domenica 13 marzo 2011

Recolitur memoria Passionis eius


Sant' Agostino diceva che vale più una sola lacrima sparsa meditando sulla Passione di Cristo che un pellegrinaggio sino a Gerusalemme ed un anno di digiuno a pane ed acqua. II nostro amante Salvatore, infatti, ha patito inumane sofferenze affinché vi pensassimo, poiché pensandovi non è possibile non infiammarsi del divino amore.

Se Gesù da pochi è amato, è perché pochi son coloro che considerano le pene ch'Egli ha patito per noi; ma chi le considera spesso non può non infiammarsi d'amore per Colui che "per amor nostro tutto si è donato" (santa Chiara).

Contemplando la Passione di Cristo ci si sente avvolgere dal suo amore a tal punto che risulta impossibile resistere all'amore d'un Dio così innamorato, il Quale tanto ha patito per farsi amare. San Francesco piangeva nel meditare le sofferenze di Gesù Cristo. Una volta, mentre lacrimava, gli venne chiesto perché piangesse. II Santo rispose che piangeva per i dolori e gli affronti dati al Signore e si doleva nel vedere gli uomini ingrati che non l'amano. Questo è il pensare e il sentire dei Santi.

Ed infatti -osserva Sant' Alfonso Maria de' Liguori «Da chi mai i Santi hanno preso animo e fortezza a sopportare le persecuzioni, i tormenti e le morti, se non dalle pene di Gesù crocifisso? Chi poi potrà non amare Gesù, vedendolo morire fra tanti dolori e disprezzi, al fine di ottenere il nostro amore? Un devoto solitario pregava Dio di insegnargli che cosa potesse fare per amarlo perfettamente. Gli rivelò il Signore, che per giungere al suo perfetto amore non vi fosse esercizio più adatto che meditare spesso la sua Passione. Se mediteremo spesso la crocifissione di Gesù, resteremo ammaestrati a temere il peccato ed infiammati ad amare un Dio così amante, vedendo in quelle piaghe la malizia del peccato che ha ridotto un Dio a soffrire una morte così amara per soddisfare alla divina giustizia e l'amore che ci ha palesato il Salvatore nel voler tanto patire per farci capire quanto Egli ci amava».

Il Santo partenopeo afferma che ben si comprende quanto Gesù gradisca che si mediti spesso la sua dolorosa Passione e la sua morte obbrobriosa che per noi soffrì dall'aver Egli istituito il Santissimo Sacramento dell' Altare a tal fine, ossia affinché in noi viva sempre la memoria dell'amore che ci ha portato nel sacrificarsi sulla croce per la nostra salvezza. Non a caso la Chiesa, davanti al Santissimo Sacramento, prega dicendo: O sacrum Convivium... recolitur memoria Passionis eius, si ricorda la memoria della sua Passione. Ancora sant' Alfonso osserva che nella notte precedente alla sua morte, il Signore istituì questo Sacramento d'amore, e dopo aver dispensato il suo corpo ai discepoli, disse loro, e per essi a tutti noi, che nel prender la santa Comunione ci fossimo ricordati di quanto ha patito per noi.

Tutti i Santi, sapendo quanto Gesù Cristo gradisca la meditazione sulla di Lui Passione, si son quasi sempre occupati a considerar i dolori e i disprezzi che patì l'amante Redentore in tutta la sua vita e specialmente nella sua morte. Secondo sant' Agostino non v'è applicazione più giovevole alle anime che il meditare ogni giorno la Passione del Signore: nihil tam salutiferum quam quotidie cogitare quanta pro nobis pertulit Deus Homo.

Fu rivelato da Dio ad un santo anacoreta che non vi è esercizio più atto ad infiammare i cuori del divino amore, quanto il pensare alla morte di Gesù Cristo. Ed a santa Gertrude fu rivelato che chi guarda con devozione il Crocifisso, quante volte lo guarda, tante volte è guardato da Gesù con amore. Aggiunge Blosio che il considerare o leggere qualunque cosa della Passione apporta più bene che ogni altro esercizio devoto. Quindi scrisse san Bonaventura: O Passio amabilis, quae suum meditatorem reddit divinum, O amabile passione, che divinizza chi ti medita! E parlando delle piaghe del Crocifisso, le chiamò "piaghe che impiagano" i cuori più duri ed infiammano le anime più fredde di divino amore: Vulnera dura corda vulnerantia, et mentes congelatas inflammantia.

Sant' Alfonso afferma di aver non solo scritto sulla Passione del Signore, ma di averla meditata con costanza «alfine di ritrovarmi, per quando sarà giunta l'ora estrema di mia vita, occupato a tenere avanti agli occhi Gesù crocifisso, ch'è tutta la mia speranza; e così spero d'avere allora la sorte di spirare l'anima nelle sue mani».

De vita contemplativa, V, 3 marzo 2011

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