Riscoprire la profonda responsabilità di ogni battezzato ad essere annunciatore del Vangelo, piuttosto che limitarsi a studiare nuove metodologie per rendere “attraente” il messaggio di Cristo. E’ il pensiero di fondo con il quale Benedetto XVI si è congedato questa mattina dal gruppo di presuli brasiliani delle Regioni Norte 1 e Noroeste, ricevuti in Vaticano per la loro visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Uno sguardo acuto sulle problematiche più attuali dell’evangelizzazione, peraltro condotta nel cuore dell’Amazzonia, dove la responsabilità della diffusione della parola di Cristo riguarda un’area di 2 milioni di Km2. In ogni caso, ha osservato Benedetto XVI, anche se “gli uomini possono essere salvati attraverso altre vie, grazie alla misericordia di Dio”, non è possibile pensare di poterci salvare “se per negligenza, paura, vergogna o per seguire false idee” impedisco l’annuncio del vangelo:
“Por vezes deparamos com esta objeção...
A volte troviamo questa obiezione: imporre una verità, anche se è la verità del Vangelo, imporre una via, anche se è una via di salvezza, non può che essere una violenza alla libertà religiosa. Sono felice di trascrivere la risposta, pertinente e istruttiva, che ha dato il Papa Paolo VI: ‘Sarebbe certo un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni (…) lungi dall'essere un attentato alla libertà religiosa, è un omaggio a questa libertà”.
Del resto, osservava ancora Papa Montini nella Evangelii nuntiandi, “perché solo la menzogna e l'errore, la degradazione e la pornografia avrebbero il diritto di essere proposti e spesso, purtroppo, imposti dalla propaganda distruttiva dei mass media, dalla tolleranza delle leggi, dalla timidezza dei buoni e dalla temerità dei cattivi? Questo modo rispettoso di proporre il Cristo e il suo Regno, più che un diritto, è un dovere dell'evangelizzatore”:
“Conseqüentemente, o chamado à missão...
Di conseguenza, la chiamata alla missione non è rivolta esclusivamente a un gruppo selezionato di membri della Chiesa, ma un imperativo rivolto a tutti i battezzati, un elemento essenziale della loro vocazione”.
Ricordando come “uno degli impegni fondamentali” della Conferenza di Aparecida del 2007, sia stato quello di “risvegliare la coscienza dei cristiani discepoli e missionari”, Benedetto XVI ha proposto come modello di attività apostolica lo stile che caratterizzò l’attività pastorale del Beato José de Anchieta, il quale – ha ricordato – “non senza gravi pericoli” diffuse la Parola di Dio tra gli indigeni e i portoghesi e per questo “alla sua morte ricevette l’appellativo di Apostolo del Brasile”:
“Esta não pode ser limitada...
Tuttavia, le sfide del contesto attuale potrebbero portare ad una visione riduttiva del concetto di missione. Essa non può essere limitata a una semplice ricerca di nuove tecniche e modi per rendere la Chiesa più attraente e in grado di vincere la competizione con altri gruppi religiosi o ideologie relativiste. La Chiesa non funziona per se stessa: è al servizio di Gesù Cristo, esiste per far sì che la Buona Novella sia accessibile a tutte le persone”.
Tutto ciò, ha asserito il Pontefice, "dovrebbe portare a riflettere sul fatto che l’indebolimento dello spirito missionario non è dovuto tanto a limiti o carenze nelle forme esterne dell’azione missionaria tradizionale, quanto al dimenticare che la missione deve nutrirsi di un nucleo più profondo. Questo nucleo è l'Eucaristia". Anche questo ha insegnato il Beato José de Anchieta, ha detto in conclusione il Papa, che ha affidato alla sua intercessione gli obiettivi pastorali dell’episcopato brasiliano, in modo che, ha auspicato, “il nome di Cristo sia sempre presente nel cuore e sulle labbra di ogni brasiliano”.
Nessun commento:
Posta un commento