giornalisti cattolici, vescovi cattolici … fossero disposti ad accettare il cuore del ddl Zan, ossia l’equiparazione politica in ordine al bene comune tra eterosessualità da una parte e omosessualità, transessualità, bisessualità e così via dall’altra, limitandosi a chiedere libertà di manifestare una diversa opinione? Chiesa e cattolici hanno qui dichiarato di avere un obiettivo finale solo nella società pluralista. Ma da quando lo scopo della Chiesa e dei cattolici è di garantire la libertà di opinione delle democrazie procedurali? Si dimentica che anche in politica c’è una verità da difendere e che il dovere/diritto all’obiezione di coscienza trova fondamento solo se è fatto a servizio di questa verità indisponibile. Invece la nuova visione di libertà di coscienza è di garantire ad ogni opinione di potersi esprimere. Precisamente in questo punto entra in crisi il rapporto tra religione cattolica e politica e se ci siamo arrivati vuol proprio dire che bisogna ricominciare dai fondamentali.
Il diritto a fare obiezione di coscienza al ddl Zan andava certamente difeso, ma come obiezione al cuore profondamente ingiusto della legge e non alla limitazione della libertà di espressione, che ne è solo una conseguenza. Un testo di legge che mantenesse il nucleo centrale del testo e aprisse a possibili manifestazioni di opinioni diverse sarebbe ugualmente da rifiutare. Dopo aver combattuto per decenni la moderna libertà di opinione, la Chiesa oggi se ne proclama tutrice suprema? Ciò che è venuta meno è l’idea che nell’agire politico ci sia qualcosa che non si possa mai fare, a nessuna condizione. L’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, in un suo libro, la chiamava “la linea del Piave in politica”. Se in politica non c’è nessun NO (non possumus) moralmente obbligante, non c’è nemmeno nessun caso in cui il politico cattolico, o il giornalista cattolico, o il vescovo cattolico possa dire: questo mai! Se non c’è questo limite invalicabile, si liquefa anche la libertà di coscienza in politica, perché ogni legge potrebbe essere accolta se nelle righe del suo testo ammette la libertà di pensarla diversamente.
Ricominciare dall’indisponibile
Il declino della Chiesa e dei cattolici in politica – nessuno più ascolta quello che dicono! – dipende dal fatto che non dicono più niente di assoluto, ma solo cose contingenti, possibili, opinabili, discutibili. Pensano che in politica il valore delle idee dipenda dal consenso, che il consenso dipenda dal dialogo e che il dialogo sia la sola cosa da garantire e per cui impegnarsi. Questa è la Chiesa del come e non più del cosa. E il fatto che non dicono più niente di assoluto accade perché hanno perso l’idea della linea del Piave dell’indisponibile, cadendo nella visione modernista della politica. Si comprende che la politica li tenga nel loro recondito cantuccio, la colpa non è della politica ma dei cattolici ufficiali e ufficializzati che vi si sono rinchiusi da soli.
C’è qualcosa su cui la politica non può mettere le mani perché si tratta di qualcosa che fonda la politica stessa. Questa non può voltarsi indietro e decidere sulle sue premesse. In questo caso demolirebbe se stessa, negando di avere delle premesse. La politica che mette ai voti le proprie premesse di senso si annulla nel puro potere senza senso. Il compito della Chiesa e dei cattolici è, alla fine, solo questo: pensare e agire in politica per difendere e promuovere l’indisponibilità delle Premesse Ultime e, così facendo, non solo difendere il proprio insostituibile ruolo in politica ma anche restituire la politica a se stessa. Leggi come la Zan non sono emendabili, perché rendono naturale l’innaturale: questo dovrebbe dire la Chiesa e questo dovrebbero promuovere concretamente i cattolici. Se non lo fanno vuol dire che bisogna ricominciare dal principio.
Stefano Fontana
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