Caro Aldo Maria,
dunque il giubileo avrà anche la giornata Lgbtq+ periodico. In realtà non è corretto parlare di giornata Lgbtq+: con gesuitica precisazione, infatti, fonti vaticane puntualizzano che si tratta di un pellegrinaggio di associazioni, quali La tenda di Gionata, impegnate a non discriminare gli omosessuali e le loro famiglie dal resto della comunità cattolica; l’evento, allora, sarebbe “in calendario come molti altri”.
Il problema, tuttavia, non consiste nel fatto che anche gli omosessuali siano accolti nella Chiesa e non discriminati (il Catechismo non condanna la tendenza omosessuale, ma gli atti omossessuali) bensì nel fatto che il giubileo possa essere utilizzato strumentalmente non per la conversione dei cuori (di cui tutti abbiamo bisogno, essendo tutti peccatori, tanto gli omosessuali quanto gli eterosessuali) ma per la contraffazione della sana dottrina. L’obiettivo non è la riconciliazione e la conversione al Vangelo, ma allargare ulteriormente la finestra di Overton già spalancata con Fiducia supplicans e cambiare il magistero sull’omosessualità, i cui atti non devono essere più considerati come intrinsecamente disordinati ma come naturale estrinsecazione dell’agire umano.
Basta dare uno sguardo, in proposito, al sito del Progetto Gionata, i cui articoli riassumono in modo mirabile le gesta e gli obiettivi dell’attuale pontificato, innanzitutto del percorso sinodale.
Il magistero saremmo noi. Un magistero in continua evoluzione che dimentica la Rivelazione e spazza via secoli di sana dottrina: Un magistero che vede una Chiesa aperta a tutti, proprio tutti (come è giusto che sia), non però per indicare la retta Via ma per assecondare ogni nostra inclinazione al peccato. Un magistero che parla di un Dio che non chiede in noi alcun cambiamento ed è quindi indifferente alle nostre miserie: non a caso può “abbandonarci” alla tentazione.
I vertici della neo-chiesa in uscita, allora, sembrano diventati seguaci della Legge di Gresham, banchiere inglese del XVI secolo, per cui “la moneta cattiva scaccia quella buona”. Concetto, questo, in realtà ben noto anche agli antichi greci se è vero che già Aristofane, nella commedia Le rane, constatava come le vecchie monete mai falsificate fossero introvabili mentre le patacche di rame coniate di recente col peggiore stampo fossero assai diffuse.
Memori di tale principio, i predetti vertici vogliono scacciare il magistero di ieri con i cattivi insegnamenti di oggi che non mirano più alla salvezza dell’uomo ma all’accettazione e giustificazione di ogni sua debolezza. Ci penseranno, poi, i corifei, inclusi i delegati sinodali, a divulgare e suggellare il nuovo verbo del “popolo” che si fa magistero, dell’uomo che si sostituisce al Maestro.
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