martedì 19 luglio 2016

Perché hanno paura di rivolgersi ad Oriente?





La relazione tenuta dal Card. Sarah a Londra lo scorso 5 luglio 2016 (della quale si può trovare qui il testo ufficiale in inglese, e qui il testo francese) continua ad essere al centro dell'attenzione dei media suscitando riflessioni, commenti e reazioni di varia natura.
Riprendiamo dal sito degli amici del CNSP la traduzione - redazionale - di un interessante intervento comparso sul blog Dominus mihi adjutor.



Perché hanno paura di rivolgersi ad Oriente? 


Incontri oggi, incontri domani. Per il compendio degli insegnamenti chiave della conferenza Sacra Liturgia 2016 si dovrà attendere un altro giorno. Nel frattempo è difficile non meravigliarsi davanti all’ammutolito panico che sembra si stia diffondendo in alcuni settori ecclesiali a causa della nuova avanzata del culto ad orientem. Perché tanta fretta di dismettere questa prospettiva? Di cosa hanno paura nel rivolgersi a Dio? 

Hanno forse paura che le persone che hanno fatto esperienza della Messa celebrata ad orientem nelle loro parrocchie possano scoprire che funziona molto meglio per il culto? Hanno paura che i fedeli la apprezzino e la preferiscano? E se è così, perché dovrebbe dargli fastidio? Se dovesse plasmare una congregazione di fedeli rendendola più zelante e soddisfatta dovrebbe essere acclamata. Se dovesse portare più fedeli in chiesa dovremmo danzare dalla gioia (non liturgicamente!). 

Ci sono indizi che portano a non ritenere questa la paura più grande degli oppositori. Il fatto che padre Lombardi abbia incongruamente inserito il tema della Forma Extraordinaria del Rito Romano in un risposta “chiarificatrice” riguardo l’appello del Cardinal Sarah alla celebrazione ad orientem suggerisce, almeno a me, che è questa la loro vera paura. Per loro la celebrazione ad orientem è inequivocabilmente associata alla Messa antica. Se i fedeli sono entusiasti quando il sacerdote si unisce a loro nell’orientarsi a Dio potrebbero anche iniziare ad interessarsi spontaneamente alla Messa antica E potrebbero forse arrivare ad apprezzarla. Questo è ciò che temono? 

E non è questo che ha portato padre Lombardi a sentire il bisogno di versare acqua fredda (o si trattava di acido?) sull’espressione “riforma della riforma”? Potrebbe, anche questa, essere una potenziale via indirizzata verso l’apprezzamento della Messa antica? 

Se questo sospetto è corretto allora ne conseguono alcuni punti da esaminare. 

I) Se i fedeli iniziano ad apprezzare la Messa antica è molto strano che le autorità ecclesiastiche vogliano negare loro ciò che li attrae verso le chiese, che li nutre spiritualmente e che accresce la loro partecipazione nella vita ecclesiale. Che tutto ciò sia desiderabile è appurato. Dunque ciò che non sopportano è il mezzo (la Messa antica) che porta al fine (la nuova evangelizzazione). Perché? Forse perché questo mostra come il grande progetto di riforma postconciliare come messo in atto (ma non come pensato dal Concilio Vaticano II), a cui tanti si sono dedicati completamente, può aver fallito. Se è così allora la promozione della riforma della riforma deve essere perseguita con carità consistente ma anche con fermo vigore presso coloro che la ritengono troppo impegnativa. L’intervento del Professor Stephen Bullivant ha mostrato come tale riforma sia fallita rispetto alle aspettative e alla sua misura come queste erano state pensate dai Padri conciliari. Questa constatazione sarebbe un’amara pillola da mandare giù per molti, se solo la mandassero giù. 

II) Se ciò è vero e se la paura più grande è quella di un’espansione della celebrazione della Messa nella Forma extraordinaria del Rito Romano, allora toccherebbe ai riformisti alzare bandiera bianca e dare spazio alla riforma della riforma. Forse i “nuovi riformatori” possono rendere la nuova forma della Messa una migliore forma di culto e riportare i fedeli nelle chiese. L’orientamento liturgico ad orientem sarebbe intrinseco a questa riforma. Se riuscissero a celebrare una Messa in modo che i fedeli siano in grado apprezzarla veramente questo certamente ridurrebbe la causa della Forma Extraordinaria. Ho già sostenuto in passato che l’Ordo Missæ (non propriamente un messale) del 1964/65 è ciò che più si avvicina alla celebrazione della Messa così come è stata pensata nel documento conciliare (cfr. Sacrosanctum Concilium) e dunque sarebbe opportuno dargli nuovamente un’opportunità. Gli spaventati si potrebbero così consolare sapendo che, se dovesse funzionare, il loro impegno nei confronti del Vaticano II non sarà stato vano. 

III) Ovviamente se la loro maggiore paura è che anche la riforma della riforma possa non fare miracoli con la nuova forma della Messa, allora la conclusione per molti potrebbe essere che per questa nuova forma non c’è speranza alcuna. In questo caso la riforma della riforma e, in particolare, la celebrazione ad orientem, sarebbero solo serviti a mostrare definitivamente l’inadeguatezza cultuale della nuova forma e a portare all’incontrovertibile conclusione che l’unica strada per andare avanti è rappresentata dalla restaurazione della prassi liturgica preconciliare. È forse il messale del 1962 ciò che temono veramente? 

IV) In un commento relativo ad un articolo precedente su questo blog Mark ha fatto notare come ci siano, tra i suoi amici, interamente formati nel contesto delle riforme postconciliari e senza alcuna conoscenza d’altro, alcuni che respingono totalmente l’idea di un ritorno alla liturgia preconciliare e considerano il dibattito sull’orientamento liturgico e la riforma della riforma come arcaici, nel migliore dei casi, trovandolo perfino irrilevante in un mondo in cui molti soffrono la povertà e la violenza: essi si chiedono “Non si tratta forse di un’astrusa discussione che manipola e distoglie l’attenzione mentre il mondo brucia?”. Insieme alla crisi della liturgia si è manifestata una crisi della catechesi. Non è ingiusto dire che vi sono Cattolici che non conoscono nulla della loro religione se non l’insipido minestrone che gli è stato servito sotto il nome di alta cucina. Costoro necessitano di una cordiale e paziente attenzione per essere ri-catechizzati affinché i loro occhi possano essere aperti alla luce. I terrorizzati dal culto ad orientem si aspettano invece che essi siano accontentati con qualsiasi cosa gli si serva. 

Niente di tutto ciò è presentato come Vangelo o rivelazione divinamente ispirata. Si tratta solo di un tentativo di comprendere perché la celebrazione ad orientem e, più in generale, la riforma della riforma, abbiano scatenato una simile reazione proprio tra i “liberali”. Veramente molto interessante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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