giovedì 29 dicembre 2016

L'intolleranza dei tolleranti: vietato difendere la vita nascente nelle democrazie occidentali





Libertà di espressione? A Madrid l'attivista pro life Jesus Poveda è stato arrestato durante una manifestazione davanti alla clinica per aborti Dator. Il medico stava portando avanti una resistenza pacifica per impedire gli aborti. Gli agenti lo hanno ammanettato e portato in commissariato. Succede in una democrazia europea. Chissà per quanto tempo ancora tale.

Negli Stati Uniti la quarantaduenne Mary Wagner porta avanti la sua missione per dare voce ai senza voce più poveri, i bambini in grembo, così il 12 dicembre scorso è stata nuovamente arrestata, come da oltre dieci anni a questa parte, per aver cercato di dissuadere alcune donne dall’uccidere il figlio in grembo in una clinica abortiva canadese, infrangendo il divieto di manifestare entro un certo raggio di metri dall’ingresso dagli ospedali del paese.

Di seguito pubblichiamo alcuni articoli sulla questione tratti da www.lanuovabq.it



Multata la scuola che si opponeva al gender


di Tommaso Scandroglio
29-12-2016

Ne avevamo parlato a fine settembre. Il preside Juan Carlos Corvera del collegio “Giovanni Paolo II” ad Alcorcón, nella comunità autonoma di Madrid, scrisse una lettera ai genitori degli studenti lamentandosi che i politici si occupavano poco della famiglia e molto più della teoria del gender. Il rimando era alla legge Cifuentes, dal nome della sua prima firmataria, la quale tutela in più modi le rivendicazioni della comunità LGBT. Inoltre il preside aggiunse nella missiva indirizzata alle famiglie che “tanto lo jihadismo quanto il gender sono macchinazioni ideologiche che pretendono di costruire un altro tipo di uomo, ma che sono destinate alla dissoluzione e al fallimento”.

Tanto gli bastò per meritarsi un esposto in procura. Cristina Cifuentes, governatrice dell’Assemblea di Madrid e madrina della legge di cui sopra, così commentò le parole del preside: “Bisogna vedere fin dove arriva la libertà di espressione di questa persona. Libertà che senza dubbio ha, tuttavia bisogna anche considerare se tra i compiti di un direttore di un collegio rientri anche quello di fare pressioni sugli alunni e sui genitori”.

Ora si apprende che la scuola è stata condannata ad una multa di mille euro. Forse cifra insignificante sul versante economico, ma assai significativa su quello simbolico-culturale. Il preside ha fatto sapere che non intende pagare la multa. "Faremo appello – ha dichiarato Corvera nel programma TV “Il gatto e l’acqua” - crediamo che sia importante a motivo dell’affronto alla libertà di espressione da noi subito”. Poi ha aggiunto: “Non siamo di fronte ad un problema di discriminazione collettiva nei confronti delle persone LGBTI, siamo di fronte ad un problema di negazione del diritto alla libertà di espressione, di pensare diversamente e di criticare una legge con cui non siamo d'accordo. E’ una legge che mette la museruola alle persone che la pensano in modo diverso, che hanno una differente concezione della sessualità umana”.

L’attacco subito dall’istituto Giovanni Paolo II ha provocato la reazione di decine di associazioni le quali si sono riunite in una piattaforma a sostegno della battaglia legale intrapresa dal collegio denominata Piattaforma per le Libertà. La piattaforma in un comunicato stampa ha parlato di "flagrante violazione della libertà di espressione” e ha ricordato che la multa è stata applicata “nonostante il parere contrario delle autorità fiscali ed educative della Comunità di Madrid”.

Ciò che accade a Madrid non è un caso isolato in Spagna. Recentemente il Ministro dell’Istruzione per la comunità di Valencia ha disciplinato una serie di direttive per imporre la teoria del gender nelle scuole. Nel blog GWN giusto ieri davamo notizia che le direttive ministeriali prevedono “l’acquisizione di materiale didattico a favore della teoria del gender, il cambiamento della modulistica amministrativa (se lui si sente “lei” ad esempio anche le pagelle dovranno registrare questa diversa percezione dello studente), la facoltà di accedere alle toilette e spogliatoi maschili o femminili secondo il proprio piacere, l’uso di un linguaggio inclusivo da parte dei docenti, la spiegazione che esiste anche il sesso anale. Se poi la famiglia dello studente non accetta che il figlio voglia diventare un transgender è prevista anche una sorta di unità di cura che si recherà dalla famiglia stessa per farle cambiare idea. Se i genitori rimangono sulle loro posizioni possono essere anche querelati per abuso su minori”.

La morale gender è sempre quella: o ti adegui o ti adegui.



Protestare contro l'aborto: partono gli arresti





di Andrea Zambrano
29-12-2016

Arrestare i manifestanti è una chiara forma di coercizione delle opinioni tipica delle dittature. E in Spagna è avvenuto nella mattinata di ieri, quando la Chiesa ricordava la memoria dei Santi Innocenti. E’ in quell’occasione che, come già accaduto in passato, il dottor Jesus Poveda, uno degli attivisti pro life in terra iberica più noti e battaglieri, si è recato con alcuni militanti anti aborto, davanti al portone di ingresso della clinica Dator di Madrid, il più grande abortificio di Spagna.

Una protesta in forma di testimonianza attiva per segnare con un atto dimostrativo forte l’importanza della battaglia. Poveda si è seduto con un drappello di manifestanti, tra loro anche bambini e ha iniziato la sua protesta. Impensabile sperare che la cosa finisse lì configurandosi di fatto il reato di interruzione di servizio pubblico. Infatti dopo pochi minuti hanno fatto capolino alcuni agenti di Polizia, chiamati dal portavoce della stessa clinica, che hanno raggiunto il medico e dopo averlo fatto cadere a terra lo hanno arrestato e portato in commissariato in manette.

Poveda non è nuovo a iniziative di questo tenore. Le stesse che vedono dall’altra parte dell’oceano protagonista Mary Wagner, anche lei incarcerata per protestare contro l’aborto e convincere le donne a non uccidere i loro figli. La protesta di quest’anno aveva un preambolo di quelli da far tremare i polsi. Come dimostra la storia raccontata anche dalla Nuova BQ di Manuela, una donna alla quale era stata diagnosticata una malformazione del bimbo che portava in pancia proprio alla clinica Dator, che l’aveva così convinta ad abortire.

La donna era stata “intercettata” dall’equipe di Poveda che l’aveva convinta ad effettuare una ecografia presso una struttura diversa. Il risultato era stato sorprendente: il bambino non solo non era malformato, ma erano due gemelli sanissimi. Manuela ha scodellato i due bimbi poco prima di Natale e la sua storia è stata la molla che è servita a Poveda per lanciare le sue accuse alla Dator, colpevole, a suo dire, di presentare ecografie fasulle per indurre le donne ad abortire e fare così cassa.

Poveda ha spiegato al quotidiano Actuall la natura della sua iniziativa: “Durante l’anno diamo assistenza alle donne che vengono ad abortire mentre per un solo giorno all’anno, in occasione dei Santi Innocenti, invece di assistenza, facciamo resistenza affinché non entrino dentro lo stabile”. Ora, la prima osservazione che viene è che in fondo Poveda se la sia cercata. D’altra parte se ti metti a ostacolare un’attività resa lecita da una legge dello Stato, devi accettarne anche le conseguenze.

Vero, ma è altrettanto vero che l’aborto è l’uccisione di un innocente e in coscienza si dovrebbe fare tutto per fermare il male. Anche usare la forza pur se in forma pacifica? Annoso dilemma, ma il male è male. Fermarlo o accettarlo? Agli uomini di buona volontà e coraggio l’ardua sentenza senza dimenticare che quella dell’aborto è una legge dello Stato mentre quella di salvare una vita umana è una legge che viene prima di esso. In fondo anche Antigone, decidendo di dare sepoltura al fratello, sapeva di contravvenire ad una legge dello Stato. Ma l’ha fatto comunque per affermare una legge naturale superiore alle direttive mondane.

La protesta si è sviluppata in forma pacifica anche se “invasiva” da parte dei volontari mentre alcuni dipendenti dell’abortificio sono usciti fuori per minacciare gli attivisti. Poi l’arrivo della Polizia che lo ha portato, ammanettato, al commissariato madrileño di Tetuán.

Succede in una democrazia europea come la Spagna che sforna numeri da capogiro. Nel solo 2015 sono stati 100mila i bambini abortiti, un numero pari agli abitanti della città di Segovia. Una città scomparsa per sempre ogni anno che passa.



Il Natale in carcere di Mary, la Pulzella della vita





di Benedetta Frigerio
28-12-2016

E’ famosissima in Canada e negli Stati Uniti. E’ nota al mondo più progressista così come ai vertici del Vaticano. I primi la considerano una nemica pericolosissima, i secondi hanno dovuto accettare che è una santa. Perché anche quanti incolpano certi cristiani di integrismo di fronte a lei non hanno argomenti che reggano. La quarantaduenne Mary Wagner infatti non si è mai limitata a denunciare le ingiustizie, come è giusto fare, e a pregare, come certo occorre affinché la piaga più sanguinosa del nostro secolo si rimargini. No, lei il male se lo è sempre preso su di sé accettando di rinunciare a tutto pur di riparare lo scempio.

Wagner capì che questa era la sua missione durante la giornata mondiale della gioventù di Denver nel 1993, quando ad appena 19 anni si convertì sentendo san Giovanni Paolo II tuonare contro l’aborto e l’eutanasia, chiedendo ai giovani di “uscire per le strade e nei luoghi pubblici come i primi apostoli”. Avvertendo una grande chiamata la giovane non si sottrasse, anche se all’inizio pensò di doversi sacrificare per riparare all’aborto tramite una vita contemplativa. Ma la preghiera la condusse a comprendere che la sua missione per dare voce ai senza voce più poveri, i bambini in grembo, doveva essere pubblica. Così il 12 dicembre scorso Wagner è stata nuovamente arrestata, come da oltre dieci anni a questa parte, per aver cercato di dissuadere alcune donne dall’uccidere il figlio in grembo in una clinica abortiva canadese, infrangendo il divieto di manifestare entro un certo raggio di metri dall’ingresso dagli ospedali del paese.

Spesso incompresa, anche da coloro che si dicono antiabortisti, e che piuttosto che farsi interrogare dalla sua radicalità preferiscono parlare di dialogo e ponti, Wagner ha sempre redarguito anche i pro life più accaniti: “Dobbiamo fare tutto per Cristo”. Questa l’unica ragione valida per muoversi, scrisse tempo fa in una lettera pasquale dal carcere: “Cristo nascosto nelle dolorose sembianze dei poveri, così poveri che non riusciamo nemmeno a vederli o sentirli”. Incuriosito da questa “pulzella della vita”, il vescovo di Bombay, Oswald Gracias, fra i cardinali chiamati da Francesco per la riforma della curia, andò a trovarla in carcere nell’agosto del 2013. Uscito non ebbe più dubbi: “Mi si è chiarito che Mary ha una missione” e che il suo non “è un futile esercizio per combattere i mulini a vento e anche se avesse salvato una sola vita ne sarebbe valsa la pena”, perché “Dio la chiama a fare questo, a testimoniare il dono e la santità della vita umana”. Allora parlò anche il cappellano del carcere, Paul Hrynczyszyn: “Penso che sia una santa”, disse. Anche perché “aiuta molte donne a tornare alla fede”.

Dopo quest’ultimo arresto, per cui ha passato un altro Natale in prigione, il commento più bello è stato quello di una sua sostenitrice e amica, suor Immolatia, membro di una fraternità di missionarie che si occupa dei senzatetto e dei carcerati: “La mia risposta alle espressioni di disagio legate all’arresto è che l’amore radicale e sovversivo che Mary sta vivendo, il sacrificio personale e gli stenti sono necessari”. Come a dire che le anime hanno sempre un prezzo. Mary, anche questa scorsa volta è entrata nella clinica per pregare le madri di non uccidere i bambini in grembo, offrendo loro un mazzo di rose rosse e bianche, con una medaglia della Madonna miracolosa e un bigliettino con le informazioni per trovare aiuto nell’affronto della gravidanza. Siccome poi è girato il video dell’arresto, in cui Wagner ha il volto molto provato, suor Immolatia ha continuato: “Le persone me lo hanno descritto come afflitto e triste”. E “in effetti il suo volto è espressione del suo cuore agonizzante, ma bisogna che comprendiamo quale sia la fonte del suo dolore: era davanti a tante donne che avevano programmato la morte dei loro figli. Lei era lì testimone di questa scena orribile e il fatto che ha trovato cuori così duri e chiusi al Vangelo della vita è stato come una spada per l’anima di Mary”.

Ma a chi si è limitato allo sdegno di fronte all’arresto di Wagner la suora si è rivolta così: “L’unica risposta adeguata è quello che credo Gesù, come Mary, direbbe: “Non piangete per me, non lamentatevi per il mio arresto e detenzione, piangete piuttosto per questi, i più piccoli dei nostri fratelli e sorelle, i Santi Innocenti, che sono massacrati, fatti a pezzi, le cui grida fragili non vengono sentite, i cui corpi smembrati e insanguinati vengono gettati nella pattumiera o trattati come materiali da ricerca”. Soprattutto, “non considerate il suo sacrificio personale come il fatto di essere rinchiusi in una prigione provinciale. Perché Mary sebbene sia dietro a delle sbarre di ferro è più libera di tutti noi, diventando una prigioniera di amore e una testimone della santità della vita con il suo rifiuto di obbedire alle leggi ingiuste, con l’indirizzare la sua libertà verso Dio, a fianco dei senza voce e degli indifesi non nati e delle loro madri. Mary è libera nel vero senso della parola”.

E in effetti, la sua pace è tale che tante carcerate grazie a lei e con lei si riconciliano con Dio e ricominciano a pregare, soprattutto per bambini uccisi e per le loro madri. Anche solo questo dovrebbe bastare per lasciarsi interrogare. Almeno nel giorno in cui si ricordano i Santi innocenti che, nel nostro secolo, sono le vittime dell'aborto.











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