lunedì 31 agosto 2020

CL e la “risposta a sfida” di Del Noce: cosa ne rimane?






Stefano Fontana, 28-08-2020



Anche questa edizione del Meeting di Rimini si è dimostrata politicamente corretta, come o forse più delle precedenti. Ci fu però un tempo in cui il filosofo cattolico Augusto Del Noce scommetteva su Comunione e Liberazione in quanto vi vedeva la capacità di esprimere una “risposta a sfida” nei confronti della modernità. Non una CL “antimoderna” nel senso nostalgico del termine, ma una CL positivamente e combattivamente in contrasto con i principi della modernità che volevano escludere Gesù Cristo dalla scena pubblica. Guardando alla attuale CL e al Meeting di quest’anno viene da dire che quell’investimento di fiducia di Del Noce verrebbe da lui oggi ampiamente ritirato.

Secondo Del Noce la filosofia e la storia moderne (egli parlava di filosofia-come-storia) nascevano dal razionalismo, ossia dalla ragione che pensa di essere in grado di fare da sola. Secondo lui questa posizione non era dimostrata ma assunta come un postulato. In altre parole era un dogma. Un dogma laico, ma dalla valenza religiosa. Per questo motivo nasceva così una nuova religione, una religione, però, irreligiosa in quanto originariamente atea. Quando infatti la ragione assolutizza se stessa nega Dio, o ne fa un proprio prodotto. L’immanentismo ateo diventa quindi inevitabile.

È bene notare che su questo punto Del Noce la pensava esattamente come Gilson e come Cornelio Fabro. Possiamo anche aggiungere che la pensava come Joseph Ratzinger. Per tutti questi grandi pensatori, all’inizio della modernità c’è l’ateismo posto come un dogma, assunto quindi immotivatamente tramite una fede secolare e immanente, ma a valenza (anti) religiosa. Dei quattro nomi fatti sopra il più radicale, nel senso di colui che va più a fondo in questa accusa, è Padre Fabro, ma anche Del Noce non scherzava. Quanto a Gilson, egli diceva che rimosso il concetto di “essere” – cosa che la filosofia moderna fece da subito – diventa impossibile pensare a Dio. Ratzinger, da parte sua, faceva notare che nella modernità nasce per la prima volta nella storia una filosofia (l’illuminismo radicale) che non nasce da una religione. Una filosofia atea.

Il punto di maturità dell’ateismo moderno – inevitabile date le premesse – è stato il marxismo il quale trasforma in prassi la salvezza della Grazia e considera il peccato come qualcosa che si può superare politicamente. Il peccato viene storicizzato con il che la situazione dell’uomo peccatore è considerata normale e il peccato è solo un ostacolo che la dialettica della storia supera per conto suo. La modernità nega il peccato originale, questo è il suo atto di superbia con il quale anche lo itera, e pensa quindi che l’uomo non abbia bisogno di salvezza ma che possa darsela da solo. Dopo il marxismo non ci può essere che il nichilismo di Nietzsche che secondo Del Noce avrebbe concluso la parabola dell’ateismo moderno.

È qui che Del Noce elabora la sua linea di condotta della “risposta a sfida”. Siccome la sfida della modernità è l’ateismo, qualsiasi risposta riduttiva o moderata sarebbe andata incontro al fallimento. Serviva una risposta all’altezza della sfida. E questa riposta non poteva che essere la lotta per la presenza pubblica di Gesù Cristo Creatore e Salvatore. Non sarebbe bastato un naturalismo, ossia appellarsi alla legge morale naturale, al diritto naturale, all’etica naturale considerati da soli, senza il fondamento assoluto nel Dio della religio vera. Non sarebbe bastata una distinzione dei piani alla Maritain, un’etica della mediazione, che avrebbe condotto alla separazione tra politica e fede cristiana proponendo la distinzione tra essi. Non sarebbe bastata una laicità aperta o positiva come si dice oggi, perché l’ateismo della modernità è radicale e vuole andare fino infondo.

La “risposta a sfida” riguardava quindi ogni pretesa di espellere il Dio cattolico dalla pubblica piazza. Essa riguardava il comunismo prima di tutto, ma poi anche la società lasciva del capitalismo borghese nella quale il comunismo si era trasfigurato da quando ha messo da parte l’idea della rivoluzione politica optando per la rivoluzione culturale. Le élites che oggi pretendono di comandare e che negli ultimi governi italiani hanno trovato una concretizzazione di potere molto forte rappresentano la realizzazione più disincantata, più spoglia, più culturalmente rozza … ma anche per questo più efficace, in quanto più elementare, dell’ateismo della modernità.

Del Noce avrebbe desiderato una “risposta a sfida” contro queste tendenze, ma gli esponenti di CL in Parlamento non le hanno portato avanti in aula e il popolo di CL, a giudicare dall’andamento dei Meeting di Rimini degli ultimi anni, ormai Del Noce non sa nemmeno chi sia.

Stefano Fontana











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