mercoledì 5 giugno 2013

Papa Francesco contro il politically correct




di Giuliano Guzzo

Fate attenzione a quanti avanzano «con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate»: non la raccontano giusta, c’è sotto qualcosa; e pure qualcosa di brutto. A dirlo non è un ostinato pessimista bensì il Santo Padre, papa Francesco, il quale, nell’omelia della Messa celebrata ieri a Casa Santa Marta, ha sferrato un vibrante attacco a quel politically correct che oggi conta tanti discepoli, non di rado inconsapevoli. Si tratta di coloro che alla verità antepongono il vantaggio, che pensano sempre a quel che dicono ma non dicono mai, o quasi, quel che pensano. Ciò nonostante, lavorano di continuo, tessono relazioni e «cercano di mostrarsi amici».

Nel frattempo, fanno di tutto per ingannarci e coinvolgerci «nella loro menzogna, nella loro bugia» perché costoro non possono fare altro dato che «hanno il cuore bugiardo, non possono dire la verità». E’ interessante, nelle parole del papa, la sottolineatura per cui alcuni, prima ancora che la bocca, abbiano «il cuore bugiardo»: significa che si può mentire pure nel silenzio, senza parlare, anche senza fare nulla. E soprattutto significa che l’abitudine alla menzogna non ci rende esperti nel maneggiarla ma, al contrario, schiavi di lei fino a perdere l’innocenza in cambio di un «un cuore bugiardo». Uno scambio, converrete, decisamente poco confortante.

Ma il meglio del suo intervento papa Francesco l’ha riservato ad una brillante considerazione sul linguaggio: «Pensiamo bene oggi: qual è la nostra lingua? Parliamo in verità, con amore, o parliamo un po’ con quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle, ma che non sentiamo? Che il nostro parlare sia evangelico, fratelli!» Ora, posto che l’espressione «parlare evangelico» non definisce una lingua bensì un linguaggio e, più in generale, un atteggiamento, è interessante osservare come il papa scelga di prendere di mira «quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle». Come mai? Per quale ragione «dire cose belle» può diventare sbagliato? A prima vista sembrerebbe un controsenso.

Sembrerebbe. Perché in realtà «quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle», a ben vedere, è proprio il cuore dell’ipocrisia e della sua chiesa, quella del politically correct. E qui gli esempi si sprecano: si va dai benpensanti che si stracciano le vesti per una parolaccia ma indifferenti a tutta una serie di crimini contro l’umanità – dall’aborto procurato alla fecondazione extracorporea -, ai moralisti pronti a legittimare le offese peggiori in nome della libertà ma curiosamente taciturni di fronte allo sterminio quotidiano dei cristiani nel mondo, martiri delle fede, e così via.

Ma l’aspetto chiave sul quale, pare opportuno riflettere, è che il Santo Padre – com’è noto – non si rivolge ai sacerdoti del laicismo; non in prima battuta, per lo meno. La prima attenzione di ogni buon pastore è infatti alle proprie pecore. Questo significa che quando papa Francesco prende di mira il rischio di «dire cose belle» perdendo di vista la verità, sta parlando prima di tutto a noi cattolici; a quando, appisolandoci nella fede, preferiamo non parlare di Cristo oppure tacere un giudizio di verità morale in nome di un non meglio precisato “quieto vivere”. Sono passati millenni, ma la tentazione di ripetere il tradimento di Pietro – che arrivò a rinnegare tre volte il suo Maestro, pur di non esporsi – è quotidiana.

Per questo è bene, per noi cattolici, leggere e rileggere le magnifiche parole che papa Francesco ha pronunciato ieri. C’è ben poco da capire – il Santo Padre è un comunicatore di formidabile semplicità – ma molto da imparare. C’è l’invito ad essere coerenti, a fare sul serio, a non barattare il vero col conveniente, perché ciò che oggi è conveniente domani nolo sarà più mentre la verità rimane fissa, come una stella che domina l’intera volta stellata. Certo, a volte le nuvole dell’ipocrisia vi si addensano sopra fino quasi ad eclissarla, ma la verità rimane al suo posto, potentissima e silenziosa; spetta poi a noi darle voce. E se qualche sedicente cattolico non è d’accordo e dinnanzi alla verità, spesso scomoda, preferisce «dire cose belle», ci pensi bene: forse ha sbagliato religione.









fonte: giulianoguzzo.wordpress.com

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