martedì 18 settembre 2012

La mappa per incontrare Dio. Parole della fede e cammino della ragione




Alcuni stralci dal libro «Intervista su Dio» (Milano, Mondadori, 2012, pagine 300, euro 18,50), da pochi giorni in libreria, in cui il cardinale vicario emerito di Roma risponde ad Andrea Galli. 


 di Camillo Ruini

 Tentiamo pure di tracciare una specie di mappa dei percorsi lungo i quali possiamo incontrare Dio: servirà per orientarci e per evitare equivoci abbastanza diffusi. Dobbiamo essere consapevoli, però, che si tratta di una mappa inevitabilmente astratta e superata dalla realtà, per due buone ragioni.

Le vie che possono condurci a Dio sono molteplici e spesso imprevedibili: si inseriscono infatti nella situazione e nell'esperienza di vita di ciascuno di noi. Anzi, variano in concreto nella misura in cui è diverso, personale e «unico» il rapporto che ciascuno di noi ha o può avere con Dio: da un punto di vista credente, non si tratta soltanto di un nostro rapporto, o non rapporto, con Dio, ma anche e anzitutto del rapporto che Dio stesso instaura con ciascuno di noi.

 Possiamo individuare tuttavia, in prima approssimazione, una distinzione fondamentale: quella tra le vie che si presentano come una nostra ricerca di Dio -- vie «dal basso», da noi a Dio -- e le vie che rimandano invece a un'iniziativa di Dio, che viene in cerca di noi e manifesta (o «rivela») se stesso a noi (vie «dall'alto», da Dio a noi).

 Karl Rahner ha presentato in maniera molto efficace il senso di questa distinzione, rifacendosi al modo di accostarsi all'esistenza di Dio negli uomini dell'Antico e poi del Nuovo Testamento (...) e contrapponendo questo approccio a quello del mondo greco di allora e a quello oggi diffuso tra noi. La ricerca di Dio appare oggi gravata da molte incertezze e problematiche, mentre, a giudizio di Rahner, negli uomini dell'Antico e del Nuovo Testamento «colpisce l'evidenza della loro coscienza di Dio», derivante dal «fatto, (...) semplice e decisivo, che Dio stesso si è rivelato, è intervenuto con la sua stessa azione nella storia di quegli uomini e li ha così persuasi della sua realtà».

Dobbiamo essere consapevoli, tuttavia, che questa fondamentale distinzione tra vie «dal basso» e vie «dall'alto» è intimamente connessa con altri concetti teologici, come la distinzione tra l'azione creatrice di Dio e i suoi interventi nella storia per la nostra salvezza, e più in generale tra natura e grazia, naturale e soprannaturale.

 Questi concetti non sono rimasti confinati nell'ambito della teologia, ma hanno plasmato la cultura dell'Occidente (e in maniera non troppo diversa dell'Oriente cristiano), esercitandovi tuttora un notevole influsso. Le stesse tendenze a ricondurre le religioni rivelate entro i limiti della sola ragione, o anche a negare la validità di ogni accesso razionale a Dio, sono comprensibili solo all'interno di questo perdurante influsso.

 In altre culture invece, come quelle cresciute intorno alle grandi religioni orientali, e nelle religioni ed esperienze del sacro che hanno impregnato per molti millenni la storia e la preistoria dell'umanità, la distinzione tra la nostra ricerca di Dio e l'azione di Dio che prende l'iniziativa di manifestarsi a noi risulta scarsamente proponibile, o anche priva di significato: ciò che conta è piuttosto il manifestarsi di Dio, o meglio del divino, nella natura e nelle grandi esperienze della vita.

 Possiamo aggiungere che, propriamente parlando, anche le vie «dal basso» in realtà non sono esclusivamente «dal basso». Partono infatti da noi stessi e dal mondo per risalire a Dio, ma possono farlo soltanto se Dio è la fonte dell'esistenza nostra e del mondo. Perciò noi stessi e il mondo già rappresentiamo, per così dire, una grande manifestazione di Dio a noi, quella che la teologia chiama la «rivelazione attraverso la creazione», che viene portata a superiore compimento attraverso l'ulteriore iniziativa di Dio che, intervenendo nella storia per la nostra salvezza, manifesta o rivela il proprio volto a noi.

In ogni caso, nella cultura a cui apparteniamo e nella teologia che l'ha fatta crescere, la distinzione tra le vie «dal basso», da noi a Dio, e le vie «dall'alto», da Dio a noi, rimane fondamentale per affrontare senza confusioni ed equivoci la questione dell'esistenza di Dio. La validità sostanziale, e non solo metodologica, di questa distinzione emergerà man mano che mostreremo come possiamo realmente conoscere Dio a partire dall'esistenza nostra e del mondo e come in Gesù Cristo ci è data una nuova, ed enormemente più grande, possibilità di accostarci al mistero di Dio.


 L'Osservatore Romano 17-18 settembre 2012


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