di Andrea Tornielli
Sarà pubblicata nelle prossime settimane, probabilmente agli inizi di aprile, l’istruzione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei – firmata dal cardinale Levada, dal segretario Guido Pozzo e approvata da Benedetto XVI – che stabilisce alcuni criteri applicativi del motu proprio Summorum Pontificum. Come si ricorderà, il motu proprio, promulgato da Papa Ratzinger nel 2007, aveva sancito la liberalizzazione dell’antico messale e la possibilità per gruppi di fedeli di chiedere direttamente ai parroci la celebrazione della messa secondo il rito precedente alla riforma conciliare (con il messale romano del 1962, e non con quelli precedenti).
E’ inutile nascondersi che, a fronte di tante aperture e di un numero crescente di celebrazioni in rito antico, ci sono state anche molte reazioni di chiusura e restrizioni poste da alcuni vescovi. L’istruzione, in questo momento in via di traduzione in latino e nelle varie lingue (il testo di base è in italiano) è dunque un documento importante. Nelle scorse settimane, alcuni siti web e blog legati al mondo cosiddetto tradizionalista, o che comunque ne seguono con attenzione le attività, hanno mosso una serie di critiche preventive al documento, sostenendo che si tratterebbe in realtà di un annacquamento della volontà papale. Da quanto ho potuto apprendere, quell’interpretazione non corrisponde al vero. Per questi motivi.
Innanzitutto l’istruzione con i suoi contenuti conferma che il motu proprio è legge universale della Chiesa e che tutti sono tenuti ad applicarla e a garantire che venga applicata. L’istruzione afferma che va assicurata la possibilità della celebrazione in rito antico dovunque vi siano dei gruppi di fedeli che la richiedono. Nel testo non vienei precisato alcun numero minimo di fedeli che devono costituire il gruppo.
Si dice invece che è bene – in accordo anche con l’esortazione post-sinodale sull’eucaristia – che i seminaristi studino il latino e conoscano la celebrazione secondo la forma antica. Il “sacerdos idoneus” per la celebrazione con il messale preconciliare non occorre che sia un latinista provetto, ma che sappia leggere e capisca ciò che legge ed è chiamato a pronunciare durante il rito.
La Pontificia commissione Ecclesia Dei, che da due anni è stata inglobata nella Congregazione per la dottrina della fede, viene costituita con l’istruzione come l’organismo chiamato a dirimere le questioni e le controversie, giudicando in nome del Papa.
I vescovi non devono né possono promulgare norme che restringano le facoltà concesse dal motu proprio, o ne mutino le condizioni. Sono chiamati invece ad applicarlo.
Può essere celebrato anche il Triduo pasquale in rito preconciliare là dove ci sia un gruppo stabile di fedeli legati alla liturgia antica. Gli appartenenti agli ordini religiosi possono usare i messali con i rispettivi riti propri preconciliari.
Il rito ambrosiano non viene citato nell’istruzione: il motu proprio infatti si applica soltanto al rito romano (Ecclesia Dei non è competente sul rito ambrosiano, sul quale ha invece giurisdizione la Congregazione del Culto divino). Ciò però non significa che il motu proprio, o meglio, che la chiara ed esplicita volontà papale non sarà applicata nella diocesi di Milano. E’ sempre accaduto, con la riforma liturgica, ma prima ancora con i cambiamenti introdotti nei riti della Settimana Santa del 1954 da Pio XII, che il rito ambrosiano abbia fatto proprie istanze e modifiche, seppure in tempi successivi. E’ probabile che - stante l’evidente volontà del Papa di rendere disponibile per tutti i fedeli il rito antico, visto l’inquadramento giuridico precisato nel documento sull’applicazione del motu proprio di imminente pubblicazione, in considerazione del fatto che anche l’ambrosiano è un rito latino riformato nel post-concilio - possa essere studiato un documento analogo che estenda il Summorum Pontificum anche alla diocesi di Milano.
fonte: il giornale.it
E’ inutile nascondersi che, a fronte di tante aperture e di un numero crescente di celebrazioni in rito antico, ci sono state anche molte reazioni di chiusura e restrizioni poste da alcuni vescovi. L’istruzione, in questo momento in via di traduzione in latino e nelle varie lingue (il testo di base è in italiano) è dunque un documento importante. Nelle scorse settimane, alcuni siti web e blog legati al mondo cosiddetto tradizionalista, o che comunque ne seguono con attenzione le attività, hanno mosso una serie di critiche preventive al documento, sostenendo che si tratterebbe in realtà di un annacquamento della volontà papale. Da quanto ho potuto apprendere, quell’interpretazione non corrisponde al vero. Per questi motivi.
Innanzitutto l’istruzione con i suoi contenuti conferma che il motu proprio è legge universale della Chiesa e che tutti sono tenuti ad applicarla e a garantire che venga applicata. L’istruzione afferma che va assicurata la possibilità della celebrazione in rito antico dovunque vi siano dei gruppi di fedeli che la richiedono. Nel testo non vienei precisato alcun numero minimo di fedeli che devono costituire il gruppo.
Si dice invece che è bene – in accordo anche con l’esortazione post-sinodale sull’eucaristia – che i seminaristi studino il latino e conoscano la celebrazione secondo la forma antica. Il “sacerdos idoneus” per la celebrazione con il messale preconciliare non occorre che sia un latinista provetto, ma che sappia leggere e capisca ciò che legge ed è chiamato a pronunciare durante il rito.
La Pontificia commissione Ecclesia Dei, che da due anni è stata inglobata nella Congregazione per la dottrina della fede, viene costituita con l’istruzione come l’organismo chiamato a dirimere le questioni e le controversie, giudicando in nome del Papa.
I vescovi non devono né possono promulgare norme che restringano le facoltà concesse dal motu proprio, o ne mutino le condizioni. Sono chiamati invece ad applicarlo.
Può essere celebrato anche il Triduo pasquale in rito preconciliare là dove ci sia un gruppo stabile di fedeli legati alla liturgia antica. Gli appartenenti agli ordini religiosi possono usare i messali con i rispettivi riti propri preconciliari.
Il rito ambrosiano non viene citato nell’istruzione: il motu proprio infatti si applica soltanto al rito romano (Ecclesia Dei non è competente sul rito ambrosiano, sul quale ha invece giurisdizione la Congregazione del Culto divino). Ciò però non significa che il motu proprio, o meglio, che la chiara ed esplicita volontà papale non sarà applicata nella diocesi di Milano. E’ sempre accaduto, con la riforma liturgica, ma prima ancora con i cambiamenti introdotti nei riti della Settimana Santa del 1954 da Pio XII, che il rito ambrosiano abbia fatto proprie istanze e modifiche, seppure in tempi successivi. E’ probabile che - stante l’evidente volontà del Papa di rendere disponibile per tutti i fedeli il rito antico, visto l’inquadramento giuridico precisato nel documento sull’applicazione del motu proprio di imminente pubblicazione, in considerazione del fatto che anche l’ambrosiano è un rito latino riformato nel post-concilio - possa essere studiato un documento analogo che estenda il Summorum Pontificum anche alla diocesi di Milano.
fonte: il giornale.it
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