Di Marco Lepore, 19 Dic 2024
Una, cento, mille educazioni…Dopo quella alla salute, che funse da apripista all’inizio degli anni ’90 con la legge 26/6/1990 n. 162 (che affidava al Ministero della P.I. il compito di promuovere e coordinare specifiche attività nella scuola), la macchina delle educazioni scolastiche non si è più fermata. Educazione sessuale, affettiva, stradale, finanziaria, all’inclusione, alla tolleranza, alla sostenibilità, alle pari opportunità, al rispetto, e chi più ne ha più ne metta. In questi ultimi giorni, con l’obiettivo dichiarato di contrastare l’obesità infantile e le cattive abitudini alimentari, è arrivata la proposta di far diventare materia curricolare nelle scuole di ogni ordine e grado anche l’Educazione Nutrizionale, con un’attenzione particolare alle elementari e alle medie, ritenute le fasce più esposte all’influenza della pubblicità e al consumo di prodotti ultraprocessati. L’Osservatorio Dieta Mediterranea, infatti, che ha già avviato il progetto in numerosi istituti del Sud Italia, “intende sollecitare il Ministero dell’Istruzione e del Merito affinché venga promossa una legge ad hoc per inserire l’Educazione Nutrizionale come disciplina autonoma e non come parte marginale dell’Educazione Civica”. Non sappiamo ancora in che misura la proposta sarà accolta e, pertanto, se sarà aggiunta in pianta stabile alle molteplici “educazioni” già attive nelle scuole italiane, tuttavia il caso si offre come occasione per alcune considerazioni.
Innanzitutto, occorrerebbe fare un serio esame di coscienza (e magari anche un po’ di veri monitoraggi) sulla reale efficacia e utilità di questi progetti “educativi”, innestati nell’orario scolastico curricolare a discapito delle materie tradizionali, già abbondantemente sacrificate sull’altare della burocrazia e snervate dalle innovazioni metodologico-didattiche introdotte ad ogni cambio di ministro… E’ assai improbabile, infatti, che in un ambiente come quello scolastico, caratterizzato da un diffusa disaffezione da parte degli studenti e da un bassa stima nei confronti della classe docente, i ragazzi riescano ad assimilare e tradurre in stile di vita indicazioni, suggerimenti, atteggiamenti, che necessitano di contesti e tempi di frequentazione ben diversi.
Ma se, anche, fosse possibile raggiungere un simile obiettivo, resta comunque aperta la domanda – che è il vero punto centrale- su che tipo di umanità si stia cercando di costruire. L’educazione, di per sé, dovrebbe mirare a far crescere ed emergere la persona in quanto tale, con la sua individualità, i suoi talenti, il suo temperamento (e anche i suoi limiti), capace di scelte responsabili; un unicum originale e irriducibile, dotato di autocoscienza, non un puzzle composto da mille frammenti giustapposti, scelti ad arte da chi ha deciso a tavolino quale fisionomia umana è più funzionale al potere di turno. A fronte di tutte queste “educazioni”, sorge infatti il sospetto che vi sia, a monte, una concezione meccanicistica e deterministica della persona, per la quale il soggetto, in fin dei conti, più che educato deve essere addestrato…E, insieme a questo, la sensazione che sia in atto un tentativo di Stato etico.
La salute, il rispetto, la capacità di accoglienza, la sessualità, l’alimentazione etc… sono certamente questioni importanti, ma non è, né deve essere, compito della scuola spiegare come vanno affrontate. Tantomeno utilizzarle per introdurre concezioni della vita e della persona funzionali a precise ideologie….L’apatia, il disagio, la silenziosa ribellione di tanta parte del mondo giovanile, tra l’altro, confermano che non è questa la strada da percorrere.
Un grande sacerdote ed educatore del secolo scorso, Don Luigi Giussani, diceva che l’educazione è “introduzione alla realtà totale”. Non si tratta, dunque, di offrire risposte preconfezionate su tante questioni, ma di favorire lo sviluppo di quella naturale curiosità (che si esprime in grandi domande su di sé, sulla realtà e sul suo significato unitario) che è propria della persona, affinché diventi capace di ricerca, di conoscenza, di intrapresa e di scelte responsabili. Questo sarebbe il compito della scuola, e gli strumenti per operare in tal senso, offerti dalla bellezza e grandezza del patrimonio culturale che le generazioni che ci hanno preceduto ci hanno tramandato, non mancano.
Diversamente, la frantumazione della persona – e conseguentemente della società di cui le persone fanno parte- proseguirà inesorabilmente.
(Foto: Pixabay)
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