Presentazione del XII volume dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger
di mons. Ludwig Mueller, vescovo di Ratisbona
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Gli studi scientifici, le meditazioni e le prediche [di J. Ratzinger] concernenti il ministero del vescovo, del presbitero/sacerdote e del diacono ricoprono un arco di quasi mezzo secolo, a partire dai primi testi che precedettero di alcuni anni l'apertura del Concilio Vaticano Secondo. A questo evento fondamentale della storia ecclesiastica più recente si è soliti associare, a seconda dei punti di vista, l’inizio di una trasformazione, consona allo spirito del tempo, oppure di una profonda crisi della Chiesa, e in particolare del sacerdozio. Il Concilio ha inserito la costituzione gerarchica della Chiesa, che si esplica nelle differenti mansioni del vescovo, del sacerdote e del diacono, in un’esauriente ecclesiologia innovata dalle fonti bibliche e patristiche (LG 18!29). Gli enunciati riguardanti il grado episcopale e presbiteriale della gerarchia sacerdotale tripartita furono approfonditi nei decreti Christus Dominus e Presbyterorum ordinis. Per quali ragioni allora, dopo il Concilio, potè verificarsi una crisi d'identità del sacerdozio cattolico storicamente paragonabile solo con le conseguenze della riforma protestante del XVI secolo?
[..] Dove crolla il fondamento dogmatico del sacerdozio cattolico, non si estingue soltanto la fonte da cui si alimenta un’esistenza al seguito di Gesù, ma vien meno anche la motivazione a rinunciare al matrimonio per amore del Regno dei Cieli (Mt 19,12), e con la forza dello Spirito Santo accettare con gioia e convinzione il celibato come un rimando escatologico al futuro mondo di Dio.
Se si trascura la relazione simbolica inerente al sacramento, il celibato sacerdotale scade a mero relitto di un passato ostile al corpo, ed è individuato ed osteggiato come unica causa della carenza di sacerdoti. Non da ultimo, scompare infine anche l'evidenza per la dottrina e la prassi della Chiesa di conferire il sacramento dell’Ordine soltanto agli uomini. Un ministero ecclesiale inteso in senso funzionale dà adito al sospetto di legittimare un potere che andrebbe peraltro motivato e limitato democraticamente.
La crisi del sacerdozio che ha colpito l’Occidente negli ultimi decenni, è anche il risultato di un fondamentale disorientamento del Cristiano di fronte a una filosofia che trasferisce l'intimo significato e l’obiettivo ultimo della storia e di ogni esistenza umana in una dimensione mondana, sbarrandogli in tal modo l’orizzonte trascendente e recidendone la prospettiva escatologica. Riporre ogni aspettativa in Dio e fondare l'intera esistenza su Colui che in Cristo ci ha dato tutto: solo questa può essere la logica di una scelta di vita che si pone con assoluta dedizione al seguito di Gesù e partecipa alla sua missione di Redentore del mondo, da lui adempiuta con la passione e crocifissione ed inequivocabilmente rivelata con la sua risurrezione dai morti.
Non vanno tuttavia trascurati anche altri fattori di natura interna alla Chiesa. Joseph Ratzinger, come mostrano i suoi primi interventi, aveva acutamente presagito le scosse che con impeto sempre crescente preannunciavano il terremoto: in primo luogo l’apertura all’esegesi protestante negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Spesso da parte cattolica non ci si rese affatto conto delle sistematiche premesse poste dalla Riforma alla base dell’esegesi. Fu così che la pesante critica del sacerdozio consacrato, apparentemente non motivabile biblicamente, investì la Chiesa cattolica (e ortodossa). Il sacerdozio sacramentale strettamente riferito al sacrificio eucaristico, come era stato affermato dal Concilio Tridentino, sembrava a prima vista non aver alcun riscontro nella Bibbia, né sotto il profilo terminologico, né per quanto concerne le particolari prerogative del sacerdote nei confronti dei laici, specialmente il mandato della consacrazione. La critica radicale del culto e quindi il vagheggiato superamento di un sacerdozio che limitava a se stesso la rivendicata funzione di intermediario – sembrava togliere terreno ad un mediatorato [sic] sacerdotale nella Chiesa.
Con la critica protestante nei confronti di un sacerdozio sacramentale che metterebbe in questione l’unicità del sommo sacerdozio di Cristo (secondo la lettera agli Ebrei) e relegherebbe ai margini il generale sacerdozio dei credenti secondo 1 Pt 2,5, si alleava infine il moderno concetto di autonomia, che guardava con sospetto ad ogni esercizio di autorità.
L’osservazione che, dal punto di vista della sociologia della religione, Cristo non era un ministro di culto e quindi, in termini anacronistici, era un laico, e il fatto che definendo i servizi e gli uffici nel Nuovo Testamento non si fosse impiegata una terminologia sacrale, ma si facesse invece ricorso a titoli ufficiali apparentemente profani, sembrarono comprovare l’"impropria" trasformazione – prodottasi nella Chiesa primitiva a partire dal terzo secolo – dei funzionari comunali ricorrenti nella Bibbia in una nuova classe di ministri di culto.
[..] Joseph Ratzinger, con gli scritti raccolti nel presente volume, ha indicato una via d'uscita dalla crisi in cui il sacerdozio cattolico era caduto a causa di impostazioni teologiche e sociologiche carenti e di dichiarazioni atte a suscitare, in molti sacerdoti che avevano intrapreso con amore e zelo il loro cammino, una personale insicurezza e sconcerto a proposito del proprio ruolo in seno alla Chiesa.[..]
Fonte: Bollettino Sala Stampa S. Sede.
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