venerdì 19 luglio 2013

Il prete canterino

Pubblichiamo una riflessione di Pietro C., pubblicata sul blog Traditio Liturgica

 


In questo periodo sul web impazza la figura di un sacerdote il quale, alla fine della celebrazione di matrimoni, è solito cantare canzoni del mondo dello spettacolo stupendo i presenti con danze e mossette effemminate.


La sua popolarità è giunta ad un livello tale da essere stato citato pure dall' agenzia Ansa, solitamente attenta a fenomeni di ben più consistente importanza. Qualcuno afferma che è comparso pure al Tg2 presentato come "piacevole novità". Dove vogliono spingere la gente con questa pubblicità?


Del sacerdote si ha un filmato disponibile su youtube in cui 9/10 dei commenti sono totalmente a favore di quanto egli fa: il matrimonio è una festa ed è giusto esternarla in quanto tale, si dice.


Qualche rara voce dissenziente viene immediatamente fatta tacere: il sacerdote sarebbe un'ottima persona e, se fa questo per coinvolgere le persone, perché dargli torto?


Questo è oggi l'orizzonte nel quale si muove la religiosità dell'italiano medio. Confesso che c'è da rimanere depressi per tanta superficialità.


Nell'arco degli ultimi vent'anni, c'è stata una corsa verso il basso: la religiosità è divenuta sempre più un fenomeno di mercato, una sensazione da fruire come si fruisce di un gelato in una giornata afosa, un fenomeno sempre più ascritto alle categorie del mondo dello spettacolo e sempre più avulso dalle categorie tradizionali.


Amici, fedeli o semplici lettori, con questi presupposti giustamente dicono: "Il sacerdote non fa nulla di male, perché accusarlo visto che fa addirittura festa agli sposi?". Dal loro punto di vista non hanno affatto torto. Ma c'è da aggiungere un particolare non da poco: il loro punto di vista non è mai stato il punto di vista della Chiesa, della tradizione della Chiesa.


Ed è esattamente qui che si misura lo scarto e l'impossibilità di dialogo tra la posizione tradizionale della Chiesa (che rinveniamo in Occidente e in Oriente) e la posizione della maggioranza odierna che nulla ha a che fare con i presupposti tradizionali e non vuole neppure tentare di capirli.


Inutile dirlo: questo indica il livello di secolarizzazione raggiunto, un livello che, via via, tende a crescere sempre più fino al punto da mantenere la religione a pura facciata o esaurirla in un'emozione superficiale o, nei casi "migliori", in un impegno puramente sociale.


Cerchiamo, allora, di fornire dei punti essenziali in base ai quali mostriamo che quanto fa questo sacerdote, condiviso probabilmente da molti altri e da tantissime persone, non è affatto ecclesiale.


1) Il primo riferimento è la consacrazione di un edificio ad uso ecclesiastico. Il libro Pontificale tradizionale (che viene ancora usato in taluni casi) prevede un rito molto articolato con diverse fasi: una parte penitenziale, una parte processionale, una parte consacratoria.

a) La parte penitenziale prevede che la chiesa da consacrare venga benedetta con acqua gregoriana (un misto di acqua, cenere, vino e sale) sia nel suo perimetro interno, sia in quello esterno. La funzione di questa parte indica che il luogo dev'essere estraneo da ogni influenza malvagia e mondana: il tempio sarà dedicato a Dio.

b) la parte processionale prevede la traslazione delle reliquie di santi martiri da una cappella poco distante alla chiesa da consacrare. Le reliquie stesse verranno poi disposte sotto l'altare per indicare che il sacrificio dei martiri è stato compiuto in unione a quello di Cristo: la chiesa è il luogo in cui si offre se stessi ad immagine dei martiri che sono giunti fino al punto da disprezzare la vita presente. Non a caso vi si tengono ordinazioni sacerdotali e professioni religiose.

c) La parte consacratoria prevede l'unzione con il sacro crisma (ilmyron) delle 12 colonne a sostegno della chiesa e dell'altare. Il pavimento stesso viene consacrato cospargendolo con cenere sulla quale viene scritto l'alfabeto greco e latino da parte del vescovo consacrante. La chiesa è ora luogo dedicato esclusivamente al culto divino e alla preghiera.


Queste tappe rituali non sono più esattamente le stesse nel nuovo libro Pontificale ma, in qualche modo, l'intenzione di fondo pare essere la stessa: la chiesa è un luogo separato dalla contingenza mondana.


C'è da dire che il nuovo Pontificale alleggerisce molto il rito di consacrazione e attenua la forza di alcuni passi presenti nell'antico Pontificale. La stessa messa che segue alla consacrazione di una chiesa se, anticamente, aveva il canto iniziale "Terribilis est locus iste hic domus Dei est et porta coeli et vocabitur aula Dei", oggi ne prevede un altro meno..... impressionante!

La tendenza progressiva del mondo cattolico dal postconcilio ad oggi è stata quella di edulcorare le forti espressioni. "Questo luogo è tremendo, questa è la casa di Dio e la porta del cielo e sarà chiamata l'aula di Dio", raccapriccia l'uomo attuale e, sicuramente!, da fastidio al sacerdote canterino e ai suoi tanti fans. Non a caso questo canto può essere sostituito con un altro molto meno intenso.



 

Quello che non si capisce più è che questo canto, tratto da un salmo, rappresenta realmente la sintesi della tradizione cristiana orientale e occidentale per quanto riguarda la chiesa in quanto edificio.


Il luogo è terribile perché la presenza divina è totalmente differente da qualsiasi esperienza che l'uomo possa provare al punto che, percepita, intimorisce l'uomo (vedasi la reazione umana dinnanzi alle teofanie vetero e neo testamentarie). E' venerabile perché vi si celebrano i sacramenti con l'effusione della grazia divina e l'anticipazione del mondo futuro (la porta del cielo); è terribile perché la materialità stessa del luogo può essere essere veicolo di questo nuovo mondo inaudito, il mondo della Gerusalemme celeste, qualcosa di totalmente inaspettato.

Non a caso, dunque, nei vesperi della dedicazione di una chiesa, all'inno si evoca l'immagine della Gerusalemme celeste.


Se il luogo diventa uno "stargate" per il cielo starci dentro implica un atteggiamento e un orientamento completamente diverso rispetto a quello di quando si sta nella piazza, al mercato, nella balera. L'uomo medioevale, costruttore ardito di cattedrali, lo sapeva bene! Per questo la celebrazione della liturgia è inconcepibile fuori dal sacro tempio!

Nella chiesa opera un evento, anche se non avviene materialmente nulla ed è vuota. La chiesa è lì a ricordare una Presenza dinnanzi alla quale non si balla: si adora con amore. E, d'altronde, nell'Antico Testamento David, quando balla e canta nel tempio di Dio, non lo fa' con mondalità mondane: i salmi non sono testi simili a quelli dei Ricchi e Poveri cantati dal prete canterino né, si può sostenere, i suoi movimenti potevano essere da "Disco dance"!


Ebbene oggi, in Occidente, tutto questo è stato in gran parte perso ed è allora che il vuoto di devozione, di amore adorante e di rispetto a Dio in questo luogo, viene riempito da molte estemporaneità spettacolarizzanti. Ci sono segni sempre più chiari che il culto cristiano occidentale sta divenendo puro spettacolo, kermesse, intrattenimento televisivo, in rottura completa con la tradizione mantenuta fino a pochi decenni fà.


E non esiste neppure la possibilità di un recupero: chi oramai ragiona con "nuovi" criteri disarticola completamente se stesso e chi lo circonda dal recente passato apparendo, per altro, simpatico e popolare. La spiritualità è stata sostituita dalla sensazionalità piaciona. La gente ci cade come in preda ad un malefico incantesimo.


In questo nuovo contesto che senso ha un rito di consacrazione della chiesa, con il quale si sottrae la stessa da ogni uso mondano, quando, al suo interno, vi si tengono intrattenimenti secolari? Non ci si accorge più di questa palese contraddizione? I vescovi che dovrebbero parlare tacciono! Da decenni oramai non intervengono realmente su cose per le quali sono stati ordinati: custodire la fede e la devozione della Chiesa.

Video che riprende i passi essenziali da me descritti

della consacrazione di una chiesa con il rito tradizionale*.

 

2) Il secondo riferimento discende diritto dal primo. In una società tradizionale, penso ad esempio ad una festa patronale in un villaggio greco di qualche tempo fà, ogni cosa ha il suo ordine. Il sacerdote celebra la solennità religiosa in chiesa, dove si segue il rito nelle sue varie fasi, quale immagine di comunione tra la terra e il Cielo. In questo momento i fedeli più ferventi sono come fiammelle di candele trepidanti verso l'alto. E' il rito che permea la vita, non la mondanità.

Terminato il culto la festa avviene nella piazza del paese. E' lo stesso prete in Grecia ad aprire i balli (mai scatenati) assieme alla sua sposa. Il momento ludico trova, così, il suo giusto luogo.

Una cosa simile esisteva anche nei nostri paesi, nelle fiere patronali: il culto in chiesa e poi la festa fuori di essa. Un tempo nelle chiese si entrava mantenendo il silenzio e non si avrebbe mai pensato di farne balere. Nel passato, quando si faceva della chiesa una balera, era solo per disprezzarla, cosa che successe, ad esempio, nella Rivoluzione Francese. Normalmente era inconcepibile. Questo fino a cinquant'anni fa'...

Talora, visitando qualche chiesa storica in Italia, si trovano vecchi cartelli invitanti i presenti al silenzio e ad un abbigliamento e tenuta dignitosa: il luogo è sacro. Che siano cose oramai "vecchie" lo si capisce dalla nuova moda del clero canterino e danzante. A passo di danza pare avanzare, con loro, una nuova religione! Come negarlo?


Un prete ortodosso balla una danza tradizionale greca


3) Il terzo riferimento riguarda la postura del corpo nella chiesa. Dalle testimonianze iconografiche sin dai primi secoli si nota che il corpo non ha mai posture smodate ma ieratiche. Clero e fedeli in chiesa ammaestrano il corpo che prega con lo spirito. Lungo questo blog si noterà qualche post nel quale ne parlo. Movimenti calmi, posati, armoniosi servono a concentrare l'attenzione non su se stessi ma su quanto si celebra e su Dio: la liturgia è un vero e proprio "lavoro" dal quale basta poco per distrarci. Ricordo ottimi esempi di come i celebranti gestivano i loro movimenti, sia in Occidente sia in Oriente. Questi preti erano "trasparenti" al divino. Si percepiva benissimo che non erano loro il soggetto ma Dio. L'esatto contrario di oggi in cui il prete fa di tutto per far posare su di sé lo sguardo!

Ebbene, oggi, per la maggioranza, questa antiche tradizioni sono irrimediabilmente perse. Alla fine questa perdita indica che quanto conta non è la preghiera ma il puro divertimento, non l'impegno ma la distrazione. La preghiera annoia perché impone, giustamente, un certo lavoro! Allora lungi da noi - si afferma - i "noiosi riti tradizionali"!


La conclusione è ovvia a chiunque mi abbia seguito fin qui e abbia compreso la logica tradizionale che sta alla base della consacrazione di una chiesa e del lavoro della preghiera. Ma questo, oramai, non lo si può chiedere al "nuovo clero" che forma "nuovi laici". E' come se ci si trovasse, alla fine, dinnanzi ad una "nuova Chiesa" sempre più scismatica - perché opposta - alla Chiesa che l'ha preceduta. Di qui l'incomprensione e l'odio preconcetto del "nuovo clero" verso le tradizioni. Questa "nuova Chiesa" non potrà mai fornire una valida alternativa alle derive della società attuale proprio perché ne è l'evidente prodotto: la balera mondana è entrata in chiesa, il mondo con le sue banalità entra in chiesa e la trova impotente. Questa Chiesa è destinata a morire ...



* Il video inserito riporta una cerimonia fatta nel seminario tradizionalista cattolico della Fraternità san Pio X. Questo non significa che il presente blog supporta le idee della Fraternità stessa.


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