lunedì 27 settembre 2021

Lutto nei coetus fidelium toscani per la morte di Alessandro Giunti




La nostra Associazione Madonna dell'Umiltà di Pistoia si unisce al cordoglio della famiglia e dei gruppi del Coordinamento Toscano Benedetto XVI, colpiti dalla perdita di una persona di valore e di un Presidente che anche nella malattia ha dato una luminosa testimonianza di fede e di grande forza d'animo, come attesta (per chi non lo ha conosciuto) anche una sua conferenza alla Giornata degli Amici del Timone scritta nel maggio scorso che aggiungiamo in calce. 




da Messa in Latino, 27 settembre 2021

Ha destato sincero e commosso cordoglio la notizia, diffusasi nella serata di ieri, della scomparsa di Alessandro Giunti, da lunghi anni Presidente del Coordinamento Toscano Benedetto XVI. Uomo di grandi capacità e dotato di una pacata ma ferma leadership, ha accompagnato con prudenza e determinazione i coetus fidelium toscani sin dalle fasi di prima applicazione del Summorum Pontificum. Sotto la sua guida è stato promosso e si è consolidato l'ormai tradizionale Pellegrinaggio Toscano alla Madonna di Montenero, la cui ultima edizione si è tenuta lo scorso 25 settembre.

Alessandro Giunti sapeva poi unire ai talenti organizzativi una spontanea e vivace simpatia, attraversata da una ridente vena ironica, che gli rendevano naturale stringere amicizie, conquistandosi la stima e la fiducia - entrambe meritatissime - di quanti avevano la benedizione di imbattersi in lui. In un ambiente dolorosamente incline alla polemica ed alla divisione, Egli rappresentava un esempio ammirevole di equilibrio, di cordiale disponibilità al lavoro comune, di capacità di collaborare e di "remare bene e insieme". È dunque davvero grave e penosa la perdita che colpisce, oggi, tutto il mondo della tradizione (qui il cordoglio del CNSP).

È con questi sentimenti che la Redazione di Messa in Latino partecipa al dolore dei familiari, del Coordinamento Toscano Benedetto XVI e di tutti coloro che piangono la scomparsa di Alessandro Giunti, assicurando ferventi preghiere di suffragio.


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Conferenza n.106 del 30 luglio 2021
Ospite: Alessandro Giunti / Argomento: Morale
TESTIMONIANZA DI UN PADRE ALLE PRESE CON LA MALATTIA

Gli strumenti a disposizione per prepararsi ad una morte da cristiani sono la fede, l'amore e l'ironia


La 106° conferenza del Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese è stata davvero commovente. Nella calda serata di venerdì 30 luglio l'amico Alessandro Giunti da ascoltatore delle nostre conferenze si è trasformato per una sera in relatore.
Alessandro si è ammalato di SLA poco più di un anno fa. Cos'è la SLA? La SLA è la sclerosi laterale amiotrofica. È una malattia neurodegenerativa progressiva del motoneurone. È caratterizzata da rigidità muscolare e graduale debolezza a causa della diminuzione delle dimensioni dei muscoli. Ciò si traduce in difficoltà di parola, della deglutizione e, infine, della respirazione. Non esiste una cura per questa malattia che colpisce ogni anno circa 2 persone ogni 100.000.
Accompagnato dalle due splendide figlie, Alessandro ha voluto subito specificare che non si trovava lì sul palco come modello da seguire, ma solo come un cristiano che si prepara, il più degnamente possibile, alla morte.
La frase che ha ripetuto spesso durante la serata è stata "accettare le cose che non si possono modificare". Alessandro ritiene sia questa la via per affrontare qualsiasi contrarietà, sapendo che Dio è un Padre buono che ci ama, il quale, se permette una situazione che sul momento ci sembra inaccettabile, è per un bene superiore. La SLA è l'emblema dell'accettare tutto con pazienza e rassegnazione, perché porta all'immobilità totale, fino alla perdita dell'uso della parola pur nella piena lucidità mentale. A pensarci bene queste parole si schiantano pesantemente contro le nostre lamentele quotidiane per cose molto più piccole. Probabilmente questo è dovuto al fatto di non riuscire ad abbandonarci alla Provvidenza.
Bellissima e davvero calzante la lettura dell'Atto di abbandono a Gesù di don Dolindo Ruotolo, che Alessandro ha fatto fare a sua figlia Matilde, in cui Gesù dice alle anime che se lasceranno a lui la cura e la preoccupazione di tutte la loro cose tutto si calmerà, gli animi agitati saranno placati e le situazioni più spinose risolte.

1) LA FEDE
Tre sono per Alessandro gli strumenti a disposizione per prepararsi ad una morte da cristiani: la fede, l'amore e l'ironia.
Il primo strumento è la fede cristiana la quale comporta l'abbandono in Dio, la fiducia di affidarsi a un Padre che ci ha creato, ci ama e ci conforta, per così dire, maternamente e per questo ci fa sentire tranquilli come un bimbo in braccio a sua madre. La fede si basa sulla certezza che Dio ha un disegno su ciascuno di noi e ci aspetta in un luogo bellissimo in cui non ci sarà più sofferenza, ma solo gioia piena, una gioia che su questa terra non è neppure immaginabile.

2) L'AMORE
Il secondo strumento per prepararsi bene alla morte è l'amore. Questo sboccia da Dio, perché è lui ad averci amato per primo e si traduce nell'amore per i fratelli e in quello che si riceve dai fratelli. Alessandro ha sottolineato quanto sia importante per lui sentirsi circondato dall'amore della moglie e delle figlie, ma anche di tutte le persone che gli stanno dimostrando affetto andando a trovarlo, parlando e pregando con lui o fornendo un po' di aiuto pratico. Alessandro ha fatto esperienza nella sua vita di come l'amore che lui ha donato (con gesti di attenzione, un saluto, un sorriso, una battuta) gli ritorni adesso indietro moltiplicato. Per questo ci ha esortati a coltivare le relazioni con gli altri anche con piccoli gesti, condividendo con loro i vari momenti della vita.
Bello è stato il momento in cui ci ha raccontato di come il suo rapporto con la sofferenza altrui sia cambiato: adesso sente di avere più empatia verso chi soffre, anche per coloro che fino ad oggi aveva considerato dei nemici cui opporsi. Ci ha raccontato di come una donna politica, anticattolica, sostenitrice di aborto e teoria gender, la cui faccia lui non riusciva a guardare neppure in televisione senza ricoprirla di insulti, sia adesso diventata per lui una sorella sofferente non appena ha saputo che aveva un tumore alle ossa. Alessandro è riuscito a pregare per lei ed ha ringraziato il Signore perché grazie alla sua malattia ha imparato a pregare sinceramente per i bisogni di tutti, inclusi quelli dei propri nemici.

3) L'IRONIA
Il terzo ingrediente per affrontare cristianamente la sofferenza e la morte è l'ironia. A chi non abbia conosciuto Alessandro, basta dire che se c'era una caratteristica che tutti gli riconoscevano, era proprio la sua ironia: la battuta sempre pronta, la volontà di ridere insieme per ogni cosa, la simpatia che sprizzava da tutti i pori. E come l'ironia ha sempre fatto parte della sua vita, questo valeva anche per gli altri componenti della sua famiglia, come hanno confermato le stesse figlie. Certamente con l'arrivo di questa malattia non era scontato riuscire a mantenere uno sguardo ilare e gioioso sulla vita eppure Alessandro e la sua famiglia, con l'aiuto della Grazia di Dio, hanno superato la prova. Del resto tutti i santi erano in grado di ridere delle proprie mancanze, perché, come ha ribadito lui stesso, è meglio ridere di una forchetta che ti casca di mano o di un ginocchio che cede sotto il proprio peso, piuttosto che affliggersi e macerarsi. Anche perché l'ironia è proprio nel momento della disperazione che aiuta a vivere meglio.
A conclusione della serata dobbiamo fare un ringraziamento speciale ad Alessandro Giunti che sta portando avanti con la vita tutto ciò che ha sempre professato con le parole, senza disperarsi, senza recriminare a Dio e dimostrando davvero fiducia nella Provvidenza, tanto coraggio e coerenza. E grazie anche alla testimonianza silenziosa delle sue figlie, che hanno lasciato i paesi all'estero dove vivevano e lavoravano per tornare ad assistere il babbo sostenendolo come due colonne.



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Conferenza n.106 del 30 luglio 2021
Ospite: Alessandro Giunti / Argomento: Eutanasia

ACCETTARE LE COSE CHE NON SI POSSONO MODIFICARE
''Anche se ho la SLA, rido perché sono vivo, perché ragiono e perché ogni mattina che vedo il sole sorrido e ringrazio la Provvidenza''


"Accettare le cose che non si possono modificare...", diceva un vecchio adagio. Ma che c'è di più inaccettabile di una malattia che ti conduce alla morte dopo aver imprigionato una mente vigile in un corpo immobilizzato? L'ineluttabilità di certi eventi rende difficile la rassegnazione: la SLA ti priva del movimento, ti impedisce di fare le cose a cui tenevi di più. Correre, camminare, andare a funghi, coltivare il tuo lavoro, i tuoi impegni sociali, goderti boschi, albe, tramonti, mare e paesaggi sconfinati: tutto questo se lo è portato via la SLA, la Stronza, come la chiamava un malato illustre, il calciatore Borgonovo.
Ma capacità di ragionamento e sensi intatti ti permettono di godere ancora del meglio che ti riserva la tua vita. Prima di tutto l'amore, quello che dai ai tuoi cari e ai tuoi amici, quello che da loro ricevi e il circuito affettivo che da qui si genera. Quanto più forte è la pena, tanto più tangibile diventa l'amore che la contrasta. E' così forte, l'amore, che ti sembra di poterlo toccare come un oggetto materiale, o di vederlo e sentirlo nell'aria come una nube di incenso profumato. Ogni bacio, ogni attenzione, ogni cura è un balsamo che lenisce le piaghe del cuore. Un affetto grande che è immagine dell'amore che Dio ha per noi, e che si manifesta tanto più forte nei panni che riceviamo per ripararsi dal freddo che ci attanaglia. Ho tanto freddo in questo momento, ma ho anche tanti panni (di cashmere!). A consolarmi infatti, oltre all'amore di Dio e dei miei cari, c'è anche la possibilità che ho di attingere alle risorse della mente, che mi hanno sempre guidato anche quando stavo bene.
La prima fra queste è la capacità di stringere i denti nelle avversità e temperarle con tanti sentimenti positivi, tra i quali regna su tutte l'ironia della vita. Sembra che ci voglia un gran coraggio per mettersi a ridere in una situazione come questa, ma a pensarci bene, di fronte a una forchetta che ti cade di mano o a una gamba che cede sotto il tuo peso, richiede meno sforzo riderci sopra che affliggersi e macerarsi. L'ironia in casa mia non è mai mancata, abbiamo imparato l'uno dall'altro a ridere di tutto soprattutto di noi stessi. "Un po' per celia, un po' per non morire" come diceva Madama Butterfly. Quante tensioni, quanti rovelli mentali e quanti strascichi rancorosi ci risparmia una visione della vita scanzonata e positiva anche in frangenti come questo in cui verrebbe spesso da dire "ma che c'hai da ride?". Che c'ho da ride? Rido perché comunico! Rido perché ricevo baci e cortesie, perché prego, perché sono fedele a me stesso e a quello in cui ho sempre creduto. Rido perché so' vivo, perché ragiono e perché ogni mattina che vedo il sole sorrido e ringrazio la Provvidenza.
La mia forza è dentro di me, ma l'amore e l'allegria che ricevo dall'esterno la fanno emergere, la coltivano e la fortificano. Quando la malattia sarà ai suoi gradi peggiori, non lo so se tutto questo riuscirà a sostenermi come adesso, però intanto vivo, rido, prego, combatto la Stronza e amo.
Alessandro Giunti
Fonte: Blog di Sabino Paciolla, 20 maggio 2021
COMMENTI DI TRE GIOVANI PRESENTI ALLA CONFERENZA

Alessandro comunica una forza incredibile. Ha gli occhi così vivi che superano la carrozzina che ha sotto di sé. Mi ha fatto capire che dalle difficoltà impariamo sempre e quando siamo più fragili, ci sentiamo più bisognosi di amore e cerchiamo sostegno negli altri e in Dio. Mi è piaciuto quando ha raccontato l'esperienza del parapendio, che aveva voglia di volare, che nulla è a caso, e che il male non capita solo a chi se lo merita, ma è insito nella storia di ogni uomo e per questo spesso non lo capiamo. Pensavo che la sua testimonianza mi avrebbe reso triste, invece mi ha travolto la sua autenticità, la sua fede e la sua simpatia. Grazie.

Federica

Di Alessandro mi ha colpito quando ha detto, nonostante la gravità della sua malattia, "Dio è stato fin troppo buono con me".

Giovanni

Ho visto un uomo ridere davanti alla morte. Un soldato che non ha ancora finito di combattere la sua buona battaglia.

Antonio


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