Di Don Marcello Stanzione
La devozione ai Santi Angeli ci stimola potentemente nella nostra ascesa quotidiana verso la santità. Bisognerebbe scrivere un'enciclopedia sui rapporti tra i santi e gli angeli perché è infinito il numero dei cristiani santi che hanno avuto una grande familiarità con gli spiriti celesti.
San Francesco d'Assisi nacque verso il 1182 e dopo una gioventù libertina si convertì e ricevette da Dio le stigmate. Il suo biografo San Bonaventura da Bagnoregio così descrive questo episodio della vita di San Francesco:
« Una mattina, verso la festa dell'Esaltazione della Croce, mentre pregava in un luogo appartato del monte, vide scendere dal cielo un Serafino con sei ali infuocate e risplendenti. Quando questi, con volo rapidissimo, giunse nell'aria vicina al luogo dov'era l'uomo di Dio, tra le ali apparve l'immagine di un uomo crocifisso... Delle ali due si alzavano sul capo, due si aprivano al volo e due ne ricoprivano tutto il corpo. A questa vista il Santo rimase stupefatto, mentre il suo cuore fu preso da un sentimento misto di tristezza e di gaudio. Si rallegrava, infatti, dello sguardo grazioso col quale si vedeva guardato da Cristo apparsogli sotto l'immagine di un Serafino; ma, a vederlo crocifisso, l'anima sua si sentiva trapassata dalla spada d'una dolorosa compassione. Era sommamente meravigliato per questa visione che gli sembrava incom¬prensibile, sapendo bene che il dolore della passione non si concilia in alcun modo con la beatitudine di un Serafino. Alla fine, però, il Signore gli fece comprendere che tale visione era stata offerta ai suoi occhi dalla provvidenza divina, affinché questo amico di Gesù Cristo fosse preavvertito che sarebbe stato totalmente trasformato per assomigliare a Cristo Crocifisso, e non col martirio della carne ma con l'incendio amoroso del suo spirito. Quando la visione scomparve, lasciò nel cuore di Francesco un meraviglioso fervore ma anche nella carne di lui erano rimasti impressi i segni non meno meravigliosi della passione di Cristo. Subito, infatti, cominciarono ad apparire nelle mani e nei piedi di lui i segni dei chiodi, come poco prima l'immagine dell'uomo crocifisso ».
Sempre San Bonaventura racconta un altro episodio angelico nella vita di San Francesco:
« Essendo egli tanto debole a causa delle sue infermità ebbe il desiderio di ascoltare il suono di qualche strumento a sollievo del suo spirito. Ed ecco che a soddisfare il desiderio del Santo venne una schiera di angeli ». Questa musica celestiale fu udita anche dagli altri frati che si trovavano presso il Santo.
Santa Teresa d'Avila (1515-1582), grande Riformatrice dell'Ordine Carmelitano, ebbe numerosi incontri con gli Angeli, fu la prima donna ad essere proclamata Dottore della Chiesa. Santa Teresa fu la mistica che ebbe il più misterioso incontro tra un essere umano e un essere celeste. Tale storico incontro fu reso famoso dal grande scultore Bernini che scolpì "L'estasi di Santa Teresa". La mistica spagnola così descrive tale incontro celestiale:
« Vedevo vicino a me, sul lato sinistro, un Angelo con sembianze corporee. Era piccolo e molto bello; con il suo viso appassionato pareva essere tra i più elevati tra coloro che sembrano incendiati d'amore, che io chiamo Cherubini poiché non mi hanno mai rivelato il loro nome. Ma vedo chiaramente nel cielo una così grande differenza tra certi Angeli e altri che non saprei nemmeno spiegarla. Vedevo dunque l'Angelo che teneva in mano un lungo dardo in oro, la cui estremità di ferro pareva infuocata. Mi sembrava che lo conficcasse dritto nel mio cuore, fino a giungere alle viscere. Quando lo estrasse, si sarebbe detto che il ferro le avesse portate via con sé e mi lasciò tutta immersa in un infinito amore per Dio. Il dolore era così vivo che mi faceva emettere grida fortissime. Ma la soavità procuratami da quell'incomparabile tormento è così immensa che l'anima non poteva desiderarne la fine, né accontentarsi di altro al di fuori di Dio. Non è una sofferenza corporale, bensì Spirituale... È uno scambio d'amore così dolce tra Dio e l'anima che supplico il Signore di degnarsi, nella sua immensa bontà, di elargirne altrettanto a coloro che presteranno fede alle mie parole ».
La beata Agnese da Montepulciano (1268-1317) ricevette dieci volte la Santa Comunione dalle mani di un Angelo e fu più volte consolata dalle visioni degli Angeli dai quali ricevette anche l'ordine di costruire un nuovo monastero.
Sembra che le attività degli Angeli siano state uno degli oggetti preferiti della contemplazione di San Tommaso d'Aquino (1225-1274). Per ricompensare la dedizione del suo affezionato segretario, fra Reginaldo da Priverno, compose il "De substantiis separatis", che è un trattato sugli Angeli. San Tommaso tratta spesso degli Angeli nella Somma teologica e nella Somma filosofica. Gli Angeli custodi, scrive nella sua prima grande opera, ci istruiscono illuminando le nostre immagini, fortificando il lume della nostra intelligenza, portandoci ad una migliore conoscenza delle cose.
Santa Giovanna d'Arco (1412-1431), patrona della Francia, era una semplice contadinella quando, ispirata da Dio, lasciò la casa paterna per farsi guerriera e liberare la Francia dagli invasori inglesi. Accusata ingiustamente di eresia morì martire sul rogo. Santa Giovanna d'Arco fornì ai giudici questa preziosa testimonianza di come gli Angeli le affidassero il compito di riscattare la patria e la guidarono nelle mosse da compiere:
« Quando avevo all'incirca tredici anni cominciai a udire la voce di Dio che mi guidava e la prima volta provai una grande paura. Sentii quella voce, durante l'estate, nel giardino di mio padre, verso il mezzogiorno... essa proveniva dal lato destro dov'era la chiesa e di rado la sentivo senza vedere anche un forte chiarore nella stessa direzione. Sentii la voce tre volte e compresi che si trattava della voce di un Angelo... la prima volta pensai che fosse l'Arcangelo Michele ed ebbi molta paura; successivamente lo vidi molte volte, prima di sapere che era proprio lui. Vidi l'Arcangelo e gli Angeli con questi miei occhi così come vedo voi. E quando si allontanarono da me piansi perché avrei voluto che mi portassero con loro... Dissi alla voce che ero una povera ragazza e che non sapevo né cavalcare né fare la guerra ».
Santa Angela da Foligno così scrisse riguardo agli spiriti celesti:
« Provavo una tale gioia per la presenza degli Angeli e i loro discorsi mi riempirono di così tanta felicità che non avrei mai creduto che i santissimi Angeli fossero così gentili e capaci di donare alle anime tali delizie. Avevo pregato gli Angeli, in modo particolare i serafini, e i santissimi custodi mi dissero: ora ricevi quello che i serafini possiedono e potrai così partecipare alla loro gioia ».
Un'altra volta la Beata Angela da Foligno così scrisse:
« Scorsi nella mia anima due gioie perfettamente distinte: una proveniva da Dio, l'altra dagli angeli e non si assomigliavano. Ammiravo la magnificenza di cui il Signore era circondato e chiesi come si chiamava ciò che stavo osservando. Sono i Troni - disse la voce. La moltitudine era abbagliante e infinita tanto che, se il numero e la misura non fossero leggi della creazione, avrei creduto che la folla sublime davanti ai miei occhi fosse innumerevole e smisurata. Non scorgevo né l'inizio né la fine di quella folla il cui numero trascende le nostre cifre ».
Sant'Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, parla degli Angeli nel suo libro "Esercizi Spirituali”, del 1535. Nelle regole volte al maggior discernimento degli spiriti, S: Ignazio annota:
« Prima regola: è proprio di Dio e degli Angeli conferire nei loro motivi vera letizia e gioia spirituale, togliendo ogni tristezza e ogni turbamento a cui induca il nemico ».
L'Angelo è quindi per S. Ignazio di Loyola il messaggero della vera armonia, e quando entriamo in comunicazione con lui, corpo e anima esultano e abbandonano qualsiasi legame insito nella fragilità della nostra condizione. Per S. Ignazio a seconda della nostra intima disposizione ad accogliere l'Angelo, esso diventa consolatore o vendicatore come scrive nella settima regola:
« A quelli che procedono di bene in meglio, l'Angelo buono tocca l'anima in modo dolce, lieve e soave, come goccia d'acqua che entri in una spugna; e il cattivo gli la tocca invece pungentemente, e con rumore e disturbo, come quando la goccia d'acqua cada nella pietra; e a quelli che procedono di male in peggio, i suddetti spiriti toccano in modo contrario essendo la disposizione dell'anima ad essere contraria o simile a tali Angeli, infatti, quando è contraria, essi entrano con strepito e facendosi sentire, percettibilmente; mentre quando è simile, lo spirito entra in silenzio come in casa sua a porta aperta ».
Questo insegnamento sugli Angeli di S. Ignazio fu accolta e vissuto da numerosi santi gesuiti che diffusero il culto agli Angeli custodi. San Francesco Saverio, prossimo ad andare in Giappone, così scriveva ai suoi confratelli di Goa in India:
« Vivo nella grande speranza che Dio mi stia per concedere la grazia della conversione di questi paesi, poiché non fidando in me stesso, ho posto ogni mia fiducia in Gesù Cristo, nella Santissima Vergine Maria e in tutti i nove Cori degli Angeli, fra i quali ho eletto per protettore il Principe e Campione della Chiesa militante San Michele; e non poco spero in quell'Arcangelo alla cui speciale cura è stato affidato questo gran regno del Giappone. Ogni giorno mi raccomando a questi in modo particolare e a tutti gli Angeli custodì dei giapponesi ».
Un altro santo gesuita fu San Luigi Gonzaga (1568-1591) da uno scritto del quale apprendiamo i suoi propositi e le sue pratiche in onore dei santi Angeli:
« Ti immaginerai di trovarti fra i nove Cori degli Angeli che stanno facendo orazione a Dio e cantando quell'inno: "Sanctus Deus Sanctus fortis, Sanctus Immortalis, Miserere nobis", però ripetendolo tu ancora nove volte, farai con essi la loro orazione. All'Angelo custode ti raccomanderai particolarmente tre volte al giorno: la mattina con l'Angele Dei, la sera con la stessa orazione e durante il giorno quando vai in chiesa a visitare gli altari. Fa' conto che dal tuo Angelo devi essere guidato come un cieco, che non vedendo i pericoli della strada, si mette del tutto nella provvidenza di quello che per mezzo del bastone lo guida ».
San Luigi, grande modello di purezza, si sentiva talmente attratto all'amore verso i santi Angeli che compose in loro onore un breve trattato in cui raccoglie tutto quanto la Sacra Scrittura dice di questi Spiriti celesti.
San Stanislao Kostka (1550-1568) una volta racconta a un novizio gesuita suo compagna:
« Sappiate che essendomi ammalato a Vienna, in Austria, nella casa di un protestante, e desiderando ardentemente ricevere la comunione, mi affidai con devozione a S. Barbara e, mentre il mio cuore era colmo di questo desiderio, apparvero due Angeli nella mia stanza e con essi la Santa martire ed uno degli Angeli mi dette la comunione ».
Un'altra volta S. Stanislao stava viaggiando a piedi attraverso la Germania diretto a Roma, vide una chiesa che una volta era stata cattolica, i fedeli vi stavano entrando ed egli fece lo stesso. S. Stanislao si accorse con tristezza che quella chiesa era diventata un tempio protestante. Ne fu profondamente afflitto, ma la sua amarezza si trasformò in gaudio quando vide un gruppo di Angeli venirgli incontro e uno di essi teneva la Santa Ostia tra le dita. S. Stanislao cadde in ginocchio e ricevette la comunione direttamente dalle mani dell'Angelo.
Santa Rosa da Lima (1586-1617) ebbe grande familiarità con il proprio Angelo custode, più di una volta quando Santa Rosa era ammalata, le portò le medicine necessarie alle sue cure.
San Filippo Neri (1515-1595) fu salvato dal suo Angelo custode che lo sollevò così in alto da evitare che il Santo fondatore dei preti dell'Oratorio fosse travolto da una carrozza trainata da quattro cavalli imbizzarriti che a pazza velocità attraversavano uno stretto vicolo di Roma.
Un'altra volta a San Filippo Neri si fece innanzi un povero per chiedergli l'elemosina, il Santo fece per dare prontamente tutte le poche monete di cui disponeva, ma l'altro disse sorridendo: « Io volevo vedere solamente quello che tu sapevi fare », e scomparve. Come S. Filippo Neri confidava in seguito a due suoi intimi sacerdoti, il pezzente era il suo Angelo custode, il quale era ricorsa a questa simulazione per fargli capire sempre più quanto la carità ai poveri fosse accetta a Dio e ai suoi Angeli.
Il Vescovo S. Francesco di Sales (1576-1622) prima di iniziare le sue omelie, faceva una pausa e guardava i suoi uditori per qualche minuto e nel frattempo si rivolgeva agli Angeli custodi dei suoi fedeli chiedendo di instillare nei cuori dei loro protetti le sue prediche.
San Gerardo Maiella da bambino, a otto anni fece per accostarsi con gli altri fedeli alla Santa Comunione, ma fu respinto dal sacerdote perché a quei tempi la Sacra Particola si riceveva ad un'età maggiore. Confuso ed afflitto, il piccolo Gerardo si mise a piangere. Ma la notte seguente, per mano dell'Arcangelo San Michele, il Signore si donava a lui nella Santa Comunione. Gerardo confidò alla Sig.ra Emanuela Vetronica e ad altre persone di famiglia: « Ieri il prete non volle comunicarmi, ma questa notte sono stato comunicato dall'Arcangelo San Michele ». Quando S. Gerardo, prossimo alla morte, riceverà l'ordine dai suoi superiori di rivelare i segreti dell'anima sua, egli non farà che confermare l'accaduto. Inoltre è anche degno di nota che S. Gerardo desse sempre il posto d'onore all'immagine dell'Arcangelo San Michele.
Santa Margherita Maria Alacoque confidò: « Avevo spesso il conforto di godere della presenza del mio fedele Custode e di essere da lui ripresa e corretta. Una volta, essendomi voluta intromettere a parlare del matrimonio di una mia parente, egli mi fece capire che ciò era indegno di un'anima religiosa e me ne riprese severamente fino a dirmi che, semmai fossi tornata a occuparmi di simili intrighi, egli mi avrebbe nascosto il suo volto ».
San Giovanni Bosco, il fondatore della Congregazione Salesiana, scrisse un opuscoletto popolare per diffondere il culto degli spiriti celesti intitolato: "Il devoto dell'Angelo Custode". La devozione agli Angeli era così familiare a San Giovanni Bosco che un giorno, udendo un gruppo di operai che cantavano i loro stornelli ben ritmati li imparò subito e ne scrisse le note, poi chiese a Silvio Pellico di comporgli alcuni versi che fossero una piacevole invocazione, all'Angelo custode. Il Pellico accettò é ne venne fuori una popolarissima canzone che coinvolgeva i giovani déll'oratorio.
Uno dei più famosi ragazzi dell'oratorio di Don Bosco fu San Domenico Savio (1842-1857). Una volta Raimonda, la sorellina di San Domenico Savio, cadde in uno stagno: Il fratello si tuffó nell'acqua pur non sapendo nuotare. "Dove hai preso la forza?" - gli avevano chiesto alcuni ammiratori del suo gesto. "Non ero solo" - aveva risposto sereno il ragazzo - "io reggevo Raimonda, ma a sorreggere me c'era l'Angelo custode".
Un'altra volta il sole di luglio bruciava la campagna di calore e i contadini avevano sospeso il lavoro. Un contadino, vedendo passare il Santo ragazzo, gli chiese: "Non hai paura di andartene tutto solo per queste strade deserte?" - "Non sono solo" - rispose San Domenico Savio. "Non vedo nessuno con te" - "Voi non vedrete nessuno, eppure c'è: è il mio Angelo custode".
Santa Caterina Labouré (I806-1876) è la figlia della Carità di San Vincenzo de Paoli che ha diffuso la devozione della Medaglia Miracolosa. Era la notte del diciotto luglio 1830 e suor Caterina riposava, quando si sentì chiamare per ben tre volte da una voce. La novizia scostò le tende del suo letto e vide un bellissimo fanciullo vestito dì bianco, la fronte era aureolata di cerchi luminosi. Caterina subito comprese che questo bambino era il suo Angelo custode che con voce celestiale le disse: « Vieni in cappella. Là ti attende la Beata Vergine. Io ti accompagno! ». Erano circa le 23,30. Suor Labouré seguì il suo Angelo che le si pose a sinistra e l'accompagnò per le stanze del monastero. Al suo passaggio lo Spirito celeste diffondeva intorno a sé raggi di luce; le porte si aprivano appena le toccava con là purità del dito è lo lampade si accendevano automaticamente. Arrivati in cappella, Santa Caterina Labouré andò alla balaustra e in ginocchio incominciò a pregare mentre l'Angelo entrò nel presbiterio e si pose a sinistra dell'altare e a mezzanotte le annunziò: « Ecco la Santa Vergine! ». La Madonna le parlò a lungo della missione che la suora avrebbe dovuto svolgere per la gloria di Dio e poi scomparve. Suor Caterina fu quindi accompagnata di nuovo dal suo Angelo custode e ritornò in dormitorio quando già erano le due.
Un'altra Santa che ebbe grande dimestichezza con il suo angelo custode fu Santa Gemma Galgani (1878-1903) la quale si serviva del suo Angelo, come postino, per recapitare a Roma la corrispondenza con il suo direttore spirituale, il padre passionista Germano. Santa Gemma scrive: « La lettera, appena terminata, la do all'Angelo. E qui accanto a me che aspetta ». E le lettere di Santa Gemma misteriosamente giungevano a destinazione senza passare attraverso le poste reali.
Un giorno Santa Gemma fu presa da una certa inquietudine interiore perché il suo confessore era poco esigente con lei che invece non cessava di vedersi "piena di peccati". Uscendo dal confessionale non poté trattenere la sua tristezza, ma racconta:
« Per calmarmi mi si è avvicinato l'Angelo custode, ero in chiesa e pronunciò queste parole: "Ma dimmi a chi vuoi credere, al confessore o alla tua testa? Al confessore che ha continui lumi e assistenza, che ha molta capacità, oppure a te che non hai nulla, nulla, nulla di tutto ciò? O la superba! - mi diceva - vuol farsi maestra, guida e direttrice del confessore!" ».
Santa Gemma, nei suoi diari, rivela anche le particolari delicatezze dell'Angelo nei confronti della sua persona:
« L'Angelo custode non cessa di vigilarmi, di istruirmi e darmi dei saggi consigli. Più volte al giorno mi si fa vedere e mi parla. Ieri mi tenne compagnia mentre mangiavo, però non mi sforzava come fanno gli altri. Dopo che ebbi mangiato non mi sentivo niente bene, allora lui mi porse una tazzina di caffé così buono che guarii subito e poi mi fece un po' riposare ».
In un'altra pagina del suo diario Santa Gemma Galgani annota:
« L'Angelo mi dette da bere alcune gocce di un liquido bianco in un bicchiere dorato, dicendomi che era la medicina con la quale il medico del paradiso guariva gli infermi ».
La realtà dell'Angelo custode era così evidente per Santa Gemma da farle credere che lo vedessero anche le persone che le stavano vicino. Con Santa Gemma concludo questa rapida carrellata sui rapporti fra gli Angeli ed alcuni Santi ricordando ciò che il frate domenicano Sertillanges scrive:
« C'è senza dubbio un nesso fra santità ed esistenza angelica, solo che nessuno è mai diventato santo perché ha visto gli angeli, ma ha visto gli angeli perché è diventato santo ».
Di Don Marcello Stanzione