giovedì 11 aprile 2013

Ad Orientem

 




Quando il ritorno al rito antico porta molteplici vantaggi, oltre a correggere qualche errore

di Mons. Edward Slattery

Vescovo di Tulsa (USA)


La liturgia costituisce un tema costante nella nostra conversazione perché la Messa è assolutamente necessaria e fondamentale per la nostra esperienza cattolica. Ecco perché quando ci riuniamo insieme, riflettiamo così spesso su preghiere e letture, discutiamo sull'omelia e - quasi certamente - anche sulla musica. L'elemento cruciale nelle nostre conversazioni è il motivo per cui noi cattolici rendiamo culto in un determinato modo a causa della natura della Messa: il sacrificio di Cristo offerto nei segni sacramentali del pane e del vino.

Perché la nostra riflessione "abbia un senso", abbiamo il dovere di credere a questa essenziale verità: nella Messa, Cristo ci unisce a sé offrendo se stesso in sacrificio al Padre per la redenzione del mondo. E noi possiamo offrirci in Lui perché siamo diventati membri del Suo corpo nel Battesimo.

Vogliamo anche ricordare che tutti i fedeli offrono il sacrificio eucaristico come membra del corpo di Cristo. Non è corretto dire che soltanto il sacerdote celebri la Messa. Tutti i fedeli partecipano alla celebrazione, anche se il sacerdote riveste un ruolo unico. Egli agisce "in persona di Cristo", il Capo storico del Corpo Mistico, per cui nella Messa è l'intero corpo di Cristo, Capo e membra insieme ad offrirsi.


Rivolti nella stessa direzione

Fin dai tempi antichi, la posizione del celebrante e del popolo riflettevano tale comprensione della Messa; il popolo infatti pregava in piedi o in ginocchio nel luogo che visibilmente corrispondeva al Corpo di Nostro Signore, mentre il sacerdote all'altare stava alla testa come Capo. Noi formavamo l'intero Cristo - Capo e membra - sacramentalmente mediante il Battesimo e visibilmente mediante la nostra posizione e postura. E' altrettanto importante che tutti, celebrante e assemblea, si volgano in un'unica direzione dal momento che essi sono uniti con Cristo nell'offerta al Padre dell'unico, irripetibile sacrificio a Lui gradito.

Quando studiamo le prassi liturgiche più antiche della Chiesa, scopriamo che sacerdote e fedeli si volgevano nella stessa direzione, in genere ad oriente, sapendo che quando Cristo ritornerà, tornerà "da oriente". Nella Messa, la Chiesa veglia in attesa di quel ritorno. Tale posizione particolare è chiamata ad orientem, semplicemente perché è "verso l'est".


Molteplici vantaggi

La Messa ad orientem di popolo e sacerdote è stata la norma liturgica per quasi diciotto secoli. La Chiesa deve aver avuto ragioni solide per conservare tale direzione tanto a lungo. E le aveva! Innanzitutto, la liturgia cattolica ha sempre mantenuto una meravigliosa adesione alla Tradizione apostolica. Guardiamo alla Messa, anzi all'intera espressione liturgica della vita della Chiesa, come a qualcosa che abbiamo ricevuto dagli Apostoli e che noi dobbiamo trasmettere integralmente (1 Cor. 11,23).

In secondo luogo, la Chiesa ha conservato la posizione ad oriente perché rappresenta un modo sublime per rivelare la natura della Messa. Perfino chi non è familiare con la Messa, e vede il celebrante e i fedeli orientati nella stessa direzione, capirebbe che il sacerdote sta alla testa del popolo partecipando all'unica e medesima azione che - concluderebbe con un po' più di riflessione - costituisce un atto di culto.


Un'innovazione dalle conseguenze impreviste

Negli ultimi quarant'anni però tale comune posizione è andata perduta; oggi il sacerdote e il popolo si sono abituati a volgersi verso opposte direzioni. Il celebrante si volge verso il popolo e il popolo verso il celebrante, anche se la Preghiera Eucaristica è diretta al Padre, e non al popolo. E' un'innovazione introdotta dopo il Concilio Vaticano II, in parte perché i fedeli possano comprendere meglio l'azione liturgica della Messa permettendo loro di vedere ciò che avviene, e in parte come adattamento alla cultura contemporanea nella quale coloro che esercitano l'autorità devono stare dinanzi al popolo che servono, come un insegnante che siede dietro alla cattedra.

Purtroppo tale cambiamento ha avuto diversi effetti imprevisti e largamente negativi. Per prima cosa, è stata una grave rottura con l'antica tradizione ecclesiale. In secondo luogo, fa apparire sacerdote e popolo impegnati in una conversazione su Dio, piuttosto che impegnati nel rendere culto a Dio. In terzo luogo, dà un'importanza inappropriata alla personalità del celebrante, mettendolo su una sorta di palco liturgico.


Recupero del sacro

Ancor prima di essere eletto successore di San Pietro, Papa Benedetto ci sollecitava ad attingere all'antica prassi liturgica della Chiesa per recuperare una liturgia cattolica più autentica. Per questo motivo, io ho ricollocato la venerabile posizione ad orientem quando celebro la Messa in Cattedrale.

E' un cambiamento che in nessun modo deve essere interpretato come se il Vescovo "volti le spalle ai fedeli", quasi che io sia irrispettoso od ostile. E' un'interpretazione che non considera il fatto che, tutti rivolti nella stessa direzione, la postura del celebrante e dell'assemblea rendono più esplicito il cammino che insieme facciamo verso Dio. Sacerdote e popolo sono insieme in pellegrinaggio. Sarebbe un errore anche vedere il ritorno alla tradizione antica come un semplice "rimettere indietro l'orologio".

Papa Benedetto ha più volte parlato dell'importanza di celebrare la Messa ad orientem, senza però l'intenzione di incoraggiare i celebranti a diventare degli "antiquari liturgici". Sua Santità vuole invece che noi scopriamo ciò che sta sotto a questa antica tradizione che è durata per tanti secoli, e precisamente che la celebrazione della Messa è primariamente ed essenzialmente il culto che Cristo offre al Padre.

www.dioceseoftulsa.org, 02/09/2009

http://www.holyghostcc.org/wp-content/uploads/2013/03/Bishop-Slattery-Celebrates-Mass-Ad-Orientem.pdf

trad. it. di d. G.Rizzieri

 

 

 

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