giovedì 30 marzo 2017
"L'aborto un omicidio? Non esageriamo..." Scandalo in Belgio, vescovi contro il prof cattolico
Belgio. Ha uno sviluppo (spiacevole) la vicenda del docente dell'ateneo cattolico di Lovanio a rischio licenziamento per aver definito l'aborto un omicidio. Si aspettava una presa di posizione della Conferenza episcopale belga. Che è arrivata. Ma per prendere le distanze dalla marcia per la vita ("iniziativa privata"), scaricare il prof e dire che "le sue sono parole forti". Confondendo infine il misericordismo con la misericordia. Eppure lo stesso Papa Francesco aveva definito l'aborto un crimine orrendo.
di Marco Tosatti (30/03/2017)
In Belgio la polemica è forte. E La Chiesa belga, e l’Università Cattolica di Lovanio, non stanno mostrando, a nostro modesto parere il meglio di sé. Anzi. La storia è semplice: un professore di filosofia dell’università, Sthéphane Mercier, durante un corso destinato agli studenti del primo anno ha trattato del tema dell’aborto, e prendendo spunto dal quello che ha scritto Peter Kreeft, professore del King’s College di New York, secondo cui l’embrione è persona dal concepimento, ha argomentato che l’aborto volontario è un omicidio premeditato, e dovrebbe essere proibito dalla legge (come era peraltro in occidente fino a qualche decennio fa).
Siti femministi hanno protestato, il giornale di sinistra Le Soir ha scritto, e l’Università Cattolica di Lovanio dopo aver preso tempo, ha emanato un primo comunicato, in cui dopo aver annunciato un’inchiesta, diceva che “a prescindere dall’istruttoria, il diritto all’aborto è iscritto nel diritto belga e il testo di cui siamo venuti a conoscenza è in contraddizione con i valori sostenuti dall’università. Il fatto di veicolare posizioni contrarie a questi valori durante l’insegnamento è inaccettabile”. In seguito ha annunciato la sospensione dei corsi di Stéphane Mercier, e un’indagine disciplinare nei suoi confronti, che potrebbe concludersi con delle sanzioni o il licenziamento.
L’Università di Lovanio si proclama, nel suo stemma, cattolica. Nel comunicato fa riferimento a “valori” non meglio precisati. Di sicuro l’aborto, che per ultimo papa Francesco ha giudicato “Crimine orrendo”, difficilmente potrebbe rientrare nei valori difesi da un istituto accademico cattolico. La polemica non è rimasta confinata in ambito accademico – anche se su questo torneremo fra poco – ed è rimbalzata sui giornali. Tanto più perché proprio in questi giorni in Belgio si è svolta la “Marcia per la vita”, con la partecipazione di qualche migliaio di persone, e Stéphane Mercier ha portato la sua testimonianza all’evento.
Ci si sarebbe aspettati che i vescovi belgi, che hanno un rapporto di qualche genere con l’Università di Lovanio (in genere il termine “cattolico” per un ateneo deve avere l’approvazione della diocesi) avrebbero parlato. Ahimè, lo hanno fatto.
Tommy Scholtès, un sacerdote, portavoce della Conferenza episcopale belga, ha detto: “Le parole di Stèphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte: presuppone una violenza, un atto commesso in piena coscienza, con un’intenzione, e questo non tiene conto della situazione delle persone spesso nella più grande angoscia”. Ha poi aggiunto che “formule del genere non aiutano la Chiesa, specialmente nel quadro dell’appello alla vita lanciato dal Papa”. Ha ammesso che il rispetto per la vita resta al centro della dottrina “ma il Papa chiama anche alla misericordia: dobbiamo mostrare comprensione, compassione”.
Posizioni altrettanto sfumate per quello che riguarda le reazioni dell’Università Cattolica di Lovanio: “L’UCL e i vescovi belgi sono due cose allo stesso tempo vicine e diverse. Non abbiamo un’opinione da dare su quello che dice l’Università”. E naturalmente ha preso le distanze dalla Marcia per la Vita, ricordando che si tratta di un’iniziativa privata di cattolici.
La dichiarazioni del portavoce danno un’immagine della Chiesa belga che definire deludente è dire poco. Così come non si ha notizia per il momento di nessuna iniziativa – anche solo conoscitiva – da parte della Santa Sede. Che un’Università che si dichiara “Cattolica” faccia rientrare l’aborto volontario su richiesta fra i suoi valori forse dovrebbe interpellare la Congregazione per l’Educazione Cattolica e il nuovo dicastero per Famiglia e Laici, affidato alle cure dell’arcivescovo Farrell, chiamato apposta dagli Stati Uniti. Per non parlare dell’Accademia per la Vita. Ma se i vescovi belgi si allineano alla cultura dominante (e ci si chiede perché il Pontefice ha trattato come ha trattato l’arcivescovo Lèonard, che era un testimone coraggioso, sostituendolo con l’accomodante De Kesel, subito fatto cardinale…) la polemica divampa in campo accademico.
Perché la questione Mercier non riguarda solo il problema dell’aborto: è la libertà accademica a essere in gioco. Fra l’altro, proprio l’Università Cattolica di Lovanio circa un mese fa aveva organizzato un convegno sul tema della libertà accademica. Sui giornali dei professori universitari dell’UCL, Jean Bricmont e Michel Ghins chiedono che non sia presa nessuna misura contro Stéphane Mercier, e che “esprimere qualsiasi punto di vista sulla problematica dell’aborto sia autorizzata”.
“Siamo inquieti. Sì, siamo inquieti per le minacce che pesano sulla libertà accademica e a fortiori sulla libertà d’espressione all’Università Cattolica di Lovanio”, scrivono, e chiedono: “Ci sono degli argomenti che non possono essere discussi in un corso di filosofia all’università?”. La loro risposta è, chiaramente no. I due accademici però lanciano un allarme che vale non solo per il Belgio, ma per tutto l’occidente, e per l’Italia, Chiesa non esclusa:
“E’ per lo meno sorprendente constatare l’emergere all’UCL di una sorta di neo-clericalismo del buon pensiero politicamente corretto, di una nuova forma di polizia del pensiero che colpirebbe le posizioni minoritarie quando sono attaccate dai media e sono suscettibili di infastidire l’opinione della maggioranza. L’università deve restare un luogo di libero pensiero e di dibattiti aperti. Se è permesso a giusto titolo di criticare le posizioni della Chiesa cattolica all’UCL, sarebbe perlomeno paradossale in un’università che porta il nome di cattolico proibire che certi accademici sviluppino argomentazioni cattoliche che sono conformi al cattolicesimo”.
Ma devono essere dei professori, che lavorano all’UCL, ad avere il coraggio di fare queste affermazioni? E i vescovi belgi non “hanno un parere da dare su ciò che dice l’università”? E Roma, così loquace e ossessiva su tanti altri argomenti, continua a tacere?
http://www.lanuovabq.it/
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