La passione di padre Stefano Manelli e dell’ordine da lui fondato, non sembra finire mai. Neppure dopo la morte del commissario Volpi, che, secondo molti osservatori, sarebbe stato l’esecutore di una linea dettata dal piccolo gruppo dei frati ribelli. I frati, ormai, sono stati distrutti con incriminazioni vaghe e indefinite, che hanno perso via via consistenza nel corso del tempo. Padre Volpi non potrà più rispondere delle accuse che ha fatto, ma neppure dovrà difendersi per i processi che gli sono stati intentati, e che lo hanno visto in enorme difficoltà.
Qualcuno ricorderà che padre Volpi, il 12 febbraio 2015, si era dichiarato disponibile a patteggiare con la famiglia Manelli, lesa nell’onore, e quindi a risarcirla con 20.000 euro più le spese legali. Lo aveva fatto ammettendo “il non coinvolgimento dei ‘familiari’ di Padre Stefano Maria Manelli, ribadendo l’assoluta estraneità” dei medesimi “a qualsiasi operazione ritenuta illegittima e perciò contestata dallo stesso Commissario Apostolico, avente ad oggetto l’asserito trasferimento della disponibilità dei beni dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata”.
Poi, dopo la fuoriuscita della notizia, padre Volpi espresse “la volontà di non adempiere alla transazione sottoscritta, considerandola non più valida per grave inadempimento della controparte”.
Oggi, si diceva, padre Volpi non c’è più, ma le accuse contro il fondatore hanno ripreso il loro iter: non più interne, dal commissario ai commissariati, ma tramite i giornali. E soprattutto con un nuovo bersaglio privilegiato: le suore (che avevano sino ad ora fatto corpo compatto a difesa della loro congregazione, riuscendo a rimanere in vita).
L’accusa più forte viene da Il Fatto quotidiano (24/6/2015), giornale notoriamente non simpatizzante verso il mondo cattolico. Il quale riporta denunce di ex frati ed ex suore, secondo i quali Padre Stefano Manelli sarebbe “un traditore della Chiesa, artefice di terrorismo psicologico, atti di libidine, vessazioni e minacce ai danni di frati e suore”. In particolare si sarebbe arricchito con i soldi destinati alle missioni: soldi che “avrebbero alimentato il conto corrente personale di Padre Manelli mentre le suore missionarie erano costrette a mangiare cibo avariato”, a firmare patti di sangue, a pulire il pavimento con la lingua, a subire toccamenti da parte dell’anziano padre fondatore…. Non manca nulla: Dan Brown potrebbe scriverci un romanzo dei suoi. Bisognerebbe solo aggiungere qualche morto, ma probabilmente anche questo accadrà.
In attesa che la giustizia faccia il suo lentissimo corso (anche se non ci dovrebbe voler molto a vedere se veramente il contro di padre Stefano è così grasso e pingue come si racconta, senza scrupolo alcuno), per comprendere anche noi cosa stia succedendo, abbiamo fatto appello alle nostre personali esperienze e ci siamo rivolti ad alcune persone interne all’istituto, e ai genitori di alcune suore.
Che le accuse ci possano essere, infatti, non stupisce. Sono cose che sono sempre successe. Tanto più che la regola di vita di padre Manelli, è molto dura, e questo, come nell’ordine francescano, porta a forti entusiasmi, ma anche a profonde delusioni e rivolte. Chi abbraccia un ordine che fa davvero della povertà un principio fondamentale, non di rado si trova poi a respingere e a rifiutare ciò che ha liberamente deciso.
Povertà, obbedienza, rinuncia a tv, beni e comodità varie… non sono facili da sopportare a lungo, senza una intensa vita spirituale.
Anche negli ordini e nelle congregazioni religiose, accade come nei matrimoni: chi si è tanto amato, dopo la rottura, si odia. E accusa il coniuge con cui ha vissuto sino a ieri, di ogni nefandezza; ogni piccolo torto diventa mortale, e ogni azione passata viene vista in modo nuovo, così da essere demonizzata. Oggi sappiamo che dopo la rottura di molti matrimoni, scatta lo scontro per il possesso dei figli, e l’accusa più tipica che viene rivolta dalle mogli ai mariti, ma talvolta anche viceversa, è la più infamante: pedofilia! “I figli spettano a me, perché mio marito è un pedofilo!”; “I miei figli spettano a me, perché mia moglie….”.
Nessuno sa odiare Abele, più di suo fratello Caino. Chi abbia un po’ di esperienza nel campo, lo sa, e difficilmente crede a tutto. Non così chi sia digiuno di queste dinamiche tipicamente “fratricide”.
Ma torniamo ai fatti: ci ha colpito l’accusa riguardo ai soldi di padre Stefano, perché ci è assai difficile immaginare cosa possa farne di tanti soldi un uomo la cui vita è stata sempre sotto gli occhi di tutti. Allorché il regime nazista decise di eliminare la Chiesa, le intentò centinaia di processi proprio a base di sesso e di soldi. Non c’è miglior modo per mettere in cattiva luce il proprio avversario. Erano i gerarchi nazisti, però, i primi a vivere una vita sessualmente morbosa, e a desiderare di impadronirsi dei soldi della Chiesa.
Ora, una attività sessuale tanto intensa e morbosa, da parte dell’anziano Manelli, ci sembra piuttosto improbabile, per non dire assurda; tanto quanto il suo desiderio di accumulare di continuo soldi… ma per fare che?
Soldi per lui, si diceva, cibo avariato le suore… sarà pure, ma il cibo avariato dei frati e delle suore, lo abbiamo mangiato anche noi. Alcuni di noi ricordano bene come una sera, ospiti dei frati in una città del nostro paese: costoro apparecchiarono con pane, formaggio e alcune scatolette di tonno… il pane era un po’ vecchio, del giorno prima; il tonno in scadenza. Lo mangiammo insieme, non volentierissimo, per la verità, ma ci sembrò in perfetto accordo con lo stile di povertà dei frati. Sì, i francescani non sono propriamente cultori della tavola! Ricordiamo in tanti, poi, padre Serafino che la sera, con i suoi sandali, andava nei bar di Firenze a raccogliere le paste avanzate dalla giornata. Finivano poi, un po’ secche e dure, ma non certo avariate, sulla tavola, per la colazione dei frati e dei loro ospiti, all’indomani.
“E tua figlia?”, chiediamo ad un amico, un uomo colto e intelligente, che ha la figlia suora con padre Stefano, “ha mai pulito il pavimento con la lingua, fatto i patti di sangue…?”.
“Non sono un pazzo – ci risponde- e tengo ai miei figli più che a me stesso. Mia figlia è una suora contenta, come le altre suore che conosco. Vive una vita di fede e di preghiera, e queste sono tutte calunnie. Certamente ci sarà qualche suora che può sentirsi torteggiata (in qualche realtà ciò non avviene?), o qualcuna che fatica a vivere la regola francescana… ma quelle che conosco io sono suore felici… se mia figlia non fosse felice, farei l’impossibile per soccorrerla!”.
Anche noi abbiamo conosciuto tante suore, senza mai notare alcuna anomalia. Molte cose ci dicono che la verità non è questa. Non solo quanto già detto, ma un fatto ancora: sui siti dei “ribelli” interni, quelli cioè che hanno cominciato lo scontro contro il fondatore e ora tengono le redini di ciò che rimane della Congregazione, escono di continuo attacchi alle suore, ree di essere troppo legate al fondatore, e a padre Stefano, non solo su soldi e corruzione, ma anche contro le sue idee e la sua impostazione teologica (si è arrivati a paragonarlo a Osama Bin Laden!).
La quale impostazione dottrinale non è cambiata da un giorno all’altro, ma è rimasta sostanzialmente la stessa per decenni: andava bene, insieme alla “durezza” della regola, anni orsono, ma va denunciata, su tutta la linea, da chi la ha in qualche modo condivisa per tanto tempo, oggi? Quanto conta, per la diffusione di questi veleni, lo scontro ideologico?
Siti come questo, https://veritacommissariamentoffi.wordpress.com/, trasudanti odio, violenza verbale senza limiti, ed anonimato (ma le accuse anonime sono quanto di più dubbio ci sia), non depongono in favore degli accusatori di padre Stefano. C’è troppa cattiveria, troppa rabbia, troppo odio…..
Pubblicato 25 giugno 2015 |
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