martedì 18 dicembre 2018

La messa senza prete, si realizza il sogno di Martini





Dopo Ferrara tocca a Vicenza, dove il vescovo ha diramato le linee guida per la celebrazione domenicale senza sacerdote "per motivi imprevedibili". Strano, per una diocesi che ha 683 preti per 354 parrocchie. Ma il "rito" è già pronto e trasuda non di pietà liturgica, ma di liturgia che fa pietà. E' l'imposizione della ministerialità liturgica affidata ai laici, che allontanerà ancora di più i fedeli dalla Chiesa. E purtroppo non è un caso isolato. Segnalateci quello che accade nelle vostre diocesi. E' diventato urgente gridare:
#SALVIAMOLAMESSA




Luisella Scrosati 18-12-2018

Dopo Ferrara, Vicenza. Lo scorso 8 novembre, all’Assemblea del Clero è stato distribuito il sussidio “Assemblea Domenicale nella impossibilità della Celebrazione Eucaristica”, contenente un decreto dell’Ordinario, S. Ecc. Mons. Beniamino Pizziol. Nel Decreto si legge che il rito apposito non intende sostituire la celebrazione eucaristica, ma solo “far fronte a situazioni improvvise ed eccezionali”, “situazioni non programmabili in cui non è possibile una soluzione diversa (ad esempio, un’indisposizione improvvisa del presbitero o un evento imprevisto)”. La cosa già puzza un po’… un rito per quando il parroco scivola dalle scale e si rompe una gamba?


Il direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, don Pierangelo Ruaro, in realtà, sul settimanale della diocesi di Vicenza “La Voce dei Berici”, in un articolo dall’eloquente e fuorviante titolo “Domenica senza messa? Si può, ecco come”, rivela qualcosa in più: “La scelta è sempre stata quella di promuovere e sostenere la ministerialità liturgica. Lo abbiamo fatto con i ministri dell’eucaristia e con i ministri della consolazione. Oggi questo avviene cogliendo e accompagnando quelli che sono i cambiamenti che sta vivendo la Diocesi prevedendo la formazione tra i laici di guide della celebrazione”. Dunque accompagniamo i cambiamenti, anziché cercare di risolverli. Accompagniamoli perché finalmente abbiamo la copertura del calo delle vocazioni per arrivare laddove da tempo intendevamo arrivare. Sembra di risentire discorsi di anni fa, quando in diocesi di Milano, in carica ancora il Cardinal Martini, si parlava del lato provvidenziale della diminuzione del clero...


La verità è che, se non lo era la diocesi di Ferrara (vedi qui), ancor meno è la diocesi di Vicenza ad essere paragonabile all’Amazzonia: 683 preti per 354 parrocchie; quasi due preti per parrocchia, 1150 cristiani (che purtroppo non vanno tutti a Messa) per prete e un’estensione di poco più di 3 kmq per sacerdote. Va bene che non saranno tutti giovani, ma diamine! Questi sacerdoti, oltre ad essere, a quanto pare, tutti un po’ invalidi e facilmente predisposti a cadute e fulminee influenze, devono essere anche piuttosto impegnati. Ed anche i diaconi permanenti, che in diocesi risultano essere 41. Perché nella diocesi di Vicenza è già in atto “la possibilità prevista dal Rito delle Esequie, di far guidare a laici (ministri della consolazione) alcuni momenti celebrativi come la veglia funebre, la chiusura della bara, la preghiera al sepolcro, la deposizione dell’urna e l’eventuale preghiera nel luogo della cremazione”. Che bella la ministerialità!


Domanda: ma non si potrebbero coinvolgere i laici, per esempio, nell’organizzazione del trasporto di quelle persone che non possono recarsi nella parrocchia più vicina in cui si celebra l’Eucaristia? Ed anche una specie di “118 domenicale”, una task force che si organizzi in poco tempo quando al parroco vicentino viene un’improvvisa indisposizione. Troppo poco ministeriale?


Quando poi si guarda al rito che l’Ufficio liturgico si è inventato, viene da piangere…


Una persona del gruppo di animazione (non chiedete cosa sia) introduce così la preghiera: “Buongiorno e buona Domenica! Siamo convocati per vivere insieme questa assemblea santa nel Giorno del Signore. Oggi non ci sarà possibile celebrare l’Eucaristia (perché…/a causa di…) Ci poniamo, comunque, al seguito di Gesù Cristo per celebrare la fede che ci accomuna, sentendoci uniti ai fratelli e alle sorelle dell’Unità Pastorale (della comunità parrocchiale). In questa Assemblea ci nutriremo della Parola di Dio, ascoltando e accogliendo le letture della Domenica. Inoltre, riceveremo il Corpo di Cristo nel pane consacrato durante la Messa di Domenica scorsa. Alziamoci ed entriamo nello spirito della celebrazione cantando ...”.


Un incipit di questo tipo ha senz’altro il pregio di far venire la voglia di raggiungere a piedi e di corsa qualsiasi altro punto della diocesi in cui si celebri l’Eucaristia, ma può anche avere l’effetto collaterale di farti tornare a casa e non mettere più piede in una chiesa in cui viga il principio della ministerialità. Ma se il nostro fedele ha avuto ancora stomaco per rimanere, allora sarà travolto da una valanga di monizioni e introduzioni. Premettendo l’atto penitenziale, posto dopo le letture e il Vangelo, la “guida” dice: “La Parola di Dio, che abbiamo ascoltato, scruta nel profondo del nostro cuore per aiutarci a portare frutti di grazia. Riflettiamo sulla nostra vita e imploriamo fiduciosi la bontà del Signore”. Il tutto dovrebbe aiutare a disporre all’esame di coscienza ed al pentimento…


Questa invece è una delle opzioni per introdurre il segno di pace: “Non dividiamo il popolo nuovo che Dio sta radunando da ogni parte della terra. Scambiamoci un segno di pace”. Roba da far rimpiangere la Missa sicca…


Ma il bello deve ancora venire. Prima della preghiera del Padre nostro, l’assemblea è invitata a pregare una di queste composizioni, che dal tenore del testo devono essere databili intorno al XXI sec. D. C., più o meno un mese fa. La prima presenta una serie di invocazione del tipo: “Pane di gioia che diffonde la festa in chi lo riceve”; oppure in stile peace and love: “Pane di pace che accende l’audacia di spezzare i muri che separano gli uomini”. Decisamente più filantropica quest’altra: “Pane di offerta che suscita la fame di condividere tutto”.


Anche la seconda preghiera è un vero gioiello non di pietà liturgica, ma di liturgia che fa pietà: “Grazie per il Pane con il quale ci trasmetti il tuo amore: ci dona l’audacia di inoltrarci sui sentieri in cui si diventa i primi mettendosi a servizio dei fratelli”. C’è poi anche lo spot per queste specie di celebrazioni non eucaristiche: “Grazie per la nostra celebrazione comunitaria: fa cantare in noi la gioia di credere in Te e la necessità di testimoniarti”.


Al termine di tutto, dopo i puntuali annunci previsti nel rito e la benedizione, al congedo “Nel nome di Cristo, andiamo in pace”, non si può che rispondere: “Rendiamo grazie a Dio”!


Veniamo al dunque: Ferrara e Vicenza, che non sono diocesi del Terzo mondo, stanno portando avanti queste pseudo-celebrazioni della Parola. Ma da quante altre parti questo già avviene? Chiediamo il vostro aiuto, cari lettori, per avere il termometro della situazione e dopo la fortunata campagna #salviamolechiese, La Nuova Bussola Quotidiana si trova ora costretta a lanciarne una nuova: #salviamolamessa! Segnalateci dove, nella vostra diocesi questa nuova ministerialità, o una simile che pretenda di sostituire senza motivo grave la Santa Messa con paraliturgie curate da laici, viene messa in pratica senza troppi problemi.


Scrivete a redazione@lanuovabq.it e inserite l'oggetto #salviamolamessa seguito dal nome della diocesi o della città.










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