venerdì 30 giugno 2017

CHARLIE GARD. LA CHIESA DI ROMA E LA PROFEZIA CHE NON C’E’ STATA.





MARCO TOSATTI (30/06/2017)

Un comunicato della Pontificia Accademia per la Vita tratta del dramma di Charlie Gard, e dei suoi genitori. Lo riportiamo così come lo ha dato la Radio Vaticana:

“La vicenda del piccolo bambino inglese Charlie Gard e dei suoi genitori colpisce tutti noi per il carico di dolore e di speranza che ci consegna”. Così mons. Vincenzo Paglia che assicura la sua vicinanza ai genitori e a quanti “lo hanno curato e hanno lottato con lui”. Per loro, e per quanti sono chiamati a decidere del loro futuro, si legge nella dichiarazione del presidente dell’Accademia per la Vita, “innalziamo al Signore della vita una preghiera perché nulla vada perduto”.

La Conferenza Episcopale Cattolica di Inghilterra e Galles, si legge nel documento, ha “emesso un comunicato che anzitutto riconosce la complessità della situazione, il dolore straziante dei genitori, la ricerca del bene per Charlie messo in campo da tutti i soggetti coinvolti”. Il testo, prosegue mons. Paglia, “ribadisce inoltre che non si può mai porre in essere alcun gesto che metta fine intenzionalmente a un’esistenza umana compresa la sospensione della nutrizione e dell’idratazione”. Al tempo stesso, prosegue il presule, vanno purtroppo “riconosciuti anche i limiti di ciò che si può fare, certo dentro un servizio all’ammalato che deve continuare fino alla morte naturale”.

Riprendendo la Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II, mons. Paglia, sottolinea che “dobbiamo compiere ogni gesto che concorra alla sua salute e insieme riconoscere i limiti della medicina”, va perciò “evitato ogni accanimento terapeutico sproporzionato o troppo gravoso”. Inoltre, riprende il presidente della Pontificia Accademia, “va rispettata e ascoltata anzitutto la volontà dei genitori e, al contempo, è necessario aiutare anche loro a riconoscere la peculiarità gravosa della loro condizione, tale per cui non possono essere lasciati soli nel prendere decisioni così dolorose”.

“Quando l’alleanza terapeutica tra paziente (in questo caso i suoi genitori) e medici si interrompe – conclude mons. Paglia – tutto diventa più difficile e ci si trova obbligati a percorrere l’estrema ratio della via giuridica, con i rischi di strumentalizzazioni ideologiche e politiche sempre da evitare e di clamori mediatici talvolta tristemente superficiali”.

Mi hanno lasciato una sensazione strana, queste parole. La prima cosa che mi è venuta in mente che d’ora in avanti bisognerebbe cambiare la dicitura dell’ Accademia: “Pontificia Accademia per la Vita, sì, ma…”. Poi mi sono venute in cuore le cose che da un’Accademia, cattolica, avrei voluto sentire.
Avrei voluto sentire dire, e magari con forza e dolore, che a fronte della volontà e della possibilità dei genitori di provare a salvarlo è mostruoso che la vita di un bambino sia decisa a maggioranza (!) in un aula di esperti legali.

Avrei voluto sentire dire che comunque la si voglia mascherare, si tratta di una condanna a morte.
Avrei voluto sentire dire che accettare come un dato di fatto che un tribunale decida chi vive e chi muore, e come, è un qualche cosa che fa rabbrividire.

Avrei voluto sentire profeticamente che chi crede nell’amore e nei miracoli, la Chiesa, è al fianco dei genitori, anche in una battaglia disperata.

Avrei voluto sentire che uccidere la speranza con la legge è tremendo, e apre la strada a un futuro di piccole, grigie sentenze di morte burocratiche.

Avrei voluto sentire l’angoscia, e il dubbio, se sia giusto che della vita dispongano tribunali ed estranei, anche contro l’amore dei parenti.

Avrei voluto sentire, nel giorno triste della vittoria dei burocrati, dei legulei e della morte, un sussulto di profezia. Ma evidentemente era già stata spesa tutta per i migranti e le Ong.












fonte: Stilium curiae






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