La festa di Nostra Signora di Guadalupe – che quest’anno coincide con la fine della novena di nove mesi proposta dal card. Burke – è occasione per ricordare il prodigio dell’immagine di Maria impressa sulla tilma che fu di san Juan Diego. Un prodigio oggetto di molti studi scientifici.
La ricorrenza
Antonio Tarallo, 12-12-2024
Nostra Signora di Guadalupe: questo è l'appellativo con cui la Chiesa cattolica celebra oggi la Vergine Maria, in seguito alle sue apparizioni tra il 9 e il 12 dicembre del 1531, sulla collina del Tepeyac, a nord di Città del Messico, a san Juan Diego Cuauhtlatoatzin (1474-1548), uno dei primi aztechi convertiti al cristianesimo. Come viene riportato in un antico testo – il Nican Mopohua, attribuito all’indigeno Antonio Valeriano (ca 1520-1605) – Juan Diego, allora cinquantasettenne, «vide una giovane Signora che lo chiamava con dolcezza».
La Signora gli ordinò di recarsi dal vescovo per far sorgere una cappella sulla collina. Il prelato, Juan de Zumarraga, non convinto del racconto del giovane, gli chiese un segno tangibile a prova del suo racconto. Fu la tilma, una sorta di mantello, la prova tanto attesa. Su quello stesso luogo, per ricordare il celeste incontro, fu presto eretta una cappella, soggetta nel tempo a rifacimenti e ampliamenti. Per andare ai giorni nostri, nel 1976, è stata inaugurata l’attuale basilica di Nostra Signora di Guadalupe. In questo santuario è conservata la famosa tilma di san Juan Diego, sulla quale si impresse improvvisamente e miracolosamente (alla presenza dello stesso Zumarraga) l'immagine di Maria, che appare come una giovane meticcia: perciò, i fedeli la chiamano “Virgen morenita”. Attorno alla sua figura, centrale nel mantello, compaiono dei fiori.
Non è soltanto una semplice devozione popolare quella per la tilma della Madonna di Guadalupe, è piuttosto un respiro dell’anima: infatti, la basilica richiama fedeli da ogni parte del mondo ed è uno dei santuari mariani più visitati. Si stima che siano circa ventitré milioni i pellegrini che fanno visita ogni anno a questo luogo sacro. I loro sguardi fissi a quell’immagine materna sono la testimonianza viva del profondo amore che il popolo messicano, del mondo intero, nutre per la Vergine.
Ed è ai fedeli del mondo intero – come già riferiva la Nuova Bussola – che si è rivolto il cardinale Raymond Leo Burke esortandoli a chiedere a Dio di liberare la Chiesa e il mondo dalle crisi attuali, attraverso la speciale Novena alla Madonna di Guadalupe iniziata il 12 marzo scorso e che si conclude oggi, dopo nove mesi di preghiera giornaliera. E proprio oggi, per la conclusione della Novena, i fedeli reciteranno un atto di consacrazione alla Madre di Dio (vedi qui l'atto di consacrazione in italiano).
Tornando alla tilma, bisogna ricordare che su di essa sono stati condotti – e tuttora vengono condotti – diversi studi scientifici per cercare di comprendere sempre meglio il “mistero” che l’avvolge: l’immagine impressa sul mantello è una delle immagini più studiate, similmente a quella di Gesù Cristo sulla Sindone di Torino. Le analisi di alcune fibre della tilma – condotte dall’Istituto di biologia dell’Università nazionale autonoma del Messico (Unam) – hanno sottolineato un dato sorprendente: per il materiale con il quale sono composte avrebbero dovuto conservarsi per soli 10 anni. Eppure, il mantello sopravvive al logorio del tempo da quasi 500 anni. Questo, un primo dato. E poi, dello stesso tessuto, fatto di fibre di agave, non si è scoperta né la colorazione né la maniera in cui è stata impressa l’immagine sulla tilma.
Altri studi, invece, hanno come oggetto l’applicazione della matematica nel decodificare quello che per molti ricercatori del campo è presente nella tilma: un codice che parla oggi con la stessa intensità di ieri. È il caso delle ricerche condotte dal professor Fernando Ojeda Llanes che da più di 30 anni, dal 1990 in poi, si occupa della famosa immagine mariana e che per i risultati delle sue indagini è stato nominato membro del Consiglio consultivo per la Ricerca scientifica dell’Istituto superiore di studi guadalupano dell’arcidiocesi di Città del Messico. Il lavoro del professor Ojeda Llanes si basa soprattutto sulla concezione matematica di Pitagora: la matematica è composta da quattro elementi quali l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e la musica. Ed è su queste linee che l’esperto ha condotto il suo studio, evidenziando, fra i tanti risultati ottenuti, che la posizione delle stelle sul mantello, in relazione ai fiori del vestito, produce delle note musicali che formano una melodia celeste, un’armonia che riesce a entrare nel cuore dell’ascoltatore con grande facilità. Inoltre, ogni fiore corrisponderebbe a delle stelle. Il mantello ne annovera 46: si tratterebbe di una rappresentazione delle principali costellazioni che si trovavano nel cielo del Messico al tempo di san Juan Diego, quando avvennero le apparizioni mariane.
Ma oltre a questi dati, tutti sicuramente importanti, ve n’è uno che merita una certa attenzione: il senso che è possibile dare a questo mantello sotto l’aspetto “sociale” o, meglio, “del cuore”. La tilma – ai tempi del santo messicano – veniva usata per vestirsi e andare al lavoro nei campi, ma gli uomini la indossavano anche per il proprio matrimonio. Da una parte, il lavoro nei campi, dunque; dall’altra, un abbigliamento sacro per la celebrazione nuziale. Sembra quasi allora che la Vergine ci incoraggi nel “lavoro nei campi”, simbolo del lavoro per il Regno di Dio su questa terra; e, poi, ci inviti a un matrimonio spirituale a cui tutti siamo chiamati: quello con Lei e, per mezzo di Lei, con Dio. Al centro della tilma troviamo il grembo della Vergine che accoglie Cristo: simbolo che ci parla della centralità di Cristo nella vita della Vergine. Così per noi.
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