sabato 24 settembre 2016

In Svezia è boom di adolescenti "sessualmente incerti"

IMPENNATA DAL 2012 AD OGGI

 
Nello spazio di soli 3 anni si è assistito ad una vera e propria impennata di richieste. Nel 2012, l’ospedale riservato ai bambini “Lindgren Astrid” aveva infatti contato solo 4 casi di questo tipo, divenuti ben 116 nel 2015, con una maggioranza di ragazze, 94 contro 22 ragazzi. Quest’anno, si prevede che tale triste statistica sia destinata ad aumentare fino a toccare quota 200.
Una drammatica escalation che la psichiatra Frisén, intervistata dall’emittente nazionale “SVT”, si illude di risolvere incentivando l’accesso alle fallimentari terapie affermative:
“E’ così incredibilmente doloroso vivere in un corpo che non si riesce a riconoscere come il proprio. Non va dimenticato che ciò è anche associato alla malattia mentale e ad un rischio molto elevato di suicidio in caso di non riuscire ad avere accesso alle terapie affermative di genere”.
La Frisén continua, affermando come tale crescita del numero di adolescenti che si rivolgono alle strutture sanitarie per problemi di disforia di genere sia una “notizia positiva”, riconducibile ad una maggiore consapevolezza odierna in materia di identità ed affermazione sessuale:
“Più giovani si stanno rivolgendo ora, perché la consapevolezza è aumentata e ora hanno il coraggio. (…) Sempre più persone stanno esplorando la loro identità di genere come parte del loro sviluppo della personalità”.
 

CONSEGUENZA DI POLITICHE IDEOLOGICHE

Nella realtà, tale incomprensibile e alquanto preoccupante diffusione dell’incertezza sul proprio genere sessuale tra gli adolescenti svedesi è una drammatica conseguenza delle scellerate politiche ideologiche condotte dalla Svezia negli ultimi quarant’anni.
Politiche sempre più lassive e radicali che hanno fatto della Svezia il paese più liberal d’Europa:
  • nel 1944 è stata legalizzata l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso;
  • nel 1979 è stata declassificata l’omosessualità come malattia mentale;
  • nel 1972 la Svezia è diventato il primo paese al mondo a consentire alle persone transgender di cambiare il proprio genere legale dopo l’intervento chirurgico di cambio del sesso;
  • sempre nel 1972 il travestitismo è stato declassificato come malattia;
  • nel 1995 è stata introdotta la “partenership” tra coppie dello stesso sesso;
  • dal 2003 le coppie gay e lesbiche possono adottare bambini;
  • dal 2005 le coppie lesbiche hanno avuto parità di accesso alla fecondazione in vitro e alla fecondazione assistita;
  • nel 2009 è stato legalizzato il matrimonio omosessuale.

PROMOZIONE “A TUTTO CAMPO”

La promozione della “prospettiva gender”, in Svezia, è a tutto campo ed ha interessato anche il linguaggio con l’introduzione di nuovi incomprensibili vocaboli “politically correct“.  A questo proposito, in alcuni asili di Stoccolma nel 2012 è stato introdotto il pronome neutro «hen» con il quale rivolgersi a bambini “incerti” della propria sessualità.
Anche se non esistono ancora statistiche ufficiali riguardo il numero degli asili nido svedesi che utilizzano il pronome «hen», Maria Hulth della Jämställt, società di consulenza sulla parità di genere, ha dichiarato come oggi vi siano numerosi insegnanti che scelgono autonomamente di utilizzare il termine «hen», anche quando non adottato come politica interna della struttura scolastica.
In tal senso, Sofia Bergman, una madre svedese di due bambini, tempo fa, interrogata sul tema dal noto settimanale americano “Newsweek”, si è espressa così: «Non abbiamo ancora iniziato ad utilizzarlo in casa, ma è solo una questione di abitudine. (…) è una buona cosa se gli asili e scuole lo utilizzano».

LA TEORIA DELLA “NORMA CRITICA”

L’impegno degli asili e delle scuole primarie svedesi nella promozione della parità dei sessi non si limita al pronome neutro: «Stanno facendo di tutto anche per evitare parole come “boys” e “girls”, utilizzando invece il vocabolo neutro “children”. E la “norma critica” si sta diffondendo sempre più velocemente». La Hulth racconta compiaciuta come gli stessi suoi due figli usano abitualmente il termine «hen» per chiamarsi l’uno con l’altro.
La cosiddetta “norma critica” è una teoria molto diffusa in Svezia secondo la quale tutte le norme tradizionali, come la distinzione tra uomini e donne, eterosessuali ed omosessuali, normodotati e disabili, devono essere smantellate al fine di realizzare una società veramente equa. Ad esempio, continua, a tale proposito, la Hulth, «tutti i bambini dovrebbero essere in grado di indossare ciò che vogliono. I vestitini non sono solo per le ragazze. Il rosa è un bel colore che dovrebbe essere a disposizione di tutti».

IL PROGETTO “EGALIA”

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Tale assurda visione si è concretizzata nell’altrettanto folle progetto pedagogico dell’asilo Egalia dove i bimbi, tutti da 1 a 6 anni, in ossequio all'”agenda gender“, non vengono chiamati in base al loro sesso di nascita ma indistintamente con il nome friend, amico/a, o il citato pronome neutro “hen”. Ad Egalia i giochi e i libri sono mischiati, nella tipologia e nei colori, con l’obiettivo di non creare aree distinte femminili e maschili.
«La società si aspetta che le bambine siano femminili, dolci e carine e che i bambini siano rudi, forti e impavidi. Egalia dà invece a tutti la meravigliosa opportunità di essere quel che vogliono», dichiara una delle insegnanti (“Corriere della Sera”, 29 giugno 2011). 
Tuttavia, in Svezia non tutti sono d’accordo con la promozione di tali politiche di genere. Tra questi, il dottor David Eberhard, uno dei più autorevoli psichiatri svedesi, ha messo in evidenza l’importanza dell’incontestabile dato biologico, sottolineando come l’introduzione di un nuovo pronome non cambierà il fatto che la stragrande maggioranza delle persone si identifica come uomini o donne:
«Qualunque sia il modo con cui si sceglie di chiamare le persone, le differenze biologiche tra uomini e donne restano. (…) Dovremmo trattare gli altri con rispetto reciproco, ma ignorare le differenze di genere biologiche è da pazzi. Renderci identici non creerà più uguaglianza. (…) chiamare i bambini con il termine neutro “hen”, invece di lui o di lei? Questa è crudeltà infantile».

TOTEM RELATIVISTA

Le sconcertanti statistiche provenienti dalla Svezia dimostrano, dati alla mano, le reali e tangibili conseguenze sociali del martellante piano di “normalizzazione” di ogni tendenza sessuale in nome dell’illimitata autodeterminazione individuale. Un piano rivoluzionario che, in riverente osservanza all’intoccabile totem relativista, rifiuta ogni verità e principio dato, arrivando a negare e mettere in discussione l’incontrovertibile realtà naturale e biologica del nascere maschio e femmina. (di Rodolfo de Mattei su Osservatoriogender.it)






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