martedì 3 dicembre 2024

Clima, gender e vita: il progetto totalitario di questa Unione può essere fermato




Di seguito l’articolo di Martina Pastorelli apparso sul quotidiano La Verità del 28 novembre scorso in cui viene presentato il 16mo Rapporto dell’Osservatorio dal titolo “Finis Europae: un epitaffio per il vecchio continente?” (edizioni Cantagalli). Il Rapporto può essere acquistato scrivendo qui: acquisti.ossvanthuan@gmail.com




Di Martina Pastorelli, 3 Dic 2024

Per l’Europa dei popoli inascoltati e sorvegliati, della burocrazia asfissiante, delle politiche green suicide e dell’immigrazione fuori controllo, vergognosa della civiltà da cui proviene e promotrice di culture transumane che ne delineano un tratto sempre più anticristiano, si sta avvicinando la fine? 

L’impressione che il Vecchio Continente, sempre più incline a scherzare col fuoco della terza guerra mondiale come in preda a un cupio dissolvi, stia vivendo una fase terminale si rafforza di giorno in giorno e il prossimo ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che fa presagire l’avvio di una relazione conflittuale su più fronti tra Washington e Bruxelles, non potrà che aggravare il declino da tempo in corso.

Alla diagnosi delle sue cause si dedica l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina Sociale della Chiesa. “Finis Europae: un epitaffio per il Vecchio Continente?” (ed. Cantagalli) è un’opera corale firmata da accademici, giornalisti, studiosi e due ecclesiastici – gli arcivescovi Crepaldi (fondatore dell’Osservatorio) e Jędraszewski di Cracovia – che fotografa con spietata chiarezza la crisi sociale, economica, politica, e prima ancora spirituale, in atto.




La premessa è che nell’Unione Europea la democrazia è una finzione, il “governo” una governance co-gestita da tre grandi soggetti (gli attori del Deep State europeo, i rappresentanti dei governi nazionali, la nomenclatura corporativa dell’Unione formata da personaggi spesso bocciati nei rispettivi Paesi e riciclati), tanto che a decidere sulle questioni imposte da una certa Agenda come imprescindibili – Great Reset, Green Deal e transizione digitale – non sono i popoli ma i potentissimi attori dello Stato profondo, Forum di Davos e Fondazioni globaliste in primis

Questa chiave di lettura da cui parte il Rapporto, aiuta a comprendere la palese illogicità e il misterioso autolesionismo delle attuali politiche comunitarie: come spiega il geografo Gianfranco Battisti, l’attuale diseconomia europea nasce da una dipendenza energetica che ha cause politiche: è stata di recente acuita dalla guerra d’Ucraina – in seguito alla quale “abbiamo assistito allo scippo (da parte degli Stati Uniti, ndr) del mercato europeo, del quale stanno facendo le spese sia la Russia che l’Europa” – ma ha radici più profonde, che risalgono al dopoguerra, quando l’alleanza tra le grandi compagnie petrolifere impedì la ricerca e la conseguente messa in produzione delle risorse presenti nel sottosuolo europeo per garantire l’egemonia americana sul globo. 

Con la UE in ostaggio del capitale finanziario globalizzato e l’aumento dei prezzi del gas “il conto maggiore lo pagheranno i tedeschi, ma essendo la Germania la locomotiva economica d’Europa, alla fine il danno – che sarà incalcolabile – investirà tutti noi.” 

Tale scenario è aggravato dal conflitto agrario in corso, che vede le lobby dei grandi proprietari – alleati all’industria di trasformazione – indirizzare la politica agricola comunitaria in modo da eliminare dal mercato i piccoli coltivatori. 

Una vera e propria “corsa alla terra” che viene mascherata ricorrendo al pretesto della sostenibilità e degli altri elementi del Green Deal europeo (strategia sulla biodiversità, rinaturalizzazione dei fiumi, pratica della paludicultura, ecc) ma che nasconde volontà di dominio: “se i piani in atto andranno avanti” scrive Battisti “la UE rischia di perdere la sua autonomia alimentare, trovandosi alla mercè delle multinazionali dell’agricoltura.” 

Proprio le politiche “verdi” del Green Deal, che poggiano su traballanti premesse (“la tesi del Riscaldamento Globale Antropogenico, ricorda il giornalista Riccardo Cascioli, “è fortemente discussa sul piano scientifico ma è stata adottata per motivi ideologici e interessi economico-finanziari”) e che comportano decisioni inutili e dannose (delocalizzando la produzione per ridurre le emissioni “la UE sta finanziando con le proprie importazioni l’industria fortemente emissiva di Paesi come la Cina”) rischia di diventare la strada che porterà l’Europa alla rovina, rendendola financo più esposta alle conseguenze degli eventi avversi climatici. 

La gestione UE è pessima pure sul fronte delle politiche sociali: il Rapporto denuncia un immigrazionismo fondato su una “disastrosa accoglienza di chi ci odia”, di cui ripercorre le tappe storiche l’analista del mondo islamico Lorenza Formicola, e mette il dito su due piaghe che contribuiscono, letteralmente, alla scomparsa della civiltà europea: la denatalità e l’odio verso la vita.

Quest’ultimo ha portato alla costituzionalizzazione dell’aborto in Francia ed è probabile – prevede il giurista Mauro Ronco – che “la strategia di Macron, corrispondente a interessi che dominano larga parte della politica sanitaria e demografica delle istituzioni internazionali, avrà ricadute importanti su molti Paesi.” Un primo assaggio si è già avuto con l’approvazione della risoluzione per inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. 

Come non bastasse la sempre più elevata mortalità provocata dall’interruzione volontaria delle gravidanze, che resta la prima causa del suo inverno demografico, sull’Europa aleggia lo spettro della crescente diffusione dell’eutanasia: sulle cause di tanta tanatofilia si sofferma il bioeticista Tommaso Scandroglio, per il quale il processo verso l’estinzione prima culturale e poi biologico dell’Europa si è compiuto in precise fasi storiche (Umanesimo, Protestantesimo, Rivoluzione francese, fino al razionalismo e al Comunismo): “l’attuale rivoluzione” scrive Scandroglio “è in interiore homine ossia, defunta la fede, si attacca la lex naturalis.” Di qui la denatalità figlia del neomaltusianesimo, l’aborto e l’eutanasia.

Rientra in questo attacco all’uomo il progetto di un nuovo ordine mondiale che comprende anche il controllo sanitario, avente per fulcro l’OMS (e i suoi padroni privati) e imperniato su quello che il patologo Paolo Bellavite definisce ‘vaccinismo’, “una ideologia menzognera e ingannatrice” che a partire da un’idea apparentemente logica – la stimolazione del sistema immunitario mediante antigeni che simulano agenti microbici – degenera in “fede cieca e indiscutibile, sostenuta da interessi politici e commerciali”, e che in Italia si è concretizzato nella introduzione della legge Lorenzin e nei decreti di Draghi sull’obbligo di vaccinazione Covid. 

L’esaltazione della scienza nell’organizzazione della società è peraltro uno degli aspetti tipici di una società totalitaria che lo storico Christophe Reveillard ritrova in questa Unione Europea la quale, sulla scia del modello americano, fa ricorso al “management delle masse come strumento per condurle all’accettazione della coercizione sociale e morale.” Un progetto di controllo e sorveglianza dei popoli che è parte integrante del famigerato Great Reset del WEF, di cui l’economista Maurizio Milano descrive nel Rapporto contenuti e obiettivi.

In tutto questo disfacimento, materiale e morale, non sembra stagliarsi la Chiesa d’Europa, che al contrario risulta così allineata ai poteri da convergere con essi su temi caldi come il gender, il clima, il vaccinismo. Oltre a prestare “un servizio di ‘cappellania’ all’UE”, sostiene la giornalista Luisella Scrosati, “la posizione dei vescovi nei confronti dell’Unione appare sempre più marcatamente come un servizio di anestesia nei confronti dei popoli, per evitare, con motivazioni vagamente religiose, che essi colgano che si tratta a tutti gli effetti di un sistema oligarchico che esiste per promuovere il noto Nuovo Ordine Mondiale, anticristico nella sua essenza.”

Testimonianza ecclesiale di stampo opposto viene dai due vescovi che hanno contribuito al Rapporto: Mons. Jedraszewski, arcivescovo metropolita di Cracovia, descrive la resistenza della Chiesa in Polonia ai costanti attacchi condotti dalle nuove ideologie totalitarie europee contro di essa e dunque “contro la libertà e identità della stessa nazione, costruita sui valori cristiani” e riprende l’appello di Giovanni Paolo II che nel 1979 chiamava i suoi compatrioti ad “essere forti, con la forza che dà la fede.” 

Mons. Crepaldi, vescovo emerito di Trieste, va al cuore del problema europeo: la sostituzione del Cristianesimo con una cultura irreligiosa e atea che riplasma la realtà e la rimpiazza con la rappresentazione, da cui deriva un ripensamento radicale della vita sociale e politica, che diventa un contratto, “la convergenza delle volontà e utilità dei singoli individui che diventano cittadini per una sorta di investitura da parte del potere”. Si tratta di un problema nato proprio in Europa con l’Illuminismo e per questo, conclude Crepaldi, è proprio qui in Europa, prima che altrove, che bisogna portare avanti una “nuova evangelizzazione”, che però non è una evangelizzazione secondo criteri nuovi ma una ri-evangelizzazione secondo la tradizione cattolica.






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