martedì 3 dicembre 2024

Miracolo eucaristico, i fedeli vogliono la verità: esposto in Procura



Svolta nella vicenda del probabile miracolo eucaristico di Savarna: i fedeli depositano un esposto per «offese alla religione mediante vilipendio». Chiesto il sequestro dei campioni già analizzati da cui emersero tracce di sangue, ma che poi sono spariti. «Vogliamo chiarezza sull'accordo di riservatezza tra la Diocesi e l'Ausl e sulla comunicazione via Whatsapp dei risultati».


Ravenna

Ecclesia 


Andrea Zambrano, 03-12-2024

Sulla vicenda del probabile miracolo eucaristico di Savarna, poi occultato dalla diocesi di Ravenna, si accenderanno i fari della Procura. È questo lo sviluppo clamoroso di una vicenda mai chiarita che presenta ancora molti aspetti oscuri dopo che alcuni fedeli della parrocchia ravennate hanno intrapreso la via giudiziaria per fare verità sulla scomparsa di quei campioni di tessuto provenienti da un’Ostia consacrata, già analizzati, dai quali da un primo riscontro di laboratorio emergevano tracce ematiche. Ma dei campioni e della restante parte dell’Ostia non si è più saputo nulla dopo che la Diocesi ha incaricato l’Asl locale di fare accertamenti. Accertamenti che secondo la diocesi avrebbero dato riscontri negativi, anche se di quelle indagini effettuate non si è mai saputo nulla.

Così i fedeli hanno incaricato l’avvocato Francesco Minutillo (del Foro di Forlì) di presentare un esposto per «offese alla religione cattolica mediante vilipendio o danneggiamento di cose sacre», un reato molto particolare che è disciplinato dall’articolo 404 comma II del Codice penale.

Come ha raccontato anche la Bussola, la particola fu rinvenuta il 24 gennaio 2023 tra i banchi dopo la Messa; venne raccolta dalla sagrestana e messa come prescritto dalle norme canoniche nel “purifichino” per poi essere custodita nel sacrario. Ma il 28 gennaio, la particola appariva di colore rossastro e invece che decomporsi, avrebbe mostrato segni ritenuti prodigiosi. Il parroco, don Nicolò Giosuè, allora decise di custodirla presso un convento di suore della zona, ma dopo qualche tempo, non accennando a decomporsi, la portò a Schio nel laboratorio della dottoressa Cristina Antonini, anatomopatologa che condusse le prime indagini arrivando a dire di aver trovato tracce ematiche.

Di più: nel suo referto, dopo aver stabilizzato un campione (vale a dire reso stabile e dunque utilizzabile per successive analisi) vennero trovate tracce di granulociti, globuli rossi e globuli bianchi in condizioni di conservazione ritenute eccezionali. I tessuti, inoltre, non presentavano alcun segno di autolisi o degenerazione idropica, fenomeni che si è soliti attendere dall’immersione in acqua.

Successivamente, il vescovo di Ravenna Lorenzo Ghizzoni si fece consegnare tutto il materiale, sia la restante parte dell’Ostia che il campione dell’incluso stabilizzato e già analizzato in cui era stato riscontrato sangue, per condurre ulteriori indagini affidate alla Ausl Romagna nel laboratorio di Pievestestina. Le indagini avrebbero escluso la presenza di sangue umano, ma l’esito è stato comunicato tramite un messaggio informale via WhatsApp al vescovo e i campioni sarebbero stati distrutti, come riportato dalla Bussola (i cui articoli sono stati inseriti nell’esposto) secondo un accordo di riservatezza tra l’Arcivescovo e il responsabile del laboratorio.

L’esposto solleva l’ipotesi che tali azioni possano configurare il reato di vilipendio o danneggiamento di cose destinate al culto, previsto dall’art. 404 del Codice Penale.

«L’esposto depositato – spiega Minutillo - evidenzia alcune possibili irregolarità legate alla gestione del caso del presunto miracolo eucaristico di Savarna da parte dell’Arcivescovo Lorenzo Ghizzoni. Se fosse confermata la distruzione o dispersione di un’ostia consacrata e dei relativi campioni biologici, si tratterebbe di un episodio grave, potenzialmente configurabile come vilipendio nei confronti di un oggetto di culto centrale nella dottrina cattolica. Ulteriori aspetti meritevoli di approfondimento sono legati alla gestione dei campioni da parte dell’Ausl Romagna, nella persona del Professor Vittorio Sambri. Se fosse effettivamente avvenuta una distruzione dei reperti senza adeguata documentazione o supervisione, ciò potrebbe indicare una violazione dei protocolli di trasparenza e tracciabilità che ci si aspetta in un caso di tale rilevanza».

Ma le opacità non sono finite. «Resta, inoltre, da chiarire – ha concluso il legale - se l’uso di un semplice messaggio WhatsApp per comunicare l’esito delle analisi e la successiva distruzione dei campioni possa essere ritenuto conforme alle procedure istituzionali. L’ipotetica mancanza di una comunicazione ufficiale o di un referto formale ci ha fatto sollevare non pochi dubbi sulla correttezza del processo».

In questo sarà determinante capire i contorni di quell’accordo di riservatezza tra la Diocesi e l’Ausl, «che potrebbe aver limitato la trasparenza su una vicenda che interessa non solo i fedeli, ma l’intera opinione pubblica visto che ad eseguire le analisi è stato un soggetto pubblico. Non ci fermeremo fino a quando non sarà chiarito che fine abbiano fatto i campioni biologici eucaristici. Abbiamo chiesto che vengano sequestrati immediatamente tutti gli eventuali residui ancora disponibili. Si tratterebbe a rigor di logica giuridica di oggetti di culto (è la presenza reale di Gesù Cristo, comunque, perchè provenienti da un'Ostia consacrata e incautamente fatta cadere dopo la Comunione ndr.), simboli centrali della fede cattolica che, come tali, devono essere trattati con rispetto e non certamente come materiale da smaltire, senza trasparenza e rispetto».







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