domenica 29 novembre 2020

Novena tradizionale all'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria








(dal 29 Novembre al 7 Dicembre, ore 20:00 nella Basilica dei S.S. Celso e Giuliano. Via del Banco di Santo Spirito,5 Tradizionale Novena dell'Immacolata. Domenica 8 Dicembre solennità dell'Immacolata concezione di Maria santissima, Chiesa di Gesù e Maria via del corso,45 Santa Messa solenne ore 9:30, nella serata alle ore 19:00 solenne processione dell'Immacolata su via del Corso che si concluderà nella basilica di Santa Maria sopra Minerva. Presenzierà Sua Eminenza reverendissima il Signor Cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dalla Chiesa
.


“Dopo aver offerto senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre private preghiere e quelle pubbliche della Chiesa a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio, affinché si degnasse di dirigere e sostenere la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato il soccorso di tutta la corte celeste, e invocato con gemiti lo Spirito consolatore, per sua ispirazione, a onore della Santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo la dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli. Quindi, se qualcuno (che Dio non voglia!) deliberatamente presumerà di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito, conosca e sappia di essere condannato dal suo proprio giudizio, di aver fatto naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e di essere inoltre incorso da sé, per il fatto stesso, nelle pene stabilite dalle leggi contro colui che osa manifestare oralmente o per iscritto, o in qualsiasi altro modo esterno, gli errori che pensa nel suo cuore”. 
(Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854)



Peter Paul Rubens, Immacolata Concezione, Museo del Prado, Madrid, Spagna, 1627.




℣. Deus, ✠ in adiutorium meum intende.



℞. Domine, ad adiuvandum meum festina.
Gloria Patri.


℣. O Dio, ✠ provvedi al mio soccorso.

℞. Signore, affrettati ad aiutarmi.
Gloria al Padre.


Veni, ✠ Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium et tui amoris in eis ignem accende.

℣. Emitte Spiritum tuum et creabuntur.
℞. Et renovabis faciem terrae.
Oremus. Deus, qui corda fidelium Sancti Spiritus illustratione docuisti: da nobis in eodem Spiritu recta sapere, et de ejus semper consolatione gaudere. Per Christum Dominum nostrum. Amen.


Vieni, ✠ Santo Spirito, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
℣. Manda il tuo Spirito per una nuova creazione.
℞. E rinnoverai la faccia della terra.
Preghiamo. O Signore, che hai istruito i cuori dei fedeli con la luce dello Spirito Santo, donaci di gustare nello stesso Spirito la verità e di godere sempre della sua consolazione. Per Cristo nostro Signore. Amen.


ORAZIONE PREPARATORIA

Vergine purissima, concepita senza peccato, e fin da quel primo istante tutta bella e senza macchia, gloriosa Maria, piena di grazia, Madre del mio Dio, Regina degli Angeli e degli uomini, io umilmente vi riverisco come Madre del mio Salvatore, cui Dio m'ha insegnato, colla sua stima, col suo rispetto e colla sua sottomissione verso di Voi, quali onori e quali omaggi io debba prestare. Degnatevi, vi prego, ricevere ciò che in questa novena vi consacro. Voi siete il sicuro asilo dei peccatori penitenti; ho dunque ragione di ricorrere a Voi: siete Madre di misericordia; non potrete dunque non essere intenerita dalle mie miserie: siete, dopo Gesù Cristo, tutta la mia speranza; non potrete non gradire la tenera confidenza, che ho in Voi. Fatemi degno di chiamarmi vostro figlio, affinché possa dirvi con fiducia: Monstra Te esse Matrem.


Si diranno 9 Ave Maria ed un Gloria Patri, quindi la preghiera corrispondente al giorno della Novena.




PRIMO GIORNO

Eccomi ai vostri santissimi piedi, o Vergine Immacolata; io mi rallegro grandemente con Voi, che fino dall'eternità siete eletta Madre del Verbo eterno e preservata dalla colpa originale. Ringrazio e benedico la Santissima Trinità che vi ha arricchita di questi privilegi nella vostra Concezione; e vi supplico umilmente ad impetrarmi grazia di vincere quei tristi effetti, che in me ha prodotto il peccato originale: deh! Voi fate, che io li superi e non lasci mai di amare il mio Dio.




SECONDO GIORNO

O Giglio immacolato di purità, Maria, io mi congratulo con Voi, che fino dal primo istante della vostra Concezione siate stata ricolmata di grazia. Ringrazio ed adoro la Santissima Trinità, che vi ha compartito così sublimi doni, e mi confondo dinanzi a Voi nel vedermi così povero di grazia. Voi, che così pienamente ne foste ricolmata, deh! partecipatene all'anima mia, e fatene partecipe dei tesori del vostro Immacolato Concepimento.




TERZO GIORNO

O mistica Rosa di purità, Maria, io mi rallegro con Voi, che avete gloriosamente trionfato nella vostra Immacolata Concezione del serpente infernale, e che siete stata concepita senza macchia di peccato originale. Ringrazio e lodo con tutto il cuore la Santissima Trinità che vi ha concesso tal privilegio, e vi supplico di ottenermi valore a superare ogni insidia del nemico infernale e non macchiare col peccato l'anima mia. Deh! Voi sempre aiutatemi, e fate che colla vostra protezione trionfi sempre dei nemici della mia eterna salute.




QUARTO GIORNO

O Specchio di purità, Immacolata Maria Vergine, io godo al sommo nel vedere che sieno state infuse in Voi sin dalla vostra Concezione le più sublimi e perfette virtù, ed insieme tutti i doni dello Spirito Santo. Ringrazio e lodo la Santissima Trinità che vi ha favorita con questi privilegi: e vi supplico, o Madre benigna, di ottenermi la pratica delle virtù, e rendermi così degno di ricevere i doni e la grazia dello Spirito Santo.






QUINTO GIORNO

O Luna rilucente di purità, Maria, io mi congratulo con Voi, mentre il mistero del vostro Immacolato Concepimento è stato il principio della salute di tutto il genere umano e l'allegrezza di tutto il mondo. Ringrazio e benedico la Santissima Trinità, che ha così magnificato e glorificato la vostra Persona; e vi supplico di ottenermi grazia di saper approfittare della Passione e Morte del vostro Gesù, affinché non sia per me inutile il Sangue da Lui sparso sulla Croce.




SESTO GIORNO

O Stella risplendentissima di purità, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi, che l'immacolato vostro Concepimento abbia recato un gaudio grandissimo a tutti gli Angeli del Paradiso. Ringrazio e benedico la Santissima Trinità che vi ha arricchita di così bel privilegio. Deh! fate che io entri un giorno a parte di questa gioia, e possa in compagnia degli Angeli lodarvi e benedirvi in eterno.




SETTIMO GIORNO

O Aurora sorgente di purità, Immacolata Maria, io mi rallegro con Voi, ed ammiro che nel momento stesso della vostra Concezione siate stata confermata in grazia e resa impeccabile. Ringrazio ed esalto la Santissima Trinità che ha contraddistinto Voi sola con questo particolare privilegio. Deh! impetratemi, o Vergine santa, un totale e continuo abborrimento al peccato sopra ogni altro male, e fate che piuttosto io muoia, che commetterlo ancora.




OTTAVO GIORNO

O Sole senza macchia, Vergine Maria, io mi congratulo con Voi, e godo, che nella vostra Concezione sia stata da Dio conferita a Voi una grazia maggiore e più copiosa, che non ebbero tutti gli Angeli e tutti i Santi nel colmo dei loro meriti. Ringrazio ed ammiro la somma beneficenza della Santissima Trinità che vi ha dispensato questo privilegio. Deh! fate che io corrisponda alla grazia divina e mai non ne abusi: mutatemi il cuore e fate che fin d'ora incominci il mio ravvedimento.




NONO GIORNO
O Luce viva di santità, ed esempio di purità, Immacolata Vergine e Madre Maria, Voi appena concepita adoraste profondamente Iddio e lo ringraziaste, giacché col mezzo vostro, sciolta la maledizione antica, veniva la piena benedizione sopra i figli di Adamo. Deh! Voi fate, che questa benedizione accenda nel mio cuore l'amor verso Dio. Voi infiammatelo, acciocché io ami costantemente il Signore in terra, e poi lo goda eternamente in Paradiso, dove possa ringraziarlo più ardentemente dei singolari privilegi a Voi conceduti, e godere di Voi coronata in tanta gloria.




Si reciteranno le Litanie della Beata Vergine ovvero il seguente Inno:


Tota pulchra es, Maria.Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.
Et macula originalis non est in Te.
Tu gloria Jerusalem.
Tu laetitia Israel.
Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.
O Maria.
O Maria.
Virgo prudentissima.
Mater clementissima.
Ora pro nobis.
Intercede pro nobis ad Dominum Jesum Christum.


Tutta bella sei, Maria.
Tutta bella sei, Maria.
E il peccato originale non è in Te.
E il peccato originale non è in Te.
Tu gloria di Gerusalemme.
Tu letizia di Israele.
Tu onore del nostro popolo.
Tu avvocata dei peccatori.
O Maria.
O Maria.
Vergine prudentissima.
Madre clementissima.
Prega per noi.
Intercedi per noi presso il Signore Gesù Cristo.


Dopo le Litanie, ovvero dopo il suddetto Inno, si dirà:




℣. In Conceptione tua, Virgo, immaculata fuisti:℞. Ora pro nobis Patrem, cujus Filium peperisti.





℣. Nella tua Concezione, Vergine, fosti immacolata:℞. Prega per noi il Padre, di cui generasti il Figlio.





Orémus.

Deus, qui per Immaculatam Virginis Conceptionem dignum Filio tuo habitaculum praeparasti: quaesumus, ut qui, ex morte ejusdem Filii tui praevisa, eam ab omni labe praeservasti, nos quoque mundos, ejus intercessione, ad te pervenire concedas.
Deus, omnium fidelium Pastor et Rector, Famulum tuum N. quem Pastorem Ecclesiae tuae praeesse voluisti, propitius respice: da ei, quaesumus, verbo et exemplo, quibus praeest, proficere, ut ad vitam una cum grege sibi credito perveniat sempiternam.
Deus, refugium nostrum et virtus, adesto piis Ecclesiae tuae precibus auctor ipse pietatis, et praesta; ut quod fideliter petimus, efficaciter consequamur. Per Christum Dominum nostrum. ℞. Amen.



Preghiamo.
O Dio, che mediante l'Immacolata Concezione della Vergine preparasti al Figlio tuo una degna dimora: Ti preghiamo, come, in previsione della morte del tuo stesso Figlio, preservasti lei da ogni macchia, così concedi anche a noi, per sua intercessione, di giungere a Te purificati.O Dio, pastore e reggitore di tutti i fedeli, guarda propizio al tuo Servo N., che hai voluto Pastore della tua Chiesa: concedigli, Te ne preghiamo, di giovare con le parole e con l'esempio a coloro dei quali è capo, affinché, in un col gregge a sé affidato, giunga alla vita eterna.
O Dio, nostro rifugio e nostra forza, Tu che sei l'autore della pietà, presta l'orecchio alle pie suppliche della tua Chiesa, e fa che quanto Ti domandiamo con fede, efficacemente l'otteniamo. Per Cristo Signore nostro. ℞. Amen.




℣. Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria.℞. Amen.




℣. La Vergine Maria benedica noi e tutti i suoi devoti.℞. Amen.


Indulgenza di trecento giorni per ciascun giorno.




Indulgenza Plenaria nel giorno della solennità dell'Immacolata Concezione, od in un giorno dell'ottava, per chi avrà praticato l'intera novena (Pio VII, 4 agosto 1808, 24 novembre 1808 e 11 gennaio 1809).











sabato 28 novembre 2020

Messa antica al Convento di Monte San Quirico a Lucca: cambio di orario dal 29 novembre 2020





Su gentile comunicazione di Stefano Stagi, Presidente del Coetus fidelium Lucio III Papa di Lucca, vi diamo notizia del cambio di orario della S. Messa a Lucca, a cura dell'Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote - I.C.R.S.S. , alle ore 11.15 della domenica, sempre presso il Convento dei frati Cappuccini minori di Monte San Quirico (Lucca) a far data da domenica prossima 29 novembre 2020.












venerdì 27 novembre 2020

DISPENSA DI LITURGIA SUL TEMPO D'AVVENTO: rubriche, cerimonie e pratiche devote






27 novembre 2020

Caratteristiche generali

Il Tempo d’Avvento segna l’inizio di un nuovo anno liturgico. Esso incomincia con i Primi Vespri (anche solo commemorati) della I Domenica d’Avvento, e si conclude con l’Ufficio di Nona della Vigilia di Natale. La I Domenica d’Avvento è la Domenica che cade più vicina alla festa di S. Andrea Apostolo (30 Novembre): di conseguenza essa può capitare dal 27 Novembre al 3 Dicembre, né prima né dopo. La Vigilia di Natale è il 24 Dicembre, e non si può anticipare se cade di Domenica.

L’Avvento è un tempo di penitenza: dalla I Domenica fino al giorno di Natale incluso, uno dei precetti della Chiesa proibisce la celebrazione solenne delle nozze (non sono impedite le nozze stesse, come pensano erroneamente alcuni, ma è vietato celebrarle con pompa e solennità per rispetto all’attesa del Natale). Ciò malgrado, gli unici giorni di digiuno e astinenza di precetto sono le Quattro Tempora e la Vigilia di Natale.

Il colore liturgico de tempore dell’Avvento, cioè delle Domeniche e Ferie, è il violaceo; Il Diacono e il Suddiacono alla Messa solenne non possono usare dalmatica e tunicella, ma le pianete plicate. L’Altare non può essere ornato con fiori e l’organo non può suonare se non per sostenere il canto.

Il solo ed esclusivo giorno della III Domenica, detta Gaudete dalla prima parola dell’introito della sua Messa, le regole esposte al paragrafo precedente subiscono un’eccezione: si può facoltativamente usare il colore rosa, Diacono e Suddiacono indossano Dalmatica e Tunicella alla Messa, l’Altare si può ornare di fiori e l’organo essere suonato.

Il rito delle Domeniche è Semidoppio quanto al modo di ordinare l’Ufficio e la Messa (con qualche eccezione che si vedrà in seguito), tuttavia esse sono Domeniche Maggiori:


La I Domenica d’Avvento è una Domenica di I Classe: essa non cede nemmeno alle feste più solenni.
Le altre tre sono Domeniche di II Classe: esse cedono soltanto alle feste di rito Doppio di I Classe.



Quindi, per esempio, negli anni in cui la festa dell’Immacolata Concezione cade la II Domenica d’Avvento, la festa prevale e se ne fanno l’Ufficio e la Messa con la commemorazione della Domenica a entrami i Vespri, a Mattutino e Lodi, e alla Messa.

Le Ferie d’Avvento sono Ferie Maggiori non privilegiate, che cedono alle feste «delle nove lezioni» (quindi quelle di rito Doppio e Semidoppio) ma non a quelle di rito Semplice. Quando queste Ferie sono impedite se ne fa sempre la commemorazione a Lodi e Vespri e alla Messa. A Lodi e Vespri si usa l’Antifona al Benedictus o al Magnificat del giorno, col relativo Versetto e l’Orazione della Domenica precedente. Alla Messa si riprendono le tre Orazioni Colletta, Secreta e Postcommunio della Domenica precedente.

Durante tutto l’Avvento le Vigilie de Sanctis (per il calendario universale S. Andrea, Immacolata e S. Tommaso) sono omesse all’Ufficio e si commemorano solo alla Messa.

Dall’8 al 15 Dicembre si seguono le regole normali delle Feste Doppie di I Classe (della S. Vergine) con Ottava Comune.

Il Mercoledì, Venerdì e Sabato della III Settimana d’Avvento cadono le Quattro Tempora, che prendono il posto delle Ferie relative e hanno uguale rito al Breviario (ma Messa propria).

A partire dal 17 Dicembre si devono necessariamente interrompere tutte le Ottave particolari che potrebbero essere in corso.

La Vigilia di Natale è una Vigilia Privilegiata di I Classe che non cede a nessuna Festa. Quando essa è in occorrenza con la IV Domenica di Avvento, la Vigilia prevale sulla Domenica e se ne fanno l’Ufficio e la Messa, mentre la Domenica viene solo commemorata ai Primi Vespri, a Lodi e alla Messa. Questa Vigilia ha due particolarità assolutamente uniche: la prima è quella di avere ben due riti, Semplice a Mattutino e Doppio (di I Classe) da Lodi a Nona; la seconda quella del canto solenne del Martirologio di Natale, in cui gli Accoliti portano i ceri e il Sacerdote indossa il piviale, incensa il libro e canta l’elogium con un tono proprio, inginocchiandosi alle parole In Bethlehem Judae etc..



Al Breviario

Per tutto il tempo d’Avvento si legge, alla Scrittura occorrente del Mattutino, il Libro del Profeta Isaia, che ebbe da Dio il privilegio di profetizzare in maniera particolareggiata, con ben sette secoli di anticipo, la venuta del nostro Redentore. Si legge dalla I Domenica di Avvento fino al 23 Dicembre, con l’eccezione delle Quattro Tempora e delle eventuali feste che disponessero di lezioni proprie oppure prese dal Comune per il I Notturno (S. Andrea, l’Immacolata Concezione e S. Tommaso Apostolo nel calendario universale, ma i calendari particolari possono includerne altre).

Il Suffragio di Lodi e Vespri è abolito durante tutto il Tempo d’Avvento anche alle Feste, e verrà ripreso solo una volta terminata l’Ottava dell’Epifania, così come anche il Simbolo Atanasiano dell’Ufficio di Prima domenicale.

Le Domeniche viene omesso il Te Deum a Mattutino, che è sostituito dal IX Responsorio.

Essendo le Ferie Maggiori automaticamente Ferie di penitenza, all’Ufficio feriale vige l’obbligo di recitare le Preci Feriali a tutte le Ore da Lodi a Compieta, con lo Schema II delle Lodi (e il Mercoledì anche al III Notturno) e il quarto Salmo a Prima. Le Domeniche si dicono le Preci Domenicali a Prima e Compieta come al solito, se non si devono commemorare feste di rito Doppio o Ottave.

L’Avvento non dispone di Inni per ogni giorno della settimana: le Ore Maggiori, cioè Vespri, Mattutino e Lodi, hanno degli Inni fissi per tutto il tempo d’Avvento (tranne, ovviamente, alle Feste, le quali usano gli inni propri o quelli del Comune): Creator alme siderum a Vespri, Verbum supernum prodiens a Mattutino, En clara vox redarguit a Lodi. Le altre Ore hanno i loro soliti Inni fissi per tutto l’anno. Anche i Versetti di Vespri e Lodi sono fissi. Inoltre il Salterio fornisce due Invitatori: Regem venturum Dominum per le prime due settimane d’Avvento e Prope est jam Dominus per le ultime due, più uno particolare per la Vigilia di Natale. Al Versetto del Responsorio di Prima, anche dell’Ufficio festivo se non ce ne sono di propri, si dice Qui venturus es in mundum. La Festa e Ottava dell’Immacolata, eccetto la Domenica infra Octavam, gli Inni con metrica uguale hanno la conclusione Jesu tibi sit gloria qui natus es de Virgine, e al Responsorio di Prima il Versetto Qui natus es de Maria Virgine.

L’Antifona finale delle Ore è l’Alma Redemptoris Mater con il Versetto Angelus Domini e l’Orazione Gratiam tuam. Questa Antifona persiste fino al 2 Febbraio, ma il Versetto e l’Orazione cambiano a partire dai Primi Vespri di Natale.

L’organizzazione dell’Ufficio domenicale non presenta particolari problemi, tenendo conto di quanto detto sopra più il fatto che ogni Domenica ha il suo Proprio, composto dalle Antifone ai Salmi (per entrambi i Vespri, Lodi, Prima, Terza, Sesta e Nona), dalle Antifone al Magnificat e al Benedictus, dai Capitoli (quello unico per Vespri, Lodi e Terza, e quelli per Sesta e Nona, quest’ultimo come al solito corrispondente alla Lettura Breve di Prima); infine le Letture del Mattutino con i Responsori, e l’Orazione. Nel Salterio si trovano le Antifone per il Mattutino domenicale (specifiche per l’Avvento, da non confondere con quelle per il Tempo dopo l’Epifania), e normalmente tutti gli Inni e i Versetti.

Invece l’Ufficio feriale è un caos, il più complicato dell’intero anno liturgico. Cercando di riassumere e semplificare al massimo:


A Mattutino Invitatorio, Inno, Antifone, Salmi e Versetti sono nel Salterio, Letture e Responsori nel Proprio. Le Antifone sono le stesse che si dicono nel resto dell’anno.
A Lodi (ricordo ancora: Schema II) il Salterio presenta delle Antifone che si usano nelle prime tre settimane, e poi delle Antifone diversificate per le sei Ferie che precedono la Vigilia di Natale, nelle quali ogni giorno ha le sue Antifone proprie. I Salmi gli Inni, i Versetti e le Preci sono sempre nel Salterio. L’Antifona al Benedictus è propria del giorno, l’Orazione è quella della Domenica precedente.
A Prima, Terza, Sesta e Nona le Antifone sono organizzate per settimana e corrispondono a quelle della Domenica. Possono mancarne alcune, specialmente quelle della seconda settimana: non è un problema dato che in quel periodo cade l’Ottava dell’Immacolata, che prevale sull’Ufficio feriale. Anche in questo caso, le ultime sei Ferie prima della Vigilia di Natale hanno Antifone proprie. I Capitoli coi Responsori, i Versetti, le Preci e la Lettura Breve di Prima si trovano nel Salterio, l’Orazione è sempre quella della Domenica.
I Vespri dal Lunedì al Venerdì hanno le stesse Antifone del resto dell’anno (i Vespri del Sabato quelle domenicali). I Salmi e le Preci sono nel Salterio, l’Inno col Versetto anche, o male che vada nel Proprio o nell’Ordinario. Le Antifone al Magnificat sono proprie, tuttavia i giorni che vanno dal 17 al 23 Dicembre hanno Antifone speciali, le cosiddette Grandi Antifone conosciute anche come Antifone “O”, che a causa della loro particolare importanza vanno sempre raddoppiate.
Compieta è l’unica Ora Canonica che non subisce variazioni nel corso dell’anno. Semplicemente bisogna ricordarsi che le Preci, essendo Feriali, vanno recitate in ginocchio.



Per l’Ufficio festivo ci si regola come sempre, utilizzando le Antifone del Salterio che sono denominate per annum e lo Schema I delle Lodi, oppure quelle del Proprio o del Comune secondo il caso.

Il 21 c’è l’Antifona Nolite timere, che si dice o per la commemorazione della Feria nella Festa di San Tommaso, o, se è Domenica, come Antifona al Benedictus. Il 23 c’è l’Antifona al Benedictus Ecce completa sunt. La Vigilia di Natale ha Antifone e Salmi del Salterio a Mattutino, e nelle restanti Ore Salmi festivi e il resto proprio.



Al Messale

L’Avvento ha solo otto Messe proprie: cioè per le quattro Domeniche, i tre giorni delle Quattro Tempora, e la Vigilia di Natale. Nelle Ferie si riprende dunque la Messa domenicale, se non si vogliono celebrare Messe Votive o di Requiem; tuttavia a partire dal 17 Dicembre le Messe Votive comuni e quelle quotidiane di Requiem sono proibite (come anche alle Quattro Tempora e Vigilie de Sanctis). Ma le Messe Votive pro re gravi et publica simul causa sono comunque permesse, a eccezione della I Domenica d’Avvento e della Vigilia di Natale, e le Messe lette da Requiem per i giorni privilegiati (morte, funerale, 3°, 7° e 30° giorno, anniversario) lo sono altrettanto ma a eccezione anche delle altre Domeniche.

In tutte le Messe de tempore il Gloria in excelsis è soppresso, di conseguenza alla fine della Messa si dice Benedicamus Domino invece che Ite Missa est. Alla Messa feriale che riprende quella della Domenica si omette l’Alleluja.

Sia nelle Messe de tempore, che in quelle de Sanctis di rito Semidoppio, le Orazioni pro diversitate Temporum assignatae sono così regolate: la prima (dopo quelle della Messa e delle commemorazioni) è della Beata Vergine Deus qui de Beatae Mariae, la seconda quando viene recitata è quella contro i persecutori della Chiesa Ecclesiae tuae oppure per il Papa Deus omnium fidelium. Se la Messa è offerta in onore della Beata Vergine, o se la Beata Vergine è commemorata, o ancora se si tratta della Messa Votiva di Ognissanti, la prima orazione viene sostituita con quella dello Spirito Santo Deus qui corda fidelium.

Il Prefazio domenicale è di per sé quello della SS. Trinità, quello feriale è il Prefazio Comune; chi usufruisce dei Prefazi propri di Francia vi troverà però lo speciale Prefazio di Avvento da usare sia le Domeniche che le ferie e le Feste non aventi Prefazio proprio.

Per Santa Maria in Sabato e le Messe Votive de Beata si usa la Messa I Rorate coeli.

Le Messe delle Quattro Tempora seguono le loro regole normali: il Mercoledì si aggiunge una Profezia e il Sabato cinque, dotate sempre di Graduali e Orazioni.



All’Antifonale e al Graduale

Negli Uffici de tempore gli Inni e i Responsori delle Ore Minori seguono un tono proprio. Le Domeniche la Messa si canta col Kyriale XVII (che corrisponde, nell’Ufficio, al tono VIII del Benedicamus Domino); nelle Ferie la Messa ha il Kyriale XVIII (nell’Ufficio Benedicamus Domino col tono VII).




Al Caeremoniale Episcoporum



L’Avvento essendo come già detto un tempo di penitenza, i Prelati non regolari indossano l’abito corale penitenziale, nero per i Prelati inferiori e i Vescovi, e violaceo per i Cardinali, conservando ovviamente lo zucchetto, la berretta e il galero propri della loro dignità. Si eccettua la Festa dell’Immacolata, in cui si usa l’abito normale. Agli Uffici e Messe Pontificali de tempore si usa la mitria aurifregiata, ma la Domenica Gaudete e alle Feste la mitria preziosa. I paramenti non si indossano in sacrestia ma al Trono o al Faldistorio; il Suddiacono canta l’Epistola senza pianeta plicata, così il Diacono per il Vangelo, sostituendo anche la stola normale con la stola latior (la Domenica Gaudete si seguono invece le regole normali).



Pratiche

La più conosciuta è quella della Corona d’Avvento, una corona vegetale o floreale al cui centro stanno quattro ceroni, tre violacei e uno rosa, che si accendono progressivamente ognuno a ciascuna Domenica, e si possono tenere accesi tutti i giorni per la Messa, i Vespri o la Novena, fino alla Vigilia di Natale inclusa. La si colloca presso l'Altar Maggiore (e mai su di esso come fanno certuni!!).

Una pratica liturgica bellissima è quella della Messa Rorate. Vale a dire che si celebra l’omonima Messa, o per Santa Maria in Sabato o semplicemente come Votiva, prima dell’alba, quando il cielo è ancora scuro, alla luce delle sole candele dell’altare, che eccezionalmente possono essere aumentate di numero senza limiti, dato che il Sacerdote ne ha bisogno per leggere bene il Messale.

Prima della Divino Afflatu il Breviario indicava espressamente l’obbligo, per chi cantava l’Ufficio in coro, di recitare l’Ufficio dei Defunti tutti i lunedì d’Avvento in cui non ci fosse una Festa delle nove lezioni; chi non era tenuto all’Ufficio corale era solo invitato a farlo facoltativamente. Pur essendo stati soppressi quest’obbligo e questa indicazione, nulla vieta che si possa continuare a praticarla.

In Italia è molto sentita la tradizione della Novena di Natale, dal 16 al 24 Dicembre, che può essere cantata anche solennemente, col Sacerdote in piviale violaceo, Diacono e Suddiacono in pianete plicate (paramenti rosa la III Domenica d’Avvento, con Diacono e Suddiacono in dalmatica e tunicella; se la Novena viene cantata davanti al SS. Sacramento esposto i paramenti sono bianchi). Al Magnificat si incensano l’Altare, il celebrante, il Clero e i fedeli; o in caso di esposizione solo il SS. e l’Altare.

Esiste anche una melodia gregoriana per la Novena all’Immacolata Concezione, dal 30 Novembre al 7 Dicembre, cui può seguire l’esposizione del SS. Sacramento. La sua struttura è molto simile a quella di Natale e penso si possa officiare allo stesso modo.

Infine, esiste un'Antifona su San Gregorio Magno che si può cantare alla Messa della I Domenica d'Avvento prima dell'Introito, in riferimento all'inizio dell'anno liturgico e al fatto che San Gregorio ha organizzato il canto gregoriano, che da lui prende il nome. Purtroppo l'ho sentita una volta sola e non ne ho lo spartito.




Per ulteriori dettagli sulle rubriche dell'Avvento: L. Stercky, Manuel de liturgie et Cérémonial selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1935, Tomo II, pag. 211-220.

Per le Funzioni Episopali in Avvento: Id., Les Fonctions Pontificales selon le Rit Romain, Paris Lecoffre 1932, Tomo II, pag. 1-3.




Dall'Anno Liturgico di Dom Guéranger sul Tempo d'Avvento:


Storia dell'Avvento: https://sensusfidelium.us/italiano/lanno-liturgico-di-dom-prosper-gueranger/avvento-lannoliturgico-di-dom-prosper-gueranger/capitoloi-storia-dellavvento/
Mistica dell'Avvento: https://sensusfidelium.us/italiano/lanno-liturgico-di-dom-prosper-gueranger/avvento-lannoliturgico-di-dom-prosper-gueranger/capitolo-ii-mistica-dellavvento/
Pratica dell'Avvento: https://sensusfidelium.us/italiano/lanno-liturgico-di-dom-prosper-gueranger/avvento-lannoliturgico-di-dom-prosper-gueranger/capitoloiii-pratica-dellavvento/





By Il Castigamatti
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giovedì 26 novembre 2020

Da “cristiani anonimi” a “Fratelli tutti”. Un contributo di padre Serafino Maria Lanzetta







26NOV 2020 

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by Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, sono lieto di proporvi un contributo di padre Serafino Maria Lanzetta che collega la nozione di “cristiani anonimi” al centro della riflessione di Karl Rahner all’ultima enciclica di Francesco, Fratelli tutti, nella quale, scrive Lanzetta, manca Cristo, il Figlio di Dio, che ci rende figli del Padre e “c’è solo l’uomo che si affratella naturalmente agli altri uomini sulla mera base di istanze sociali o di un amore umano non ben precisato”.
L’autore ha dedicato a questo tema anche una catechesi che si può ascoltare sul suo canale YouTube. E, sempre sul tema della Fratelli tutti, ha scritto un editoriale per il numero in uscita di Fides Catholica.
A.M.V.


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C’è un’affinità di non poco rilievo tra i cosiddetti “cristiani anonimi” di K. Rahner (1904-1984) e l’ultima enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti. Ma anche un superamento considerevole della teoria teologica del gesuita tedesco nel discorso di Francesco sulla fratellanza universale. Vediamo perché partendo da un punto focale in entrambi che è l’uomo. Chi è costui?

«L’uomo – al dire di K. Rahner – è l’evento dell’auto-comunicazione assoluta di Dio». Questa è una delle espressioni più originarie del teologo tedesco che si trova nel suo Corso fondamentale sulla fede (or. 1974) e anche una delle più problematiche. Una sintesi della sua visione dell’uomo al centro della Rivelazione, non solo come colui che riceve, ma soprattutto come momento necessario di saldatura di Dio con il tempo e la storia. Per Rahner né si da un Dio che non si auto-comunichi né un uomo che non sia sempre uditore, luogo ed evento della Parola. Di conseguenza, Dio non ci sarebbe senza l’uomo e perciò l’uomo non potrebbe non essere in comunione con Dio. Per questo Dio è già in ogni uomo, che lo sappia o meno, che si ponga il problema o no. Importante è che sia sé stesso, che rimanga evento di Dio nel mondo.


Cosa intende Rahner per “evento”? Che Dio è presente nell’uomo come «termine della trascendenza», intesa quest’ultima come auto-trascendenza dell’uomo, cioè capacità di andare oltre sé stesso e di aprirsi alla totalità dell’essere e quindi a Dio. Ciò significa che noi conosciamo Dio come conosciamo noi stessi, nell’intima esperienza della libertà di scelta. Il termine (la nostra trascendenza) e l’oggetto (l’essere divino) coincidono. Quindi conoscenza, apertura dell’uomo a Dio e Dio stesso in fondo sono la medesima cosa.


Ciò che Rahner intende superare è un falso concetto teologico secondo cui il dono che Dio fa di sé stesso è o un evento storico o un’esperienza trascendentale. No, a suo giudizio il dono è entrambe le cose. Il Vangelo storico ci sollecita a rispondere, mentre la nostra risposta ci consente di trascendere quello che eravamo prima. Nella nostra esperienza intesa come auto-riflessione, auto-conoscenza e auto-trascendenza, riconosciamo Dio come colui che ci chiama, ci assiste e ci viene incontro.


Dio non lo riconosciamo più nella sua Rivelazione storica attraverso signa et verba (segni e parole divini), come vuole un sano approccio teologico al mistero. La Rivelazione diventa invece un’auto-comunicazione storica di Dio all’uomo attraverso la coscienza che l’uomo ha di sé in quanto aperto alla trascendenza; ciò in virtù dell’approccio trascendentale di Kant alla conoscenza, con il suo a-priori nelle dodici categorie conoscitive della ragion pura. Il tomismo rahneriano chiaramente non è quello di San Tommaso ma quello trascendentale del gesuita belga J. Marechal (1878-1944), a cui Rahner si ispira così da cucire insieme l’apriorismo conoscitivo di Kant e l’esistenzialismo di Heiddeger. L’uomo è aperto a tutto l’essere che poi è ciò che si dà come esistente, nel mondo, ma lo coglie in modo a-priori, prima ancora di conoscere le singole cose. Questo essere a cui l’uomo è aperto sarebbe già Dio, colto comunque in modo trascendentale e non ancora categoriale.


L’uomo perciò è aperto alla trascendenza in modo trascendentale, cioè in modo necessario e a-priori in virtù del primato del soggetto nella conoscenza. Tale apertura a Dio è resa possibile dal fatto che essa è sì insita nella conoscenza ma allo stesso tempo è anche una grazia, o meglio, più che grazia, è già presenza di Dio nell’uomo.

Questo legame indissolubile tra la presenza di Dio nell’uomo e l’apertura dell’uomo a Dio è dato dal cosiddetto “esistenziale soprannaturale”: una geniale invenzione di Rahner ma difatti un tertium quid, un’aggiunta superflua. Esso è esistenziale perché è offerto a tutti: ogni persona è ordinata alla comunione con Dio. Ma è anche soprannaturale, perché la comunione con Dio sarebbe impossibile se Dio non ci avesse già dato la capacità di raggiungerla. Addirittura l’esistenziale soprannaturale viene definito da Rahner quale vero essere della persona umana ordinata alla comunione con Dio. L’uomo può protestare contro questa auto-comunicazione divina ma l’offerta e il dono è per tutti e accade quale esistente.


Salta chiaramente il concetto di potenza obbedienziale della natura, cioè la capacità della natura di obbedire a Dio quando la libertà dell’uomo si apre al dono della grazia in virtù della grazia stessa che muove la libertà. E salta anche il concetto di grazia quale partecipazione alla natura divina. Non c’è partecipazione ma auto-comunicazione. Salta la distinzione tra natura e grazia e tra grazia sufficiente e grazia efficace. La grazia, cioè Dio nell’uomo, non può che essere sempre efficace e quindi la salvezza è già in tutti. L’uomo è già in comunione con Dio in modo irriflesso o atematico. Se lo sarà in modo categoriale è bene e più santo certamente, ma non pregiudica il fatto stesso di esserlo. Quindi ciò non toglie che ogni uomo sia già in comunione con Dio.

Di più, l’auto-comunicazione di Dio non è solo un dono gratuito e una grazia. Ma è anche «una condizione necessaria che rende possibile l’accettazione del dono». Con il dono di Sé stesso, Dio renderebbe partecipe l’uomo anche del dono di ricevere il dono medesimo. Il dono e colui che dona sono la medesima persona dice il teologo tedesco. Per cui l’uomo in qualche modo è “obbligato” da Dio in modo libero ad accettare il dono di Sé. Dov’è pertanto la libertà di rifiutare la grazia o la libertà di scegliere un’azione cattiva? Infatti, per Rahner, l’uomo che sceglie in modo trascendentale è sempre rivolto a Dio e quindi fa il bene; in modo categoriale potrebbe invece scostarvisi e scegliere qualcosa di inferiore, che sarà tuttavia un bene “pre-morale”. L’uomo in virtù di una “libertà fondamentale” o “opzione fondamentale”, di cui Rahner è il capostipite, non può che scegliere Dio. De facto il peccato non esiste più e non va più attribuito alle singole azioni morali. Il vero peccato è l’opzione contro Dio, che comunque sarebbe impossibile in virtù dell’apertura trascendentale-esistenziale a Lui. Se sono tutti anonimamente santi e tutti cristiani che ne sarà del peccato? Sarà qualificato come una scelta sbagliata o una reminiscenza del passato e basta, ma non un’offesa (aversio) a Dio. Ci dice qualcosa questo oggi?


Riflettiamo ancora e guardiamo a questo discorso in modo prospettico. Se l’uomo è lui stesso il mezzo necessario dell’auto-comunicazione di Dio, non potrebbe succedere che un domani si dimentichi di Dio, di essere la sua auto-comunicazione e diventi invece solo auto-comunicazione di sé a sé stesso? Se cioè stanco di Dio o dell’essere solo in funzione dell’auto-comunicazione di Dio inizi a interessarsi solo di sé stesso o in ambito cattolico si inizi perfino a giustificare l’ateismo come un’opzione possibile perché umana? Rahner potrebbe essere preso talmente sul serio da superare anche la capacità trascendentale dell’uomo di essere aperto a Dio, finendo in una mera apertura dell’uomo all’uomo. Il rischio però è che l’uomo si accontenti di essere fratello di tutti anche senza saperlo o senza esserlo. E così arriviamo ai nostri giorni.

C’è senza dubbio una continuità ma anche una discontinuità tra Rahner e la Fratelli tutti. La continuità consiste nel fatto che l’uomo è al centro e Dio è un postulato della conoscenza dell’uomo; si dà come termine della trascendenza della conoscenza umana. Cioè un Dio in vista dell’uomo e non l’uomo in vista di Dio. Questo è il cuore della svolta antropologica rahneriana e della Chiesa dei nostri giorni.

La discontinuità consiste invece nel fatto che Rahner ha a cuore il problema dell’ateismo occidentale e vuole trovare una soluzione perché l’uomo sia in qualche modo orientato a Dio. Per il gesuita tedesco il Cristianesimo primeggia tra le religioni perché è accesso a Dio, è poter vedere Dio che rimane invisibile. Per la Fratelli tutti invece Dio non c’è e sembra che non ce ne sia bisogno. Manca vistosamente Cristo, il Figlio di Dio, che ci rende figli del Padre. C’è solo l’uomo che si affratella naturalmente agli altri uomini sulla mera base di istanze sociali o di un amore umano non ben precisato. Amore eros, filos, filantropico, agape: non è dato di sapere. Ciò che si sa è che non si tratta di un amore-caritas, l’amore che Dio ha riversato su di noi nel Figlio e che ci muove. Tutto è volto nell’enciclica di papa Francesco a superare la religione e a trovare un accordo tra gli uomini più duraturo, ma a-religioso o forse super-religioso. Tutti dovrebbero reputarsi fratelli, anche se non lo sanno.


La Fratelli tutti fa a meno di Dio e di Cristo, in un passaggio-chiave quando si spiega la parabola del Buon Samaritano: «In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio: un sacerdote e un levita. Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò [che] la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio» (n. 74).

Sembra che si dica che adorare Dio e non adorarlo sia dopotutto la stessa cosa. Per di più, se l’adorazione porta alla chiusura del cuore è meglio tralasciarla per soccorrere con le nostre forze quell’uomo incappato tra i briganti. In realtà, la vera adorazione, quella che si dà al Padre in Cristo suo Figlio per mezzo dello Spirito Santo, non conduce mai ad ignorare il prossimo, anzi ne è la ragion d’essere e il nutrimento necessario. L’uomo di oggi fa a meno di Dio, ma la soluzione non sta nel dare Dio a tutti indifferentemente. Altrimenti rischiamo di renderlo superfluo e di iniziare a pensare con il mondo, che fa tutto come se Egli non esistesse.

Padre Serafino Maria Lanzetta












sabato 21 novembre 2020

“Gesù, pensaci tu”. Don Dolindo Ruotolo











di Costanza Miriano

Qualche tempo fa una carissima amica mi ha chiesto quale frase avrei scelto se ne dovessi avere una sempre sotto gli occhi. Senza pensarci troppo le ho risposto “Gesù, pensaci tu”, il ritornello dell’atto di abbandono di Don Dolindo Ruotolo. Siccome è una suora e con le consorelle gestisce una scuola (una delle più belle mai viste, a Genova, quella delle figlie di San Giuseppe) ho pensato che stesse preparando uno striscione per i bambini, qualcosa per una recita o roba del genere, e la frase mi è salita alla bocca senza pensarci un secondo, poi ho dimenticato la domanda.

Non avrei mai creduto che invece fosse tutto un complotto per prepararmi un regalo (il quale peraltro non è ancora arrivato, ma so che è in cammino, e so che non è uno striscione né una statua di san Giuseppe ma qualcosa di frivolo, quindi se parte la mia linea di accessori un po’ too much con il logo “Gesù pensaci tu” vi avviso). Comunque, tutto questo era per dire che da tanto tempo sono affezionata a questa giaculatoria così semplice, e da tanto cercavo la storia di Don Dolindo, senza mai trovarla.

Ieri erano i cinquanta anni dalla sua morte, per cui volevo fargli un regalo (in ritardo, ma lui è buono e mi perdona) e ricordare questo sacerdote specialissimo, anche perché finalmente è uscita (per la Ares) una sua biografia che ha risposto alle mie attese, o, più precisamente, in realtà mi ha lasciata con la voglia di sapere molto di più, forse perché scritta, insieme a Luciano Regolo (che avevo imparato a conoscere come biografo di Natuzza Evolo), dalla nipote Grazia Ruotolo. Mi pare che comprensibilmente la nipote abbia avuto un occhio un po’ attento a una serie di aspetti dettati dall’affetto e dalla devozione, e che il risultato sia un racconto più affettivo che rigoroso e capace di uno sguardo oggettivo e globale, insomma a tratti mi sono un po’ persa. Forse alla fine alla statura di don Dolindo questa biografia non rende ancora piena giustizia, ma è sicuramente un ottimo inizio, lungamente atteso, almeno da parte mia.

E così, leggendo, ho capito che quest’uomo è stato ancora più di quanto pensassi, è stato un vero gigante, la versione dolce di padre Pio, e non mi capacito del fatto che questa figura sia così poco conosciuta, e poco esaltata nella Chiesa. Chiesa che lui ha amato teneramente e difeso senza riserve, nonostante tutto: in vita ha dovuto subire la sospensione a divinis. Il Signore però lo ha ricompensato con delle grazie incredibili, e una capacità profetica di predicare e di offrire la Parola di Dio. Diceva che la sua memoria sarebbe stata riabilitata dai suoi libri di commento alla Scrittura, infatti il suo commento ai Vangeli (Casa Editrice Mariana) è nella mia lista per Gesù bambino…

Ai modi burberi e decisi del frate di Pietrelcina, con cui condivideva il privilegio delle stimmate, don Dolindo invece rispondeva con una dolcezza sconfinata: chiamava tutti angioletto mio, e conquistava le persone con una accoglienza senza limiti, esaltando la bontà dei peccatori. Era durissimo con se stesso, si sottoponeva a penitenze, digiuni, sacrifici, sofferenze fisiche inimmaginabili (girava con una borsa di pietre portando la quale chiedeva a Dio di salvare le anime), ma con gli altri solo dolcezza. La sua bontà non era a buon mercato, sapeva che aveva un prezzo. Aveva capito che le anime si conquistano con un combattimento, e che se uno non è capace di farlo da solo, serve che qualcun altro si offra per lui. E’ il mistero della sofferenza vicaria. Continuamemte don Dolindo chiedeva e cercava occasioni per soffrire, supplicando Dio di salvare anime.

A questo proposito, nel suo libro su Maria fa una profezia impressionante:


“solo una grande misericordia può fare superare al mondo il baratro nel quale è caduto. […] Il mondo è diventato un campo di morte, nessuna voce lo risveglia se una grande misericordia non lo solleva. Voi, perciò, figlie mie dovete implorare questa misericordia, rivolgendovi a me che ne sono la Madre. Che cosa credete voi che sia la misericordia? Non è solo l’indulgenza, ma è anche il rimedio, la medicina, l’operazione chirurgica. La prima misericordia che deve avere questa povera terra, e la Chiesa per prima, dev’essere purificazione. Non vi spaventate, non temete, ma è necessario che un uragano terribile passi prima sulla Chiesa e poi su mondo! La Chiesa sembrerà quasi abbandonata e da ogni parte la diserteranno i suoi ministri… dovranno chiudersi persino le chiese! Il Signore troncherà con la sua potenza tutti i legami che ora l’avvincono alla terra e la paralizzano! Hanno trascurato la gloria di Dio per la gloria umana, per il prestigio terreno, per il fasto esteriore e tutto questo fasto sarà ingoiato da una persecuzione terribile, nuova! Allora si vedrà che cosa giovano gli appannaggi umani e come valeva meglio appoggiarsi a Gesù che è la vita vera della Chiesa. […] Tutto questo è misericordia non è male. Gesù voleva regnare dilatando l’amore suo… Egli dunque disperderà tutto quello che non è suo”.

Lui permetteva davvero a Gesù di regnare sul suo cuore, e si sa che con queste anime poi Dio supera i confini di ogni attesa; attraverso don Dolindo operava miracoli in continuazione, alcuni quasi di routine (non si sa quante coppie hanno concepito un figlio lungamente atteso, grazie a lui), altri enormi come la conversione di peccatori incalliti, o esagerati come permettere di avere un figlio a una donna a cui era stato asportato l’utero, ai ciechi di riavere la vista, e ogni sorta di guarigioni. Quando permetti a Gesù di regnare davvero sul tuo cuore, però, non è tanto importante che lui faccia la tua volontà, ma che tu capisca la sua. E allora, mentre cerchi di farla, puoi davvero abbandonarti come un bambino, come insegna il suo atto di abbandono:


Perché vi confondete agitandovi?

Lasciate a me la cura delle vostre cose

e tutto si calmerà.

Vi dico in verità che ogni atto di vero,

ricco e completo abbandono in me,

produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose.

Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi,

sconvolgersi e disperarsi,

volgendo poi a me una preghiera agitata perchè io segua voi,

è invece cambiare l’agitazione in preghiera.

Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima,

stornare il pensiero della tribolazione

e rimettersi a me perché io solo operi, dicendomi:

”pensaci tu”.

La preoccupazione, l’agitazione e il voler pensare

alle conseguenze di un fatto è contro l’abbandono,

chiudete gli occhi e lasciatevi portare

dalla corrente della mia grazia,

chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare,

chiudete gli occhi e pensate al momento presente,

stornando il pensiero dal futuro come da una tentazione,

riposate in me credendo alla mia bontà

e vi giuro che per il mio amore che dicendomi

con queste disposizioni, pensaci tu, io ci penso in pieno,

vi consolo, vi libero, vi conduco,

e quando dopo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi,

io vi addestro, vi porto nella mie braccia, vi faccio trovare…

come bimbi addormentati nelle braccia materne dall’altra riva,

quello che vi sconvolge e vi fa male immenso,

è il vostro ragionamento, il vostro pensiero, il vostro assillo,

e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi affligge,

quante cose io opero quando l’anima, tanto nelle sue necessità spirituali,

quanto in quelle materiali, si volge a me dicendomi ”pensaci tu”,

chiudi gli occhi e riposa! Voi nel dolore pregate perché io operi,

ma in realtà voi pregate perché io operi come voi credete,

non vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee,

non siete infermi che domandano al medico la cura, ma gliela suggeriscono.

Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater:

”sia santificato il Tuo nome”,

cioè sia glorificato in questa mia necessità,

”venga il Tuo regno”,

cioè tutto quello che mi sta succedendo concorra al tuo regno in noi e nel mondo,

”sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra”,

cioè disponi tu in questa necessità come meglio ti pare

per la vita nostra eterna e temporale.

Se mi dite davvero ”sia fatta la Tua volontà”,

che è lo stesso che dire: ”pensaci tu”,

io intervengo con tutta la mia onnipotenza

e risolvo le situazioni più chiuse.

Ti accorgi che il malanno incalza invece di decadere?

Non ti agitare, chiudi gli occhi e dimmi con fiducia:

”sia fatta la Tua volontà pensaci tu!”.

Ti dico che io ci penso e che intervengo come medico

e compio anche un miracolo quando occorre.

Vedi che la situazione peggiora?

Non ti sconvolgere chiudi gli occhi e dì: ”pensaci tu!”.

Ti dico che io ci penso e che non cè medicina più potente

di un mio intervento d’amore.

Ci penso solo quando chiudete gli occhi.

Quando vedi che le cose si complicano,

di con gli occhi dell’anima chiusi, Gesù pensaci tu.

Fa così per tutte le necessità, fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi miracoli.

Ve lo giuro per il mio amore!



E a proposito del piccolo resto a cui a volte sembra ridotta la Chiesa, ecco cosa dice:


“Nelle tempeste della vita non dobbiamo mai scoraggiarci, quando abbiamo Gesù con noi. A volte sembra quasi che Egli dorma e tutto pare perso. Questo avviene quando mettiamo la fiducia negli uomini o nei mezzi naturali. Ma quando si risveglia la nostra fede e con uno slancio di amorosa fiducia risvegliamo Gesù, Egli si erge da dominatore, impone silenzio alla tempesta e vince. Oggi si può dire che la Chiesa si trovi in una di quelle tempeste nelle quali Dio sembra che dorma. Le nazioni le si sono ribellate o, nella migliore ipotesi, fingono di non conoscerla. Le persecuzioni ferocissime in alcune regioni rinnovano l’era gloriosa dei primi martiri; le stragi si moltiplicano e, soprattutto, il male e l’errore dilagano in una maniera spaventosa. Dobbiamo risvegliare Gesù con la fede piena, integra, incrollabile, e quando ci sembrerà prossima la rovina lo vedremo, elevato nella sua regalità, imporre la calma e ridonare il trionfo alla sua Chiesa e al mondo”.








lunedì 16 novembre 2020

IL VASO DI PANDORA DEL DIVORZIO. A 50 anni dalla legge Fortuna-Baslini.






di Federico Catani (direttore della campagna SOS Ragazzi)
3 novembre 2020

Ricordiamo quest’anno una triste ricorrenza: i cinquanta anni della legge sul divorzio. Nessuno ne parla più, ma la sua approvazione ha segnato un cambiamento epocale nella mentalità degli italiani, di cui oggi vediamo tutte le amare conseguenze. A rimetterci sono soprattutto i bambini






Il 2020 ha segnato il cinquantesimo anniversario dell’approvazione della legge 898 del 1° dicembre 1970, quella, per intenderci, che introdusse il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano e nota anche come Fortuna-Baslini, dal nome dei due politici promotori. Si tratta di una triste ricorrenza, che però è doveroso ricordare.

Cinque decenni dopo, infatti, nessuno si pone più il problema del divorzio e dell’indissolubilità matrimoniale. Nessuno, anche in casa cattolica, si sognerebbe di contestare la legge del 1970. Tutt’al più qualcuno ha criticato le riforme ad essa apportate, come ad esempio il cosiddetto divorzio “breve” o “facile”. Ma anche in questo caso le voci di dissenso sono state pochissime e molto deboli. Del resto, se persino molti uomini di Chiesa, sin nei più alti vertici, da alcuni anni hanno iniziato a parlare di comunione per i divorziati risposati, cosa ci si può aspettare dalla classe politica e dall’opinione pubblica?

Inutile girarci attorno: l’introduzione del divorzio è stata sicuramente la conseguenza di un cambiamento valoriale all’interno della società italiana soprattutto a partire dal secondo dopoguerra e in particolare negli anni Sessanta. Però a sua volta la legge 898 ha contribuito ad avviare una vera e propria rivoluzione culturale, portando una nuova mentalità in cui oggi tutti siamo immersi sin sopra i capelli. L’Italia si è così adeguata a quella cultura divorzista che ha costruito un sistema che oppone i due sessi esaltando le ragioni egoistiche di ciascuno. La famiglia è stata subordinata all’egoismo degli individui. Il desiderio è diventato diritto e le responsabilità vengono spesso ignorate.


UN CAMBIAMENTO DI MENTALITÀ

Lo aveva capito molto bene il giornalista Piero Ottone, già direttore del Corriere della sera, il quale sei anni prima dell’approvazione della legge Fortuna-Baslini scriveva: “Il divorzio ha il vantaggio [sic!] di riparare l’errore di un matrimonio sbagliato e permette di ricominciare. D’accordo. Ma presenta anche uno svantaggio che è, a mio avviso, ancora maggiore. Esso uccide, o riduce fortemente, la volontà dei coniugi di compiere ogni possibile sforzo per salvare un matrimonio pericolante. […] La possibilità di uscire da una stanza in cui si sta scomodi genera un potente, quasi irresistibile desiderio di uscire, senza tentare di rendere quella stanza, quanto più possibile, comoda e abitabile. E ogni indebolimento della volontà dei coniugi è gravissimo, anzi fatale, perché, nei matrimoni davvero pericolanti, solo un grande sforzo da parte di entrambi, senza indecisioni e incertezze, può salvarli. Ne consegue che l’istituto del divorzio, anche se ha il vantaggio di sanare di tanto in tanto le situazioni insostenibili, ha il gravissimo difetto di indebolire la fibra morale dei cittadini. Esso fa di loro, uomini e donne, persone che fuggono davanti alle difficoltà, e non persone che le affrontano con coraggio. Il danno si ripercuote su tutta la vita sociale”. Ottone, da laico, aveva ragione. La possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale, che era stata concepita come una tutela in determinate situazioni di emergenza, si è ben presto tramutata in una sorta di “diritto inalienabile della persona”, la quale ha così acquisito il pieno diritto di far prevalere la logica egoistica del piacere personale rispetto a qualsivoglia esigenza dettata da principi morali o sociali. E perché la gente divorzia? I motivi sono indubbiamente molteplici e di varia natura, ma quel che forse incide maggiormente è proprio il progressivo venir meno della predisposizione al sacrificio.


LE AMARE CONSEGUENZE

Gli effetti di cinquant’anni di divorzio legale sono sotto i nostri occhi. I matrimoni ad esempio sono diminuiti drasticamente. Nell’attuale società sempre più spesso i genitori hanno difficoltà a presentarsi come modelli di vita e a trasmettere una visione valoriale densa di significati per i propri figli. Nei casi di separazione o divorzio, poi, i figli sono ancor più sacrificati ed esposti ad una costante e pervasiva opera di influenza sul loro sviluppo. Ma a pagare sono alla fine anche gli adulti. Chi non è a conoscenza di casi di depressione (ma anche di alcolismo e persino di suicidio) causati dal divorzio? Chi non ha mai sentito parlare almeno una volta dei problemi dei padri separati, sulle cui spalle peraltro spesso ricadono quasi interamente i costi dello scioglimento matrimoniale? Inoltre, chi frequenta il mondo scolastico sa benissimo che i consigli di classe devono evidenziare e trattare con riguardo i Bisogni Educativi Speciali (BES): ebbene, si tratta quasi sempre di ragazzi di famiglie disgregate.

Di fronte a questo panorama desolante, risuonano quanto mai profetiche le parole di Amintore Fanfani che, battendosi per l’abrogazione della legge 898 nel referendum del 1974, ebbe a dichiarare al Corriere della sera: “Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!”. Oggi, che dobbiamo batterci per fermare un progetto di legge (il ddl Zan) che mira a punire e imbavagliare chiunque osi sollevare obiezioni sulla condotta omosessuale e sull’ideologia gender in generale, capiamo meglio quanto sciagurata sia stata l’introduzione del divorzio. Il vaso di Pandora è stato aperto proprio cinquant’anni fa e richiuderlo non sarà certo facile.


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Il presente articolo di Federico Catani apre il numero di novembre 2020 del Notiziario della campagna “SOS Ragazzi” [www.sosragazzi.it] attualmente in diffusione. Per conoscere la rivista scrivere a info@sosragazzi.it.







martedì 10 novembre 2020

Così io, ventisettenne, ho scoperto la Messa antica. E ci tornerò







10NOV
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by Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, desidero proporvi una lettera che ho ricevuto e che a mio parere merita grande attenzione (soprattutto da parte dei sacerdoti). L’ha scritta una giovane di ventisette anni che in modo semplice e fresco, e per questo profondo, racconta la sua scoperta della Messa antica.

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Caro Valli, io e il mio fidanzato Stefano abbiamo ventisette anni ed è un periodo difficile per noi, che siamo credenti e praticanti, ma ci allontaniamo spesso dalla preghiera e siamo un po’ confusi sulle nostre scelte di vita e di coppia.

La scorsa domenica siamo tornati a messa dopo un periodo di assenza; siamo andati nella parrocchia di quartiere, ma invece di trovare quello che cercavamo, cioè sollievo e guida spirituale, siamo usciti innervositi e stanchi: la luce del confessionale è rimasta spenta tutto il tempo, il sacerdote ha pronunciato una predica molto lunga e molto inconcludente, la suora che gestiva i canti li ha stonati tutti talmente tanto da rendere difficile ai presenti nascondere risolini imbarazzati, e i ragazzi della cresima che avrebbero dovuto animare la messa – quelli presenti, ovvero tre, di cui uno travestito da scheletro in occasione di Halloween – non sono stati capaci di leggere in maniera corretta il salmo responsoriale (balbettii, incertezze, perdita del filo). Il prete ha più volte e vistosamente interrotto la lettura del Vangelo per motivi futili: dal cortile della parrocchia arrivavano rumori per l’allestimento del presepio, e lui ha voluto mandare una catechista a dire di interrompere i lavori; poi è stato il turno di un cellulare (pausa fino a che non ha smesso di squillare), infine di un’ambulanza e di una moto (altra pausa). Insomma, impossibile concentrarsi e pregare: nessuna solennità, nessun raccoglimento. Questo è stato un caso limite, ma ci siamo resi conto che tutte le volte che andiamo a messa succede qualcosa di simile; infatti non sentiamo la gravità della festa, e ne avremmo bisogno. Le omelie, poi, non riescono quasi mai a darci spunti di riflessione; spesso si tratta di miscugli inefficaci di rimproveri naïf e tirate retoriche su Dio che ci ama per come siamo. Se sei un ventenne probabilmente hai passato la vita a sentirtelo dire – va bene tutto, non c’è problema, fai quello che ti senti, ascolta il tuo cuore – basta guardare la pubblicità dello yogurt in tv, non c’è bisogno di andare in chiesa; ma chissà perché questa specie di mantra non serve a molto; cioè, alla fine la sensazione di essere sperduti e infelici rimane sempre.


Allora ho proposto di fare una cosa a cui pensavo da tempo: partecipare a una messa in rito antico. Fiduciosi di trovare la solennità, il raccoglimento e la guida che cercavamo, abbiamo scelto una chiesa del centro di Roma, dove la messa è presieduta da padri lefebvriani: donne velate (velo bianco per le nubili, nero per le sposate), uomini in giacca e cravatta, preti e chierichetti vestiti come in certi quadri ottocenteschi, rito e canti in latino. Quando siamo usciti dalla chiesa, Stefano non mi ha nascosto il suo disappunto, anzi, era quasi arrabbiato: «Insomma,» ha cominciato a dire scuotendo la testa e agitando le mani «tutto in latino, non si capisce nulla, zero partecipazione, poi sempre in ginocchio e non si capisce nemmeno perché, tutto cantato, quasi due ore, predica insensata, così non si può, è stata la prima e l’ultima volta…». Mentre parlava, io sono rimasta in silenzio, perché invece ero felice. Ci sono stati momenti in cui, pur non capendo le parole e non sapendo rispondere in latino (siamo andati senza messale), inspiegabilmente mi sono commossa: le signore davanti a me si inginocchiavano e io ne seguivo l’esempio, così potevo intuire quali fossero i momenti in cui dovevo pregare più forte; i canti salmodiati, anche se non ne comprendevo il significato, s’innalzavano con tale grazia verso il cielo da rendermi certa che le mie preghiere stessero salendo con loro. Ho trovato la concentrazione giusta per pregare; certo, non sempre, alcuni momenti sono stati tediosi, bisogna spesso stare in ginocchio e io, che non avevo l’inginocchiatoio, sul marmo mi sono fatta un po’ male, ma ne è valsa la pena. L’omelia, poi, che il sacerdote ha pronunciato in italiano, mi ha proprio colpito; nel senso, come uno schiaffo, e allo stesso tempo mi ha dato un grande sollievo; perché? mi sono chiesta. Perché il prete ha detto: ricordati dei novissimi; cioè: ricordati che devi morire. Ricordati che quando morirai verrai giudicato e non è vero che qualsiasi cosa tu faccia va bene, al contrario. Se non vivi rettamente, esercitando le quattro virtù cardinali, allora Dio non ti riconoscerà. Non temere la morte, la morte è normale, si muore all’improvviso, in ogni momento; non vivere come se non dovessi morire mai. Ma vivi rettamente in modo che Dio ti possa accogliere quando sarà il momento.


Che sollievo! Che sollievo sentirmi dire: devi fare così; è nelle tue mani, ma la strada è indicata. Com’è spaventoso, invece, il vuoto in cui siamo lasciati a vagare, in cui ci illudiamo di poter fare e avere qualsiasi cosa, e invece è un miraggio perverso che quando ti avvicini si sposta sempre più in là, e la morte è un innominabile buco nero oltre il ciglio del «tutto è possibile».

A scuola gli insegnanti severi erano i miei preferiti. Li temevo, ma mi piacevano, perché alla lunga capivo che erano loro quelli che avevano davvero a cuore gli studenti. I più gentili erano anche i più indifferenti e se mi davano un voto alto non ne ricavavo grande soddisfazione. Così credo di avere bisogno di una Chiesa severa, che punti il dito contro i miei errori perché io possa correggerli. Non sono così brava e forte da riuscirci da sola e ammetterlo è una grande liberazione.


Mi spiace che Stefano non la pensi come me, ma sono fiduciosa. Io tornerò e pregherò ancora, e lo farò con il massimo raccoglimento. Sono sicura che porterà frutto.

Giovanna

Roma











Bassetti e l'Eucaristia, un punto di non ritorno







TEMPI NUOVI
EDITORIALI
Riccardo Cascioli, 10-11-2020


Dal letto di ospedale il presidente della Cei lancia un messaggio che non lascia via di scampo: "In questo periodo così difficile l'Eucaristia sia al centro di tutto. Perché solo l'Eucaristia è la strada per la salvezza del mondo e per la vita del mondo". Parole che raccontano la personale vicenda di sofferenza e di grazia del cardinal Bassetti, gravemente colpito dal virus. Ma che, allo stesso tempo, segnano un vero cambio di passo della Chiesa per affrontare le dure prove di questo tempo, a partire dal Covid.
“Non c’è situazione umana a cui non possa essere ricondotta l’Eucarestia”. “L’Eucarestia è pro mundi salute, ovvero per la salvezza del mondo, e pro mundi vita, per la vita del mondo”. Perciò, “l’Eucarestia, soprattutto in questo periodo così difficile, non può essere lasciata ai margini delle nostre esistenze ma dev’essere rimessa, con ancora più forza, al centro della vita dei cristiani”.







Le parole che il cardinal Gualtiero Bassetti, dal suo letto di ospedale, ha sentito l’urgenza di scrivere in una lettera a tutto il popolo di Dio, non descrivono solo la toccante vicenda personale del presidente della Cei, ricoverato in gravi condizioni di salute, ma tracciano con estrema chiarezza la strada che la Chiesa deve percorrere per affrontare le drammatiche prove di questo tempo, a partire dalla seconda ondata di Coronavirus.

Un cambio di passo che ha dell’incredibile, se si considera che l’Eucaristia è stata esattamente la grande assente in tutta la prima fase della pandemia, quando la Cei e il governo hanno vietato le Sante Messe al popolo, ma allo stesso tempo è un cambio di passo perfettamente coerente con la logica di Dio. Andiamo con ordine.

“EUCARISTIA, CENTRO DELL’UNIVERSO”

Tutto ha inizio a fine ottobre quando il presidente della Cei, dopo qualche giorno di cure domiciliari, viene ricoverato in ospedale in quanto positivo al tampone del Coronavirus. Da qui le sue condizioni di salute iniziano a peggiorare, sino a che, il 3 novembre, il cardinale viene spostato in Terapia intensiva 2, a seguito di una sensibile variazione del quadro clinico, aggravatosi ulteriormente nella giornata di ieri.

Una situazione che, comprensibilmente, ha gettato in apprensione un po’ tutta la Chiesa italiana, ma non il diretto interessato, il quale proprio in questa malattia ha riconosciuto la mano della Provvidenza e il volto della misericorida di Dio su di lui.

“Da quando sono in isolamento per la positività al Covid19 - scrive Bassetti - ho la possibilità di comunicarmi ogni giorno nella mia camera, avendo portato una piccola pisside vicino alla porta della stanza. Era necessaria questa esperienza di malattia per rendermi conto di quanto siano vere le parole dell’Apocalisse in cui Gesù dice all’angelo della Chiesa di Laodicèa: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20)”.

“Era necessaria questa esperienza di malattia”, dice il vescovo di Perugia, proprio a sottolineare il cammino di fede che la sofferenza gli sta facendo percorrere e che lo sta avvicinando, in un modo tutto particolare, all’amore di Gesù Eucaristia.

E infatti, continua il cardinale nella lettera: “Quel pane consacrato trascende dallo stesso altare, abbraccia tutto l’universo e stringe a sé tutti i problemi dell’umanità, perché il corpo di Gesù è strettamente unito al corpo mistico che è tutta la Chiesa. Non c’è situazione umana a cui non possa essere ricondotta l’Eucarestia”.

Non può essere un caso che proprio nei giorni scorsi, presso il letto di ospedale del cardinal Bassetti e per sua stessa volontà, sia stata portata una reliquia di Carlo Acutis, il giovane che ha fatto dell’Eucaristia l’amore della sua vita e il centro della sua santità. Ed è commovente sapere che è proprio il Beato Acutis che il presidente della Cei sta invocando con particolar fervore in questi giorni di grande sofferenza. A dimostrazione che è nel sangue dei santi bambini che la Chiesa verrà completamente rinnovata a salvezza.

UN PUNTO DI NON RITORNO

Il presidente dei vescovi italiani, però, non si è limitato a proclamare il suo amore per Gesù Eucaristia, riacceso come un fuoco dal dono della sofferenza, ma ha indicato nella stessa Eucaristia la strada per uscire da ogni prova materiale e spirituale, per la Chiesa e per il mondo: “Anche le vicende drammatiche che stiamo vivendo in questi giorni in Italia - scrive Bassetti - come l’aumento della diffusione dell’epidemia, la grave crisi economica per molti lavoratori e per tante imprese, l’incertezza per i nostri giovani della scuola - non sono al di fuori della Santissima Eucarestia. (…) Non c’è consolazione, non c’è conforto, non c’è assenza di lacrime che non abbia il suo riferimento a Gesù Eucarestia. (...) L’Eucarestia non è soltanto il Sacramento in cui Cristo si riceve - l’anima è piena di grazia e a noi è dato il pegno della gloria futura - ma è l’anima del mondo ed è il fulcro in cui converge tutto l’universo".

Ebbene, se si pensa alle migliaia di persone che durante la prima fase della pandemia sono morte senza la possibilità di ricevere il Viatico per la vita eterna e se si pensa a tutti i fedeli che, con grave danno, sono stati privati del Corpo di Cristo, le parole del presidente della Cei possono scandalizzare. A meno che non si accetti di ascoltarle secondo la logica di Dio, il quale nel suo imperscrutabile piano di salvezza del mondo, è capace di stravolgere l’universo pur di conquistare un singolo cuore e regnarvi per sempre. Allora diventa profondamente commovente vedere l’amore misericordioso e ardente di Dio che usa di tutto, persino la sofferenza, il peccato e la morte, a vantaggio di ogni uomo che desidera la salvezza.

Così testimonia il cardinal Bassetti, a partire da sè: “Vorrei che in questo periodo di così grave sofferenza non sentissimo la croce come un peso insopportabile ma come una croce gloriosa. Perché la Sua dolce presenza e la Sua carezza nell’Eucarestia fanno sì che le braccia della croce diventino due ali, come diceva don Tonino Bello, che ci portano a Gesù".

"Ritengo infatti, come scriveva Paolo, «che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi». Con «impazienza» noi aspettiamo di contemplare il volto di Dio poiché «nella speranza noi siamo stati salvati» (Rom 8, 18.24). Pertanto, è assolutamente necessario sperare contro ogni speranza, «Spes contra spem». Perché, come ha scritto Charles Péguy, la Speranza è una bambina «irriducibile». Rispetto alla Fede che «è una sposa fedele» e alla Carità che «è una Madre», la Speranza sembra, in prima battuta, che non valga nulla. E invece è esattamente il contrario: sarà proprio la Speranza, scrive Péguy, «che è venuta al mondo il giorno di Natale» e che «portando le altre, traverserà i mondi»".


La redazione della Nuova Bussola Quotidiana rivolge i più sentiti auguri di pronta guarigione al Card. Gualtiero Bassetti, assicurandoGli le sue preghiere.









lunedì 2 novembre 2020

Dalla Messa da morto hanno tolto il Dies irae. La vecchia liturgia cattolica ha fatto arrabbiare tanta gente; ma non ha mai fatto ridere nessuno (Vittorio G. Rossi)






da MiL 2 novembre 2020 

L'antica liturgia funebre è stata fonte incommensurabile di conversione, di cambiamento di vita e di riflessione sul grande mistero della morte del giudizio di Dio.
Per questo motivo è stata oggetto di scherno e di disprezzo dei protestanti e dei progressisti di ieri come di oggi.
In questo
Ottavario dedicato ai Fedeli Defunti postiamo un "vecchio" ma sempre attuale articolo di Vittorio Giovanni Rossi (1898-1978) apparso sulla rivista Epoca il 26 settembre 1971, appena due anni dopo la riforma bugniniana che con un autoritarismo senza euguali (spesso condito da violenza) cassò l'antichissima e feconda liturgia dei defunti che ora è stata ripresa a gloria di Dio e per il suffragio dei fedeli defunti dai gruppi liturgici fedeli all'antica liturgia.
Ringraziamo Una Voce-Venezia che ha messo in rete un articolo così significativo ed edificante.
AC



Il morto è tutto contento d'esser morto
LA NUOVA MESSA FUNEBRE HA PERDUTO QUEL SUO SEVERO VIGORE
CHE COSTRINGEVA A RIFLETTERE ANCHE CHI NON È CREDENTE


di Vittorio G. Rossi


Non si sa più come morire; la Messa da morto come è adesso fa piangere più di prima; ma non fa piangere per il morto: fa piangere per la Messa.
Dico Messa da morto; dovrei dire Messa esequiale: ma io non sono un intellettuale come quelli che hanno fatto la Messa nuova da morto; e allora dire Messa da morto mi fa vedere la cosa; e dire Messa esequiale non me la fa vedere, ci devo pensare su un momento.
Non mi piace parlare di cose della morte; ma la Messa da morto riguarda più i vivi che i morti; quello che riguarda i morti, non lo possiamo sapere.
La morte è una cosa tremendamente seria, la più seria di tutte le cose che possono capitare all'uomo; perché l'uomo che ha fatto quel passaggio, potrà diventare angelo o diavolo o niente; ma ha finito di essere uomo, e questa è una perdita, su cui non si piangerà mai abbastanza.
La vecchia Messa da morto faceva sentire quel dramma tremendo; la Messa da morto che c'è
adesso, è come andare a cogliere margheritine nel prato e il parasole in mano.


Le hanno cambiato anche il colore; prima era nera, adesso è viola; il nero poteva disturbare l'uomo di adesso, fargli venire i complessi, come si usa adesso; come per le sculacciate ai bambini, una volta si davano come confetti; adesso dicono che l'onda della sculacciata può arrivare al cervello, e uno che stava per diventare un altro Leonardo da Vinci, diventa un cretino da ospizio.
Il viola è come il vino allungato con l'acqua, non è né vino né acqua; non è né caldo né freddo, né vivo né morto; è un piccolo trucco per fare passare la morte come un aperitivo.


Quell'invocazione che si ripeteva lungo tutta la vecchia Messa, requiem aeternam dona eis, Domine, era grandiosa; era una invocazione a Dio nella grandiosa maestà dalla lingua sacra, non quella volgare di adesso, la stessa che serve per comprare i ravanelli in piazza del mercato; era l'invocazione a Dio di placare la tempesta, e riempiva e scrollava la volta della chiesa e dava un brivido a quelli che provvisoriamente restavano sulla sponda di qua.
Adesso quell' "eterno riposo" della Messa nuova è adatto a uno che va in pensione, e si spera che gliela paghino.
La Messa di adesso è fatta quasi tutta di salmi; e la poesia dei salmi è una grande poesia, grandi blocchi monumentali di poesia; ma trasferita nella lingua per comprare i ravanelli, e tradotta da gente brava a fare le liste della biancheria da mandare in lavanderia, la poesia dei salmi e delle altre letture sacre è diventata la poesia delle liste della biancheria.
"Il giusto, anche nel caso di morte prematura - troverà riposo. - Vecchiaia veneranda non è la longevità - né si calcola dal numero degli anni. - La canizie per gli uomini sta nella sapienza". Era un pezzo del Libro della Sapienza: era poesia, e poesia augusta; è diventato un pezzo di una polizza di assicurazione sulla vita.
E anche in chiesa, anche alla presenza di un morto, non si sa se ridere o piangere.
Per mille anni e più la Chiesa cattolica ha insegnato a pensare a una parte importante del genere umano; ha avuto con sé la grande arte, la grande poesia, la grande musica; ossia mille anni di civiltà occidentale sono stati mille anni cattolici; e ora si è ridotta a fare i rifornimenti nei magazzini del linguaggio dei politici e dei sindacalisti, gente notoriamente piena di sapienza e belle lettere.
E non dice più "la santa Messa"; dice la "Messa comunitaria"; e la messa non sa più di anima, cosa strettamente individuale; sa di mensa aziendale.
Non dice più "i fedeli" o "i credenti", come dice così bene l'islam; dice la "comunità di base"; e sa di comizio e tessera in tasca; a se Dio ha fatto lui i cieli e la terra con sopra questa bella razza degli uomini, non deve dare molta importanza alle tessere in tasca.
E allora la Chiesa cattolica ha potuto togliere tranquillamente dalla Messa le preghiere alla Madonna piene di dolce poesia; togliere il così detto ultimo Vangelo, cioè il principio del Vangelo di Giovanni, quello "In principio era il Verbo.
E il Verbo era presso Dio e il Verbo ora Dio"; e niente di più spirituale è mai stato detto da bocca d'uomo. E nello spazio rimasto libero hanno collocato cose spirituali e poetiche come "questo pane, frutto della terra e del nostro lavoro... questo vino, frutto della vite e del nostro lavoro"; ed è roba che sa di cooperativa agricola.
Quando la Chiesa cattolica ha ripudiato il latino, una voce altissima della Chiesa Cattolica ha detto che finalmente quelli che pregavano avrebbero capito quello che pregavano. 


Quella voce era la voce delle grandi parole; così poteva sembrare che tutti i secoli di preghiere fatte dagli uomini erano andate in fumo, perché essi non sapevano quello che dicevano.
Ma il giorno che un uomo pregante capirà quello che sta dicendo, potrà smettere di pregare; la preghiera è un discorso con le cose invisibili e inconoscibili, cioè col mistero; e se il pregante riesce a sapere che cosa c'è dentro il guscio del mistero, può smettere di pregare e mandargli una cartolina postale; basta che non la mandi con le poste della nota repubblica fondata sul lavoro.
La religione è di là da tutte le spiegazioni; è fuori di tutte le prove sperimentali; i ragionamenti sulle cose che non si possono osservare, sperimentare, misurare, sono spiegazioni che non spiegano niente.
Fin che restano idee, le idee non sono né vere né false, né buone né cattive: sono idee, cioè discorsi ben fatti o mal fatti, e si chiamano le dialettiche.
E le dialettiche sono le equazioni differenziali degli imbecilli di oro fino.
Se invece di dire Agnus Dei qui tollis peccata mundi, uno dice "Agnello di Dio, che ti assumi i peccati del mondo", ne sa quanto prima; cioè in qualunque linguaggio lo dica, dice una cosa che è tenuta in piedi non dalle prove, come il così detto principio di Newton, ma dal crederci o non crederci. 


Montagne di parole sono state dette e scritte per spiegare che cosa vuol dire o per dire che non vuol dire niente; ma l'uomo che lo dice o lo sente dire, può sentire dentro di sé una grande luce che si apre e splende come un sole; oppure non accendersi niente; dipende da lui, non dalle parole dette o sentite.
Hanno tolto cose poetiche della Messa; e solo la poesia, non le spiegazioni, può fare vedere le cose che non si vedono; e lo spazio tolto alla poesia lo hanno dato alla predica.
Facevano la Messa nuova; e si sono lasciati scappare l'occasione gaudiosa di chiudere la bocca ai predicatori.
La Chiesa cattolica non saprà mai quanta gente ha perduto per via dei predicatori.
Il gesuita portoghese padre Vieira era un grande predicatore: 300 anni fa ha fatto la predica ai predicatori; gli ha detto che piuttosto che parlare a quel modo, era meglio tacere che parlare. San Francesco parlava agli uccelli, e gli uccelli lo ascoltavano perché gli pareva uno che parlava come loro, uno di loro; adesso quando il predicatore predica, mi viene la voglia di essere un grande peccatore, per fare dispetto a quel predicatore.
Quelli che hanno fatto la Messa nuova, hanno capito che non bastava sfrattare il latino, per dare più spiritualità alla Messa; e hanno inventato le strette di mano.
È la cosa più comica che sia mai stata fatta in una chiesa cattolica.
Ci sono vecchie pettegole che si voltano indietro alla ricerca di altre mani da stringere; non gli bastano quelle laterali. Ma io guardo in su; non vedo mani da stringere; il teatro in chiesa non mi è mai piaciuto. Hanno sfrattato il canto gregoriano, e non c'è canto più religioso, religiosamente più puro di quello; hanno sfrattato la grande musica.
Forse hanno ascoltato quelli che dicevano che la Chiesa cattolica è un prodotto dell'Occidente; ma anche la scienza e la tecnica sono un prodotto dell'Occidente; eppure gialli e neri adoperano con disinvolto fervore le cose meccaniche, le medicine, i modi di vestire e comportarsi dell'Occidente.
Qualcuno che non era uno stupido, ha detto che hanno fatto più miracoli i santi scolpiti e dipinti, che non i santi vivi; ed è vero; però si è dimenticato della musica, della grande musica. 


La grande musica ha portato a Dio più gente, che non tanti secoli di teologia; quel vento misterioso che entra nell'uomo, e lo invade, e lo muove come il vento muove il mare; e l'uomo piange o ride beato, si sente felice o triste, e non sa perché; e quella è la musica, la grande musica; e l'uomo poteva vedere la faccia di Dio, che nessuna descrizione della faccia di Dio è mai riuscita a fargli vedere.
E la Chiesa cattolica, una volta considerata intelligente anche troppo, ha buttato la sua grande musica fuori bordo; ai pesci.
Leonardo diceva che quando suonano le campane, nel suono delle campane l'uomo può mettere tutto quello che vuole; le sue gioie, i suoi dolori, le sue speranze.
Ora nella nuova Messa cantata, quella per i vivi e quella per i morti, i canti nuovi offrono gioielli come questo: "Mi risplenda la luce del ver - e mi guidi sul retto sentier"; o come quest'altro: "... evitiamo di dividerci tra noi - via le lotte maligne, via le liti", e altre stupidaggini come queste, innumerevoli.
E poi la musica, la musica nuova che accompagna quelle stupidaggini, e fa venire le rughe alla pancia.
Il muezzin che dal minareto musulmano chiama alla preghiera dell'aurora, grida ai quattro venti, "è meglio pregare che dormire! ... è meglio pregare che dormire!"; e fa commozione anche a chi non è musulmano; e ora coi suoi nuovi canti e suoni la Chiesa cattolica sembra dire ai suoi fedeli, che è meglio dormire che pregare.
Ma nelle pietre delle chiese cattoliche c'è ancora la eco viva dei vecchi canti, delle vecchie musiche; e il giorno che quella eco gloriosa si sarà spenta, la Chiesa cattolica si potrà mettere a vendere caramelle e pianeti della fortuna.
La vecchia liturgia cattolica ha fatto arrabbiare tanta gente; ma non ha mai fatto ridere nessuno.
Dalla Messa da morto hanno tolto il Dies irae.
Devono aver pensato che potevano conturbare le anime gracili di questi tempi svirilizzati; e hanno demolito la Messa da morto.
Quando nella Chiesa scoppiava quel canto, "Dies irae, dies illa. Solvet saeclum in favilla...
Il rimbombare della tromba per i campi seminati di sepolcri...
Prostrato a terra, invoco pietà"; quel canto faceva un rimbombo immenso dentro l'uomo che ascoltava, credente o non credente, perché la morte riguarda tutti, credenti e non credenti.
La religione si regge sull'esistenza del dolore e su quella della morte; nessuno può abolire definitivamente dentro l'uomo una religione, se non abolisce il dolore e la morte.
Quel canto tremendo lo metteva con la faccia dentro la faccia della morte; e allora lui cercava disperatamente la faccia di Dio; la faccia di quello che non muore.
E il Libera; il Libera che anch'esso doveva essere cantato in latino; perché solo così, con una lingua che non è quella per comprare i ravanelli, l'uomo può dire a Dio la sua disperazione; dirgli che lo liberi dalla morte eterna, "Libera me, Domine, de morte aeterna... quando verrai a giudicare il mondo col fuoco...".
La Messa da morto era qui, in questi canti terribili e virili; quando si celebrava in una chiesa di villaggio, quella chiesa diventava immensa, una grande cattedrale.
Poi l'uomo vivo usciva a testa bassa dalla chiesa dietro il morto, perché quei canti continuavano a rimbombargli dentro, come quando il cielo è pieno di folgori e tuoni.
Ora nella Messa nuova il prete parla lui della morte; lui che non sa che cosa è la vita, dovrebbe spiegare ai vivi che cosa è la morte.
Così la Messa da morto è diventata una Messa coi fiori di plastica, e il burro e la marmellata.
Il morto cinguetta sul ramo, come un passerotto; e tutto contento che è morto, e ora si metterà a tavola con gli angeli, i santi, i martiri, i patriarchi, il pane e burro e marmellata.
Ma io ho già detto al mio parroco, uomo pio, che se mi celebra quella Messa del pane e burro e marmellata, io mi rifiuterò di morire.
Però la nuova Messa da morto è la Messa di questa Chiesa cattolica di adesso; la grande Caterina da Siena direbbe che essa ha perso l'anima virile; dove i preti fanno quello che vogliono, si travestono come vogliono; e quei teologi nuovi che vogliono una religione cattolica da rivedere continuamente e a rivederla siano i parrocchiani e il loro parroco, e facciano le votazioni, per esempio, votare se oggi che è giovedì nell'ostia consacrata c'é Cristo o non c'è.
E quegli uomini di chiesa che parlano del giorno che nel posto di Dio si metterà il Pithecantropus, ossia l'ominide di Giava, perché l'uomo è tutto.
Una volta bruciavano anche per cose più piccole di queste; adesso quelli che dicono queste cose, non sono buoni neanche come legna da bruciare.


da "Epoca" 26 settembre 1971


Fonte: Una Voce Venezia QUI






domenica 1 novembre 2020

Le litanie dei Santi nel Rito Romano antico





domenica 1 novembre 2020

Litanie dei Santi (Messale Romano Antico) - Regina Sanctorum omnium, intercede pro nobis!

La chiesa cattolica l’1 novembre fa memoria di tutti i santi. Come il rito è ripetizione, ma è sempre nuovo nel sacrificio di Cristo che è reso presente come fosse la prima ultima unica volta, così la 'santa routine' della ripetitività ci invita a solennizzare la Ricorrenza di oggi. I frutti maturano nella ripetizione e nell'abitudine.
Una volta ancora estraiamo dai tesori della Chiesa quelle ricchezze spirituali che rischierebbero di cadere nell'oblìo se non le custodissimo, continuando a praticarle. Tra l'altro è di tutta evidenza come la pratica devozionale sia anche foriera di insegnamenti perché, oltre ai nomi dei Santi consegnati alla nostra memoria e a cui chiedere l'intercessione, ad ogni invocazione corrispondono verità di fede che la prassi consente di interiorizzare, anche ora che troppo si sorvola e spesso si taglia selvaggiamente.
Buona Festa di Ognissanti a tutti! 


Vedi precedenti nel blog [qui - qui]


Le Litanie proposte alla nostra devozione sono accompagnate da un commento storico-teologico (ripreso qui) rielaborato a partire dalle informazioni contenute nel Liber Sacramentorum del beato Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano. Per aiutare la fluidità della recita ve ne ripropongo in calce il testo latino.

Litanie dei Santi

(dal Messale Romano Vetus Ordo)


Anticamente, ogni diocesi e ogni monastero aveva le proprie litanie dei Santi, con i nomi dei loro patroni e dei loro beati, che venivano recitate al termine dell'Ufficio Mattutino e durante le processioni. Quello Romano, compostosi attorno al III secolo, inizialmente con gli stessi nomi dei Santi ricordati nel Canone Eucaristico, presto prevalse sugli altri, assumendo diffusione pressoché universale nel rito latino, con poche aggiunte esplicitamente concesse.
La preghiera inizia con delle invocazioni direttamente alla SS. Trinità, secondo l'uso delle antiche ektenie: i Kyrie eleison vengono ripetuti due volte, giusta le prescrizioni antecedenti a S. Gregorio, e non tre come alla Messa.


Kyrie, eleison.
Christe, eleison.
Kyrie, eleison.
Christe, audi nos.
Christe, exaudi nos.
Pater de caelis, Deus, miserere nobis.
Fili, Redemptor mundi, Deus,
Spiritus Sancte, Deus,
Sancta Trinitas, unus Deus, Signore, abbi misericordia.
Cristo, abbi misericordia.
Signore, abbi misericordia.
Cristo, ascoltaci.
Cristo, esaudiscici
Padre del cielo, Dio, abbi pietà di noi.
Figlio, Redentore del mondo, Dio,
Spirito Santo, Dio,
Santa Trinità, unico Dio,


La prima ad essere onorata è ovviamente la beatissima e sempre vergine Genitrice di Dio, la quale è invocata ben tre volte con tre differenti titoli (che poi saranno i primi tre delle Litanie Lauretane): col nome di Maria, coll'attributo di Deipara e coll'attributo di Vergine, i quali sono i titoli spettanti alla Madre di Dio in tutte le preghiere antiche. Seguono le preghiere ai Santi Angeli e Arcangeli: seppure i padri della Chiesa, tanto orientali quanto occidentali, ci tramandano i nomi di altri Arcangeli, tratti dalle tradizioni giudaiche, quali Uriele, Gemaliele etc., la Chiesa Romana ha sempre considerato soltanto i tre di cui parla la Scrittura.
Si aggiungono poi il precursore del Messia, il Battista, il padre putativo di Gesù, San Giuseppe, e genericamente i patriarchi e i profeti d'Israele.


Sancta Maria, ora pro nobis.
Sancta Dei Genetrix,
Sancta Virgo virginum,
Sancte Michael,
Sancte Gabriel,
Sancte Raphael,
Omnes sancti Angeli et Archangeli,
Omnes sancti beatorum Spirituum ordines,
Sancte Ioannes Baptista,
Sancte Ioseph,
Omnes sancti Patriarchae et Prophetae Santa Maria, prega per noi.
Santa Genitrice di Dio,
Santa Vergine tra le vergini,
San Michele,
San Gabriele,
San Raffaele,
Santi Angeli ed Arcangeli tutti,
Sante schiere tutte degli spiriti beati,
San Giovanni Battista,
San Giuseppe,
Santi Patriarchi e Profeti tutti


Seguono poi i dittici dei Santi Apostoli, nel medesimo ordine in cui sono invocati nel Canone Romano. Lo Schuster nota come Barnaba, per via del suo stretto legame con San Paolo, preceda i due Evangelisti non discepoli in tutti gli elenchi pervenutici.


Sancte Petre,
Sancte Paule,
Sancte Andrea,
Sancte Iacobe,
Sancte Ioannes,
Sancte Thoma,
Sancte Iacobe,
Sancte Philippe,
Sancte Bartolomaee,
Sancte Matthaee,
Sancte Simon,
Sancte Thaddaee,
Sancte Matthia,
Sancte Barnaba,
Sancte Luca,
Sancte Marce,
Omnes sancti Apostoli et Evangelistae,
Omnes sancti discipuli Domini, San Pietro,

Seguono poi i nomi dei Martiri di Cristo: dopo i Santi Innocenti e il protomartire Stefano, compaiono alcuni dei martiri più celebrati a Roma, tra cui Fabiano e Sebastiano. Più tardiva è probabilmente l'introduzione dei Santi Gervasio e Protasio, i cui corpi furono rinvenuti da S. Ambrogio a Milano.


Omnes sancti Innocentes,
Sancte Stephane,
Sancte Laurenti,
Sancte Vincenti,
Sancti Fabiane et Sebastiane,
Sancti Iohannes et Paule,
Sancti Cosma et Damiane,
Sancti Gervasi et Protasi,
Omnes sancti martyres, 

Seguono poi i Santi Confessori, il cui culto è decisamente successivo a quello dei martiri. Essi, inizialmente visti come quelli che avevano patito esili, prigionie e tormenti ma non il martirio, sono generalmente coloro che hanno testimoniato con ardore la vera fede, senza però versare il proprio sangue per Cristo. I primi Santi non martiri a ricevere culto pubblico e memoria liturgica furono S. Silvestro Papa e S. Martino, ivi citati. Oggi, pur essendo i Confessori la grande maggioranza dei Santi della Chiesa, essi hanno solo un breve spazio nelle Litanie, perché a cagione della loro antichità sono mantenuti solo i primi Confessori: S. Gregorio Papa, S. Agostino d'Ippona, S. Ambrogio di Milano, e l'autore della Vulgata S. Girolamo. S. Nicola fu aggiunto nel Medioevo per via della grande devozione popolare sviluppatasi attorno al X secolo, ed è l'unico Santo Orientale (eccettuati ovviamente gli Apostoli) che ha il privilegio della memoria nelle litanie romane.


Sancte Sylvester,
Sancte Gregori,
Sancte Ambrosi,
Sancte Augustine,
Sancte Hieronyme,
Sancte Martine,
Sancte Nicolae,
Omnes sancti Pontifices et Confessores,
Omnes sancti Doctores, San Silvestro

Una breve sezione, aggiunta nel tardo Medioevo, è riservata ai fondatori dei maggiori ordini religiosi della Chiesa Cattolica. Altri ordini religiosi, i cui fondatori ivi non son ricordati, ottennero privilegio di citare il proprio (i Certosini possono nominare S. Bruno, etc.). Infine, si fa una memoria collettiva di tutti i Santi che sono stati religiosi a qualche titolo.


Sancte Antoni,
Sancte Benedicte,
Sancte Bernarde,
Sancte Dominice,
Sancte Francisce,
Omnes sancti Sacerdotes et Levitae,
Omnes sancti Monachi et Eremitae


Infine, secondo l'ordine né cronologico né logico delle litanie della Vigilia Pasquale nonché del Canone Romano, sono citate le Sante, e in particolare le Vergini Martiri, romane e non, dei primi secoli. La locuzione "Vedove" nell'invocazione generale alla fine fu introdotta per tutte quelle Sante che sono state canonizzate pur non morte vergini né subendo il martirio.


Sancta Maria Magdalena,
Sancta Agatha,
Sancta Lucia,
Sancta Agnes,
Sancta Caecilia,
Sancta Catharina,
Sancta Anastasia,
Omnes sanctae Virgines et Viduae

Dopo l'invocazione riassuntiva ai Santi e due brevi acclamazioni a Iddio, iniziano le suppliche di liberazione, nelle quali si chiede che il Signore buono e filantropo storni da noi ogni disgrazia umana, diabolica e naturale. Questa parte delle litanie è particolarmente importante nella processione delle Rogazioni, specie per le richieste inerenti al clima e alle calamità naturali, e si recita subito prima della benedizione dei campi.
Lo Schuster precisa che per "morte sempiterna" s'intende la morte dell'impenitente, sicuramente destinato alla dannazione perpetua.


Omnes Sancti et Sanctae Dei, intercedite pro nobis.
Propitius esto, parce nos, Domine.
Propitius esto, exaudi nos, Domine.
Ab omni malo, libera nos, Domine.
Ab omni peccato,
Ab ira tua,
A subitanea et improvisa morte,
Ab insidiis diaboli,
Ab ira et odio et omni mala voluntate,
A spiritu fornicationis,
A fulgure et tempestate,
A flagello terraemotus,
A peste, fame et bello,
A morte perpetua, 

[Santi e Sante tutti di Dio, intercedete per noi.
Sii indulgente, risparmiaci, o Signore.
Sii indulgente, ascoltaci, o Signore.
Da ogni malvagità, liberaci, o Signore.
Da ogni peccato,
Dalla tua ira,
Dalla morte improvvisa e inaspettata,
Dalle insidie del demonio,
Dall’ira, dall’odio e da ogni desiderio cattivo, Dallo spirito d’immondezza,
Dal fulmine e dalla tempesta,
Dal flagello del terremoto,
Dalla pestilenza, dalla carestia e dalla guerra, Dalla morte sempiterna]


In seguito, si chiede ancora l'aiuto di Dio, invocandolo in virtù dei misteri della Redenzione, secondo l'ordine e l'elenco proposto dall'antica anamnesi Romana della Consacrazione.


Per mysterium sanctae Incarnationis tuae,
Per adventum tuum,
Per nativitatem tuam,
Per baptismum et sanctum ieiunium tuum,
Per crucem et passionem tuam,
Per mortem et sepulturam tuam,
Per sanctam resurrectionem tuam,
Per admirabilem ascensionem tuam,
Per adventum Spiritus Sancti Paracliti,
In die iudicii, Per il mistero della tua santa Incarnazione,

[Per il tuo Avvento,
Per il tuo Natale,
Per il tuo Battesimo e il tuo santo digiuno,
Per la tua Croce e la tua Passione,
Per la tua Morte e la tua Sepoltura,
Per la tua santa Risurrezione,
Per la tua mirabile Ascensione,
Per la discesa dello Spirito Santo Paraclito,
Nel giorno del giudizio,]


Segue l'ektenia, secondo il modello che ancor oggi è contenuto nelle liturgie greche, e che tradisce l'origine antichissima di queste litanie; in queste orazioni si prega anzitutto per le nostre necessità, in secondo luogo per il Papa e per tutti gli Ordini Religiosi (intesi non già come congregazioni monastiche o conventuali, che non esistevano al tempo in cui fu scritta questa preghiera, ma bensì come vescovi, sacerdoti, monaci, diaconi e suddiaconi; si noti che in questo punto non si fa menzione del vescovo locale, a cagione del carattere prettamente romano di questa liturgia, per cui non occorreva nominare altri vescovi oltre al Papa), per l'umiliazione dei nemici di Dio (intesa come la loro conversione alla retta fede), per lα Santa Liturgia (chiamate col nome di servitium, calco del greco λειτουργία), etc.
Si conclude nuovamente colle invocazioni a Nostro Signore, comprese dell'Agnus Dei, e col Padre Nostro.


Peccatores, te rogamus, audi nos.
Ut nobis parcas,
Ut nobis indulgeas,
Ut ad veram paenitentiam nos perducere digneris,
Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris,
Ut domum Apostolicum et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris,
Ut inimicos sanctae Ecclesiae humiliare digneris,
Ut regibus et principibus christianis pacem et veram concordiam donare digneris,
Ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris,
Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare, et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris,
Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris,
Ut mentes nostras ad caelestia desideria erigas,
Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas,
Ut animas nostras, fratrum, propinquorum et benefactorum nostrorum ab aeterna damnatione eripias,
Ut fructus terrae dare et conservare digneris,
Ut omnibus fidelibus defunctis requiem aeternam donare digneris,
Ut nos exaudire digneris,
Fili Dei,

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
parce nobis, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
exaudi nos, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
miserere nobis.

Christe, audi nos.
Christe, exaudi nos.
Kyrie, eleison.
Christe, eleison.
Kyrie, eleison.

Pater Noster …
Et ne nos inducas in tentationem.
Sed libera nos a malo. 

[Pur peccatori, ti preghiamo, ascoltaci.
Perché tu ci risparmi,
Perché tu ci perdoni,
Perché tu ti degni di condurci a vera penitenza,
Perché tu ti degni di preservare e governare la tua santa Chiesa,
Perché tu ti degni di preservare l’Apostolico Signore il Papa e tutti gli Ordini Religiosi nel santo zelo religioso,
Perché tu ti degni di umiliare tutti i nemici della Santa Chiesa,
Perché tu ti degni di far dono di pace e di vera concordia ai sovrani e ai principi cristiani,
Perché tu ti degni di donare pace ed unità a tutto il popolo cristiano,
Perché tu ti degni di ricondurre all’unità della Chiesa tutti gli erranti, e di portare tutti gli infedeli alla luce del Vangelo,
Perché tu ti degni di supportarci e preservarci nel tuo santo servizio liturgico,
Perché elevi le nostre menti ai desideri celesti,
Perché ricompensi coi beni eterni i nostri benefattori,
Perché salvi dalla dannazione eterna le anime nostre, dei nostri fratelli, parenti e dei nostri benefattori,
Perché tu ti degni di concedere e conservare i frutti della terra,
Perché tu ti degni di donare a tutti i fedeli defunti l’eterno riposo,
Perché tu ti degni d’esaudirci,
O Figlio di Dio,

Agnello di Dio, che porti su di te i peccati del mondo, perdonaci, o Signore.
Agnello di Dio, che porti su di te i peccati del mondo, ascoltaci, o Signore.
Agnello di Dio, che porti su di te i peccati del mondo, abbi misericordia di noi.

Cristo, ascoltaci.
Cristo, esaudiscici
Signore, abbi misericordia.
Cristo, abbi misericordia.
Signore, abbi misericordia.

Padre Nostro …
E non c’indurre in tentazione.
Ma liberaci dal Maligno.]


La recita del salmo LXIX in questo punto fu introduzione medievale, ma lo Schuster nota che il tono di questo salmo ben si adattava al clima nel quale la provvidenza volle che S. Mamerto istituisse per il bene del suo popolo le Rogazioni.


Deus, in adjutórium meum inténde: * Dómine ad adjuvándum me festína.
Confundántur et revereántur, qui quærunt ánimam meam. * Avertántur retrórsum, et erubéscant, qui volunt mihi mala.
Avertántur statim erubescéntes, * qui dicunt mihi: Euge, euge.
Exsúltent et læténtur in te omnes qui quærunt te, * et dicant semper : Magnificétur Dóminus: qui díligunt salutáre tuum.
Ego vero egénus et pauper sum:* Deus ádjuva me.
Adjútor meus, et liberátor meus es tu: * Dómine, ne moréris.
Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sæcula sæculórum. Amen 

[O Dio, vieni in mio aiuto: * Signore, affrettati ad aiutarmi.
Siano confusi e presi da timore quei che perseguitano l’anima mia. * Arretrino e arrossiscano quelli che mi voglion male.
Arretrino subito, rossi in volto, * quelli che mi dicono: Bene, bene.
Esultino e gioiscano in te tutti quei che ti cerano, * e sempre dicano: Sia esaltato il Signore, coloro che amano la tua salvezza. Io invece son povero, e indigente: * Iddio, aiutami!
Mio aiuto e mio liberatore sei tu: * O Signore, non tardare.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Com’era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.]


Seguono infine una serie di versetti d'invocazione, derivati dalle antiche litanie diaconali del rito romano, conservatesi sino al VII secolo almeno (mentre nei riti greci sopravvivono ancor oggi, in quelli latini restano solo nelle preci feriali dell'Ufficio Divino); particolarmente importante è la preghiera per gli assenti, raccomandata pure da S. Benedetto.


V. Salvos fac servos tuos.
R. Deus meus, sperantes in te.
V. Esto nobis, Domine, turris fortitudinis.
R. A facie inimici.
V. Nihil proficiat inimicus in nobis.
R. Et filius iniquitatis non apponat nocere nobis.
V. Domine, non secundum peccata nostra facias nobis.
R. Neque secundum iniquitates nostras retribuas nobis.

V. Oremus pro Pontifice nostro N.
R. Dominus conservet eum, et vivificet eum, et beatum faciat eum in terra, et non tradat eum in animam inimicorum eius.

V. Oremus pro benefactoribus nostris.
R. Retribuere dignare, Domine, omnibus nobis bona facientibus propter nomen tuum, vitam aeternam. Amen.
V. Oremus pro fidelibus defunctis.
R. Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis.
V. Requiescant in pace.
R. Amen.

V. Pro fratribus nostris absentibus.
R. Salvos fac servos tuos, Deus meus, sperantes in te.
V. Mitte eis, Domine, auxilium de sancto.
R. Et de Sion tuere eos.
V. Domine, exaudi orationem meam.
R. Et clamor meus ad te veniat.
V. Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo. 


[V. Salva i tuoi servi.
R. O Dio mio, quelli che in te sperano.
V. Sii per noi, o Signore, una torre di fortezza.
R. Contro il nemico.
V. Il nemico non prevalga per nulla su di noi.
R. E il figlio dell’iniquità non s’appresti a farci del male.
V. Signore, non renderci conto dei nostri peccati.
R. E non darci ricompensa secondo le nostre iniquità.

V. Preghiamo per il nostro Papa N.
R. Il Signore lo preservi, gli dia forza e lo renda beato su tutta la terra, e non lo faccia cadere nelle mani dei suoi nemici.

V. Preghiamo per i nostri benefattori.
R. Degnati, o Signore, di ricompensare con la vita eterna tutti quelli che ci fanno del bene a motivo del tuo nome. Amen.
V. Preghiamo per i fedeli defunti.
R. L’eterno riposo donagli, o Signore, e la luce perpetua gli risplenda.
V. Riposino nella pace.
R. Amen.

V. Per i nostri fratelli assenti.
R. Salva i tuoi servi, o Dio mio, che sperano in te.
V. Mandagli aiuto, o Signore, dal tuo santuario.
R. E da Sion proteggili.
V. Signore, ascolta la mia preghiera.
R. E il mio grido giunga a te.
V. Il Signore sia con voi.
R. E con lo spirito tuo.]



Infine, si riportano le Collette Sacerdotali di conclusione, con la nota necessaria che, pur parte del rito delle Litanie dei Santi quando esse sono celebrate singolarmente, esse si omettono alle Rogazioni, essendo supplite dalla Colletta della Messa.


Oremus:
Deus, cui proprium est misereri semper et parcere: suscipe deprecationem nostram; ut nos, et omnes famulos tuos, quos delictorum catena constringit, miseratio tuae pietatis clementer absolvat

Exaudi, quaesumus, Domine, supplicum preces, et confitentium tibi parce peccatis: ut pariter nobis indulgentiam tribuas benignus et pacem.

Ineffabilem nobis, Domine, misericordiam tuam clementer ostende: ut simul nos et a peccatis omnibus exuas, et a poenis quas pro his meremur, eripias.

Deus, qui culpa offenderis, paenitentia placaris: preces populi tui supplicantis propitius respice; et flagella tuae iracundiae, quae pro peccatis nostris meremur, averte.

Omnipotens sempiterne Deus, miserere famulo tuo Pontifici nostro N., et dirige eum secundum tuam clementiam in viam salutis aeternae: ut, te donante, tibi placita cupiat, et tota virtute perficiat.

Deus, a quo sancta desideria, recta consilia, et iusta sunt opera: da servis tuis illam, quam mundus dare non potest, pacem; ut et corda nostra mandatis tuis dedita, et, hostium sublata formidine, tempora sint tua protectione tranquilla.

Ure igne Sancti Spiritus renes nostros et cor nostrum, Domine: ut tibi casto corpore serviamus, et mundo corde placeamus.

Fidelium, Deus omnium Conditor et Redemptor, animabus famulorum famularumque tuarum remissionem cunctorum tribue peccatorum: ut indulgentiam, quam semper optaverunt, piis supplicationibus consequantur

Actiones nostras, quaesumus, Domine, aspirando praeveni et adiuvando prosequere: ut cuncta oratio et operatio a te semper incipiat et per te coepta finiatur.

Omnipotens sempiterne Deus, qui vivorum dominaris simul et mortuorum, omniumque misereris, quos tuos fide et opere futuros esse praenoscis: te supplices exoramus; ut pro quibus effundere preces decrevimus, quosque vel praesens saeculum adhuc in carne retinet vel futurum iam exutos corpore suscepit, intercedentibus omnibus Sanctis tuis, pietatis tuae clementia, omnium delictorum suorum veniam consequantur. Per Dominum nostrum Iesum Christum.

V. Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo.
V. Exaudiat nos omnipotens et misericors Dominus.
R. Amen.
V. Et fidelium animae per misericordiam Dei requiescant in pace.
R. Amen. 


[Preghiamo:
O Dio, a cui si addice aver sempre misericordia e risparmiarci: accetta la nostra preghiera; acciocché noi e tutti i tuoi servi che son presi dai vincoli del peccato siamo assolti con clemenza dalla tua misericordia.

Ascolta, o Signore, te ne preghiamo, le preghiere dei supplici, e risparmia i peccati di chi ti loda; e donaci, benigno, pace e perdono.

O Signore, mostraci con clemenza la tua ineffabile misericordia, affinché tu ci mondi da tutti i nostri peccati e ci liberi dalle pene che a loro cagione abbiamo meritato.

O Dio, che sei offeso dalla colpa e placato dalla penitenza: guarda benigno alle preghiere del popolo che ti supplica, e storna da noi i flagelli della tua ira, che abbiamo meritato coi nostri peccati.

Dio onnipotente ed eterno, abbi misericordia del tuo servo, il nostro Pontefice N., e guidalo secondo la tua clemenza alla via dell’eterna salvezza, affinché, per tuo dono, desideri ciò che a te e gradito e sia perfetto nella virtù.

O Dio, da cui vengono i desideri santi, le idee buone e le opere oneste: dà ai tuoi servi quella pace che il mondo non è in grado di dare; affinché i nostri cuori sian dediti ai tuoi comandamenti, e, stornata la paura dei nemici, ogni tempo sia tranquillo per tua protezione.

Infiamma col fuoco del Santo Spirito le nostre viscere e il nostro cuore, o Signore, affinché ti serviamo con corpo casto, e ti siamo graditi con cuore puro. O Dio di tutti Creatore e Redentore, concedi la remissione dei peccati alle anime dei tuoi servi e delle tue serve tutte, perché con le loro devote preghiere ottengono il perdono che sempre hanno sperato.


Signore, guida le nostre azioni col tuo spirito, te ne preghiamo, e falle proseguire col tuo aiuto: affinché ogni azione e preghiera abbia in te il suo inizio e, una volta iniziata, il suo fine.

Dio onnipotente ed eterno, che hai egualmente potere sui vivi e sui morti, abbi pietà di tutti coloro che sai che saranno tuoi per fede e per opera: te ne preghiamo supplici, affinché coloro per cui abbiamo voluto innalzare orazioni, sia quelli che ancora il mondo presente trattiene nella carne, sia quelli che il mondo futuro ha già ricevuto, usciti dal corpo, per l’intercessione di tutti i tuoi Santi e per la tua clemenza, ottengano il perdono di tutti i loro peccati.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.


V. Il Signore sia con voi.
R. E collo spirito tuo.
V. Ci esaudisca il Signore Onnipotente e misericordioso.
R. Amen.
V. E le anime dei fedeli, per la misericordia di Dio, riposino nella pace.
R. Amen.]


* * *Il testo delle Litanie per la recita fluida e concentrata.


Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.
Christe, eléison. Christe, eléison.
Kyrie, eléison. Kyrie, eléison.
Pater de cælis Deus, miserére nobis.
Fili, Redemptor mundi, Deus, miserére nobis Spiritus Sancte, Deus, miserére nobis
Sancta Trinitas, unus Deus, miserére nobis.
Sancta Maria, ora pro nobis.
Sancta Dei Genetrix, ora pro nobis.
Sancta Virgo virginum, ora pro nobis.
Sancte Michael, ora pro nobis.
Sancte Gabriel, ora pro nobis.
Sancte Raphael, ora pro nobis.
Omnes sancti Angeli et Archangeli, orate pro nobis.
Omnes sancti beatorum Spirituum ordines, orate pro nobis.
Sancte Ioannes Baptista, ora pro nobis.
Sancte Ioseph, ora pro nobis.
Omnes sancti Patriarchae et Prophetae, orate pro nobis.
Sancte Petre, ora pro nobis.
Sancte Paule, R. Sancte Andrea, ora pro nobis.
Sancte Iacobe (maior), ora pro nobis.
Sancte Ioannes, ora pro nobis.
Sancte Thoma, ora pro nobis.
Sancte Iacobe (minor), ora pro nobis.
Sancte Philippe, ora pro nobis.
Sancte Bartolomaee, ora pro nobis.
Sancte Matthaee, ora pro nobis.
Sancte Simon, ora pro nobis.
Sancte Thaddaee, ora pro nobis.
Sancte Matthia, ora pro nobis.
Sancte Barnaba, ora pro nobis.
Sancte Luca, ora pro nobis.
Sancte Marce, ora pro nobis.
Omnes sancti Apostoli et Evangelistae, orate pro nobis.
Omnes sancti discipuli Domini, orate pro nobis.
Omnes sancti Innocentes, orate pro nobis.
Sancte Stephane, ora pro nobis.
Sancte Laurenti, ora pro nobis.
Sancte Vincenti, ora pro nobis.
Sancti Fabiane et Sebastiane, ora pro nobis.
Sancti Ioannes et Paule, ora pro nobis.
Sancti Cosma et Damiane, ora pro nobis.
Sancti Gervasi et Protasi, ora pro nobis.
Omnes sancti martyres, orate pro nobis.
Sancte Sylvester, ora pro nobis.
Sancte Gregori, ora pro nobis..
Sancte Ambrosi, ora pro nobis.
Sancte Augustine, ora pro nobis.
Sancte Hieronyme, ora pro nobis.
Omnes sancti Pontifices et Confessores, orate pro nobis.
Omnes sancti Doctores, orate pro nobis.
Sancte Antoni, ora pro nobis.
Sancte Benedicte, ora pro nobis.
Sancte Bernarde, ora pro nobis.
Sancte Dominice, ora pro nobis.
Sancte Francisce, ora pro nobis.
Omnes sancti Sacerdotes et Levitae orate pro nobis.
Omnes sancti Monachi et Eremitae, orate pro nobis.
Sancta Anna, ora pro nobis.
Sancta Maria Magdalena, ora pro nobis.
Sancta Agatha, ora pro nobis.
Sancta Lucia, ora pro nobis.
Sancta Agnes, ora pro nobis.
Sancta Caecilia, ora pro nobis.
Sancta Catharina, ora pro nobis.
Sancta Anastasia, ora pro nobis.
Omnes sanctae Virgines et Viduae, orate pro nobis.
Omnes Sancti et Sanctae Dei, intercedite pro nobis.
Propitius esto parce nos, Domine.
Propitius esto, exaudi nos, Domine.
Ab omni malo, libera nos, Domine.
Ab omni peccato, libera nos, Domine.
Ab ira tua, libera nos, Domine.
A subitanea et improvisa morte, libera nos, Domine.
Ab insidiis diaboli, libera nos, Domine.
Ab ira et odio et omni mala voluntate, libera nos, Domine.
A spiritu fornicationis, libera nos, Domine.
A fulgure et tempestate, libera nos, Domine.
A flagello terraemotus, libera nos, Domine.
A peste, fame et bello, libera nos, Domine.
A morte perpetua, libera nos, Domine.
Per mysterium sanctae Incarnationis tuae, libera nos, Domine.
Per adventum tuum, libera nos, Domine.
Per nativitatem tuam, libera nos, Domine.
Per baptismum et sanctum ieiunium tuum, libera nos, Domine.
Per crucem et passionem tuam, libera nos, Domine..
Per mortem et sepulturam tuam, libera nos, Domine.
Per sanctam resurrectionem tuam, libera nos, Domine.
Per admirabilem ascensionem tuam, libera nos, Domine.
Per adventum Spiritus Sancti Paracliti, libera nos, Domine.
In die iudicii, libera nos, Domine.
Peccatores, te rogamus, audi nos.
Ut nobis parcas, te rogamus, audi nos..
Ut nobis indulgeas, te rogamus, audi nos.
Ut ad veram paenitentiam nos perducere digneris, te rogamus, audi nos.
Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut domum Apostolicum et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut inimicos sanctae Ecclesiae humiliare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut regibus et principibus christianis pacem et veram concordiam donare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris, te rogamus, audi nos.
Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare, et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris, te rogamus, audi nos.
Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut mentes nostras ad caelestia desideria erigas, te rogamus, audi nos..
Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas, te rogamus, audi nos.
Ut animas nostras, fratrum, propinquorum et benefactorum nostrorum ab aeterna damnatione eripias, te rogamus, audi nos.
Ut fructus terrae dare et conservare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut omnibus fidelibus defunctis requiem aeternam donare digneris, te rogamus, audi nos.
Ut nos exaudire digneris, te rogamus, audi nos.
Fili Dei, te rogamus, audi nos.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.




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