mercoledì 8 febbraio 2017

Padre Pio: stare alla presenza di Dio






Lettera di San Pio da Pietrelcina a una sua figlia spirituale 
Mia carissima figliuola, Gesù regni nel tuo cuore per riempirlo e farlo abbondare del tuo santo amore!

Mi dispiace di non aver capacità per dare adeguata risposta a tutti i punti da te espostimi nell’ultima tua. Sono da tre giorni infermo e lascio per un po’ il letto per dare riscontro alla tua, ma mi sarai indulgente, se sono brevissimo. In generale ti assicuro di star tranquilla sulle condizioni del tuo spirito, il quale è di gradimento a Dio. Non posso poi affatto credere e quindi dispensarti dal meditare solo perché a te sembra di non ricavarne nulla. Il sacro dono dell’orazione, mia buona figliuola, sta posto nella destra mano del Salvatore, ed a misura che tu sarai vuota di te stessa, cioè dell’amore del corpo e della tua propria volontà, e che ti andrai ben radicando nella santa umiltà, il Signore lo andrà comunicando al tuo cuore.

Abbi pazienza nel perseverare in questo santo esercizio del meditare e contentati di cominciare a piccoli passi, finché abbi gambe per correre, e meglio ali per volare; contentati di far l’ubbidienza, la quale non è mai una piccola cosa per un anima, la quale ha scelto Dio per sua porzione e rassegnati di essere per ora una piccola ape di nido che ben presto diventerai una grande ape abile a fabbricare il miele.

Umiliati sempre ed amorosamente davanti a Dio ed agli uomini, perché Iddio parla a chi veramente tiene il suo cuore umile dinanzi a Lui e l’arricchisce dei suoi doni. Ma la ragione vera per cui non provi o meglio non sempre riesci a far bene le tue meditazioni, io la ritengo in questo e non mi sbaglio.

Tu ti accosti a meditare con una certa specie di alterazione, congiunta con una grande ansietà, di trovare qualche oggetto che possa far rimanere contento e consolato il tuo spirito e questo basta per far che tu non trovi mai quel che cerchi e non posi la tua mente nella verità che mediti ed il tuo cuore vuoto di affetti.
Figlia mia, sappi che quando uno cerca, con gran fretta ed avidità, una cosa perduta, la toccherà con le mani, la vedrà con gli occhi cento volte, e non se ne accorgerà mai. Da questa vana ed inutile ansietà non te ne può derivare altro che una grande stanchezza di spirito ed impossibilità di mente, di fermarsi sull’oggetto che tiene presente, e da questo poi, come da sua propria causa una certa freddezza e stupidità dell’anima specificatamente nella sua parte effettiva. Non conosco altro rimedio al riguardo, all’infuori di questo: uscire da questa ansietà, perché d'essa è uno dei maggiori traditori che la vera virtù e sola divozione possa mai avere: finge di riscaldarsi al bene operare, ma non lo fa; se non per raffreddarsi, e non ci fa correre per farci inciampare e per questo bisogna come ti ho detto tante volte a viva voce, guardarsene in ogni occasione, particolar­mente nell’orazione, e per meglio riuscirci sarà bene ricordarsi che le grazie ed i gusti dell’orazione non sono acque della terra, ma del Cielo e che perciò tutti i nostri sforzi non bastano a farla cadere, benché sia necessario il disporvisi con grandissima diligenza sì, ma sempre umile e tranquilla; bisogna tenere il cuore aperto verso il cielo, ed aspettare di là la celeste rugiada; non ti scordare di portare, figliuola mia, con te all’orazione questa considerazione perché con essa ti avvicinerai a Dio, e ti metterai alla sua presenza per due principali ragioni.

La prima per rendere a Dio l’onore e l’ossequio che Gli dobbiamo, e ciò può farsi senza che Egli parli a noi, né noi a Lui, perché quest’obbligo si adempie riconoscendo, che Egli è il nostro Dio, e noi sue vili creature, che stiamo prostrate col nostro spirito avanti a Lui aspettando i suoi comandi. Quanti cortigiani ci sono che vengono e vanno cento volte alla presenza del Re non per parlargli o per ascoltarlo, ma semplicemente per essere veduti da Lui, e con quella assiduità farsi conoscere per suoi veri servi? Questo modo di stare alla presenza di Dio solamente per protestare con la nostra volontà di riconoscerci Suoi servi, è santissimo, eccellentissimo, purissimo e di grandissima perfezione.







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