domenica 7 luglio 2013

L’INGANNO DELLO GNOSTICISMO

 

- di P. Giovanni Cavalcoli, OP

Di recente Papa Francesco ha denunciato la presenza nel pensiero contemporaneo dello gnosticismo qualificandolo come concezione “superficiale”, quindi incapace di cogliere la profondità dei valori della fede.

Effettivamente la superficialità è il risultato ultimo della visione gnostica, benchè essa abbia pretese di raggiungere un sapere profondo o se vogliamo supremo – il termine viene dal greco gnosis che significa conoscenza, scienza -. Lo gnosticismo infatti si caratterizza come la presunzione, dettata dalla superbia, di raggiungere una conoscenza di Dio o dell’Assoluto superiore a quella che viene dalla rivelazione cristiana e quindi dallo stesso Vangelo di Cristo, trasmesso al mondo ed interpretato dalla Chiesa.

L’accenno del Papa allo gnosticismo è più che opportuno, dato che ormai da molti decenni eminenti studiosi cattolici[1] segnalano la pericolosa presenza di questa complessa corrente di idee, che entra nel più ampio fenomeno del modernismo. Non sarebbe male, a mio avviso, che il Magistero riprendesse questo tema e vi dedicasse più attenzione per proteggere il popolo di Dio e gli stessi studiosi dalle sue sottili e fascinose insidie.

Come è noto, l’esplosione del fenomeno gnostico avviene già nei primissimi tempi della storia del cristianesimo ed ebbe un suo poderoso avversario in S.Ireneo di Lione. Fu il tentativo grandioso e complesso dell’antica religione pagana di frenare l’avanzata del cristianesimo opponendole non una lotta frontale com’era nella politica degli Imperatori e neppure come faceva l’ebraismo considerando il cristianesimo come eresia dell’ebraismo (i minìm), ma col progetto ambizioso di inverare e sfruttare la nuova fede, con ciò stesso falsificandola, in una visione speculativa o filosofica superiore, sicchè la dottrina cristiana doveva apparire come una mitologia volgare e “psichica” ben al di sotto della sublimità teoretica e “spirituale” della speculazione gnostica ricavata dai concetti metafisici del paganesimo occidentale ed orientale delle antiche religioni egiziana, pitagorica, orfica, misterica, romana, platonica, plotiniana, sino al neoplatonismo che giunge a Proclo e Giamblico.

Il fenomeno storico dello gnosticismo è molto complesso e contradditorio, risultando dal concorso di idee, simboli e miti disparati, spesso stravaganti ed assurdi, che hanno portato gli studiosi del passato a dare poca importanza a tale fenomeno, considerato non meritevole di seria considerazione, anche per il fatto che non si possedevano le testimonianze storiche che oggi possediamo dopo recenti scoperte[2].

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Solo di recente peraltro, per merito di studiosi acuti come per esempio Ennio Innocenti, Festugière e Filoramo, ci si è accorti che la categoria storica di gnosticismo poteva essere allargata a significare un certo atteggiamento mentale nei confronti del problema metafisico-teologico, che fa da sottofondo anche ad altri grandi formazioni ideologhe legati a religioni, sistemi filosofici, poemi, epopee eziologiche e leggendarie e creazioni letterarie.

Volendo così sintetizzare le idee fondamentali che fanno in qualche modo da denominatore comune al fenomeno, si potrebbe dire quanto segue. L’interesse di fondo dello gnosticismo è il problema dell’Assoluto, della Totalità, dell’Infinito o dell’Eterno, diciamo il problema teologico, inteso come rapporto dell’uno col molteplice.

Lo gnostico ritiene di conoscere la soluzione di questo problema per divina rivelazione, ma non da parte di una comunità storica, o di una natura esteriori ed oggettive, bensì nella sua stessa coscienza (“autocoscienza”), in quanto egli stesso si considera momento, apparizione o manifestazione dell’Assoluto. Da qui la grande boria e superbia dello gnostico, che considera sè stesso e la sua dottrina come divina Verità al di sopra di tutte le altre dottrine che riguardano la divinità, l’origine e la fine delle cose e il senso fondamentale dell’esistenza e della vita umana.

I cardini fondamentali dello gnosticismo sono così la conciliazione dell’Unità (monismo) con la Dualità intesa come opposizione (dualismo), origine della molteplicità e del divenire (mondo). La Dualità nega l’Unità, per cui la conciliazione avviene con un terzo termine che comporta coesistenza di unità (identità) ed opposizione (negazione).

Per esempio: all’essere si oppone il non-essere, al bene si oppone il male, al tutto si oppone la parte, all’universale si oppone il singolo, allo spirito si oppone la materia, alla vita, la morte. Ebbene la conciliazione di tutto col Tutto (l’Uno-tutto) avviene non per analogia o somiglianza del mondo con Dio, come troviamo in Aristotele, o per partecipazione come troviamo in Platone e nella stessa Bibbia, ma in forma ciclica, che assumerà poi successivamente l’aspetto della “dialettica”: la soppressione della negazione da parte dell’affermazione non annulla la negazione, ma la lascia sussistere proprio perché essa è funzionale all’affermazione.

Quindi non si dà una vera vittoria del positivo sul negativo, di Dio su Satana, del vero sul falso, della vita sulla morte, del bene sul male. Ma queste dualità restano nell’Uno assoluto e quindi in Dio e vengono presentate come legittime perché dovrebbero giustificare la diversità e la molteplicità e quindi l’esistenza del mondo, il quale pertanto non ha origine come cosa in sé buona per creazione, come insegna la Bibbia ed è implicito in Aristotele e Platone, ma ha origine da una divisione od opposizione all’interno dell’Uno, quindi di Dio, Dio oppone Sé a Sè: da qui l’idea di Dio come principio sia del bene che del male, sia della vita che della morte.

Lo gnosticismo, mancando del principio di analogia, di proporzione o di somiglianza, fautore dell’armonia, dell’ordine, della concordia e dalla pace, confonde il diverso col contrario o col contradditorio, sicchè nega il diverso in quanto opposto o nemico, o ammette l’opposto in quanto considerato diverso. La conseguenza, nella vita sociale, è la guerra di tutti contro tutti per negare l’opposto e la tolleranza di ogni ingiustizia in nome del diverso.

Così nello gnosticismo non c’è vera distinzione e comunione tra un Dio buono e un mondo nel quale si trova il male per colpa della creatura, mondo che però viene salvato da Dio, ma, siccome il mondo con i suoi mali non è altro che un’apparizione o concretizzazione necessaria di Dio in Dio, è un Dio divenuto mondo, la morte e il male vengono a trovarsi in Dio stesso, ma non come qualcosa di ripugnante ed ingiusto, se non in apparenza, ma per chi possiede la “gnosi” il male qualcosa di logico, di necessario, di divino, che assicura l’esistenza e l’opposizione di Dio e del mondo, non quindi realmente distinti ed in armonia, ma cosi formanti un tutt’uno ovvero un’Uni-Dualità (panteismo).

Il male del mondo per lo gnostico è causato dall’aspetto maligno di Dio, il bene invece è causato dall’aspetto buono. Da questa idea Marcione trarrà la dottrina del Dio “cattivo” creatore del mondo dell’Antico Testamento, del Dio “buono” salvatore e divinizzatore del Nuovo. Invece nel manicheismo la divinità stessa si sdoppia in due, con la famosa opposizione tra il Dio del bene e il Dio del male. In Spinoza il male è solo un’apparenza soggettiva, ma “dal punto di vista di Dio (sub specie aeternitatis) ciò che a noi sembra male è bene. In Böhme, poi ripreso da Hegel, il male è il demonio, per cui Dio creandolo, dà origine al male. In Hegel il demonio è la figura mitologica del “magico potere del negativo”, per il quale lo Spirito assoluto nega sè stesso e si riconcilia con sè stesso.

La dottrina della materia (corpo) cattiva, principio del male, e dello spirito (anima) buono, principio del bene, è certamente un aspetto di gnosticismo nella filosofia di Pitagora e di Platone. Ma la questione del male resta sempre irrisolta. Solo nel cristianesimo il male è assolutamente vinto in forza dell’idea di un Dio assolutamente buono.

Gli studiosi hanno messo troppo in rilievo l’aspetto dualistico dello gnosticismo, trascurando il fatto che in esso, come mi pare di aver mostrato, esiste anche un’istanza di unità. Il difetto dello gnosticismo è quello di non saper comporre armonicamente e senza contraddizione queste due fondamentali istanze della metafisica e dell’intelligenza. Il dualismo conduce ad un’opposizione tra Dio e mondo e alla dottrina del Dio inconoscibile (àgnoston), ma il monismo conduce al panteismo, che è la vera gnosi, ossia Dio ridotto a “concetto”, secondo l’univocità dell’essere come essere pensato, come poi dirà Hegel.

Una forte rinascita dello gnosticismo si ha nel sec.XV con il fiorire dell’ermetismo nel periodo dell’Umanesimo, vedi per esempio Marsilio Ficino e la magia rinascimentale di Girolamo Cardano, Cornelio Agrippa e di Paracelso fino a Giordano Bruno[3] e nel sec.XIX con la “teosofia” di Madame Blavatsky.

Lo gnosticismo così non è solo un fenomeno storico, ma è una categoria dello spirito, un fenomeno culturale ricorrente, una tentazione costante propria di ristretti ed esclusivi circoli intellettuali che si ritengono in possesso di un saper mistico-esoterico che eventualmente può avere sbocco pratico nella teurgia e nella magia. Così una punta di gnosticismo si trova in tutte le religioni - come per esempio il brahmanismo (yoga), l’islamismo (sufi), lo spinozismo e l’ebraismo (kabbalà), almeno in certe loro correnti, che pretendono di essere superiori al cristianesimo, di possedere una scienza divina superiore, perché gli stessi maestri si ritengono esseri divini superiori alla comune massa dei mortali. Innumerevoli poi le sette gnostiche, di carattere più popolare, ma non meno pretenzioso, che magari in senso sincretistico si dipartono da questi grandi filoni della cultura - meglio sarebbe dire: superstizione - mondiale.

Lo stesso protestantesimo, per esempio nella versione hegeliana o liberale (razionalismo biblico), o l’ortodossia, nel fenomeno dell’esicasmo, non sono privi di queste pretese gnostiche, in quanto assicurano di conoscere Cristo meglio della Chiesa cattolica, corruttrice del Vangelo. Altre formazioni esoteriche, come per esempio la massoneria, l’occultismo, lo spiritismo o la Società dei Rosa-Croce o addirittura certe sette sataniche potrebbero benissimo essere annoverate in questa grande e variegata famiglia dello gnosticismo.

Sempre nel campo della conoscenza di Dio o dell’Assoluto, all’estremo opposto dello gnosticismo, abbiamo l’agnosticismo (che implica l’idea del non-sapere, della non-conoscenza: alfa privativo e gnosis), corrente di pensiero anch’essa di antica tradizione ed oggi più che mai diffusa in tanti ambienti anche culturali, i quali non si sentono di abbracciare il teismo cristiano o illuminista e neppure il panteismo gnostico, ma rifiutano anche l’ateismo, per cui ritengono possibile conveniente porsi per così dire a metà tra il sì e il no, tra il sapere il non sapere, in un dubbio sistematico e perenne, in una continua sospensione del giudizio. Oggi questo atteggiamento è molto diffuso in ambienti culturali laici accademici, della scienza, della politica, dell’arte, della letteratura, della pubblicistica.

Mentre lo gnostico pretende di sapere su Dio più di quanto è concesso all’uomo, l’agnostico non apre la sua mente tanto quanto potrebbe aprirla e resta rattrappito, come un uccello che non usi le ali, ad un livello di conoscenza che non oltrepassa la realtà materiale, senza per questo escludere un superamento, ma non si decide mai e resta sempre in forse, sulla soglia dello scetticismo. Kant è molto vicino a questa posizione.

Lo gnostico è un impostore non privo di acume intellettuale e forza speculativa, il quale, per emergere sugli altri ed apparire un genio della teologia, si esibisce in scalate di sesto grado dando l’apparenza di raggiungere le vette più sublimi del pensiero con dottrine astruse che fanno colpo, ma in realtà facendo confusioni spaventose, delle quali si accorgono gli esperti, mentre il comune fedele, avvelenato dalle loro teorie, ne subisce le conseguenze sul piano morale senza capire le radici del male.

Lo gnosticismo raggiunge certamente alti vertici trattando per esempio di metafisica, degli attributi divini o dei caratteri dello spirito, ma non si abbassa al livello dei semplici. Inoltre, cade in errori che, per il loro porsi a così alto livello, sono sottili, nascosti e pericolosi. I semplici faticano a riconoscerli. La vera sapienza cristiana, al contrario, è più sublime dello gnosticismo e nel contempo sa essere alla portata di tutti, oltre ad essere pura dall’errore.

Per scovare gli errori dello gnosticismo occorre acutezza di mente e resistenza alle sue fascinose seduzioni che tentano gli spiriti colti ed intelligenti, ma ambiziosi. Le menti ottuse, sprovvedute e semplicione, dal canto loro, non riescono a individuare gli errori degli gnostici, scambiano la bontà con la dabbenaggine e non capiscono perché i saggi teologi e il Magistero della Chiesa siano tanto severi contro di essi. Li scambiano per cerberi inesorabili o cani rabbiosi, mentre in realtà essi difendono i fedeli dall’inganno. Gli gnostici, dal canto loro, sono abili nel fare le vittime presentando sotto una cattiva luce i saggi, contro i quali riescono a convogliare l’ostilità e il disprezzo dei loro seguaci.

Come rimediare a questa iattura dello gnosticismo? Occorre recuperare la stima della vera sapienza e della vera fede. Soprattutto bisogna ritrovare l’umiltà nel nostro rapporto con la verità, soprattutto se c’è in gioco la verità su Dio e sulla divina rivelazione. Occorre rendersi conto che la vera sapienza nulla ha a che fare con l’esibizionismo o la pretesa di umiliare il prossimo con un finto sapere divino che in realtà è un’impostura o una fabbrica di spiriti gonfi di sè stessi. Occorre ricordarsi, con S.Paolo che scientia inflat, caritas autem aedificat.

La vera sapienza è saper insegnare gli altri a cercare Dio, ad esercitarsi nella virtù, a convertirsi dai propri peccati, a camminare verso la santità, consolarli nella sofferenza, confortarli nelle difficoltà, consigliarli nei dubbi, irrobustirli nelle prove, renderli vincitori sul male. E per tutto questo occorre il Vangelo di Cristo mediatoci dalla Chiesa e testimoniato dai santi di tutti i tempi.





[1] Basti citare alcuni nomi: Jonas, Festugière, Filoramo, Sfameni Gasparro, Introvigne, Innocenti, Samek Lodovici, Livi.

[2] Come per esempio quella di Nag-Hammadi in Egitto.

[3] Vedi gli studi di F.Yates, Giordano Brunoi e la tradizione ermetica, Laterza 2010; Giordano Bruno e la cultura europea del Rinascimento, Laterza 2006.


http://www.riscossacristiana.it

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